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Citazioni Errate - N

Elenco di frasi false, citazioni sbagliate o di dubbia attribuzione che circolano sul web e che cominciano con la lettera N. Se hai qualche precisazione da fare per migliorare questa sezione, oppure desideri segnalare una citazione che hai trovato sul web e sulla cui autenticità hai dei dubbi, contatta pure Aforismario. In fondo alla pagina trovi l'elenco dalla A alla Z delle citazioni errate scovate da Aforismario sul web.
Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente,
ma la specie più predisposta al cambiamento. (Charles Darwin?)
Ne’ guai non ci vuol pianto ma consiglio.
Questa frase è attribuita a Giacomo Leopardi in tutti i siti web in cui è citata, e in effetti si trova nello Zibaldone, ma si tratta della traduzione di alcuni versi del Sardius, commedia di Filemone di Siracusa (III sec. a.e.c.), traduzione che secondo alcuni studiosi (vedi Giuseppe Pacella, 1991) Leopardi non fa dall'originale, ma da una contraffazione latina dell'umanista francese Antoine Muret (1526-1585). I versi tradotti da Leopardi sono i seguenti:
Padron, se con lamenti e con rammarichi / Si rimediasse a le nostre miserie, / Bisognerebbe comperar le lagrime / A peso d’or: ma queste tanto possono / Le disgrazie scemar, quanto le prefiche / Svegliare i morti con le loro istorie: / Ne’ guai non ci vuol pianto ma consiglio.
Nei sogni cominciano le responsabilità. 
In inglese: In dreams begins responsibility.
Questa citazione è spesso attribuita − soprattutto in Italia − allo scrittore giapponese Haruki Murakami, il quale, in effetti la scrive nel suo Kafka sulla spiaggia (Umibe no Kafuka, 2002), ma lo fa citando esplicitamente una "poesia di Yeats". Molti, in effetti, pensano si tratti del titolo di una poesia del poeta irlandese William Butler Yeats (1865-1939), in realtà Yeats mette questa frase in epigrafe alla sua poesia Responsabilità (Responsibilities 1914) citandola come "vecchio detto". Dunque il vero autore della frase è sconosciuto. (Tra parentesi, esiste anche un libro abbastanza famoso negli Stati Uniti, pubblicato nel 1938 dallo scrittore Delmore Schwartz, dal titolo In dreams begin responsibilities).

Nei tempi antichi, barbari e feroci, i ladri s'appendevano alle croci: ma nei presenti tempi più leggiadri, s'appendono le croci in petto ai ladri.
Questa frase (in realtà dei versi), ha avuto in epoca recente una certa popolarità su internet, per essere stata citata [2015] dallo scrittore Roberto Saviano, il quale l'ha attribuita a Giuseppe Mazzini (1805-1872). Tale attribuzione è molto diffusa, ma priva di fonti bibliografiche sicure. Secondo alcuni (che per questo hanno criticato Saviano), il vero autore della frase sarebbe il poeta, e patriota italiano Felice Cavallotti (1842-1898), e si troverebbe nella sua Lettera agli onesti di tutti i partiti (1895): "In tempi men leggiadri e più feroci / i ladri s'appendevano alle croci; / in tempi men feroci e più leggiadri / s'appendono le croci in petto ai ladri". Ma basta leggere la lettera per rendersi conto che di questi versi non c'è traccia. Un'altra attribuzione che circola sul web è quella al poeta e patriota italiano Giuseppe Ricciardi (1808-1882), il quale, in effetti, riporta i suddetti versi in una sua poesia ironica del 1870 intitolata Nel sapere della mia impiccaggione in effige: "Ne’ miei verd’anni udii suonar sovente / Questo epigramma di scherzoso autore, / Istizzito in veder ch’a una vil gente / Del prence in nome si rendesse onore: / "Se in tempi men leggiadri e più feroci / I ladri s'appendevano alle croci, / Ora, in dì men feroci e più leggiadri,  / S’appendono le croci in petto ai ladri". Come si può notare, Ricciardi cita uno "scherzoso autore" che resta, dunque, sconosciuto. Andando ancora indietro nel tempo, si trova un'altra attribuzione, questa volta al poeta e librettista italiano Giovanni Battista Casti (1724-1803). In un articolo de La voce del Campidoglio del 1848 si legge: "Ah! quanto è caro quel Abbate Giovan Battista Casti con que' suoi Animali linguacciuti peggio delle donne! Oh! quanto è amabile quando canta... di che?... di tutto. Tutto è Canto d'usignuolo in bocca di lui. E quando parla di Crociati (intendiamo veh! di Crociati de' suoi tempi, pe' nostri non basta un canto). Uditelo, uditelo: In tempi men leggiadri e più feroci / S'appendevano i ladri in sulle croci; In tempi men feroci e più leggiadri / S' appendono le croci in petto ai ladri". Sembrerebbe, dunque, non esservi più alcun dubbio che i versi siano di Giovanni Battista Casti, ma esaminando il volume con le sue Opere complete (1839), che contiene anche Gli animali parlanti (1802) cui si fa riferimento nell'articolo, i versi non compaiono. In conclusione, fin quando non si avranno altre notizie in merito, questi versi sarebbe meglio attribuirli ad autore sconosciuto, anche perché potrebbe trattarsi di un vecchio detto, così come viene riportato nell'ottimo Dizionario dei proverbi italiani di Carlo Lapucci (2007): In tempi men leggiadri e più feroci / i ladri s’appendevano alle croci; / in tempi men feroci e più leggiadri / s’appendono le croci in petto ai ladri".

Nel paese dei ciechi, l'uomo con un occhio solo è re.
In inglese: In the land of the blind, the one-eyed man is king.
Questa frase si trova citata nel film di Steven Spielberg Minority report (2002), ma non tutti sanno che si tratta di un antico detto di origine latina, che è possibile leggere anche nella raccolta di proverbi e sentenze di Erasmo da Rotterdam Adagia (1500-1536): "In regione caecorum rex est luscus" (Nella terra dei ciechi, l'orbo è re).

Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario.
In inglese: In a time of universal deceit, telling the truth is a revolutionary act.
Questa celebre frase è universalmente attribuita a George Orwell, ma non si trova in alcuna delle sue opere, comprese 1984 La fattoria degli animali. Il vero autore è, per ora, sconosciuto.

Nel vero amore è l'anima che abbraccia il corpo.
Questa frase, assai diffusa su internet e ripetuta anche in molti libri, è quasi sempre attribuita a Friedrich Nietzsche, che in effetti la scrive in Al di là del bene e del male (1886), ma citando un altro autore, di cui purtroppo non dice il nome: "La più castigata frase che abbia udito: "Dans le véritable amour c'est l'àme, qui enveloppe le corps" (Nel vero amore è l'anima che avvolge il corpo). Ma chi è allora il misterioso autore di questo "castigato" pensiero? Secondo alcuni scrittori francesi [ad esempio: Olivier Clément (1991) e Jean-Paul Santerre (2000)] si tratterebbe di Stendhal, cosa abbastanza probabile, anche se per ora Aforismario non ha trovato riscontri.

Nell'amore di gruppo c'è almeno il vantaggio che uno può dormire.
Questa battuta è spesso attribuita, ma solo in italiano, a Woody Allen; persino la versione italiana di Wikiquote gliela attribuisce, indicando come fonte il libro di Franco Fontanini Piccola antologia del pensiero breve (Liguori Editore, 2007). In realtà si tratta di un aforisma di Ennio Flaiano tratto da Frasario essenziale per passare inosservati in società (taccuino del 1969 pubblicato postumo nel 1986): "Vede, nell'amore di gruppo c'è almeno il vantaggio che uno può dormire".

Nella vita e nella morte ci sono le cose vere e le cose supposte. Le cose vere, mettiamole da parte, ma le supposte? le supposte dove le mettiamo?
Questa popolare battute è tratta dal film Totò, Peppino e... la dolce vita (1961) di Sergio Corbucci, che vede come protagonisti Totò e Peppino De Filippo. La battuta, però, non è pronunciata da Totò, come spesso si legge su internet, ma dalla medium Norma durante una seduta spiritica.

Nessuna donna si sposa per denaro: sono tutte così astute, prima di sposare un milionario, da innamorarsene.
Questa frase si trova in diversi siti attribuita a Cesare Pavese, ma è la citazione infedele di un suo aforisma annotato ne Il mestiere di vivere (1935/50 - postumo 1952): "Nessuna donna fa un matrimonio d'interesse: tutte hanno l'accortezza, prima di sposare un milionario, d'innamorarsene". Questo, purtroppo, non è l'unico caso in cui il pensiero di un grande autore italiano sia riportato in maniera errata; su alcuni dei più frequentati siti di aforismi si trovano citazioni infedeli di autori come: Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi o Umberto Eco. Basterebbe questo per non fare più affidamento sui siti di citazioni.

Nessuno è ateo in trincea.
In inglese: There are no atheists in foxholes.
Questa frase è attribuita, ma solo in Italia, a Marcello Marchesi, il quale, in effetti la scrive nel suo Il malloppo (1971). Persino Umberto Eco la cita come battuta certamente sua, e nella rubrica La bustina di minerva (l'Espresso, 17 aprile 2012) scrive: "Certamente alcune erano tratte dall'immenso repertorio del comico corrente, e rimane indeciso se fosse davvero sua "Diamo a Cesare quel che è di Cesare: ventitre* pugnalate". Ma basterebbe ricordare (che so) "Il sesso è sporco? basta lavarlo. L'importante è che la morte ci trovi vivi. Domine subisco. Dal mio fioraio le corone da morto le fa la nonna, così si abitua all'idea. Nessuno è ateo in trincea". In realtà la frase era già nota da tempo (fu citata, per esempio, dal presidente americano Eisenhower in un discorso trasmesso dalla Casa Bianca  nel 1954), e anche se non se ne conosce con certezza l'autore, era già attribuita al reverendo William Thomas Cummings nel 1944 su Records of the American Catholic Historical Society of Philadelphia: "There are no atheists in foxholes" (Non ci sono atei in trincea). In lingua inglese, la frase è comunque più spesso attribuita al corrispondente di guerra statunitense Ernie Pyle (1900-1945). [*Riportiamo la parola "ventitre" senza accento come nell'articolo].

Nessuno può farti sentire inferiore senza il tuo consenso.
In inglese: No one can make you feel inferior without your consent.
Questa citazione è da tutti attribuita a Eleanor Roosevelt (1884-1962) e secondo alcuni si troverebbe nell'autobiografia della first lady statunitense intitolata This Is My Story (Questa è la mia storia), pubblicata nel 1937. In realtà questa affermazione nel libro non si trova. Pare comunque che la frase, ormai diventata celebre, derivi da una sintesi giornalistica di un commento della stessa Eleanor Roosevelt fatto durante una conferenza stampa del 1935 [cfr. citazione in Quote Investigator].

Nevrotico: colui che costruisce castelli in aria. Psicotico: colui che vi abita. Psichiatra: colui che riscuote l'affitto. 
In inglese: A neurotic is a man who builds a castle in the air. A psychotic is the man who lives in it. A psychiatrist is the man who collects the rent.
La paternità di questa battuta è assai incerta. In alcune raccolte di citazioni l'autore risulta sconosciuto; in altre è attribuita allo scrittore statunitense Jerome Lawrence (1915-2004), oppure a un certo Lord Robert Webb-Johnstone (1879-?). Secondo l'Oxford Dictionary of Humorous Quotations (1995-2013), curato da Gyles Brandreth, si tratterebbe di un detto anonimo conosciuto sin dagli anni '50 del XX secolo.

Niente è più necessario del superfluo.
Questa citazione ha assunto di recente una certa popolarità per essere stata pronunciata nel film di Roberto Benigni La vita è bella (1997) dal personaggio Eliseo Orefice (Giustino Durano). Non tutti sanno, però, che si tratta di un proverbio, come attestato, per esempio, in Carlo Lapucci, Dizionario dei proverbi italiani (Mondadori 2007). Bisogna dire, inoltre, che il concetto è stato espresso nel corso dei secoli in diverse forme dai più svariati autori; si vedano ad esempio: "Molti considerano necessario soltanto il superfluo" (Montesquieu, I miei pensieri, 1716-55); "Il superfluo, cosa quanto mai necessaria (Voltaire, Le Mondain, 1736); "Viviamo in un'epoca in cui le cose superflue sono le uniche necessarie (Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, 1891). [Sul sito Aforismario puoi trovare un'intera raccolta di citazioni sul rapporto tra il superfluo e il necessario].

Non c'è cuscino più morbido di una coscienza tranquilla.
In inglese: There is no pillow so soft as a clear conscience.
Questa frase è comunemente attribuita a Kenneth Blanchard o a John Wooden. Si tratta, invece, di un proverbio francese lievemente modificato: "Une bonne conscience est un doux oreiller", "Una buona coscienza è un morbido cuscino".

Non c'è mai una seconda occasione per fare una buona prima  impressione.
In inglese: You never get a second chance to make a first impression; oppure: Never get a second chance to make a first impression.
In spagnolo: Nunca tendrás una segunda oportunidad para causar una buena primera impresión.
In francese: Vous n'aurez jamais une deuxième chance de faire une bonne première impression; oppure: On n'a pas une deuxième chance de faire une bonne première impression.
Questa frase, nota anche nelle seguenti forme: "Non c'è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta." oppure "Non ti viene mai offerta una seconda possibilità di fare una prima buona impressione", oltre che ai soliti Oscar Wilde e George Bernard Shaw, è per lo più attribuita, in lingua inglese, all'attore comico americano Will Rogers; in lingua francese allo scrittore Marc Levy e a Coco Chanel. In realtà si tratta di un vecchio detto, dunque anonimo, attribuito di volta in volta a questo o a quell'altro personaggio.

Non c'è niente di più profondo di ciò che appare in superficie.
Questa frase, che circola sul web in lingua italiana, è attribuita a Georg Wilhelm Friedrich Hegel, ma non esiste alcuna prova certa. Per quanto Aforismario non abbia grande simpatia per Hegel, è difficile attribuirgli la paternità di un pensiero così banale e anche abbastanza insulso. Se però qualcuno dovesse conoscere la fonte di questo pensiero e confermare che è del filosofo tedesco, non ha che da segnalarlo ad Aforismario, che sarà lieto di rettificare la sua opinione.

Non c'è nulla che calmi lo spirito come un rum e la vera religione.
Questa citazione è spesso attribuita, ma solo in lingua italiana, al solito Albert Einstein, e con tale paternità è diffusa da alcuni fra i più popolari siti di aforismi. In realtà si tratta di due versi tratti dal Don Giovanni (1819-1824) di George Gordon Byron: "There's nought, no doubt, so much the spirit calms / as rum and true religion: thus it was", in italiano: "Non v'è nulla, senza dubbio, che calmi lo spirito come il rum e la vera religione".

Non c'è nulla di nobile nell'essere superiore a un altro uomo. La vera nobiltà sta nell'essere superiore alla persona che eravamo fino a ieri. 
In inglese: There is nothing noble about being superior to some other man. The nobility is being superior to your previous self.
Questa frase è spesso attribuita a Samuel Johnson o a Ernest Hemingway. In realtà pare si tratti di un antico proverbio indù.

Non c'è rimedio per la nascita e la morte salvo godersi l'intervallo.
Questa affermazione si trova spesso attribuita al filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, ma in realtà è dello scrittore, poeta e saggista spagnolo George Santayana, che la scrive in Soliloqui in Inghilterra (Soliloquies in England and Later Soliloquies, 1922): There is no cure for birth and death save to enjoy the interval.

Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere.
Vedi nella pagina delle Citazioni errate A-F: Disapprovo ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo.

Non conviene fare sesso. Dura poco, si fa una gran fatica e la posizione è ridicola.
Questa battuta rivela in maniera esemplare quanto sia scarsa l'affidabilità di molti siti italiani di aforismi, che non solo l'attribuiscono erroneamente a Luciano De Crescenzo, ma la citano pure in modo infedele. La frase, infatti, da sempre attribuita (ma senza alcuna certezza) al nobile e politico inglese Philip Dormer Stanhope Chesterfield (1694-1773), viene citata dallo stesso De Crescenzo nel suo libro Le donne sono diverse (Mondadori 1999) in questi termini: "Un giorno Lord Philip Chesterfield disse: "Non conviene fare sesso: la fatica è tanta, il godimento è breve e la posizione è ridicola!". In lingua inglese, la frase è diffusa nella seguente forma: "Sex is overrated: the pleasure is momentary, the position ridiculous, and the expense damnable" (Il sesso è sopravvalutato: la posizione è ridicola, il piacere passeggero e la spesa eccessiva).

Non deve essere cara la felicità. Se è cara non è di buona qualità.
Questa frase è stata pronunciata da Roberto Benigni durante l'edizione del Festival di Sanremo del 2011 (Per essere felici deve bastare poco, non deve essere cara la felicità. Se è cara non è di buona qualità), ma non tutti sanno che si tratta di una citazione di François-René de Chateaubriand, che in Memorie d'oltretomba (1849-50, postumo) scrive: "Le vrai bonheur coûte peu; s'il est cher, il n'est pas d'une bonne espèce" (La vera felicità costa poco: se è cara, non è di buona qualità).

Non discutere mai con un idiota: ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza.
In inglese: Never argue with an idiot; they'll drag you down to their level and beat you with experience.
Questa frase è attribuita a diversi autori, tra i quali: Mark Twain, George Carlin e l'immancabile Oscar Wilde. Ma non esiste, a oggi, alcuna prova documentale che ci consenta di attribuirla con sicurezza all'uno o all'altro. Secondo alcuni, la frase si troverebbe nel libro di Arthur Bloch La legge di Murphy, confondendola, evidentemente, con quella simile ivi presente: "Non discutere mai con un idiota: la gente potrebbe non notare la differenza" (Prima legge del dibattito, La legge di Murphy, 1977). Qui di seguito, altre due frasi abbastanza simili a quelle riportate sopra, ma di epoca più remota:
Quando si hanno di fronte degli imbecilli o dei matti, c'è un modo solo di dimostrarsi intelligenti: non parlare con loro.
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena, 1851
Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza per non divenire anche tu simile a lui.
Libro dei Proverbi, Antico Testamento, V sec. a.e.c.

Non dite: "Ho trovato la felicità" ma piuttosto: "Ho trovato una felicità". 
Questa frase si trova attribuita a Kahlil Gibran, ma si tratta della falsificazione di un suo pensiero riportato ne Il profeta (1923) in cui Gibran parla di "verità" e non di "felicità: Non dite: "Ho trovato la verità", ma piuttosto: "Ho trovato una verità" (Say not: "I have found the truth", but rather "I have found a truth".

Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente, ma la specie più predisposta al cambiamento.
In inglese: It is not the strongest of the species that survives, nor the most intelligent that survives. It is the one that is most adaptable to change.
Questa frase (conosciuta anche in diverse forme, come ad esempio: "Non è la specie più forte o la più intelligente che sopravvive, ma quella che riesce a gestire meglio il cambiamento" oppure "Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente, ma la specie che si adatta meglio al cambiamento") è attribuita, e non solo in lingua italiana, a Charles Darwin. Secondo alcuni la frase si troverebbe (ovviamente) ne L'origine delle specie (On the Origin of Species, 1859), ma non è così. La citazione è evidentemente una'estrema sintesi della teoria evoluzionistica di Darwin, ma questi non l'ha mai scritta in questi termini. Ecco, per conoscenza, alcune sue riflessioni dalle quali si può desumere, in qualche modo, il concetto esposto nella frase sopra citata: "Poiché nascono molti più individui di ogni specie di quanti possono sopravvivere e poiché, di conseguenza, vi è una ricorrente lotta per la vita, ne segue che qualsiasi essere che varia in modo per lui vantaggioso in condizioni di vita complesse e talvolta mutevoli avrà una maggiore possibilità di sopravvivere e dunque di essere selezionato naturalmente". "Qualunque sia la causa di ogni piccola differenza nella discendenza rispetto ai progenitori - e deve esserci una causa per ognuna di esse -, è l’accumulazione costante, mediante la selezione naturale, di tali differenze, quando siano vantaggiose per l’individuo, a dare origine a tutte le più importanti modificazioni di struttura che mettono in grado gli innumerevoli esseri viventi di lottare tra loro e consentono ai meglio adattati di sopravvivere" (Charles Darwin, L'origine delle specie, Rizzoli 2009, traduzione di Giuliano Pancaldi).

Non è la voce che comanda la storia: sono le orecchie.
Questo pensiero è attribuito a Italo Calvino in diversi siti italiani di aforismi, a ulteriore conferma che si copiano l'uno con l'altro senza preoccuparsi della correttezza di ciò che copiano. La citazione corretta, tratta da Le città invisibili (1972), è la seguente: "Chi comanda al racconto non è la voce: è l'orecchio". Tra l'altro, per comprenderne bene il significato, sarebbe meglio citarlo in maniera più estesa, così: "Io parlo, parlo [...], ma chi m'ascolta ritiene solo le parole che aspetta. Altra è la descrizione del mondo cui tu presti benigno orecchio, altra quella che farà il giro dei capannelli di scaricatori e gondolieri sulle fondamenta di casa mia il giorno del mio ritorno, altra ancora quella che potrei dettare in tarda età, se venissi fatto prigioniero da pirati genovesi e messo in ceppi nella stessa cella di uno scrivano di romanzi d'avventura. Chi comanda al racconto non è la voce: è l'orecchio".

Non è mai troppo tardi per essere ciò che avresti potuto essere.
In inglese: It's never too late to be what you might have been.
Questa citazione è universalmente attribuita alla scrittrice inglese George Eliot, e secondo quanto riportato in alcuni siti, si troverebbe nel libro Middlemarch [1874]. In realtà la frase in quest'opera non è presente, e facendo una ricerca su internet in lingua inglese, ci si accorge che il vero autore di questa frase è sconosciuto.

Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi.
In inglese: It is not in the stars to hold our destiny but in ourselves.
Questa citazione, spesso anche in lingua originale, è attribuita a William Shakespeare. Secondo alcuni si troverebbe nell'Amleto, ma da una ricerca effettuata sia in lingua italiana sia in lingua inglese, la citazione non risulta. È probabile, dunque, che si tratti di una sintesi arbitraria (che ha avuto molta fortuna) fatta su alcuni versi tratti dal Giulio Cesare di Shakespeare: "Gli uomini, in certi momenti, sono padroni del loro destino. / La colpa, caro Bruto, non è delle nostre stelle, / ma di noi stessi, che siamo degli schiavi" (Men at some time are masters of their fates. / The fault, dear Brutus, is not in our stars / But in ourselves, that we are underlings).

Non esiste separazione definitiva fino a quando c'è il ricordo.
Questa citazione si trova attribuita in molti siti italiani alla scrittrice Isabel Allende. In realtà, si tratta di una frase che fa parte della descrizione riportata sulla quarta di copertina del libro Paula di Isabel Allende, nell'edizione edita da Feltrinelli nel 1995 con traduzione di Gianni Guadalupi. All'interno del libro la frase non è presente.

Non ho smesso di pensarti, / vorrei tanto dirtelo. / Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare, / che mi manchi / e che ti penso. / Ma non ti cerco. / Non ti scrivo neppure ciao. / Non so come stai. / E mi manca saperlo. / Hai progetti? / Hai sorriso oggi? / Cos'hai sognato? / Esci? / Dove vai? / Hai dei sogni? / Hai mangiato? / Mi piacerebbe riuscire a cercarti. / Ma non ne ho la forza. / E neanche tu ne hai. / Ed allora restiamo ad aspettarci invano. / E pensiamoci. / E ricordami. / E ricordati che ti penso,
che non lo sai ma ti vivo ogni giorno, / che scrivo di te. / E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse. / Ed io ti penso / ma non ti cerco.
Questa banalissima e sdolcinata poesiucola, molto diffusa sul web in lingua italian, è attribuita a Charles Bukowski. Ormai non ci sono più limiti all'indecenza.

Non importa quante volte cadi, quello che conta è la velocità con cui ti rimetti in piedi.
Questa citazione ha avuto una certa diffusione dopo la pubblicazione del libro di Mario Calabresi La fortuna non esiste (2009), e spesso è attribuita allo scrittore e giornalista italiano; in realtà è una frase del vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden, che Calabresi nel suo libro ha usato come epigrafe.

Non l'amore bisogna dipingere cieco, ma l'amor proprio.
In francese: Ce n'est pas l'amour qu'il fallait peindre aveugle, c'est l'amour-propre.
In inglese: It is not love that should be depicted as blind, but self-love.
Questa citazione in diversi siti italiani si trova attribuita erroneamente a William Shakespeare; in realtà è di Voltaire, e si trova in una sua lettera dell'11 maggio 1764 allo scrittore francese Etienne-Noël Damilaville: "Ce n'est pas l'amour qu'il fallait peindre aveugle, c'est l'amour-propre".

Non possiamo non essere cristiani, anche se non seguiamo più le pratiche del culto, perché il cristianesimo ha modellato il nostro modo di sentire e di pensare in guisa incancellabile; e la diversità profonda che c'è fra noi e gli antichi [...] è proprio dovuta a questo gran fatto, il maggior fatto senza dubbio della storia universale, cioè il verbo cristiano. 
Questa riflessione sul Cristianesimo è spesso attribuita a Benedetto Croce, forse anche per l'accenno al suo celebre saggio Perché non possiamo non dirci "cristiani del 1942. In realtà si tratta di un brano tratto da Storia dell'idea d'Europa (postumo 1961) dello storico e politico italiano Federico Chabod. Ecco il passo integrale: "Noi siamo cristiani, e non possiamo non esserlo: lo ha luminosamente provato, or è poco, Benedetto Croce. Non possiamo non esserlo, anche se non seguiamo più le pratiche di culto, perché il cristianesimo ha modellato il nostro modo di sentire e di pensare in guisa incancellabile; e la diversità profonda che c'è fra noi e gli antichi, fra il nostro modo di sentire la vita e quello di un contemporaneo di Pericle e di Augusto è proprio dovuta a questo gran fatto, il maggior fatto senza dubbio della storia universale, cioè il verbo cristiano. Anche i cosiddetti "liberi pensatori", anche gli "anticlericali" non possono sfuggire a questa sorte comune dello spirito europeo.

Non puoi salvare le persone, puoi solo amarle.
Questa citazione si trova spesso attribuita a Friedrich Nietzsche, ma in realtà è della scrittrice statunitense Anaïs Nin, che la ha scritta nel suo Diario pubblicato nel 1966: "You cannot save people, you can only love them" (Non puoi salvare le persone, puoi solo amarle".

Non resta altro mezzo per rimettere in onore la politica, si devono come prima cosa impiccare i moralisti.
Questo pensiero è attribuito a Friedrich Nietzsche da quando è stato citato dal giornalista Giuliano Ferrara su il Giornale in un articolo del 2009: "[...] Un grande falò delle vanità che sarà spento solo quando si capirà che, parafrasando un aforisma postumo di Friedrich Nietzsche: «Non resta altro mezzo per rimettere in onore la politica, si devono come prima cosa impiccare i moralisti». Non si tratta, dunque, di un'affermazione di Nietzsche, ma della parafrasi di un suo pensiero.

Non seguire il sentiero già segnato; va', invece, dove non vi è alcun sentiero, e lascia una traccia.
In inglese: Do not follow where the path may lead. Go instead where there is no path and leave a trail.
Questa frase, soprattutto in lingua italiana, è spesso attribuita in maniera erronea allo scrittore australiano di origine peruviana Sergio Bambarén. L'equivoco nasce dal fatto che la frase, in effetti, si trova nel libro di Bambarén Vela bianca (Distant Winds, 2007), ma solo come epigrafe anonima all'inizio del volume. In lingua inglese, invece, la frase è di solito attribuita a Ralph Waldo Emerson, ma anche in questo caso si tratta di un errore. L'autrice di questo pensiero, infatti, è la poetessa e scrittrice statunitense Muriel Strode (1875-1930), e si trova ne Il mio piccolo libro di preghiere (My Little Book of Prayer, 1906): "I will not follow where the path may lead; instead I will go where there is no path and leave a trail" (Non seguirò il sentiero già segnato; andrò, invece, dove non vi è alcun sentiero, e lascerò una traccia).

Non siamo mai così poco liberi come quando tentiamo di recitare. 
Questa citazione è attribuita a Oscar Wilde e si trova in diversi siti di aforismi, ma molto probabilmente si tratta di un'errata traduzione della frase seguente che si trova ne Il critico come artista (1889) di Oscar Wilde: "It has shown us that we are never less free than when we try to act", cioè "Mai siamo meno liberi di quando cerchiamo di agire".

Non temiamo il destino. Non ci tireremo indietro. Prima di essere schiuma saremo indomabili onde.
Questa citazione è attribuita a Cesare Pavese, ma si tratta di una frase tratta da un brano anonimo, probabilmente ispirato dai Dialoghi con Leucò (1947) di Pavese. Il brano anonimo è il seguente: "Farò della parola tumulto e del tumulto schiuma d’onda. Saranno segrete lacrime liberate. E ne faremo destino. Tu che hai trasformato ogni mio “dovevo” in splendidi “Puoi”. Non c’è sfiorare senza mutare. E nel mutare sorridere. Questo è accettarsi. E sorridere al destino. E anche se spigoloso ami il mio essere talvolta scoglio perché è lì che il tuo tumulto d’onda ama infrangersi. Forse solo chi sorride fa suo il proprio destino. Tu che di me ami anche i mutamenti. Sorridi nel mio morire e rinascere in mille forme: sei sostanza, sei respiro dei miei mari lunari. L’inquietudine derivante dal tedio. Ecco cosa uccide il desiderio. Spegnendolo. Non temiamo il destino. Non ci tireremo indietro. Prima di essere schiuma saremo indomabili onde. Tu diventi desiderio".

Non ti curar di loro, ma guarda e passa.
Forma comune, ma errata, con la quale è spesso citato il celebre verso di Dante Alighieri presente nel Canto III dell'Inferno: Non ragioniam di lor, ma guarda / e passa.

Non tutti possono essere Batman, ma Batman può nascondersi dentro ognuno di noi.
Questa frase è attribuita a Fabio Volo e, secondo Wikiquote, si troverebbe nel libro Le prime luci del mattino (2011). In realtà questa frase non si trova in nessuno dei suoi libri. Molto probabilmente si tratta di una burla escogitata da qualcuno per prendere in giro i tanti fan del popolare scrittore.

Non tutto ciò che conta può essere contato, e non tutto ciò che può essere contato conta.
In inglese: Not everything that counts can be counted, and not everything that can be counted counts.
Questa frase è generalmente attribuita ad Albert Einstein, ma non esiste alcuna prova certa che possa attestarlo. Molto più sicure, invece, sono le fonti che attribuiscono questa citazione al sociologo statunitense William Bruce Cameron, che in Sociologia informale (Informal Sociology, 1963) scrive: "Sarebbe bello se tutti i dati di cui i sociologi necessitano potrebbero essere enumerati, perché allora potremmo farli passare attraverso le macchine IBM e disegnare grafici come fanno gli economisti. Tuttavia, non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato" (It would be nice if all of the data which sociologists require could be enumerated because then we could run them through IBM machines and draw charts as the economists do. However, not everything that can be counted counts, and not everything that counts can be counted).

Non vo' augurar ai nemici la loro morte, bensì prurito al cul e braccia corte.
Questa frase satirica si trova su internet attribuita a Dante Alighieri; secondo qualcuno si troverebbe nel Canto V del Purgatorio. Inutile dire che non si trova né nella Divina Commedia né in altri scritti di Dante. Molto probabilmente si tratta di una bravata letteraria di autore anonimo, attribuita al sommo poeta per darle credito.

Nulla si sa, tutto si immagina.
Questa frase si trova attribuita a Federico Fellini (1920-1993) in quasi tutti i siti italiani di citazioni. L'equivoco nasce dal fatto che Fellini amava citare questa frase non sua, come per esempio nel libro La voce della Luna (1990), in cui scrive: "Posso solo ripetere con il poeta: «Nulla si sa, tutto si immagina». Il poeta in questione è Fernando Pessoa (1888-1935), e la frase è un verso di una sua poesia del 1923 intitolata Tão cedo passa tudo quanto passa!: "Nada se sabe, tudo se imagina". (Niente si sa, tutto si immagina).