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Frasi e citazioni di Ronald David Laing

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Ronald David Laing (Glasgow 1927 - Saint-Tropez 1989), psichiatra scozzese. Ronald Laing è considerato uno dei principali ispiratori dell'antipsichiatria, anche se egli non ne condivideva le conclusioni più estreme. La maggior parte delle seguenti citazioni di Ronald Laing sono tratte dai suoi libri più noti: L'Io diviso (The Divided Self, 1960) e La politica dell'esperienza (The Politics of Experience, 1967).
La vita è una malattia a trasmissione sessuale
con tasso di mortalità del 100%. (Ronald Laing)
L'Io diviso
Studio di psichiatria esistenziale
The Divided Self, 1960 - Selezione Aforismario

Come può uno psichiatra considerare direttamente il paziente per descriverlo, se il vocabolario psichiatrico a sua disposizione serve solo per tenerlo a distanza? Come si può mostrare il significato umano generale posseduto dallo stato del paziente, se le parole che si debbono usare sono state inventate apposta per isolare e circoscrivere in una entità clinica particolare il senso della vita del paziente?

Evoluzione dell'idea di psicosi nella mente dei familiari. Buono-cattivo-pazzo.

Ciò che si chiama psicosi non è altro, talvolta, che una brusca rimozione del velo del falso io, che era servito finora a conservare una normalità esteriore della condotta, anche se forse già da tempo questa non rifletteva più in alcun modo le condizioni reali del vero io nascosto.

È possibilissimo [...] sapere pressappoco tutto quello che si può sapere sulla psicopatologia della schizofrenia, cioè sulla schizofrenia come malattia, senza per questo essere in grado di capire un solo schizofrenico. Quei dati di conoscenza, infatti, sono in realtà tutti modi di non capirlo.

Guardare e ascoltare un paziente e vedere in lui i «segni» della schizofrenia come «malattia», e guardarlo e ascoltarlo semplicemente come essere umano, sono due cose radicalmente diverse.

La psichiatria può mettersi dalla parte della trascendenza, della libertà vera, del genuino sviluppo umano: alcuni psichiatri sono già di fatto da questa parte. Ma è estremamente facile per la psichiatria ridursi ad essere una tecnica di lavaggio del cervello: un metodo per produrre, mediante torture preferibilmente non dolorose, degli esseri dalla condotta ben adattata.

Le cose dette e fatte da uno schizofrenico sono destinate a restare, essenzialmente, assurde e inspiegabili se non si comprende il loro contesto esistenziale.

Lo schizoide ha terrore di un rapporto dialettico vivo e reale con gente viva e reale, e si rifugia in rapporti con esseri spersonalizzati, con fantasmi delle sue stesse fantasie, con riflessi delle sue stesse immagini.

La schizofrenia non si può comprendere se non si comprende la disperazione.

La psicosi diventa comprensibile quando, e soltanto allora, si riesca a raccogliere dallo stesso paziente la storia del suo io, anziché la solita anamnesi psichiatrica che di solito si raccoglie in questi casi, e cioè la storia del sistema del falso io.

La salute mentale, o la psicosi, si misura col grado di convergenza o divergenza esistente fra due persone, una delle quali sia, per comune consenso, sana di mente.

La mente ammalata dello schizofrenico può permettergli di vedere delle cose che non possono entrare nella mente intatta, ma non aperta, di molte persone sane.

La negazione dell'essere, come strumento per la conservazione dell'essere. Lo schizofrenico crede di aver ucciso il suo io, e ciò allo scopo di evitare di essere ucciso: è morto per poter restare vivo.

Lo schizofrenico è un uomo senza speranza.

L'io corporeo non è una fortezza inviolabile che difenda contro il deterioramento prodotto dai dubbi e dalle incertezze ontologiche: in se stesso non può garantire l'immunità dalla psicosi.

Nei luoghi di cura migliori, dove la camicia di forza è stata abolita, dove le porte sono senza chiavistelli, dove le leucotomie non si fanno quasi più, si usano tuttavia mezzi di aspetto più innocuo, lobotomie e tranquillanti che ri-istituiscono, questa volta dentro il paziente, le sbarre e i catenacci del manicomio.

Nessuno ha la schizofrenia, nel senso che intendiamo quando diciamo che uno ha il raffreddore. Il paziente non ha la schizofrenia: è schizofrenico.

Per lo schizofrenico amare qualcuno equivale ad essere come lui; ma essere come qualcuno equivale a perdere l'identità. È per questo che odiare ed essere odiati appaiono sentimenti meno pericolosi, per la perdita dell'identità, che amare ed essere amati.

Quando dichiaro che un certo paziente è malato di mente, che può essere pericoloso a sé e agli altri, e che ha bisogno di ricovero in ospedale psichiatrico, non intendo equivocare sulle cose che scrivo. Al tempo stesso, però, sono anche cosciente del fatto che a mio avviso vi sono in giro altre persone, considerate sane, la cui mente è altrettanto gravemente ammalata; che possono essere altrettanto pericolose - o anche di più - a sé e agli altri, e che invece la società non considera psicotici da rinchiudere in manicomio.

Se è stata raggiunta una condizione di sicurezza ontologica primaria, le normali circostanze della vita non presentano una minaccia continua per la propria esistenza. Ma se questa base per vivere non è stata raggiunta, tutte le circostanze comuni della vita quotidiana costituiscono un pericolo continuo e mortale. Solo rendendosi conto di ciò è possibile cominciare a capire come possano svilupparsi certe psicosi.

Se mi mandano un uomo avvertendomi che sta delirando, quest'uomo può, nel suo delirio, dirmi la verità, e ciò non in maniera vaga o metaforica, ma letteralmente, perché la mente ammalata dello schizofrenico può permettergli di vedere delle cose che non possono entrare nella mente intatta, ma non aperta, di molte persone sane.

Senza dubbio vi sono molte circostanze in cui esistono buone ragioni per non dire bugie, ma l'incapacità di dirle non è la migliore di queste ragioni.

Uno schizofrenico cessa di essere tale quando incontra qualcuno dal quale si sente compreso. Quando ciò accade, la maggior parte delle bizzarrie che vengono considerate i «segni» della «malattia» miracolosamente scompaiono.

La politica dell'esperienza
The Politics of Experience, 1967

Dal punto di partenza della nostra pseudosalute mentale tutto è equivoco. Questa salute non è una vera salute. La pazzia dei nostri pazienti è un prodotto della distruzione che imponiamo a loro e che essi impongono a se stessi.

La follia non è necessariamente un crollo; essa può essere anche un'apertura.

L'individuo che fa l'esperienza trascendentale della perdita dell'ego può e non può perdere l'equilibrio, in diversi modi. Può allora essere considerato come pazzo. Ma essere pazzo non è necessariamente essere malato, anche se nel nostro mondo i due termini sono diventati complementari.

Molto prima che possa avvenire una guerra nucleare, abbiamo prima dovuto permettere la devastazione della nostra sanità mentale. Iniziando dai bambini. È imperativo farlo in tempo. Senza il più completo e rapido lavaggio del cervello, le loro sporche menti scoprirebbero i nostri sporchi trucchi. I bambini [in quanto tali] non sono ancora folli, ma li faremo diventare imbecilli come noi, con un alto Q.I. se possibile.

Se la razza umana sopravvivrà, gli uomini del futuro, temo, guarderanno intorno alla nostra illuminata epoca come a una vera età delle tenebre, e probabilmente saranno in grado meglio di noi di trarre divertimento dall'ironia della situazione: rideranno di noi. Vedranno chiaramente come ciò che noi ora chiamiamo "schizofrenia" fosse una delle forme in cui, spesso, tramite delle persone del tutto comuni, la luce cominciava a baluginare tra le crepe delle nostre menti rigidamente serrate.

Siamo nati in un mondo dove ci aspetta l'alienazione. Siamo uomini potenzialmente, ma siamo in uno stato alienato e questo stato non è semplicemente un sistema naturale. L'alienazione, a cui oggi siamo destinati, è stata raggiunta solo tramite l'oltraggiosa violenza perpetrata da esseri umani ai danni di altri esseri umani.

La politica della famiglia
The Politics of the Family, 1969

La famiglia può essere immaginata come una ragnatela, un fiore, una tomba, una prigione, un castello. Si può essere più consapevoli di un'immagine della famiglia che della famiglia stessa.

Fonte sconosciuta
La vita è una malattia a trasmissione sessuale con tasso di mortalità del 100%.
Life is a sexually transmitted disease and the mortality rate is one hundred percent.
[citato in Carlton Cornett, The Soul of Psychotherapy, 1998]

Libro di Ronald Laing consigliato da Aforismario
L'io diviso
Studio di psichiatria esistenziale 
Traduzione: David Mezzacapa 
Editore: Einaudi, 2010 

L'analisi della lacerazione interiore che caratterizza l'io diviso dello schizofrenico si colloca a buon diritto tra le pagine esemplari della tradizione fenomenologico-esistenziale in psichiatria, facendo dell'Io diviso, al di là del contesto storico e politico in cui è nato e si è diffuso, un vero e proprio classico del pensiero psichiatrico. Nella sua opera d'esordio, infatti, il giovane psichiatra scozzese riesce a dire qualcosa di accessibile e comprensibile sull'incomprensibilità schizofrenica, portando il mondo della psicosi a contatto con emozioni e stati mentali nei quali è possibile riconoscersi. Tramite il ricorso a un linguaggio vicino all'esperienza, le pagine di Laing non lasciano nella mente del lettore la rappresentazione di un mondo inerte, congelato dalla follia, ma piuttosto quella di un mondo in evoluzione nel quale la psicosi schizofrenica rappresenta una possibile, ma non necessaria, evoluzione del rapporto che un individuo ontologicamente insicuro è riuscito a stabilire con se stesso. A distanza di oltre 40 anni dalla sua pubblicazione,, L'io diviso continua a essere un libro che non scivola via, che non passa inosservato, che non si può studiare senza esserne profondamente toccati: uno di quei libri la cui lettura, senza voler dare troppa enfasi a questa frase, cambia davvero la vita, nel senso che dopo che lo si è letto non si è piú gli stessi di prima. Ciò che abitualmente viene relegato nella alienità, al di là del «rassicurante» muro della incomprensibilità, si rivela invece straordinariamente vicino; i confini tra normalità e psicosi si mostrano in tutta la loro labilità, facendo intravedere le potenzialità psicotiche insite in ogni esistenza umana.