Citazioni Errate - I
Elenco di citazioni errate e frasi false che circolano su internet, che cominciano con la lettera I. Se hai qualche precisazione da fare per migliorare questa sezione, oppure desideri segnalare una citazione che hai trovato sul web e sulla cui autenticità hai dei dubbi, contatta pure Aforismario.
I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano.
Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti. (Luigi Pirandello?) |
In inglese: Good artists copy; great artists steal.
In spagnolo: Los buenos artistas copian, los grandes artistas roban.
Questa citazione è generalmente attribuita a Pablo Picasso, Igor' Stravinskij e Steve Jobs. A quanto risulta fino a oggi, non vi è però alcuna conferma definitiva che la frase sia attribuibile all'uno o all'altro. Per quanto riguarda Pablo Picasso (1881-1973), la citazione gli è attribuita in questa forma: "I cattivi artisti copiano, i geni rubano" (Los buenos artistas copian, los genios roban). Una sua espressione simile citata nella rivista Pensiero (vol. 17, 1965) è: "Quando c'è qualcosa da rubare, rubo". Per quanto riguarda Igor' Stravinskij, la citazione che gli è attribuita recita: "I buoni compositori non imitano, rubano". Per quanto riguarda Steve Jobs (1955-2011), è chiaro che egli cita la "presunta" affermazione di Picasso, così come dice esplicitamente in Triumph of the Nerds, P8S (giugno 1996): "In fin dei conti è tutta una questione di buon gusto. Si tratta di informarsi sulle cose migliori create dall'uomo e poi cercare di introdurle in ciò che stai facendo. Picasso amava dire: i bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano. Noi abbiamo sempre ammesso sfacciatamente di rubare le grandi idee". La citazione è stata ripresa poi anche nel film I pirati di Silicon Valley (1999), in cui l'attore Noah Wyle, che interpreta Steve Jobs, dice: "Come disse Picasso: I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano".
Detto questo, la frase è probabilmente una variazione dell'affermazione del poeta e critico letterario statunitense naturalizzato britannico Thomas Stearns Eliot (1888-1965), che si trova nel saggio su Philip Massinger ne Il bosco sacro: saggi sulla poesia e la critica (The Sacred Wood: Essays on Poetry and Criticism, 1920): "I poeti immaturi imitano; i poeti maturi rubano; i cattivi poeti svisano ciò che prendono, e i buoni lo trasformano in qualcosa di migliore o almeno di diverso. (One of the surest of tests is the way in which a poet borrows. Immature poets imitate; mature poets steal; bad poets deface what they take, and good poets make it into something better, or at least something different). Dire chi ha modificato per primo la frase di Eliot è davvero difficile, pertanto, almeno finché non si avranno maggiori informazioni in merito, la citazione può dirsi di autore sconosciuto.
In spagnolo: Los buenos artistas copian, los grandes artistas roban.
Questa citazione è generalmente attribuita a Pablo Picasso, Igor' Stravinskij e Steve Jobs. A quanto risulta fino a oggi, non vi è però alcuna conferma definitiva che la frase sia attribuibile all'uno o all'altro. Per quanto riguarda Pablo Picasso (1881-1973), la citazione gli è attribuita in questa forma: "I cattivi artisti copiano, i geni rubano" (Los buenos artistas copian, los genios roban). Una sua espressione simile citata nella rivista Pensiero (vol. 17, 1965) è: "Quando c'è qualcosa da rubare, rubo". Per quanto riguarda Igor' Stravinskij, la citazione che gli è attribuita recita: "I buoni compositori non imitano, rubano". Per quanto riguarda Steve Jobs (1955-2011), è chiaro che egli cita la "presunta" affermazione di Picasso, così come dice esplicitamente in Triumph of the Nerds, P8S (giugno 1996): "In fin dei conti è tutta una questione di buon gusto. Si tratta di informarsi sulle cose migliori create dall'uomo e poi cercare di introdurle in ciò che stai facendo. Picasso amava dire: i bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano. Noi abbiamo sempre ammesso sfacciatamente di rubare le grandi idee". La citazione è stata ripresa poi anche nel film I pirati di Silicon Valley (1999), in cui l'attore Noah Wyle, che interpreta Steve Jobs, dice: "Come disse Picasso: I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano".
Detto questo, la frase è probabilmente una variazione dell'affermazione del poeta e critico letterario statunitense naturalizzato britannico Thomas Stearns Eliot (1888-1965), che si trova nel saggio su Philip Massinger ne Il bosco sacro: saggi sulla poesia e la critica (The Sacred Wood: Essays on Poetry and Criticism, 1920): "I poeti immaturi imitano; i poeti maturi rubano; i cattivi poeti svisano ciò che prendono, e i buoni lo trasformano in qualcosa di migliore o almeno di diverso. (One of the surest of tests is the way in which a poet borrows. Immature poets imitate; mature poets steal; bad poets deface what they take, and good poets make it into something better, or at least something different). Dire chi ha modificato per primo la frase di Eliot è davvero difficile, pertanto, almeno finché non si avranno maggiori informazioni in merito, la citazione può dirsi di autore sconosciuto.
I buoni propositi per l’anno nuovo sono solo assegni che gli uomini versano in una banca dove non hanno nemmeno un conto.
Questa citazione di Oscar Wilde tratta da Il ritratto di Dorian Gray (The Picture of Dorian Gray, 1891), è abbastanza diffusa sul web in lingua italiana, ma rispetto alla riflessione originale dello scrittore irlandese vi è qualche "leggera" differenza: "I buoni propositi sono inutili tentativi di interferire con le leggi scientifiche. Nascono dalla pura vanità e il loro risultato è un nulla assoluto. Ogni tanto ci regalano una di quelle emozioni voluttuose e sterili che hanno un certo fascino per i deboli: è tutto quello che se ne può dire. Sono semplicemente assegni che gli uomini emettono su una banca dove non hanno un conto corrente" (Good resolutions are useless attempts to interfere with scientific laws. Their origin is pure vanity. Their result is absolutely nil. They give us, now and then, some of those luxurious sterile emotions that have a certain charm for the weak. That is all that can be said for them. They are simply cheques that men draw on a bank where they have no account).
I cimiteri sono pieni di persone indispensabili.
In francese: Les cimetières sont remplis de gens irremplaçablesè.
Questa citazione è attribuita ad Alphonse Allais e a Charles de Gaulle; in forma leggermente diversa, anche a Georges Clemenceau: "I cimiteri sono pieni di persone indispensabili, che sono state tutte sostituite" (Les cimetières sont pleins de gens irremplaçables, qui ont tous été remplacés). Secondo alcuni si tratterebbe di un proverbio arabo: "I cimiteri sono pieni di persone che pensavano di essere indispensabili", ma non c'è nessuna conferma al riguardo.
I dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio.
Questo aforisma, del quale non si conosce la fonte, è comunemente attribuito a Leonardo da Vinci, e non soltanto in lingua italiana, ma anche in molte altre lingue: inglese: Details make perfection, and perfection is not a detail; francese: Les détails font la perfection, et la perfection n'est pas un détail; spagnolo: Los detalles hacen la perfección y la perfección no es un detalle. Eppure, esaminando varie raccolte di scritti di Leonardo da Vinci (compreso il suo Trattato della pittura), la frase non risulta. L'attribuzione di questa frase resta, pertanto, assai dubbia.
I diritti civili spettano all'uomo come tale, non al solo cittadino.
Questo pensiero è attribuito a Stefano Rodotà (1933-2017), ma in realtà è del giurista e accademico italiano Bartolomeo Dusi (1866-1923): "I diritti civili spettano all'uomo come tale, non al solo cittadino: ecco il principio, grande e generoso nella sua semplicità, accolto ed attuato dal nostro legislatore". (Cenni sul diritto obbiettivo e il subbietto del diritto secondo la legge italiana, in G. Baudry-Lacantinerie e M. Houques-Fourcade, Trattato teorico-pratico di diritto civile, 1924).
I due nemici della felicità umana sono il dolore e la noia.
In inglese: The two enemies of human happiness are pain and boredom.
Nel momento in cui scriviamo [2015] questa citazione si trova nella maggior parte dei siti italiani di aforismi attribuita erroneamente allo scienziato statunitense di origine scozzese Alexander Graham Bell (1847-1922). In realtà si tratta di un pensiero di Arthur Schopenhauer, pubblicato quando Bell era ancora bambino in Parerga e paralipomena (1851): "Lo sguardo più generale basta a mostrarci il dolore e la noia come i due nemici della felicità umana".
I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Il resto fa volume.
Questa frase è nota soprattutto per essere la battuta conclusiva del film di Leonardo Pieraccioni I laureati (1995): "Aveva proprio ragione il professor Galliano quando diceva: 'I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Il resto fa volume'". Non tutti sanno, però, che questa battuta è una citazione da Autobiografia del Blu di Prussia (postumo nel 1974) di Ennio Flaiano: "I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume".
I libri pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole.
Questa frase è attribuita, così com'è, a Luigi Pirandello, ed è spesso usata come elogio della lettura e dei libri in genere (cosa che nei social network suscita commenti entusiastici). In realtà, la frase di Pirandello, che si trova nel romanzo Il fu Mattia Pascal (1904), se letta nella sua completezza ha tutt'altro significato: "Lessi così di tutto un po’, disordinatamente; ma libri, in ispecie, di filosofia. Pesano tanto: eppure, chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole. Mi sconcertarono peggio il cervello, già di per sé balzano". Il vero significato della frase è che i libri di filosofia sono non soltanto pesanti da leggere, ma anche abbastanza fumosi.
I medici sono fortunati: i loro successi brillano al sole e la terra copre gli errori.
Questa citazione è attribuita immancabilmente a Michel de Montaigne, ma in realtà è una frase di Nicocle (IV sec. a.e.c.), principe di Salamina di Cipro. L'equivoco nasce dal fatto che Montaigne cita la frase nei suo Saggi (1580/95), anche se attribuisce chiaramente la frase al suo autore: "Essi [i medici] hanno questa fortuna, secondo Nicocle, che il sole illumina il loro successo, e la terra nasconde il loro errore".
I migliori afrodisiaci per le donne sono le parole: il punto G si trova nelle orecchie.
Questa frase circola sul web attribuita a Isabel Allende, ma si tratta di una sintesi arbitraria di due brani separati tratti dal libro Afrodita della scrittrice cilena; i brani sono i seguenti: "Il miglior afrodisiaco per una donna sono le parole" e "La sensualità di noi donne è legata all'immaginazione e alle terminazioni nervose auditive. Probabilmente l'unico modo per far sì che ascoltiamo è sussurrarci qualcosa all'orecchio. Il punto G è nell'udito, chi lo cerca più in basso perde il suo tempo e anche il nostro".
I politici usano le statistiche come un ubriaco usa i lampioni: non per la luce ma per il sostegno.
In inglese: Politicians use statistics like drunkards use lampposts: not for illumination, but for support.
Questa citazione è variamente attribuita a: Gilbert Keith Chesterton, Benjamin Disraeli, Hans Kuhn e Mark Twain). Non essendoci fonti attendibili per nessuno di essi, diciamo che la citazione è di autore sconosciuto.
I quarant'anni sono quell'età in cui ci si sente finalmente giovani. Ma è troppo tardi.
Questa citazione di Pablo Picasso è riportata nel famoso libro Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano (1991) di Gino e Michele. In realtà la citazione corretta è la seguente, dove l'età è 60 anni e non 40: "Si diventa giovani a sessant'anni. Sfortunatamente, è troppo tardi". (In lingua spagnola: "Se alcanza la juventud a los sesenta años. Lamentablemente, es demasiado tarde". In francese: "On devient jeune à soixante ans. Malheureusement, c'est trop tard".
Il bambino non è un vaso da riempire, ma un fuoco da accendere.
In francese: L'enfant n'est pas un vase qu'on remplit, mais un feu qu'on allume.
In inglese: The child is not a vessel to be filled but a fire to be kindled.
Questa citazione, assai diffusa su internet in diverse lingue, è spesso attribuita a Socrate, Michel de Montaigne o François Rabelais. La frase si trova anche in diverse varianti in cui invece di "bambino" si trova "allievo" o "studente" e persino "scuola", come nella citazione attribuita a William Butler Yeats: "La scuola non è riempire un secchio, ma accendere un incendio". In realtà si tratta della variazione da un pensiero di Plutarco che si trova in L'arte di ascoltare (De recta ratione audiendi ca. 80-90 e.c.): "La mente non è un vaso da riempire, ma come la legna da ardere ha solo bisogno di una scintilla che l’accenda e le dia l’impulso per la ricerca e un amore ardente per la verità". Sembrerà strano, ma nel momento in cui scriviamo [2015], non c'è un solo sito italiano, di aforismi e no, che citi il nome di Plutarco.
Il calore non può essere separato dal fuoco, né la bellezza dall'Eterno.
Questa citazione è attribuita a Dante Alighieri ed è molto diffusa soprattutto in lingua inglese: Heat cannot be separated from fire, or beauty from The Eternal. In realtà si tratta di una cattiva traduzione di un verso di Michelangelo Buonarroti tratto dalle Rime (XVI sec.): "Come dal foco el caldo, esser diviso / non può dal bell’eterno ogni mie stima".
Il capodanno è il compleanno di ogni uomo.
Questa citazione è una sintesi arbitraria tratta da un passo dei Saggi di Elia (1823) di Charles Lamb, in cui è scritto: "Ogni uomo ha due compleanni: due giorni, almeno, ogni anno". e "Nessuno ha mai considerato il primo gennaio con indifferenza. È ciò da cui ognuno data il proprio tempo, e su cui conta ciò che rimane. È la natività del nostro comune Adamo". Il testo completo in lingua originale: "Every man hath two birthdays: two days, at least, in every year, which set him upon revolving the lapse of time, as it affects his mortal duration. The one is that which in an especial manner he termeth his. In the gradual desuetude of old observances, this custom of solemnizing our proper birthday hath nearly passed away, or is left to children, who reflect nothing at all about the matter, nor understand anything in it beyond cake and orange. But he birth of a New Year is of an interest too wide to be pretermitted by king or cobbler. No one ever regarded the first of January with indifference. It is that from which all date their time, and count upon what is left. It is the nativity of our common Adam".
Il bello è lo splendore del vero.
Questa celebre affermazione è attribuita a Platone, ma non esiste alcuna prova documentale. Come nota Giuseppe Fumagalli in Chi l'ha detto? (1921): "Celebre definizione attribuita volgarmente a Platone, ma che certamente non è di lui e forse neppure di nessun platonico, poiché non solo non si appoggia a nessun testo, ma non è nemmeno l’espressione esatta della dottrina platonica. Infatti Platone, benché accoppiasse il vero col bello come due idee assolutamente inseparabili, pure non considerava il vero come la bellezza per eccellenza, anzi in un luogo della Repubblica dice formalmente che il bene è superiore in bellezza alla scienza e alla verità: quindi più conforme allo spirito, se non alla lettera della dottrina platonica, sarebbe di dire che il bello è lo splendore del bene".
Il dubbio è il principio della sapienza.
Vedi: Dubium sapientiae initium.
Il fatto che mi basti poco per essere felice non significa che mi accontenti delle briciole. Altrimenti sarei un criceto.
Questa frase su internet è attribuita quasi sempre a Italo Calvino. In realtà si tratta di un aforisma di Simona Ingrassia, tra l'altro presente sul sito Aforismario nella sezione "Aforismi inediti". Questo è un tipico esempio di come certe persone per dare maggiore autorevolezza e diffusione alla frase di un autore sconosciuto (e, forse, anche per darsi un tono), non si facciano scrupolo di attribuirla in maniera fraudolenta a un autore noto.
Il forse è la parola più bella del vocabolario italiano, perché apre delle possibilità, non certezze. Perché non cerca la fine, ma va verso l'infinito.
Questa frase si trova su internet attribuita a Giacomo Leopardi, ma non risulta in nessuna delle sue opere da noi esaminate (Zibaldone, Pensieri, Operette morali e, anche se non era necessario, i Canti). È molto probabile (anche per lo stile moderno in cui è espressa) che si tratti di una frase anonima di recente coniazione attribuita a Leopardi per darle maggior diffusione.
In francese: L'avenir n'est plus ce qu'il était.
In inglese: The future ain't what it used to be.
In spagnolo: El futuro ya no es lo que era.
In tedesco: Die Zukunft ist auch nicht mehr das, was sie mal war.
La frase "Il futuro non è più quello di una volta" (anche nella forma: "Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta"), nota da diversi decenni, è attribuita a diversi autori. Il primo ad aver espresso questo concetto, anche se in forma un po' diversa, è comunque Paul Valéry, che in Sguardi sul mondo attuale (Regards sur le monde actuel, 1931) scrive: "L'avenir est comme le reste: il n'est plus ce qu'il était" (Il futuro è come il resto: non è più quello che era). E Valéry spiega anche perché il futuro non è più come un tempo: "Intendo dire con questo che non siamo più in grado di immaginarlo con una qualche fiducia nelle nostre induzioni. Abbiamo perduto gli strumenti tradizionali per pensarci e per prevederlo: è il lato patetico della nostra condizione). In lingua inglese, la citazione esatta: "The future ain't what it used to be" (Il futuro non è più quello di una volta) è attribuita al giocatore e allenatore di baseball statunitense Yogi Berra, ed è stata pubblicata nel 1998 nel suo: The Yogi Book. Una variazione della medesima frase si trova nella raccolta di saggi di Thomas Lombardo: Wisdom, Consciousness, and the Future (2011): "The future ain't what it used to be, and it never was" (Il futuro non è più quello di una volta, e non lo è mai stato). Tuttavia, la frase era già nota in lingua inglese almeno dal 1937, visto che in quell'anno è stata pubblicata nella rivista Epilogue in un articolo firmato da Laura Riding e Robert Graves. Inoltre, nel 1968 il poeta Mark Strand, in Reasons for Moving, scriveva i seguenti versi: "Everything dims. / The future is not what it used to be. / The graves are ready. The dead / shall inherit the dead" (Affievolisce tutto. / Il futuro non è più quello di una volta. / Le tombe sono pronte. I morti / erediteranno la morte). Tra l'altro, il verso "Il futuro non è più quello di una volta" è stato usato come titolo di una raccolta di sue poesie pubblicata in Italia da minimum fax nel 2006. In lingua tedesca, la frase "Die Zukunft ist auch nicht mehr das, was sie mal war" è spesso attribuita al cabarettista e attore tedesco Karl Valentin (1882-1948), ma non esistono fonti sicure che possano attestarlo. In Spagna la frase ha avuto una certa popolarità per essere stata usata come titolo di un libro pubblicato nel 2001 dal politico spagnolo Felipe González insieme a Juan Luis Cebrián: El futuro ya no es lo que era. In Italia, la frase "Il futuro non è più quello di una volta" ha cominciato a diventare sempre più popolare dal 2002, dopo essere stata riproposta dal poeta e artista di strada Ivan Tresoldi: "Ho pensato questa frase in prima superiore, avevo 15 anni, e sul muro l’ho scritta nel 2002" (Il Sole 24 ore, 2009). Tuttavia, bisogna dire che la citazione era già nota anche in Italia, tant'è che, ad esempio, nella rivista: Telèma: attualità e futuro della società multimediale (1997) si trova scritto: "Servono computer potentissimi e futurologi seri. Non possiamo sfuggire al futuro (al dovere di prevederlo). «Il futuro non è più quello di una volta», ammonisce, con ironia britannica, Futures, prestigiosa rivista di previsioni scientifiche". E ancora prima, la frase compare nell'antologia della rivista Alfabeta 1979-1988 (pubblicata a cura di Rossana Bossaglia nel 1996). Persino nei fortunatissimi libri: Gli aforismi del cinico (Mondadori, 1992) di Wilhelm Mühs, e Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano (Opera omnia, Einaudi, 1995) di Gino e Michele si trova questa citazione attribuita al banchiere tedesco Hermann Josef Abs (1901-1994): "Neanche il futuro è più quello di una volta". Infine, nel gennaio 2002 veniva pubblicato per le edizioni Libroitaliano un libro di aforismi di Diego Cimara intitolato (indovinate un po'!): Il futuro non è più quello di una volta. Insomma, come abbiamo già detto in altre occasioni su questo sito, se volete diventare popolari sul web (e non solo), andate in cerca di un vecchio proverbio in disuso, o di una frase a effetto di qualche autore sconosciuto del '800, e pubblicatela come fosse vostra: il successo è assicurato.
Il futuro si costruisce un giorno per volta.
Questa frase è attribuita al politico statunitense Dean Acheson (1893-1971); tuttavia la frase corretta in lingua originale (come citata per esempio in Herbert Victor Prochnow, Speaker's Handbook of Epigrams and Witticisms, 1955) è un po' diversa: "Perhaps the best thing about the future is that it only comes one day at a time" (Forse la cosa migliore del futuro è che arriva solo un giorno alla volta). Dunque Acheson dice che il futuro "arriva" un giorno alla volta, e non che si "costruisce" un giorno per volta.
Il governo migliore è quello che governa meno.
In inglese: That government is best which governs least.
Questa frase è particolarmente nota anche per essere stata citata da Henry David Thoreau nel suo Disobbedienza civile (1849): "Accetto di tutto cuore l'affermazione − 'Il governo migliore è quello che governa meno', e vorrei vederla messa in pratica più rapidamente e sistematicamente". Di solito, la paternità di questa frase è attribuita a Thomas Jefferson o, in misura minore, a Thomas Paine, ma non esiste alcun documento che consenta di stabilire con sicurezza che l'autore sia l'uno o l'altro. È più probabile, invece, che Thoreau abbia ripreso lo slogan coniato dal giornalista ed editore americano John Louis O'Sullivan, che nel 1837 scrisse sul The United States Magazine and Democratic Review: "The best government is that which governs least" (Il miglior governo è quello che governa meno).
Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni.
Questa celebre frase si trova in tantissimi siti e in molti libri attribuita a Fëdor Dostoevskij. La maggior parte di coloro che la citano, però, non riportano la fonte di provenienza. I pochi che citano la fonte, indicano: Memorie dalla casa dei morti (1861) o Delitto e castigo (1866); ma analizzando entrambi i testi, la frase non si trova. Resta, dunque, il dubbio della effettiva paternità della frase attribuita a Dostoevskij.
Il marito ideale rimane celibe.
Questa frase (anche nella forma più estesa: "Non esiste il marito ideale. Il marito ideale rimane celibe") è spesso attribuita, almeno in Italia, all'immancabile Oscar Wilde. Secondo alcuni, la frase si troverebbe nella commedia di Oscar Wilde Un marito ideale (An Ideal Husband, 1895), ma basta esaminare il testo per rendersi conto che in realtà questa frase non esiste. Citazioni di Oscar Wilde simili a questa si trovano, invece, in Una donna senza importanza (A Woman of no Importance, 1893); per esempio: "La felicità di un uomo sposato dipende dalle persone che non ha sposato"; oppure: "Un marito ideale? Non può esistere. L'istituzione stessa è sbagliata".
Il mezzo più efficace di ottener fama è quello di far creder al mondo di esser già famoso.
Questo aforisma si trova attribuito in diversi siti di citazioni (e persino in qualche libro!) a Leonardo Da Vinci, ma in realtà è un pensiero di Giacomo Leopardi scritto nello Zibaldone il 21 novembre 1825 e riportato in un'altra versione nei Pensieri: "La via forse più diritta di acquistar fama è di affermare con sicurezza e pertinacia e in quanti più modi possibile, di averla acquistata".
Il mezzo più efficace di ottener fama è quello di far creder al mondo di esser già famoso.
Questo aforisma si trova attribuito in diversi siti di citazioni (e persino in qualche libro!) a Leonardo Da Vinci, ma in realtà è un pensiero di Giacomo Leopardi scritto nello Zibaldone il 21 novembre 1825 e riportato in un'altra versione nei Pensieri: "La via forse più diritta di acquistar fama è di affermare con sicurezza e pertinacia e in quanti più modi possibile, di averla acquistata".
Il miglior medico è la natura: guarisce tre quarti delle malattie e non sparla dei suoi colleghi.
Questa citazione è spesso attribuita al medico greco Galeno (129 - 216). In lingua francese, invece, è attribuita esclusivamente a Louis Pasteur (1822-1895): "Le meilleur médecin est la nature: elle guérit les trois quarts des maladies et ne dit jamais de mal de ses confrères". In ogni caso, non esistono fonti sicure per stabilire chi abbia coniato questa frase.
Il modo migliore per far abrogare una pessima legge consiste nel farla applicare rigorosamente.
In inglese: The best way to get a bad law repealed is to enforce it.
Questa frase è di solito attribuita ad Abraham Lincoln o a Theodore Roosevelt, ma è probabile che derivi, invece, dal discorso inaugurale pronunciato nel 1869 da un altro presidente degli Stati Uniti: Ulysses Simpson Grant: "I know no method to secure the repeal of bad or obnoxious laws so effective as their stringent execution".
Il mondo è pieno di cose magiche pazientemente in attesa che i nostri sensi si acuiscano.
Questa frase è attribuita quasi sempre a William Butler Yeats, in alcuni casi a Bertrand Russell, raramente o mai al suo vero autore, cioè lo scrittore inglese Eden Phillpotts, che l'ha pubblicata nel 1919 in A Shadow Passes: "The universe is full of magical things patiently waiting for our wits to grow sharper" (L'universo è pieno di cose magiche, in paziente attesa che i nostri sensi si acuiscano).
Il mondo è pieno di cose magiche pazientemente in attesa che i nostri sensi si acuiscano.
Questa frase è attribuita quasi sempre a William Butler Yeats, in alcuni casi a Bertrand Russell, raramente o mai al suo vero autore, cioè lo scrittore inglese Eden Phillpotts, che l'ha pubblicata nel 1919 in A Shadow Passes: "The universe is full of magical things patiently waiting for our wits to grow sharper" (L'universo è pieno di cose magiche, in paziente attesa che i nostri sensi si acuiscano).
Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina.
In inglese: The world is a book and those who do not travel read only one page.
In francese: Le monde est un livre et ceux qui ne voyagent pas n'en lisent qu'une page.
In spagnolo: El mundo es como un libro abierto, quien no viaja sólo ha leído la primera pagina.
Questa frase, conosciuta in diverse varianti (per es. "Il mondo è un grande libro aperto, e quelli che non viaggiano ne leggono una pagina sola"; oppure: "La vita è un libro, se non si viaggia, se ne scrive una sola pagina"), è universalmente attribuita ad Agostino d'Ippona, ma non è mai stata individuata l'opera originale in cui Agostino l'avrebbe scritta. È probabile che gli sia stata attribuita, magari parafrasando qualche sua riflessione. A confondere maggiormente le acque c'è anche il poeta italiano Filippo Pananti (1776-1837) che in Avventure e osservazioni sopra le coste di Barberia (1817) l'attribuisce allo scrittore irlandese Oliver Goldsmith (1730-1774), scrive infatti: "La vita è un libro, dice Goldsmith, del quale non ha letto che una pagina sola chi non ha visto che il suo paese natìo". Tuttavia, facendo una ricerca sul web in lingua inglese, non vi è alcun riferimento a Goldsmith per questa citazione. L'unico riferimento sicuro è, invece, quello allo scrittore francese Louis-Charles Fougeret de Monbron (1706-1760), che in Il cosmopolita o il cittadino del mondo (Le Cosmopolite ou le Citoyen du Monde, 1750) scrive: "L’univers est une espèce de livre dont on n’a lu que la première page quand on n’a vu que son pays" (Il mondo è una specie di libro del quale non si è letta che la prima pagina quando si è visto soltanto il proprio paese). Insomma, l'unica attribuzione certa, almeno fino a oggi, è questa di Monbron, mentre le altre possono essere considerate variazioni anonime della medesima frase.
In inglese: The world is a book and those who do not travel read only one page.
In francese: Le monde est un livre et ceux qui ne voyagent pas n'en lisent qu'une page.
In spagnolo: El mundo es como un libro abierto, quien no viaja sólo ha leído la primera pagina.
Questa frase, conosciuta in diverse varianti (per es. "Il mondo è un grande libro aperto, e quelli che non viaggiano ne leggono una pagina sola"; oppure: "La vita è un libro, se non si viaggia, se ne scrive una sola pagina"), è universalmente attribuita ad Agostino d'Ippona, ma non è mai stata individuata l'opera originale in cui Agostino l'avrebbe scritta. È probabile che gli sia stata attribuita, magari parafrasando qualche sua riflessione. A confondere maggiormente le acque c'è anche il poeta italiano Filippo Pananti (1776-1837) che in Avventure e osservazioni sopra le coste di Barberia (1817) l'attribuisce allo scrittore irlandese Oliver Goldsmith (1730-1774), scrive infatti: "La vita è un libro, dice Goldsmith, del quale non ha letto che una pagina sola chi non ha visto che il suo paese natìo". Tuttavia, facendo una ricerca sul web in lingua inglese, non vi è alcun riferimento a Goldsmith per questa citazione. L'unico riferimento sicuro è, invece, quello allo scrittore francese Louis-Charles Fougeret de Monbron (1706-1760), che in Il cosmopolita o il cittadino del mondo (Le Cosmopolite ou le Citoyen du Monde, 1750) scrive: "L’univers est une espèce de livre dont on n’a lu que la première page quand on n’a vu que son pays" (Il mondo è una specie di libro del quale non si è letta che la prima pagina quando si è visto soltanto il proprio paese). Insomma, l'unica attribuzione certa, almeno fino a oggi, è questa di Monbron, mentre le altre possono essere considerate variazioni anonime della medesima frase.
Il mondo senza Dio sarebbe una favola raccontata da un idiota in un accesso di furore.
Ecco un esempio di come la citazione di un autore possa essere rimaneggiata e utilizzata per i propri fini, contando magari sul fatto che su internet nessuno (o quasi) si prende la briga di controllarne l'esattezza. La citazione corretta (ove non compare il nome di Dio) è: "La vita è un'ombra che cammina, un povero attore / che si agita e pavoneggia la sua ora sul palco / e poi non se ne sa più niente. È un racconto / narrato da un idiota, pieno di strepiti e furore, / significante niente", William Shakespeare, Macbeth: atto V, scena V, vv. 17-27; in lingua originale inglese: "Life's but a walking shadow, a poor player. That struts and frets his hour upon the stage. And then is heard no more. It is a tale. Told by an idiot, full of sound and fury. Signifying nothing".
Il pazzo è un sognatore sveglio.
Questa frase è attribuita al padre della psicoanalisi Sigmund Freud, ma si tratta di un'affermazione del filosofo tedesco Immanuel Kant, pubblicata in Saggio sulle malattie della mente (Versuch über die Krankheiten des Kopfes, 1764) L'equivoco nasce dal fatto che Freud cita la frase di Kant ne L'interpretazione dei sogni (1900): "Kant dice in un punto: 'Il pazzo è un sognatore da sveglio'”.
Il periodo critico del matrimonio è l'ora di colazione.
In inglese: The critical period of matrimony is breakfast-time.
Questa citazione si trova spesso su internet (in lingua italiana) attribuita erroneamente al poeta inglese George Herbert (1593-1633); in realtà il vero autore della frase è lo scrittore e umorista inglese (dallo stesso cognome) Alan Patrick Herbert (1890-1971) e si trova nel suo Uncommon Law (1935).
Il più bel chilometro d'Italia.
Questa frase si riferisce al Lungomare Falcomatà di Reggio Calabria, ed è stata per molti anni attribuita a Gabriele D'Annunzio, finché, quando si è andati a ricercarne le fonti, ci si è accorti che molto probabilmente si trattava di una falsa attribuzione, e che D'Annunzio non solo non era mai stato a Reggio Calabria, ma non aveva mai scritto nulla su questa città né sul suo bel lungomare. Ciò è confermato dal saggista reggino Agazio Trombetta in La Via Marina di Reggio (Culture Edizioni 2001) e dalla Biblioteca Dannunziana. La frase cominciò a diffondersi in Italia, quando fu pronunciata dal telecronista Nando Martellini nel 1955 in occasione del Giro ciclistico della Provincia, e pare che gli fu suggerita da alcuni abitanti del luogo. Inutile aggiungere che il vero autore della frase è sconosciuto, ma c'è da scommettere che si tratta di un reggino...
In francese: Le pouvoir n'epuise que ceux qui ne l'exercent pas.
In inglese: Power wears out those who don't have it.
In spagnolo: El poder desgasta a quien no lo tiene.
In tedesco: Macht verschleisst nur diejenigen, die sie nicht haben.
Questa celebre frase è attribuita sia a Giulio Andreotti (1919-2013) sia al politico e diplomatico francese Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord (1754-1838). La confusione nasce dal fatto che lo stesso Andreotti in un articolo intitolato Una "marcia" mancata, pubblicato su Concretezza, n. 12, del 16 giugno 1959, ha scritto: "Un mio amico siciliano mi diceva che il potere logora chi non ce l'ha", lasciando intendere che a coniare la frase non fosse stato lui. Ma nel 1990, in una sua personale raccolta di battute dal titolo Il potere logora... ma è meglio non perderlo (Rizzoli, 1990), Andreotti afferma di aver pronunciato questa frase già nel 1951: "Risposta a un avversario di De Gasperi che voleva che il Presidente si ritirasse, avendo raggiunto i settanta anni. Questa frase è divenuta celebre, entrando persino in alcune enciclopedie. E una sera in un teatro di Parigi, dove davano Le Souper di Jean Claude Brisville, ho ascoltato in bocca a Fouché: 'Le pouvoir n'epuise que ceux qui ne l'exercent pas'". In effetti, nell'opera teatrale Le Souper (La cena), scritta da Jean-Claude Brisville nel 1989, è riportato un dialogo fra Talleyrand e Joseph Fouché (1759-1820, ministro della polizia e politico francese), in cui quest'ultimo – e non Talleyrand – pronuncia la fatidica frase. Ora, vista l'ammissione dello stesso Andreotti; visto che in lingua francese la frase non è così diffusa come dovrebbe essere se fosse di Talleyrand (tant'è che, come abbiamo visto, persino in un'opera teatrale francese in cui egli è uno dei protagonisti, non gli è attribuita); visto che persino in lingua inglese (Power wears out those who don't have it) la frase è nota per essere di Giulio Andreotti, nonostante sia pronunciata anche da Franco Citti nei panni di Calò nel film Il padrino - Parte III (1990); possiamo affermare con una certa sicurezza che la citazione è attribuibile al politico italiano, anche se la certezza assoluta – come spesso accade quando c'è di mezzo Andreotti – forse non l'avremo mai.
Il primo a lanciare una maledizione invece di una pietra è stato il fondatore della civiltà.
Questa affermazione, che si trova in diverse varianti, come per esempio: "Il fondatore della civiltà è stato il primo uomo che ha lanciato un insulto invece che una pietra", è universalmente attribuita a Sigmund Freud. In inglese la frase si trova spesso tradotta così: "The first human who hurled a curse instead of a weapon against his adversary was the founder of civilization". Ebbene, la paternità della citazione non è da attribuire a Sigmund Freud, ma al neurologo e psichiatra inglese John Hughlings Jackson (1834-1911). L'equivoco nasce dal fatto che la frase è stata citata da Freud durante una sua conferenza pubblicata nel 1893 col titolo Meccanismo psichico dei fenomeni isterici: "Come ha spiritosamente osservato un autore inglese, colui che per la prima volta ha lanciato all'avversario una parola ingiuriosa invece che una freccia è stato il fondatore della civiltà. Così la parola diviene il surrogato dell’azione".
Il primo a lanciare una maledizione invece di una pietra è stato il fondatore della civiltà.
Questa affermazione, che si trova in diverse varianti, come per esempio: "Il fondatore della civiltà è stato il primo uomo che ha lanciato un insulto invece che una pietra", è universalmente attribuita a Sigmund Freud. In inglese la frase si trova spesso tradotta così: "The first human who hurled a curse instead of a weapon against his adversary was the founder of civilization". Ebbene, la paternità della citazione non è da attribuire a Sigmund Freud, ma al neurologo e psichiatra inglese John Hughlings Jackson (1834-1911). L'equivoco nasce dal fatto che la frase è stata citata da Freud durante una sua conferenza pubblicata nel 1893 col titolo Meccanismo psichico dei fenomeni isterici: "Come ha spiritosamente osservato un autore inglese, colui che per la prima volta ha lanciato all'avversario una parola ingiuriosa invece che una freccia è stato il fondatore della civiltà. Così la parola diviene il surrogato dell’azione".
Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti.
Questa citazione in Italia è spesso attribuita a Fabio Volo o a Marilyn Monroe. Ebbene, la frase, in effetti, si trova nel libro di Fabio Volo Il giorno in più (2007): «Magari fossi Penelope. È vero che ha aspettato, però poi quello che è arrivato a casa era Ulisse. Pensa a come si sarà sentita con lui in casa. Che cosa avrà provato tra le sue braccia. Sicuramente si rendeva conto che lui la stava osservando anche se era di spalle. Magari stava lavando i piatti e lui era a tavola. Avrà sentito il suo sguardo addosso e che la stava amando. Si sarà sentita amata anche da uno sguardo invisibile. Qui invece rischi di aspettare anni e poi ti ritrovi in casa uno che non sa nemmeno riparare un rubinetto o che fa finta di niente e non dice una parola anche quando le cose vanno male. Il problema non è quanto aspetti, ma chi aspetti.» È evidente però che si tratta di una "citazione" dal film A qualcuno piace caldo (1959):
Marilyn Monroe (Zucchero):
"Aspetta da molto?" (Been waiting long?)
Tony Curtis (Joe/Junior):
"Non importa quanto si aspetta, ma chi si aspetta"
(It's not how long you wait. It's who you're waiting for).
"Aspetta da molto?" (Been waiting long?)
Tony Curtis (Joe/Junior):
"Non importa quanto si aspetta, ma chi si aspetta"
(It's not how long you wait. It's who you're waiting for).
Dunque la frase non andrebbe attribuita né a Fabio Volo né a Marilyn Monroe ma, casomai, a Tony Curtis, visto che è proprio quest'ultimo a pronunciare la battuta nel film. Volendo essere ancora più precisi (o pignoli) la frase sarebbe ancora meglio da attribuire agli sceneggiatori del film, e cioè a: I. A. L. Diamond e Billy Wilder.
Il segreto è non correre dietro alle farfalle. È curare il giardino perché esse vengano da te.
Questa celebre citazione è generalmente attribuita, non solo in Italia, al poeta portoghese Mário Quintana (1906-1994); in particolare, si tratterebbe di alcuni versi di una sua poesia: "O segredo é não correr atrás das borboletas / É cuidar do jardim para que elas venham até você". Tuttavia, esistono molti dubbi sulla reale paternità di questa citazione. Secondo Emílio Pacheco, traduttore e giornalista, studioso delle opere del poeta Mário Quintana, questi non avrebbe mai scritto una poesia simile (così almeno si legge in un sito in lingua portoghese). Sempre secondo i riferimenti che è possibile trovare sul web in lingua portoghese, il vero autore di questa frase sarebbe un certo D. Elhers (?), del quale, però, non si hanno altre informazioni. Da notare, che questa frase ne ricorda un'altra simile, di autore sconosciuto: "La felicità è come una farfalla: se l'insegui non riesci mai a prenderla, ma se ti metti tranquillo può anche posarsi su di te". In conclusione, questa è una di quelle citazioni che si potrebbero prendere come esempio della confusione che si può generare attorno a una frase erroneamente (o falsamente) attribuita e diffusa su internet.
Il segreto per andare avanti è iniziare.
In inglese: The secret of getting ahead is getting started.
Questa frase è attribuita a Sally Berger, Agatha Christie e Mark Twain, ma non sono conosciute fonti attendibili che possano attestare chi sia il vero autore. In lingua inglese, la citazione attribuita a Mark Twain è parte di una riflessione più elaborata: "The secret of getting ahead is getting started. The secret of getting started is breaking your complex, overwhelming tasks into small, manageable tasks, and then starting on the first one" (Il segreto per andare avanti è iniziare. Il segreto per iniziare è spezzettare le proprie complesse e opprimenti attività in piccoli compiti gestibili, e poi partire dal primo).
Il segreto per andare d'accordo con le donne è avere torto.
Questa frase, diffusa anche nella seguente forma: "Per andare d'accordo con una donna il segreto è uno solo: riconoscere di avere sempre torto", è una citazione imprecisa tratta da Vite degli Uomini Illustri (1975) di Achille Campanile. La citazione nella forma corretta è: "In generale, per andar d’accordo con le donne – specie con un tipo come Santippe – il segreto e d’aver torto. Perché chi ha ragione non urla, non scaraventa oggetti, ma lascia che la ragione s’imponga da sé. E così si regolava Socrate".
Il sesso è stato tradizionalmente un'attività molto privata, riservata. E a questo deve forse la sua potente capacità di creare solidi legami tra le persone. Privandolo della sua riservatezza potremmo spogliarlo anche del potere di tenere uniti uomini e donne.
Questa osservazione è attribuita da vari siti di citazioni a Zygmunt Bauman, che in effetti la riporta nel suo libro Cose che abbiamo in comune (2010), ma citando in modo esplicito lo psichiatra Thomas Szasz, il quale a sua volta la pubblicò nel libro Il secondo peccato (The Second Sin, 1973).
Il successo è cadere nove volte e rialzarsi dieci.
In inglese: Success is falling nine times and getting up ten.
Questa citazione è generalmente attribuita al cantante statunitense Jon Bon Jovi. Secondo alcune fonti, invece, si tratterebbe di un detto Zen: "Il successo nella vita è cadere nove volte e rialzarsi dieci" (in inglese: Success in life is falling down nine times and getting up ten times). Da notare una poesia popolare giapponese che esprime un concetto molto simile: "Così è la vita. / Cadere sette volte / e rialzarsi otto". Nel Libro dei Proverbi dell'Antico Testamento, invece: "Se il giusto cade sette volte, egli si rialza, ma gli empi soccombono nella sventura".
Il successo è ottenere ciò che si vuole. La felicità è volere ciò che si ottiene.
In inglese: Success is getting what you want. Happiness is wanting what you get.
Questa citazione è attribuita a: Dale Carnegie, Ingrid Bergman, Dave Gardner, Bertrand Russell e altri. Il vero autore della frase è sconosciuto.
Il tempo è il mezzo di cui la natura dispone per impedire che le cose avvengano tutte in una volta.
In inglese: Time is nature's way to keep everything from happening all at once.
Questa citazione è attribuita a John Archibald Wheeler, Albert Einstein, Woody Allen e altri. In ogni caso, la frase trae origine da The Girl in the Golden Atom (1922) dello scrittore statunitense di fantascienza Ray Cummings: "How would you describe time?". The Big Business Man smiled. "Time," he said, "is what keeps everything from happening at once." "Very clever," laughed the Chemist. ("Come descriverebbe il tempo?". Il grande uomo d'affari sorrise. "Il tempo, "disse," è ciò che trattiene le cose dall'accadere tutte in una volta." "Molto intelligente," rise il Chimico).
Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti.
Questa citazione - abbastanza diffusa sul web e citata, ma solo di recente, in qualche libro - è, senza eccezioni, attribuita a Luigi Pirandello, e secondo alcuni si troverebbe in Uno, nessuno e centomila (1925). Scrivono, ad esempio, Andrea Accorsi e Daniela Ferro nel libro I personaggi più malvagi della storia di Milano (Newton Compton 2013): "«Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti», scriveva Luigi Pirandello nel suo romanzo capolavoro Uno, nessuno e centomila. Una lezione per tutti. Una lezione di vita. Una lente di ingrandimento cui sottoporre la storia, i fatti che l'hanno scritta, i personaggi che l'hanno vissuta". Ebbene, pur esaminando il celebre romanzo di Pirandello, la frase non si trova, anzi, già soltanto la parola "maschera" non compare mai. Ma non solo! La frase non si trova in nessun'altra opera di Pirandello (abbiamo esaminato, tra le altre: Così è (se vi pare), Donna Mimma, Il fu Mattia Pascal, I Quaderni di Serafino Gubbio, I vecchi e i giovani, L'umorismo, Il piacere dell'onestà, La vita nuda, La giara, La patente, L'esclusa, L'uomo dal fiore in bocca, Novelle per un anno, Sei personaggi in cerca d'autore). Da notare, inoltre, che questa stessa frase si trova citata anche in una forma leggermente diversa: "Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti". Possiamo dunque presumere che, fino a prova contraria, questa sia l'ennesima bufala che circola su internet: una frase coniata da uno sconosciuto che per diffonderla l'attribuisce a un autore noto; e a chi meglio di Pirandello quando si tratta di maschere?
Il valore delle cose non sta nel tempo in cui esse durano, ma nell'intensità con cui accadono. Per questo esistono momenti indimenticabili, cose inspiegabili e persone incomparabili.
In inglese: The value of things is not the time they last, but the intensity with which they occur. That is why there are unforgettable moments and unique people!.
Questa frase è attribuito al poeta e scrittore portoghese Fernando Pessoa, ma in realtà è della scrittrice brasiliana Maria Julia Paes da Silva, che l'ha pubblicata nel 2004 nel libro: Qual o tempo do cuidado?: "O valor das coisas não está no tempo que elas duram, mas na intensidade com que acontecem. Por isso existem momentos inesquecíveis, coisas inexplicáveis e pessoas incomparáveis".
Questa citazione - abbastanza diffusa sul web e citata, ma solo di recente, in qualche libro - è, senza eccezioni, attribuita a Luigi Pirandello, e secondo alcuni si troverebbe in Uno, nessuno e centomila (1925). Scrivono, ad esempio, Andrea Accorsi e Daniela Ferro nel libro I personaggi più malvagi della storia di Milano (Newton Compton 2013): "«Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti», scriveva Luigi Pirandello nel suo romanzo capolavoro Uno, nessuno e centomila. Una lezione per tutti. Una lezione di vita. Una lente di ingrandimento cui sottoporre la storia, i fatti che l'hanno scritta, i personaggi che l'hanno vissuta". Ebbene, pur esaminando il celebre romanzo di Pirandello, la frase non si trova, anzi, già soltanto la parola "maschera" non compare mai. Ma non solo! La frase non si trova in nessun'altra opera di Pirandello (abbiamo esaminato, tra le altre: Così è (se vi pare), Donna Mimma, Il fu Mattia Pascal, I Quaderni di Serafino Gubbio, I vecchi e i giovani, L'umorismo, Il piacere dell'onestà, La vita nuda, La giara, La patente, L'esclusa, L'uomo dal fiore in bocca, Novelle per un anno, Sei personaggi in cerca d'autore). Da notare, inoltre, che questa stessa frase si trova citata anche in una forma leggermente diversa: "Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti". Possiamo dunque presumere che, fino a prova contraria, questa sia l'ennesima bufala che circola su internet: una frase coniata da uno sconosciuto che per diffonderla l'attribuisce a un autore noto; e a chi meglio di Pirandello quando si tratta di maschere?
Impossibile è solo una parola pronunciata da piccoli uomini che trovano più facile vivere nel mondo che gli è stato dato, piuttosto che cercare di cambiarlo. Impossibile non è un dato di fatto, è un'opinione. Impossibile non è una regola, è una sfida. Impossibile non è uguale per tutti. Impossibile non è per sempre. Niente è impossibile.
In inglese: Impossible is just a big word thrown around by small men who find it easier to live in the world they’ve been given than to explore the power they have to change it. Impossible is not a fact. It’s an opinion. Impossible is not a declaration. It’s a dare. Impossible is potential. Impossible is temporary. Impossible is nothing.
Questa citazione è spesso attribuita al grande pugile Muhammad Ali, ma non vi è alcuna fonte che lo attesti. La frase, di autore sconosciuto, è stata usata nel 2004 dall'Adidas per una sua campagna pubblicitaria.
In Italia pensavo ci fosse più passione per il calcio, invece si pensa di più alle polemiche.
Questa citazione, conosciuta da molti tifosi italiani, è attribuita all'allenatore di calcio José Mourinho. A essere precisi, però, la frase corretta, pronunciata da Mourinho durante una conferenza stampa del 2008 al centro sportivo "Angelo Moratti" di Milano, è la seguente: "Questo è il mondo che ho scelto, la decisione di venire in Italia è stata mia e non devo accusare nessuno. Ma pensavo che qui ci fosse più passione per il calcio e meno passione per tutto quello che c'è attorno".
Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile: a ben vedere, significa onorare gli onesti.
Questa frase è diventata celebre in Italia per essere stata citata dal comico Daniele Luttazzi durante un monologo a Raiperunanotte (Bologna, 2010), che si concludeva con queste parole: "Quando quel fazioso di Berlusconi vi dirà che voi siete mossi dall'odio, voi replicate con le parole del grande oratore latino Quintiliano che ricordava: 'Odiare i mascalzoni è cosa nobile'. Perché è cosa nobile? Ce lo ricorda Aristofane ne I cavalieri, diceva: 'Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile. A ben vedere significa onorare gli onesti'". Ma nelle diverse traduzioni da noi consultate de I cavalieri (424 a.e.c. - Atto quarto, scena terza) di Aristofane, la citazione differisce per un piccolo particolare: la mancanza della parola "satira". Si veda ad esempio: "Ingiuriare i sudicioni, non è peccato: significa onorare gli onesti, a pensarci bene" (traduzione di Benedetto Marzullo, 2003); oppure: "Se ben guardi, fra gli onesti par che biasimo non frutti, / ma che invece elogio meriti dire mal dei farabutti" (traduzione di Ettore Romagnoli); oppure: "Maledir lice ai tristi, e non è invidia, / ma a chi ben pensa onor del giusto" (traduzione di Coriolano Di Bagnolo, 1850). Come si sarà notato, in tutte le traduzioni non è presente il termine "satira", che pare, dunque, sia un'aggiunta arbitraria da parte di Luttazzi.
Io amo la notte perché di notte tutti i colori sono uguali e io sono uguale agli altri.
Questa frase si trova in molti siti italiani attribuita a Bob Marley. Ci si aspetterebbe, quindi, di trovarla facilmente anche in lingua originale, ma non è così. La frase in inglese non esiste. Facendo una ricerca su internet si scopre invece con sorpresa che si tratta di alcuni versi tratti da una poesia intitolata La notte, composta da una studentessa della scuola secondaria di primo grado [sic!], che si chiama Elissa Kondo: "La mia mente fa mille pensieri. / Cammino e osservo il mondo che mi circonda, / noto le tante differenze tra le uguaglianze. / Un uomo mi guarda con aria cupa, quasi a volermi eliminare col suo sguardo. / Elimina me, che amo la notte, / perché di notte tutti i colori sono uguali / ed io sono nel buio uguale agli altri". Si tratta dunque del caso assai frequente della frase di una persona sconosciuta ai più, che viene condivisa sul web firmandola in mala fede col nome di una celebrità per fare bella figura e coinvolgere maggiormente gli altri.
Io ho quel che ho donato.
Celebre motto di Gabriele D'Annunzio ripreso dal De beneficiis di Seneca in cui si cita un passo del poeta Rabirio.
Io so' io, e voi non siete un cazzo!
Questa frase è particolarmente nota per essere stata pronunciata da Alberto Sordi nel film Il marchese del Grillo (1981) diretto da Mario Monicelli: "Ah... me dispiace, ma io so' io – e voi non siete un cazzo!" (il Marchese Del Grillo rivolto a dei popolani in arresto, mentre lui, per i suoi titoli nobiliari, è lasciato andare). Non tutti sanno, però, che questa frase è una citazione da un sonetto di Giuseppe Gioacchino Belli: Li soprani der monno vecchio (1832): "C’era una vorta un Re cche ddar palazzo / mannò ffora a li popoli st’editto: / «Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, / sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto".
Io vorrei che l'ultimo dei re fosse strangolato con gli intestini dell'ultimo dei preti.
Vedi in questa sezione nella pagina A-F: E con le budella dell'ultimo prete / stringeremo il collo all'ultimo re.