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Aforismi e frasi di Angelo Gatti

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Angelo Gatti (Capua 1875 - Milano 1948), scrittore, poeta, storico e moralista italiano. I seguenti aforismi di Angelo Gatti sono tratti da Le massime e i caratteri  pubblicato dalla casa editrice Mondadori nel 1934.
Gli uomini non si consolano di un grande amore finito:
preferiscono dimenticarlo. (Angelo Gatti)
Le massime e i caratteri
1934 © Mondadori - Selezione Aforismario

Alcuni uomini valenti paiono incorruttibili perché si vendono in silenzio.

Ama meglio chi ha più cuore, ma più intensamente chi ha più immaginazione.

Anche nell'amore più ardente, la donna ha quasi sempre la nostalgia d'un altro amore, ancor più bello e fervido del vero: pare sempre che cammini guardando verso un paradiso perduto. È il suo genio sentire e far sentire che l'amore è cosa più grande, splendente e felice di tutto ciò che grande, splendente e felice si può avere in terra.

Andare d'accordo con gli uomini significa fingere di non vedere i loro vizi o difetti.

Basta quel minuto in cui gli sciocchi sono più sciocchi del solito, perché si credano intelligenti.

Chi chiede un consiglio, vuole che l'altro risolva in un minuto la questione che egli non ha saputo risolvere pensando a lungo; poi, per un rifiuto o uno sbaglio, giudica l'altro cattivo o stupido, e se stesso tradito o maltrattato.

Chi non ha opinioni adotta facilmente le estreme.

Chi sa nobilmente amare è preparato a soffrire.

Ci sono libri e giornali che fanno gli uomini pensatori in camera e sciocchi nel mondo.

Conoscere i libri è una forza, conoscerli più della vita una debolezza.

"Conosci te stesso" vuol dire per un uomo molte cose; per una donna, principalmente, se è bella o brutta.

Credete voi, che un uomo adoperi volentieri la sua intelligenza? Quasi sempre, di tutte le facoltà umane, l'intelligenza, che dovrebbe essere la più impetuosa e libera, è la più cauta e servile. Quante volte un uomo si sarebbe mostrato intelligente se avesse avuto solamente il coraggio di dire ciò che pensava!

È difficile amare abbastanza chi ama veramente.

È impossibile calcolare quanto possiamo far patire chi ci ama, e far male a chi amiamo.

È un bel progresso aver fatto dell'orgoglio una virtù.

Età incantevole, quella in cui ogni alba promette, che nel giorno spunterà l'amore.

Gli ingenui operano come se l'ideale fosse tutto reale, e i furbi come se il reale fosse tutto ideale.

Gli uomini e le donne fanno la loro strada insieme, ma come le lancette degli orologi; le donne segnano i minuti, e gli uomini le ore.

Gli uomini, che hanno un'aria d'innocenza o di debolezza, sono anch'essi molte volte amati dalle donne. Le buone fan loro da madri, le altre da maestre.

Gli uomini non si consolano di un grande amore finito: preferiscono dimenticarlo.

1 giovani sentono molto l'amicizia, perché è semplice e logica. È uno scambio di doni, in cui per quel che si dà si riceve, e il piacere e l'utilità sono a un dipresso eguali dalle due parti: se lo scambio non avviene, l'amicizia si rompe. Non capiscono altrettanto bene l'amore, dove lo scambio è squilibrato e illogico, e proficuo quasi sempre ad una parte sola. Presentendo l'inganno, o la crudeltà della passione amorosa, i giovani, nell'amore, tendono presto a diventare, per timore o rappresaglia, bugiardi o violenti.

I libri potenti si ricordano come se fossero d'una pagina sola.

I vincitori fanno la storia e i vinti la morale.

Il dolore d'un giovane turba come uno spettacolo non naturale: si direbbe che soffrire debba essere soltanto la conclusione d'una lunga vita.

In fondo, gli uomini presumono molto di sé, non perché si paragonino continuamente agli altri e si giudichino migliori, ma perché non si paragonano mai, e possono credersi migliori senza prova. L'errore non deriva dall'intelligenza, ma dal non usarla.

L'amante scompone e colora il mondo attraverso la persona amata, come il sapiente la luce attraverso il prisma.

L'amore non è passione perfetta, ma chi ha amato ha provato almeno una volta il bisogno della perfezione.

L'intelligenza serve all'uomo per conoscere gli altri, non per regolare se stesso.

La donna è incline ad amare l'uomo che primeggia, in qualunque modo primeggi: non fa questione di bene o di male, ma di forza, di potenza, di grandezza. Due sentimenti la esaltano egualmente: l'orgoglio del grande stato di lui, che pare incrollabile, e il terrore della rovina, che può essere imminente.

La donna intelligente non è mai troppo originale. Ella vuol prima di tutto piacere; e sa che la troppa originalità genera piuttosto lo stupore che l'ammirazione, e lo stupore, la diffidenza.

La sventura colpisce egualmente i felici e gli infelici: ma per i primi sembra giustizia.

Le classificazioni degli uomini possono essere numerose; una però è semplice e importante fra tutte. Alcuni nascono dicendo sì, altri no.

Le donne valenti amano l'uomo non per ciò che egli è, ma per ciò che lo faranno diventare: cominciano l'amo, re passione con l'amore materno.

Molti sono onesti per la mediocrità della loro condizione.

Nei tempi, in cui tutti scrivono bene, pochi scrivono cose grandi.

Non ai vecchi, che sono presso alla morte, ma ai giovani, che appena si affacciano alla vita, sembra mancare il tempo d'attuare i loro sogni. I giovani, che pur si credono immortali, quasi sempre strafanno, per il timore di non finire l'opera cominciata.

Non c'è che un'età per la vocazione anche più audace, anche più lontana da conseguire: la giovinezza. Le vocazioni tardive sono quasi sempre volute, e quindi senza forza viva.

Non c'è niente di più imprevisto, originale e grazioso d'una donna che dice naturalmente la verità.

Non cercate mai di colmare col vostro amore tutto il cuore di una donna, anche se ve l'ha offerto con sincerità; non costringetela mai a confessarsi interamente vostra prigioniera. Lasciatele un cantuccio in cui si senta libera, ingenua, pura: ve ne sarà grata. In quella libertà e in quella purezza segreta metterà la sua dignità e nobiltà; perché è padrona ancora d'un po' di se medesima, vi renderà centuplicato quel che le avete concesso.

Non ci sono ferite, per quanto profonde, che una donna non sappia scoprire e molte volte guarire: a patto però che non 'siano fatte da lei.

Ogni giorno, per ignoranza, pigrizia o viltà, seppelliamo in noi una forza che non voleva morire.

Per credere all'amore basta amare; per conoscerlo bisogna non essere amati.

Poche donne sono pudiche, se devono dimostrare di esser belle.

Quando si ama veramente una creatura, si ama tutto l'universo.

Quando si tratta di prender nettamente una risoluzione o un partito, si vede quanta gente, che pareva d'un'idea, avesse l'animo opposto.

Quante donne portano con sé nella tomba una castità subita e sofferta, celebrata come tranquilla e naturale!

Quasi sempre l'uomo è deluso nell'amore perché ha sperato troppo dalla donna, e la donna perché ha sperato troppo dall'amore.

Sa che cos'è l'amore chi ha amato una volta sola.

Se gli uomini valutassero giustamente quanta intima forza dà il non mutare secondo il vento, farebbero per intelligenza quel che non fanno per carattere. 

Soltanto chi ha amato sa che la vita è fatta anche di qualche cosa, che è oltre quel che apparisce.

Spesso il corpo unisce e lo spirito separa.

Spesso, per aver temuto di dire chiaramente il nostro pensiero, siamo logici in noi medesimi e illogici per gli altri.

Tutte le passioni hanno bisogno del tempo per crescere, salvo l'amore, che riempie ad un tratto l'anima e ci si adagia, come se ci fosse stato sempre.

Una delle ragioni principali per cui l'uomo continua a fare una cosa, è che l'ha sempre fatta.

Libro di Angelo Gatti consigliato
Le massime e i caratteri
Editore: Mondadori, 1934

"Tutto è detto, e siamo nati troppo tardi, poiché da più di settemila anni ci sono uomini che pensano", ha messo al principio del suo libro Jean de La Bruyère, il più grande pittore di caratteri che conosciamo, dando così rilievo d'epigrafe alla sentenza. Per di più, i libri che studiano l'uomo non sembrano confacenti agli Italiani. In quasi settecento anni non ne scrissero uno; e Leonardo, il Guicciardini, il Gozzi, il Leopardi, il Manzoni, il Tommaseo, il Graf, per rammentare solamente i maggiori, che pure dettarono massime o dipinsero caratteri, non ebbero disegno prestabilito nell'indagine, e piuttosto dispersero l'osservazione che non l'appuntassero ad una meta. Eppure, ecco qui il primo libro italiano di massime e caratteri.