L'aforisma come Genere Letterario (di Werner Helmich)

Selezione delle riflessioni più significative sull'aforisma di Werner Helmich (1941), romanista e critico letterario tedesco. Le seguenti citazioni di Werner Helmich sono tratte da due saggi: Sei pericoli che hanno generato l'aforisma moderno (tratto da La scrittura aforistica, 2001) e L'aforisma come genere letterario (tratto da La brevità felice, 2006).

Foto di di Werner Helmich
Il fatto che anche le piccole cose della vita quotidiana siano tematizzabili nell'aforisma
ne abbassa apparentemente il livello filosofico ma aumenta il grado d'intensità affettiva.
(Werner Helmich)

Sei pericoli che hanno generato l'aforisma moderno
La scrittura aforistica © Il Mulino, 2001

Aforisma: una forma di prosa letteraria non appartenente all'ambito della fictio ovvero una "prosa di riflessione" estremamente concisa e discontinua (cioè isolata dai testi circostanti, in generale mediante uno spazio bianco: determinante comunque è l'assenza di ogni riferimento intratestuale tra i singoli aforismi [...]), e che, indipendentemente dalle denominazioni storiche, risponde a precise convenzioni espressive.

Le scienze non hanno distrutto le ambizioni conoscitive dell'aforisma, ma hanno provocato uno spostamento parziale delle sue tematiche, con retrocessione in alcuni campi e balzi in avanti in altri, delimitando così in modo nuovo gli ambiti rispettivi.

È solo dopo il collasso dei sistemi filosofici che si assiste alla nuova ascesa della riflessione aforistica.

Il fatto che anche le piccole cose della vita quotidiana siano tematizzabili nell'aforisma ne abbassa apparentemente il livello filosofico ma aumenta il grado d'intensità affettiva. 

L'aforisma come genere letterario
La brevità felice © Marsilio 2006

Aforisma: forma letteraria di prosa, concisa, isolata da un contesto, priva di finzione narrativa e provvista di una "pointe", cioè di un effetto stilistico destinato a procurare nel lettore una sorpresa estetica o gnoseologica.

L'aforisma [...] è pura prosa di riflessione, che, del resto, date le sue dimensioni ridottissime, si priva dell'argomentazione, configurandosi come frase gnomica o sentenziosa.

I tratti comuni oggettivi delle forme brevi da La Rochefoucauld fino a oggi sembrano abbastanza forti per stabilire un solo genere più ampio della massima moralistica.

Il modo migliore di considerare l'aforisma come fenomeno storico è quello di concepirne l'evoluzione alla stregua di una successione cumulativa di varianti individuali e collettive che hanno sviluppato, dal canto loro, delle convenzioni specifiche: forme di espressione, tematiche, funzioni letterarie ed extraletterarie. Ciò significa che anche le forme più tradizionali non sono morte; sono sopravvissute alla loro epoca senza perdere il loro valore estetico, adattandosi alle condizioni nuove.

Il paradosso costituisce una delle figure semantiche più rappresentative dello spirito aforistico, da Pascal e dai moralisti classici fino ai nostri giorni.

La concisione - Non vi è dissenso su questo criterio tra i critici, neanche sul fatto che è ovviamente impossibile determinare, secondo il modello del sorite, un limite assoluto di frasi o di parole al di là del quale non si possa più parlare di aforisma. La definizione spavalda di Bufalino: "Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole", dimostra che gli autori la pensano allo stesso modo: questo aforisma sta in effetti in otto parole, ma 1'autoesaltazione ironica ci dice chiaramente che il numero assoluto di parole non conta.

Gli aforismi scritti come tali ma per una qualsiasi ragione non pubblicati dall'autore, bensì postumi, da un curatore, non cambiano di genere letterario; invece, le riflessioni (anche formalmente brevi) integrate dagli autori in contesti narrativi o altri, che siano pubblicati o no, non sono da considerarsi aforismi, anche se un curatore li pubblica postumi come tali.

Essendo l'aforisma un genere di prestigio, si è spesso proceduto alla pubblicazione di serie di aforismi spuri estratti da opere continue: da commedie e riflessioni saggistiche più lunghe, ma soprattutto da romanzi. Così esistono in volumi stampati i Pensieri o le Massime di Cervantes, di Balzac o di Proust, per citare tre pseudo-opere di romanzieri puri che, dopo la morte, non erano più in grado di difendersi contro gli antologisti che hanno preso qua e là nei loro romanzi piccole citazioni di carattere gnomico, perfino con modificazioni testuali destinate a creare artificialmente la decontestualizzazione linguistica propria del genere, e le hanno pubblicate come aforismi.

Negli ultimi decenni è aumentato il numero di raccolte «miste», esteticamente importanti, composte da aforismi e da altri testi brevi: forme intermedie tra riflessioni e piccoli saggi (si pensi alle Scorciatoie di Saba), impressioni e altri frammenti minuscoli, brevi dialoghi e piccole scene drammatiche, micronarrazioni di poche frasi ecc., che trasgrediscono in maggiore o minore grado i limiti del genere aforistico, in parte anche quelli della prosa di riflessione. Una ipotesi praticabile sembra quella di creare, al di sopra del livello generico dell'aforisma, una categoria ("tipo di testo" o ipergenere?) denominata «prosa breve» o, nel caso che nelle raccolte si trovino anche brani di poesia, come nelle Inscriptions di Scutenaire, di ricorrere a una categoria ancora più ampia - «forme brevi», Minimaltexte, «écriture discontinues" - determinata solo da due caratteristiche: concisione e isolamento testuale.

Note

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