Citazioni Errate - A
Elenco di citazioni attribuite in maniera dubbia, di frasi false e vere e proprie "bufale" che circolano su internet, che cominciano con la lettera A. Se hai qualche precisazione da fare per migliorare questa sezione, oppure desideri segnalare una citazione che hai trovato sul web e sulla cui autenticità hai dei dubbi, contatta pure Aforismario. In fondo alla pagina trovi il link all'elenco completo delle citazioni errate dalla A alla Z.
Questa frase, generalmente attribuita al sacerdote Lorenzo Milani (1923-1967), ha avuto una certa popolarità in Italia per essere stata citata dallo scrittore Roberto Saviano durante la manifestazione "Dimettiti" al Palasharp di Milano (febbraio 2011). La citazione di Saviano è stata poi ripresa e usata come titolo di una raccolta di scritti (pubblicata da Chiarelettere nel maggio 2011) relativi alla vicenda che dal 1965 coinvolse don Milani in un processo per apologia di reato, per aver difeso l'obiezione di coscienza alla coscrizione militare. Sempre con la medesima attribuzione, la frase è stata ripresa anche dal prof. Massimo Cacciari durante il funerale (gennaio 2012) di don Luigi Maria Verzé, nome al centro di diverse inchieste giudiziarie: "Io non so quanto ci sia di imputabile a don Luigi, ma so quel che diceva don Milani: 'Alla fine della vita ha le mani veramente pulite solo chi le ha tenute sempre in tasca'". Ma secondo quanto affermato da Michele Gesualdi (presidente della Fondazione Don Lorenzo Milani) in una lettera indirizzata proprio al prof. Cacciari (gennaio 2012), la frase non sarebbe di don Milani, bensì di don Primo Mazzolari. Tuttavia, in conclusione, bisogna dire che la frase corretta di don Mazzolari è un po' diversa rispetto a quella citata, come si può leggere nel brano seguente tratto da Impegno con Cristo (1943): "È finito il tempo di fare da spettatore sotto il pretesto che si è onesti cristiani. Troppi ancora hanno le mani pulite perché non hanno mai fatto niente. Un cristiano che non accetta il rischio di perdersi per mantenersi fedele a un impegno di salvezza, non è degno d'impegnarsi col Cristo".
A pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.
Questa frase (nota anche in diverse versioni, come ad esempio: "A pensar male si fa peccato ma a volte ci si azzecca", o "A pensar male degli altri si fa peccato ma spesso ci si indovina") è generalmente attribuita a Giulio Andreotti, il quale, in effetti, amava citarla. Tuttavia, mentre quasi tutti continuano ancora oggi ad attribuire la paternità della frase al politico italiano, egli stesso ammetteva candidamente di averla sentita citare da un'altra persona; infatti, in una sua raccolta di riflessioni dal titolo Il potere logora... ma è meglio non perderlo (Rizzoli, 1990), scrive: "A pensar male del prossimo si fa peccato, ma si indovina. Questa massima l'ascoltai dal Vicario di Roma cardinal Marchetti Selvaggiani quando ero universitario". Da notare, inoltre, che la frase non fa che rimarcare un vecchio proverbio noto in diverse varianti: "A pensar male ci s’indovina"; "A pensar male s'indovina sempre"; "Chi dice male l’indovina quasi sempre". Una frase simile, infine, la scriveva già nel suo Diario (1935/50) Cesare Pavese: "Pensa male, non ti sbaglierai".
A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino.
In spagnolo: Desde niño pintaba como Rafael, pero me llevó toda una vida aprender a dibujar como un niño.In francese: J’ai mis quatre ans pour peindre comme Raphael, mais une vie entière pour peindre comme un enfant.
In inglese: It took me four years to paint like Raphael, but a lifetime to paint like a child.
Questa affermazione è attribuita a Picasso, ma non vi è alcun documento che possa accertarlo con sicurezza. Tra l'altro essa è diffusa in tante forme diverse, e quella più nota in lingua italiana è probabilmente errata. Altre forme sono: "Ho impiegato quattro anni per dipingere come Raffaello, ma una vita intera per dipingere come un bambino"; oppure: "A quattordici anni [in alcune citazioni 12 anni] dipingevo come Raffaello, ma ci ho messo una vita intera per disegnare come un bambino". Secondo quanto riportato in alcuni testi, la frase non sarebbe stata pronunciata da Picasso, ma dai suoi genitori, secondo i quali il figlio Pablo a 14 anni dipingeva già come Raffaello, ma avrebbe trascorso il resto della sua vita (fino a 92 anni), a dipingere come un bambino. Insomma, a oggi le incertezze su questa frase sono tali da consigliare di citarla come attribuita a Picasso.
In inglese: It took me four years to paint like Raphael, but a lifetime to paint like a child.
Questa affermazione è attribuita a Picasso, ma non vi è alcun documento che possa accertarlo con sicurezza. Tra l'altro essa è diffusa in tante forme diverse, e quella più nota in lingua italiana è probabilmente errata. Altre forme sono: "Ho impiegato quattro anni per dipingere come Raffaello, ma una vita intera per dipingere come un bambino"; oppure: "A quattordici anni [in alcune citazioni 12 anni] dipingevo come Raffaello, ma ci ho messo una vita intera per disegnare come un bambino". Secondo quanto riportato in alcuni testi, la frase non sarebbe stata pronunciata da Picasso, ma dai suoi genitori, secondo i quali il figlio Pablo a 14 anni dipingeva già come Raffaello, ma avrebbe trascorso il resto della sua vita (fino a 92 anni), a dipingere come un bambino. Insomma, a oggi le incertezze su questa frase sono tali da consigliare di citarla come attribuita a Picasso.
A volte un sigaro è solo un sigaro.
In inglese: Sometimes a cigar Is just a cigar.In tedesco: Manchmal ist eine zigarre nur eine zigarre.
Questa frase è universalmente attribuita al fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud (1856-1939), e fa riferimento alla sua teoria dei simboli, per cui un oggetto può assumere inconsciamente significati diversi da quelli usuali, spesso di carattere sessuale. Diciamo subito che l'unica cosa certa di questa frase è che essa non risulta in nessuna delle opere di Freud, ma è tratta da un vecchio aneddoto, secondo il quale un giorno fu chiesto allo psicoanalista, accanito fumatore di sigari, se il sigaro non potesse essere interpretato come un simbolo fallico, e Freud avrebbe risposto con la battuta divenuta celebre. "A volte un sigaro è soltanto un sigaro". Purtroppo, però, non si ha alcuna certezza che l'aneddoto sia autentico. La prima attribuzione nota della frase risale a undici anni dopo la morte di Freud (avvenuta proprio per cancro alla gola dovuta al fumo), cioè nel 1950, anno in cui Allen Wheelis la cita sulla rivista medica Psychiatry e la fa risalire a trent'anni prima, cioè attorno al 1920. Da notare che proprio in quegli anni, Ernest Jones (1879-1958), psicoanalista britannico e biografo di Freud, pubblicava i Saggi di psicoanalisi applicata (Essays in Applied Psycho-Analysis, 1923) in cui scriveva: "Solo ciò che è represso è simbolizzato [...]. A volte un sigaro è qualcosa da fumare, a volte un sigaro è un simbolo che fa riferimento al ruolo maschile, a volte un sigaro è un fallo" [cit. in International Journal of Symbology, 1974: "Only what is repressed is symbolized; ... Sometimes a cigar is something to smoke, sometimes a cigar is a symbol for male role issues, sometimes a cigar is a phallus]. La frase, dunque, potrebbe essere stata ispirata da questa osservazione di Jones e attribuita successivamente a Freud, ma non si può escludere che Freud stesso possa averla detta in qualche occasione come quella suggerita dall'aneddoto riportato sopra. L'attribuzione, insomma, per ora rimane incerta.
Questa frase è universalmente attribuita al fondatore della psicoanalisi Sigmund Freud (1856-1939), e fa riferimento alla sua teoria dei simboli, per cui un oggetto può assumere inconsciamente significati diversi da quelli usuali, spesso di carattere sessuale. Diciamo subito che l'unica cosa certa di questa frase è che essa non risulta in nessuna delle opere di Freud, ma è tratta da un vecchio aneddoto, secondo il quale un giorno fu chiesto allo psicoanalista, accanito fumatore di sigari, se il sigaro non potesse essere interpretato come un simbolo fallico, e Freud avrebbe risposto con la battuta divenuta celebre. "A volte un sigaro è soltanto un sigaro". Purtroppo, però, non si ha alcuna certezza che l'aneddoto sia autentico. La prima attribuzione nota della frase risale a undici anni dopo la morte di Freud (avvenuta proprio per cancro alla gola dovuta al fumo), cioè nel 1950, anno in cui Allen Wheelis la cita sulla rivista medica Psychiatry e la fa risalire a trent'anni prima, cioè attorno al 1920. Da notare che proprio in quegli anni, Ernest Jones (1879-1958), psicoanalista britannico e biografo di Freud, pubblicava i Saggi di psicoanalisi applicata (Essays in Applied Psycho-Analysis, 1923) in cui scriveva: "Solo ciò che è represso è simbolizzato [...]. A volte un sigaro è qualcosa da fumare, a volte un sigaro è un simbolo che fa riferimento al ruolo maschile, a volte un sigaro è un fallo" [cit. in International Journal of Symbology, 1974: "Only what is repressed is symbolized; ... Sometimes a cigar is something to smoke, sometimes a cigar is a symbol for male role issues, sometimes a cigar is a phallus]. La frase, dunque, potrebbe essere stata ispirata da questa osservazione di Jones e attribuita successivamente a Freud, ma non si può escludere che Freud stesso possa averla detta in qualche occasione come quella suggerita dall'aneddoto riportato sopra. L'attribuzione, insomma, per ora rimane incerta.
A volte un vincitore è semplicemente un sognatore che non ha mai mollato.
In inglese: Sometimes a winner is just a dreamer who never gave up.
Questa citazione (nota anche nella traduzione: "Un vincitore è un sognatore che non si è arreso") è attribuita di volta in volta a Nelson Mandela, Jim Morrison o Richard Bach, ma non esiste alcuna fonte che indichi con sicurezza che la frase sia dell'uno o dell'altro. Probabilmente non è di nessuno dei tre, ma si tratta della solita frase anonima attribuita a un autore celebre per darle maggiore autorevolezza e diffusione.
Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo.
Questo pensiero è attribuito a Immanuel Kant (1724-1804), e come tale è presentato in diversi siti di aforismi. Ma si tratta di un grosso equivoco, essendo in realtà il riadattamento, formulato da Gesualdo Bufalino, della famosa Legge fondamentale della ragion pura pratica (o prima formulazione dell'imperativo categorico) presente nella Critica della ragion pratica (1788): "Agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere come principio di una legislazione universale". Scrive infatti Bufalino ne Il malpensante (1987): Il mio portatile Kant privato: "Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo."
Ah, io non chiederei d'essere un gabbiano, né un delfino; mi accontenterei d'essere uno scòrfano, ch'è il pesce più brutto del mare, pur di ritrovarmi laggiù, a scherzare in quell'acqua.
Questa citazione si trova spesso su internet attribuita alla scrittrice Dacia Maraini, ma la vera autrice della frase è Elsa Morante, e si trova nel libro L'isola di Arturo, 1957
Ah, signora! Quella che lei crede una gobba è l’astuccio delle mie ali.
Questa frase circola su internet attribuita a Giacomo Leopardi, ma non si trova in nessuno dei suoi testi principali. Anzi, già soltanto la parola "gobba" non compare né nello Zibaldone, né nei Canti, né nei Pensieri, né nelle Operette morali. [Per la spiegazione di questo pensiero vedi "Significato di frasi e citazioni" su Aforismario].
Ahi ahi ahi, signora Longari: mi è caduta sull'uccello.
Questa frase è generalmente attribuita al conduttore televisivo Mike Bongiorno (1924-2009), il quale l'avrebbe pronunciata durante il programma a quiz Rischiatutto (RAI, 1970-74) nel momento in cui la campionessa in carica Giuliana Longari avrebbe sbagliato la risposta a una domanda riguardante un volatile (o secondo alcuni, il pittore Paolo Uccello). In realtà è ormai accertato che questa frase Mike Bongiorno non l'ha mai pronunciata, come per altro confermato sia dallo stesso presentatore sia dalla popolare concorrente signora Longari durante un'intervista rilasciata a Maurizio Costanzo nel programma I tre tenori (Canale 5, 1998).
Al mondo di sicuro ci sono soltanto la morte e le tasse.
In inglese: The only two certainties in life are death and taxes.
La citazione, talmente nota da diventare proverbiale, è spesso attribuita a Mark Twain e a Benjamin Franklin, ma il primo ad averla scritta pare sia Christopher Bullock in The Cobler of Preston (1716): "Tis impossible to be sure of any thing but Death and Taxes", "Impossibile essere sicuri di altro se non la morte e le tasse".
Alcuni non diventano mai folli. I loro vini devono essere proprio noiosi.
Questa citazione è attribuita a Charles Bukowski, ma non si trova nelle sue opere, né si trova un qualche riferimento a essa su internet in lingua inglese. In realtà si tratta dell'arbitraria variazione di una sua frase presente in Barfly (1987): "Certe persone non impazziscono mai. Che vita orribile devono vivere" (Some people never go crazy. What truly horrible lives they must lead). I siti di aforismi che diffondono simili amenità dovrebbero essere radiati!
Alcuni portano felicità ovunque vadano; altri quando se ne vanno.
In inglese: Some people bring happiness wherever they go; you bring happiness whenever you go.
Questa frase è spesso attribuita a Oscar Wilde, ma non esiste alcuna prova documentale che lo attesti. L'autore è sconosciuto.
Alla pazzia è affine il grande genio / solo una sottile parete li divide.
Questa citazione è riportata da Arthur Schopenhauer ne Il mondo come volontà e rappresentazione attribuendola ad Alexander Pope. In realtà si tratta di due versi di John Dryden tratti da Absalom and Achitophel del 1681: "Great wits to madness sure are near allied, /And thin partitions do their bounds divide".
Ama, ama follemente, ama più che puoi, e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente.
Questa citazione (tradotta così in inglese: Love, love madly, love more than you can, and if they tell you it's a sin, love your sin and you will be innocent) è spesso attribuita, ma soltanto in lingua italiana, a William Shakespeare, e secondo alcuni si troverebbe in Romeo e Giulietta, ma in quest'opera la frase non è presente. Secondo altri la frase si troverebbe nel film Shakespeare in Love (1998), ma anche qui la frase non viene mai pronunciata. Si tratta probabilmente del pensiero di un autore sconosciuto attribuito, come spesso accade, a un autore celebre per dargli maggiore notorietà.
Ama chi ti ama, non amare chi ti sfugge. Ama quel cuore che per te si strugge. Non t'ama chi amor ti dice ma t'ama chi guarda e tace.
Questa citazione è molto spesso attribuita a William Shakespeare, ma si tratta di una semplice facezia di autore anonimo, riportata anche con qualche leggera variante: "Ama chi ti ama e non amar chi ti sfugge. Ama questo core che per te si strugge". La confusione, forse, nasce da una certa somiglianza con alcuni versi di Shakespeare presenti ne Le allegre comari di Windsor in cui, tra l'altro, è citato come adagio: "L'amore fugge come un'ombra l'amore reale che l'insegue, inseguendo chi lo fugge, fuggendo chi l'insegue (Love like a shadow flies, when substance love pursues, pursuing that that flies, and flying what pursues). Secondo quanto scrive Luciano De Crescenzo in I pensieri di Bellavista (2005) John Keats avrebbe scritto una poesia con il verso "Si ama chi ci fugge e si fugge chi ci ama", ma Aforismario non è riuscito a rintracciare l'opera in cui sarebbe contenuto. [Per la spiegazione di questo pensiero vedi "Significato di frasi e citazioni" su Aforismario].
Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore, se mi odi, sarò sempre nella tua mente.
In inglese: Love me or hate me, both are in my favor. If you love me, I’ll always be in your heart. If you hate me, I’ll always be in your mind.
Questa frase si trova attribuita a William Shakespeare su tantissimi siti web, sia in lingua italiana sia in inglese. Secondo quanto riportato in alcuni di questi siti, la frase si troverebbe nel libro: Sogno di una notte di mezza estate; secondo altri, nei sonetti; ma esaminando non solo queste, ma tutte le opere di Shakespeare, della frase non c'è traccia. Il vero autore di questa frase è sconosciuto.
Amare significa comunicare con l'altro e scoprire in lui una particella di Dio.
Questa frase è attribuita a Paulo Coelho in quasi tutti i siti di aforismi e citazioni, ma in realtà si tratta di un pensiero dello scrittore e religioso statunitense Thomas Merton (1915-1968). L'equivoco nasce dal fatto che Paulo Coelho cita una riflessione di Merton nel libro Sulla sponda del fiume Piedra mi sono seduta e ho pianto (1994): "Diceva il monaco Thomas Merton: 'La vita spirituale si riassume nell'amare. Non si ama perché si vuol fare il bene di qualcuno, aiutarlo, proteggerlo. Agendo in questa maniera, ci comportiamo come se vedessimo il prossimo come semplice oggetto e noi stessi come esseri generosi e saggi. Ma questo non ha nulla a che vedere con l'amore. Amare significa comunicare con l'altro e scoprire in lui una particella di Dio'".
Amami quando lo merito meno, perché sarà quando ne avrò più bisogno.
In inglese: Love me when I least deserve it, because that's when I really need it.In svedese: Älska mig mest när jag förtjänar det minst, för då behöver jag det mest.
Questa citazione, se la si cerca su internet in lingua italiana, è spesso attribuita a Catullo, mentre se la si cerca in lingua inglese è considerato un proverbio svedese. L'unica cosa certa che possiamo dire è che l'autore di questa frase o proverbio che sia è sconosciuto.
Amavo il tuo sorriso, ma ho preferito il mio.
Questa citazione, se la si cerca su internet in lingua italiana, è spesso attribuita a Catullo, mentre se la si cerca in lingua inglese è considerato un proverbio svedese. L'unica cosa certa che possiamo dire è che l'autore di questa frase o proverbio che sia è sconosciuto.
Amavo il tuo sorriso, ma ho preferito il mio.
In inglese: I loved your smile, but I preferred mine.Questa citazione, assai diffusa soltanto sul web italiano, è attribuita a Marilyn Monroe, ma non esiste alcuna prova certa, né si trova anche soltanto qualche lontano riferimento a essa in lingua inglese. Non è da escludere che si tratti della solita frasetta pubblicata da qualche adolescente su un blog o su un social network, e che qualcuno ha avuto la brillante idea di diffondere su internet affibbiandola a Marilyn Monroe, dandole la popolarità che oggi ha e che, se anonima, mai avrebbe potuto raggiungere.
Ambasciatore: un onest'uomo mandato a mentire all'estero per il bene del suo Paese.
In inglese: An ambassador is an honest gentleman sent to lie abroad for the good of his country.
Questa frase, soprattutto in Italia, è spesso attribuita a Izaak Walton (1593-1683). A questo autore è attribuita anche dall'ottima Enciclopedia delle Citazioni di Elena Spagnol, secondo la quale la frase sarebbe citata in The Left Handed Dictionary (1963) di Leonard Louis Levinson. In realtà la paternità di questa frase spetta allo scrittore e diplomatico inglese Henry Wotton (1568-1639), e si trova in Reliquiae Wottonainae (pubblicato postumo nel 1651).
Sai qual è la parola più pericolosa per il pesce e per l'uomo? "Amo". (Groucho di Dylan Dog o Groucho Marx?) |
Questa battuta è attribuita all'attore e comico americano Groucho Marx, e gioca sul fatto che in italiano la parola "amo" può assumere due significati diversi; ma è evidentemente una falsa attribuzione, visto che in inglese la frase perderebbe il suo significato umoristico ("amo", inteso come uncino per pescare, in inglese si dice "hook"; "amo" voce del verbo amare, "I love). In realtà si tratta di una battuta di Groucho, il personaggio di Dylan Dog creato da Tiziano Sclavi. La battuta originale, tratta dall'albo n. 91 del 1994 intitolato Metamorfosi, è la seguente: "Sai qual è la parola più pericolosa per il pesce e per l'uomo? Amo". Questo non è l'unico caso in cui il personaggio di fantasia Groucho viene confuso con il comico Groucho Marx, e non si pensi che nell'equivoco caschino solo ingenui ragazzini frequentatori di facebook! Questa stessa battuta, tanto per fare un esempio, si trova citata, attribuita al comico americano, anche in un libro "serio" intitolato Come parla un terapeuta. La ristrutturazione strategica, pubblicato nel 2014 da Bernardo Paoli per l'editore Franco Angeli. Ennesima dimostrazione di come il "virus" delle citazioni errate presenti su internet si stia diffondendo anche nei libri, i cui autori copiano con leggerezza le citazioni che preferiscono senza verificarne le fonti - o magari senza fare prima una visitina su Aforismario...
Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso.
Questa citazione è a volte attribuita allo scrittore israeliano David Grossman, ma si tratta di una frase che Franz Kafka scrisse in una delle sue lettere alla scrittrice e traduttrice ceca Milena Jesenská. L'equivoco nasce dalla citazione che Grossman fa dello stesso Kafka nel suo libro Che tu sia per me il coltello (She-tihyi li ha-sakin, 1998): "Cosa non darei per leggere le lettere perdute di Milena a K. per vedere cosa gli disse esattamente, con quali parole gli rispose quando lui le scrisse: 'Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso'. Spero che lei gli abbia risposto subito, con un telegramma, che è proibito a un essere umano accettare di trasformarsi in coltello per un altro. È proibito persino avanzare una richiesta del genere!". La frase di Kafka è la seguente: "E forse non è vero amore se dico che tu mi sei la cosa più cara; amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso" (Auch ist das vielleicht nicht eigentlich Liebe, wenn ich sage, daß Du mir das Liebste bist; Liebe ist, daß Du mir das Messer bist, mit dem ich in mir wühle), Lettere a Milena, ca. 1920-1923, pubblicate postume nel 1952.
Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano.
Questa battuta è diventata molto popolare in Italia da quando è stata usata come titolo per la fortunata serie di antologie umoristiche di Gino e Michele pubblicate da Einaudi dal 1991 (è la battuta numero 110 della prima edizione). Non tutti sanno, però, che l'autore di questa battuta è l'umorista Marcello Marchesi, che la pubblicò nel 1971 ne Il malloppo, forse ispirandosi al proverbio che dice: "Anche la formica ha la sua rabbia".
Arrendersi non significa sempre essere deboli; a volte significa essere forti abbastanza da lasciar perdere.
In inglese: Giving up doesn't always mean you are weak. Sometimes it means that you are strong enough to let go. Questa citazione è attribuita, in lingua italiana, a Marilyn Monroe, ma è sufficiente fare una ricerca su internet in lingua inglese per accorgersi che non è così, e che si tratta di una frase di autore sconosciuto.
Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno guarda a un mattatoio e pensa: sono soltanto animali.
Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno guarda a un mattatoio e pensa: sono soltanto animali.
In tedesco: Auschwitz beginnt da, wo einer im schlachthaus steht und denkt: es sind ja nur tiere.Questa frase è attribuita al filosofo tedesco Theodor Adorno (1903-1969), ma non risulta in nessuno dei suoi scritti. Essa è nota anche per essere citata in diversi libri, come ad esempio in Un'eterna Treblinka (Eternal Treblinka, 2002) di Charles Patterson, ma di solito si tratta di "ri-citazioni" dal libro Da krähte der Hahn – Kirche für Tiere? pubblicato nel 1995 dalla teologa e animalista tedesca Christa Blanke. Insomma, un rimando di citazioni senza fonte originale, che conferma quanto anche le citazioni riportate sui libri non siano sempre affidabili. Tornando ad Adorno, si possono ricercare le tracce di questa falsa attribuzione a una sua riflessione presente in Minima moralia (1951) riportata sotto il titolo Gli uomini ti guardano, che è la parafrasi del titolo del libro di Paul Eipper Le bestie ti guardano (Tiere sehen dich an, 1928): "L'affermazione ricorrente che i selvaggi, i negri, i giapponesi, somigliano ad animali, o a scimmie, contiene già la chiave del pogrom. Della cui possibilità si decide nell'istante in cui l'occhio di un animale ferito a morte colpisce l'uomo. L'ostinazione con cui egli devia da sé quello sguardo – «non è che un animale» – si ripete incessantemente nelle crudeltà commesse sugli uomini, in cui gli esecutori devono sempre di nuovo confermare a se stessi il «non è che un animale», a cui non riuscivano a credere neppure nel caso dell'animale". Insomma, è chiaro che fino a prova contraria la frase "Auschwitz inizia ogni volta che qualcuno guarda a un mattatoio e pensa: sono soltanto animali" è da ritenersi anonima.
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