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Frasi e citazioni di Pino Aprile

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Pino Aprile (Gioia del Colle 1950), giornalista e saggista italiano. Pino Aprile è diventato noto al grande pubblico dopo la pubblicazione, nel 2010, del libro Terroni, un saggio che descrive gli eventi che a suo avviso avrebbero penalizzato economicamente il meridione, dal Risorgimento ai giorni nostri. Le seguenti riflessioni di Pino Aprile sono tratte, oltre che da Terroni, da Elogio dell'imbecille (1997).
Si è sempre i meridionali di qualcuno. Ed è un guaio, perché
vuol dire che chi stila graduatorie finisce in quelle di altri.
(Pino Aprile)
Elogio dell'imbecille
Gli intelligenti hanno fatto il mondo, gli stupidi ci vivono alla grande
© Piemme 1997 - Selezione Aforismario

Oggi il mondo stesso è a misura dell'imbecille, al punto che macchine complesse e pericolosissime, organizzazioni planetarie, strutture basilari per la, vita umana sono nelle mani di persone universalmente conosciute come cretini, psicotici, affetti da malattie invalidanti delle facoltà che più parrebbero necessarie a certi livelli (equilibrio, saggezza, intuizione, tolleranza, altruismo, intelligenza).

Se gli intelligenti tendono a non avere figli, e gli stupidi si dimostrano invece particolarmente prolifici, l'intelligenza è condannata a non avere futuro.

La stupidità intimidisce i grandi, perché ne intuiscono le proporzioni e la pericolosità (al contrario dell'intelligenza, non ha limiti).

Quando un esemplare della nostra specie, particolarmente dotato di intelletto, mette il proprio genio al servizio della comunità, la rende più stupida, produce imbecillità; perché gli altri si limiteranno a imitarlo, a sfruttare le sue intuizioni, copiandole pedissequamente, e non saranno indotti a esercitare le proprie facoltà mentali.

Tanti anziani meravigliosi onorano il genere umano con l'acume delle loro menti e la grandezza del loro cuore; ma è indubbio che, dopo una certa età, rimbecillirsi è molto più facile.

Come è possibile che la società continui il suo cammino nonostante l'aumento della stupidità? C'è una sola risposta possibile: l'intelligenza non è (più) necessaria per far marciare il mondo: l'imbecillità sa farlo altrettanto bene. E persino meglio.

Se l'imbecillità avesse un valore negativo per la nostra specie, i casi sarebbero due: o ci saremmo estinti da un pezzo, o non ci sarebbero più cretini. Una caratteristica nociva così diffusa, infatti, porta alla sicura estinzione, oppure viene corretta dalla natura. La specie umana, al contrario, è lungi dallo scomparire e la stupidità continua a espandersi. Non c'è altra conclusione che questa: l'imbecillità è necessaria alla sopravvivenza della nostra specie, per quanto possa dar fastidio agl'intelligenti rimasti.

La stupidità è necessaria: è la vera linfa vitale della società umana. È la regola, il motore che la fa marciare.

L'intelligenza, per le società umane, è sabbia negli ingranaggi; rischia di fame inceppare i meccanismi. Il genio è sovversivo non soltanto perché, invece di applicare la norma, la discute; ma perché, così facendo, blocca il cammino regolare dell'intero sistema burocratico. L'intelligenza, mentre valuta con spirito critico il. funzionamento delle strutture sociali, di fatto lo rallenta o lo interrompe. L'acume, o semplicemente il buon senso, portano confusione. Se il sistema reagisce, riaffermando la supremazia della propria imbecillità, fa bene: si difende, come un organismo qualsiasi contro un agente esterno che ne metta in pericolo la sicurezza, l'esistenza.

La maggior produttrice di stupidità è l'intelligenza.

Molte persone intelligenti, una volta compresa l'irrimediabile stupidità delle strutture sociali in cui sono inserite, commettono un errore: cercano di porvi rimedio. Si rovinano così la vita, nel tentativo di rendere le società umane meno sceme. Altri, invece (e sono loro i veri geni), capiscono che un tale progetto è destinato a fallire, perché nasce da un grave equivoco: il desiderio che diventino meno stupidi degli organismi che funzionano soltanto se stupidi.

La nostra specie ci ha messo milioni di anni a conquistare la stupidità, che è comoda. La televisione è uno dei mezzi con cui ce la godiamo.

Terroni
Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero «meridionali»
© Piemme 2010 - Selezione Aforismario

Si è sempre i meridionali di qualcuno. Ed è un guaio, perché vuol dire che chi stila graduatorie finisce in quelle di altri.

L'impoverimento del Meridione per arricchire il Nord non fu la conseguenza, ma la ragione dell'Unità d'Italia. La ragione dei pratici; quella dei romantici era un'ideale. Vinsero entrambi.

Il Sud è stato privato delle sue istituzioni; fu privato delle sue industrie, della sua ricchezza, della capacità di reagire; della sua gente (con una emigrazione indotta o forzata senza pari in Europa); infine, con un'operazione di lobotomia culturale, fu privato della consapevolezza di sé, della memoria.

Gl'italiani vanno al Nord in cerca di soldi; al Sud in cerca dell'anima. All'estero smettono di essere meridionali o settentrionali e diventano solo italiani (indistintamente, nel pregiudizio altrui, geni e farabutti).

È accaduto che i meridionali abbiano fatto propri i pregiudizi di cui erano oggetto. E che, per un processo d'inversione della colpa, la vittima si sia addossata quella del carnefice. Succede quando il dolore della colpa che ci si attribuisce è più tollerabile del male subito.

Il settentrionale non ha bisogno di essere leghista; il meridionale al Nord non può farne a meno, se di scarsa radice. Ed è il più attivo nel sostenere un'esclusione che non escluda più lui, ma chi è come lui era.

La questione meridionale, il ritardo del Sud rispetto al Nord, non resiste "malgrado" la nascita dell'Italia unita, ma sorse da quella e dura tuttora, perché è il motore dell'economia del Nord.

Noi non sappiamo più chi fummo. Ed è accaduto come agli ebrei travolti dall'Olocausto (il paragone non è esagerato: centinaia di migliaia, forse un milione di meridionali furono sterminati dalle truppe sabaude; da tredici a oltre venti milioni, secondo i conteggi, dovettero abbandonare la loro terra, in un secolo): molti scampati ai lager cominciarono a domandarsi se il male che li aveva investiti non fosse in qualche modo meritato.

Ti vogliono convincere, e ti convinci, che c'è una tua insufficienza, incapacità, alla radice dei tuoi mali, dei tuoi ritardi. Per la teoria del mondo giusto, hai quel che ti meriti, in quanto esponente di una specie incompiuta: l'homo sapiens sapiens minor atque terronicus. Ma se vai via dal tuo Sud, ti capita di dispiegare profittevolmente le capacità misconosciute, anche da te stesso, e raggiungi risultati prima negati. Allora ti convinci che non si tratta della specie minor, ma del luogo.

Il Sud, da solo, sprofonderebbe subito in una situazione terribile. Rischierebbe di annegare, ma anche di imparare a nuotare. Un nuovo inizio: l'insorgere di una forte connotazione identitaria e la coscienza della sfida darebbero una potente spinta.

Quando non gli è stato impedito (apertamente o subdolamente) di fare, il Sud ha dimostrato di saper fare.

Se si dovesse giungere alla separazione Nord-Sud, in Italia, i conti andrebbero fatti, finalmente, e dovrebbero contemplare i danni e i furti dell'invasione e quelli di centocinquant'anni di strabismo di stato alpino. Il conto forse andrebbe fatto comunque, così almeno sapremmo se i meridionali devono smetterla di lamentarsi o i settentrionali non debbano cominciare a risarcire. In ogni caso, un po' di verità ci farebbe bene. A tutti.

Credo che non ci sia terra, oggi, in Europa, che abbia maggior futuro e miglior fortuna da dispiegare, del nostro Sud.

Libro di Pino Aprile consigliato
Terroni
Tutto quello che è stato fatto perché gli italiani del Sud diventassero «meridionali»
Editore Piemme, 2013

Fratelli d'Italia... ma sarà poi vero? Pino Aprile, pugliese doc, interviene con grande verve polemica in un dibattito dai toni sempre più accesi, per fare il punto su una situazione che si trascina da anni, ma che di recente sembra essersi radicata in uno scontro di difficile composizione. Percorrendo la storia di quella che per alcuni è conquista, per altri liberazione, l'autore porta alla luce una serie di fatti che, nella retorica dell'unificazione, sono stati volutamente rimossi e che aprono una nuova, interessante, a volte sconvolgente finestra nella facciata del trionfalismo nazionalistico.