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Citazioni Errate - L

Elenco di citazioni errate, di frasi false o di attribuzione incerta che circolano su internet, che cominciano con la lettera L (comprese le frasi che iniziano con gli articoli la, le, li, lo). Se hai qualche precisazione da fare per migliorare questa sezione, oppure desideri segnalare una citazione che hai trovato sul web e sulla cui autenticità hai dei dubbi, contatta pure Aforismario.
Qualunque frase priva di fonti bibliografiche certe, su internet la potrete trovare
attribuita nel 99% dei casi a: Oscar Wilde, Jim Morrison o Albert Einstein
e per il restante 1% a un altro autore sbagliato. (Aforismario)
L'amore è eterno finché dura.
In Italia, questa citazione è nota  soprattutto perché è stata usata come titolo sia di un film del 2004 diretto e interpretato da Carlo Verdone, sia di un libro, pubblicato sempre nello stesso anno, di Roberto Gervaso. Forse non tutti sanno, però, che l'autore della frase è lo scrittore francese Henri de Régnier che la pubblicò nel 1928 in Lui o Le donne e l'amore (Lui ou Les femmes et l'amour): "L'amour est éternel, tant qu'il dure" (L'amore è eterno, finché dura).

L’amore è l’ala che Dio ha dato all'anima per salire sino a lui.
Questa citazione (nota anche in altre versioni, come ad esempio: "L'amore è l'ala che Iddio ha dato all'anima per giungere insino a lui") è attribuita a Michelangelo Buonarroti, ma da una ricerca sul web e su alcune sue opere, la frase, almeno così come viene citata, non risulta. Sembra piuttosto si tratti della sintesi - anche abbastanza arbitraria - di alcuni versi di Michelangelo presenti in Rime: Amore isveglia e desta e ’mpenna l’ale, / né l’alto vol preschive al van furore; / qual primo grado c’al suo creatore, / di quel non sazia, l’alma ascende e sale.

L'amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui dall'altra, e gli sconosciuti si accorgono che vi amate. Chest'è.
Questa frase circola su internet attribuita a Massimo Troisi, ma si tratta di un pensiero di Valentina Serra pubblicato su Twitter nel 2014: "L'Amore è quella cosa che tu sei da una parte, lui dall'altra e gli sconosciuti si accorgono che vi amate". La citazione si trova spesso riportata in napoletano, evidentemente per darle maggior credibilità, ma la sua vera autrice ne rivendica sempre la "maternità": "Tengo da morire a questo tweet perché è un pezzo della mia vita".

L'amore non esiste per renderci felici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore.
Questa riflessione è spesso attribuita allo scrittore italiano Alessandro D'Avenia, il quale, in effetti, la scrive in Bianca come il latte, rossa come il sangue (2010); tuttavia si tratta di un'evidente citazione dal Peter Camenzind (1904) di Hermann Hesse: "L'amore non esiste per renderci felici. Io credo che esista per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore". Ciò, tra l'altro, è reso in maniera abbastanza esplicita nel romanzo dello stesso D'Avenia, che introduce la frase così: "Una volta ho letto in un libro che l'amore non esiste per renderci felici, ma per dimostrarci quanto sia forte la nostra capacità di sopportare il dolore".

L'attesa attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi. 
Questa massima di François de La Rochefoucauld è molto diffusa sul web in lingua italiana, ma la traduzione è errata e la frase incompleta. La versione corretta è la seguente: "L'assenza attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi, come il vento spegna le candele e ravviva il fuoco (L'absence diminue les médiocres passions, et augmente les grandes, comme le vent éteint les bougies et allume le feu), Massime, 1678.

L'equilibrio tranquillizza, ma la follia è molto più interessante. 
In inglese: Sanity calms, but madness is more interesting.
Questa citazione si trova spesso attribuita a Bertrand Russell 1872-1970), anzi, nei siti italiani di aforismi si trova attribuita esclusivamente al celebre filosofo e matematico inglese. In realtà la frase pare sia dell'attore John Russell (1921-1991), così come si può facilmente verificare facendo una ricerca su internet in lingua inglese.

L'immaginazione è la pazza di casa.
Questa frase è spesso attribuita a Nicolas de Malebranche e a Teresa d'Avila, ma probabilmente si tratta di un antico detto spagnolo: "La imaginación es la loca de la casa". Per quanto riguarda Malebranche, la fonte della citazione viene fatta risalire al suo La ricerca della verità (1674-75), in cui tratta in maniera approfondita proprio dell'immaginazione; ma se si esamina l'opera, la frase "L'imagination est la folle du logis" non si trova.

L'immaginazione è una qualità che è stata concessa all'uomo per compensarlo di ciò che egli non è, mentre il senso dell'umorismo gli è stato dato per consolarlo di quel che egli è. 
In inglese: Imagination is the quality given to man to compensate him for what he is not, and a sense of humor was provided to console him for what he is. 
Quest'arguzia è attribuita, di volta in volta, a Francis Bacon o a Oscar Wilde, ma non si trova nelle opere né dell'uno né dell'altro. Il vero autore è sconosciuto. La frase è nota anche nella seguente variante: "L'immaginazione è stata data all'uomo per compensarlo di ciò che egli non è, e il senso dell'umorismo per consolarlo di quel che è" (Imagination was given to man to compensate for what he is not; a sense of humor to console him for what he is).

L'importante non è vincere, ma partecipare.
Questa celebre motto di  Pierre de Coubertin (fondatore dei moderni Giochi olimpici) fu ripreso dal sermone di un vescovo della Pennsylvania (Ethelbert Talbot) pronunciato in occasione dei Giochi olimpici di Londra del 1908. Talbot, a sua volta, pare abbia parafrasato il pensiero di un filosofo greco: "L'importante non è vincere, ma partecipare con spirito vincente".

L'individuo ha sempre dovuto lottare per evitare di essere sopraffatto dalla tribù. Se ci provi, ti sentirai solo e spesso spaventato. Ma nessun prezzo è troppo alto da pagare per avere il privilegio di essere te stesso.
Questa bella osservazione è attribuita, non solo in lingua italiana, a Friedrich Nietzsche, e si trova citata non soltanto in alcuni dei più popolari siti di aforismi, ma anche in vari libri. In realtà si tratta di un'affermazione dello scrittore inglese Rudyard Kipling (1865-1936) fatta durante un'intervista con Arthur Gordon, e pubblicata nel 1935 sul Reader's Digest col titolo: Intervista con un immortale: "L'individuo ha sempre dovuto lottare per evitare di essere sopraffatto dalla tribù. Essere sé stessi è difficile. Se ci si prova, ci si sentirà soli e spesso spaventati. Ma nessun prezzo è troppo alto da pagare per il privilegio di essere padroni di sé". (The individual has always had to struggle to keep from being overwhelmed by the tribe. To be your own man is a hard business. If you try it, you’ll be lonely often, and sometimes frightened. But no price is too high to pay for the privilege of owning yourself).

L'Inferno non è mai tanto scatenato quanto una donna offesa.
In inglese: Hell hath no fury like a woman scorned.
Questa citazione è spesso attribuita a William Shakespeare, a volte all'immancabile Oscar Wilde. In realtà si tratta di un verso, divenuto proverbiale in lingua inglese, del grande drammaturgo britannico William Congreve, e si trova nella tragedia: La sposa in lutto (The Mourning Bride, 1697): "Heaven has no rage like love to hatred turned / Nor hell a fury like a woman scorned" (Il cielo non ha collere paragonabili all’amore trasformato in odio, né l’inferno ha furie paragonabili a una donna disprezzata).

L'invidia è quel sentimento che nasce nell'istante in cui ci si assume la consapevolezza di essere dei falliti.
Questa frase è attribuita, solo in lingua italiana, a Oscar Wilde, ma di essa non v'è traccia in nessuna delle sue opere, né si trova su internet in lingua inglese una qualche citazione che possa anche soltanto lontanamente avvicinarsi a essa. L'impressione è che si tratti della solita frasetta di uno sconosciuto diffusa su internet con l'aiuto di un nome famoso.

L'occhio vede solo ciò che la mente è preparata a comprendere.
In francese: L'œil ne voit que ce que l'esprit est préparé à comprendre.
In inglese: The eyes see only what the mind is prepared to comprehend.
Questa citazione è spesso attribuita, e non soltanto in lingua italiana, al filosofo francese Henri Bergson (1859-1941) il quale, in effetti, si è occupato in maniera approfondita dell'occhio e della visione, ma in realtà si tratta di una frase dello scrittore canadese Robertson Davies (1913-1995) e si trova nel suo romanzo Tempest-Tost (1951), ecco il brano da cui è tratta: "A una certa distanza dal percorso, sotto gli alberi, c'era una panchina, e su di essa si trovavano un ragazzo e una ragazza stretti in un abbraccio. Normalmente Hector non li avrebbe notati, perché l'occhio vede solo ciò che la mente è disposto a comprendere" (At some distance from the path, under the trees, was a bench, and upon it were a boy and girl in a close embrace. Ordinarily Hector would not have noticed them, for the eye sees only what the mind is prepared to comprehend).

L'ottimista è un uomo che, senza una lira in tasca, ordina delle ostriche nella speranza di poterle pagare con la perla trovata. 
Questa battuta, almeno in Italia, di solito è attribuita all'attore Ugo Tognazzi, ma probabilmente è stata ripresa dallo scrittore e commediografo francese Tristan Bernard: "Il colmo dell'ottimismo è entrare in un grande ristorante e sperare nella perla che si troverà in un'ostrica per pagare il conto" (Le comble de l'optimisme, c'est de rentrer dans un grand restaurant et compter sur la perle qu'on trouvera dans une huître pour payer la note). 

L'ottimista pensa che questo sia il migliore dei mondi possibili. Il pessimista sa che è vero.
Questa citazione è spesso attribuita al fisico statunitense Robert Oppenheimer e, a volte, a Oscar Wilde. In realtà si trova ne Lo stallone d'argento (1926) dell'autore satirico americano James Branch Cabell: "L'ottimista proclama che viviamo nel migliore dei mondi possibili; il pessimista teme che possa essere vero (The optimist proclaims that we live in the best of all possible worlds; and the pessimist fears this is true). 

L'ora più buia è sempre quella che precede il sorgere del sole.
Questa citazione è spesso attribuita a Paulo Coelho, e in effetti si trova nel suo libro L'alchimista (1988), ma si tratta della citazione di un vecchio proverbio (forse di origine araba), citato nel corso dei secoli da diversi autori; tra questi, per esempio, Thomas Fuller, che in Pisgah Sight (1650) scrive: The darkest hour is always before dawn (L'ora più buia è sempre prima dell'alba). Tra l'altro, bisogna dire che lo stesso Coelho indica che si tratta di un proverbio, scrive infatti: "Il ragazzo si rammentò di un vecchio proverbio del suo paese: l'ora più buia era sempre quella che precedeva il sorgere del sole". Ovviamente la maggior parte dei siti di aforismi non badano a simili sottigliezze, e continuano a diffondere questo proverbio come pensiero di Paulo Coelho.

L'umanità deve porre fine alla guerra – o la guerra porrà fine all'umanità.
In inglese: Mankind must put an end to war — or war will put an end to mankind.
Questa frase, divenuta storica, è stata pronunciata dal presidente degli Stati Uniti d'America John Fitzgerald Kennedy il 25 settembre 1961 all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite; ma è evidente il riferimento a una frase pronunciata nel film di fantascienza La vita futura (Things to Come, 1936) scritto da Herbert George Wells: "If we don’t end war, war will end us" (Se non poniamo fine alla guerra, la guerra porrà fine a noi).

L'unica maniera per realizzare i propri sogni è svegliarsi. 
Questa frase è attribuita (soltanto in Italia) a Roberto Benigni, il quale, in effetti, l'ha pronunciata durante l'edizione del Festival di Sanremo del 2011. Tuttavia, la paternità della frase pare spetti al filosofo e poeta francese Paul Valéry, al quale è attribuita la seguente frase (di cui non si conosce la fonte): "La meilleure façon de réaliser ses rêves est de se réveiller" (Il modo migliore per realizzare i propri sogni è svegliarsi).

L'unico modo per non far conoscere agli altri i propri limiti, è di non oltrepassarli mai.
Questa frase si trova sui soliti siti di aforismi attribuita a Giacomo Leopardi; tuttavia, la frase corretta è la seguente: "Il più certo modo di celare agli altri i confini del proprio sapere, è di non passarli mai. (Zibaldone, 1817-1832). Questa citazione può essere presa come esempio di quanto siano inaffidabili la maggior parte dei siti di aforismi, che arrivano persino a storpiare i pensieri di grandi autori.

L'uomo è infelice perché incontentabile.
Questa citazione è spesso attribuita a Giacomo Leopardi, ma in realtà si tratta di una frase del critico letterario Giuseppe Chiarini (1833-1908) presente in un passo del suo: Vita di Giacomo Leopardi (1905), in cui recensisce le Operette Morali: "La Storia del genere umano, che si può considerare come l'introduzione del libro, è una specie di allegoria, la quale descrive per via di miti, tratti in gran parte dalle Metamorfosi d'Ovidio, le varie età del mondo; che sono quattro, come quello della vita dell'uomo, l'infanzia, la gioventù, la virilità, la vecchiezza. Queste età, rappresentano le varie trasformazioni del genere umano dallo stato selvaggio al vivere civile. In ciascuna delle dette età l'uomo è infelice, perché incontentabile, ed è incontentabile, perché la realtà delle cose non può appagarlo".

L'uomo è la più infelice e la più fragile fra tutte le creature, e nello stesso tempo la più orgogliosa.
Questa frase si trova spesso attribuita a Michel Foucault, che in effetti la scrive nella sua Storia della follia nell'età classica (1961), ma lo fa citando Michel de Montaigne, che nei Saggi (1580/95) scrive: "La più calamitosa e fragile di tutte le creature è l’uomo, e al tempo stesso la più orgogliosa". [La plus calamiteuse et fragile de toutes les créatures c'est l'homme, et en même temps la plus orgueilleuse].

L'uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare.
In inglese: We don't stop playing because we grow old; we grow old because we stop playing.
Questa citazione, nota in diverse varianti (per esempio: La gente non smette di giocare perché diventa vecchia, diventa vecchia perché smette di giocare) è attribuita di solito a George Bernard Shaw, e in misura minore a Benjamin Franklin e Oliver Wendell Holmes (padre e figlio). In realtà si tratta di un pensiero dello psicologo e pedagogista statunitense Granville Stanley Hall, pubblicato nel 1904 in Adolescence: Its Psychology and Its Relations to Physiology, Anthropology, Sociology, Sex, Crime, Religion and Education: "Men grow old because they stop playing, and not conversely" (Gli uomini invecchiano perché smettono di giocare, e non viceversa).

L'utopia è all'orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare.
Questa frase è spesso attribuita, persino in lingua originale, allo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano (1940-2015), che in effetti la scrive nel suo libro Parole in cammino (Las palabras andantes, 1993), ma lo fa citando il regista cinematografico argentino Fernando Birri (1925-2017): "La utopía está en el horizonte. Me acerco dos pasos, ella se aleja dos pasos. Camino diez pasos y el horizonte se desplaza diez pasos más allá. Por mucho que camine, nunca la alcanzaré. Entonces, ¿para qué sirve la utopía? Para eso: sirve para caminar".

La banca è un posto dove ti prestano l'ombrello quando c'è bel tempo e te lo chiedono indietro quando inizia a piovere.
In inglese: A bank is a place where they lend you an umbrella in fair weather and ask for it back again when it begins to rain.
Questa citazione (nota anche nella forma: "Un banchiere è un tizio che vi presta l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole indietro un minuto prima che cominci a piovere") è generalmente attribuita a Robert Frost o a Mark Twain, ma non sono state ancora trovate prove bibliografiche che possano attestare con certezza la paternità della frase né all'uno né all'altro.

La bellezza ci può trafiggere come un dolore.
In inglese: Beauty can pierce one like pain.
Questa citazione, molto diffusa su internet, è attribuita a Thomas Mann, e secondo quanto riportato su diversi siti, si troverebbe nel romanzo I Buddenbrook (1901). Ma leggendo il testo nella traduzione italiana fatta per Einaudi da Furio Jesi e Silvana Speciale Scalia, la frase, così come è diffusa, non risulta. Sembra che essa sia piuttosto una sintesi abbastanza arbitraria, o una traduzione non proprio fedele, del seguente brano presente nel secondo capitolo dell'undicesima parte de I Buddenbrook: "Lo aveva preso quella crisi di totale sconforto che conosceva bene. Aveva sentito di nuovo quanto male possa farci la bellezza, come possa gettarci nella vergogna e in una nostalgica disperazione, e annientare anche il coraggio e la capacità di vivere la vita comune". Questo, per chi conosce la lingua, il testo originale in tedesco: "Da hatte ihn ein Anfall jener gänzlichen Verzagtheit überwältigt, die er so wohl kannte. Er hatte wieder empfunden, wie wehe die Schönheit tut, wie tief sie in Scham und sehnsüchtige Verzweiflung stürzt und doch auch den Mut und die Tauglichkeit zum gemeinen Leben verzehrt".

La bellezza di una donna si vede nei suoi occhi, perché sono la via d'accesso al cuore, il luogo dove l'amore risiede.
In inglese: The beauty of a woman must be seen from in her eyes, because that is the doorway to her heart, the place where love resides.
Questa frase è attribuita, specie in lingua italiana, all'attrice Audrey Hepburn (1929-1993), ma si tratta di una frase dello scrittore, umorista e giornalista americano Sam Levenson, pubblicata nel suo libro Da un'era all'altra (In One Era and Out the Other, 1973). La frase, combinata con altri brani della stessa opera (alcuni dei quali tratti da una lettera di Levenson a una sua nipote), è spesso riportata come fosse una poesia intitolata Consigli di bellezza; ecco la traduzione integrale:
"Per avere labbra seducenti, pronuncia parole di gentilezza.
Per avere begli occhi, trova la bontà nelle persone.
Per avere un corpo snello, dividi il tuo cibo con chi è affamato.
Per avere capelli lucenti, lascia che un bimbo vi passi le dita una volta al giorno.
Per avere un bel portamento, cammina con la consapevolezza che non cammini mai da sola.
Le persone, ancor più delle cose, hanno bisogno di essere riprese, rinnovate, rivitalizzate, rigenerate e recuperate; non buttare mai via nessuno.
Ricorda, se hai bisogno di una mano, ne troverai una a ogni estremità delle tue braccia. Crescendo scoprirai di avere due mani, una per aiutare te stessa, una per aiutare gli altri.
La bellezza di una donna non è negli abiti che indossa, nella linea che esibisce o nel modo in cui si pettina. La bellezza di una donna si vede nei suoi occhi, perché sono la via d'accesso al cuore, il luogo dove l'amore risiede.
La bellezza di una donna non è in una forma del viso, la vera bellezza di una donna è il riflesso della sua anima. È la premura che dona amando e la passione che essa dimostra.
La bellezza di una donna aumenta con il passare degli anni".
L'errata attribuzione ad Audrey Hepburn è dovuta, probabilmente, al fatto che questo brano è stato riportato, con diverse varianti, in due testi biografici dedicati all'attrice: Audrey Hepburn (1996) di Barry Paris e Audrey Hepburn An Elegant Spirit (2005) scritto dal figlio Sean Hepburn Ferrer.

La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, ed anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa.
In inglese: The Bible tells us to love our neighbors, and also to love our enemies; probably because they are generally the same people.
Questa frase si segnala qui non perché ci siano dubbi sulla sua paternità (il suo autore è Gilbert Keith Chesterton e si trova citata sul The Illustrated London News del 1910), ma per il modo un po' ridicolo in cui molti siti di aforismi italiani la diffondono. In realtà la Bibbia non ci dice di amare i nostri "vicini di casa", ma semmai il nostro prossimo. Ecco una traduzione corretta: "La Bibbia ci dice di amare il nostro prossimo, e anche di amare i nostri nemici; probabilmente perché di solito si tratta delle stesse persone" (cfr. la citazione seguente).

La Bibbia insegna ad amare i nemici come gli amici, probabilmente perché sono gli stessi.
Questa citazione è spesso attribuita − ma solo in Italia − al grande regista Vittorio De Sica (1901-1974). In realtà la frase è dello scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), che la pubblicò sulla rivista The Illustrated London News il 16 luglio 1910. La frase originale in inglese è la seguente: "The Bible tells us to love our neighbors, and also to love our enemies; probably because they are generally the same people": "La Bibbia ci esorta ad amare i nostri vicini così come i nostri nemici; probabilmente perché generalmente si tratta delle stesse persone".

La birra è la prova che Dio ci ama e vuole che siamo felici.
Questa frase ironica è di solito attribuita a Benjamin Franklin. In realtà è un'arbitraria variazione di una frase scritta dallo stesso Franklin in una lettera indirizzata ad André Morellet nel 1779: "Ecco la pioggia che scende dal cielo sui nostri vigneti, essa penetra nelle radici delle viti per essere trasformata in vino, una prova costante che Dio ci ama, e ama vederci felici" (in lingua originale: "Behold the rain which descends from heaven upon our vineyards, there it enters the roots of the vines, to be changed into wine, a constant proof that God loves us, and loves to see us happy".

La caccia sarebbe uno sport più interessante se anche gli animali avessero il fucile.
Questa frase è attribuita, di solito, a Groucho Marx, ma si tratta molto probabilmente di una variazione anonima di una battuta dello scrittore inglese William Schwenck Gilbert (1836-1911), così come riportato in un articolo di George Grossmith sul The Daily Telegraph nel 1911: "Deer-stalking would be a very fine sport if only the deer had guns" (La caccia al cervo sarebbe uno sport bellissimo, se solo il cervo avesse il fucile). Da notare che la medesima frase, in lingua italiana, si trova anche nel libro di Gino e Michele Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano: "La caccia al cervo sarebbe un autentico sport, se solo il cervo avesse il fucile".

La cosa più ingiusta della vita è il modo in cui finisce. Voglio dire: la vita è dura,  occupa un sacco del nostro tempo. E cosa ottieni alla fine? La morte. Che significa? Che cos'è la morte? Una specie di bonus per aver vissuto? Penso che il ciclo vitale dovrebbe essere del tutto rovesciato. Bisognerebbe iniziare morendo, così ci si leva subito il pensiero. Poi si vive in un ospizio dal quale si viene buttati fuori perché troppo giovani. Ti danno una gratifica e quindi cominci a lavorare per quarant'anni, fino a che sarai sufficientemente giovane per goderti la pensione. Seguono, feste, alcool, erba ed il liceo. Finalmente cominciano le elementari, diventi bambino, giochi e non hai responsabilità, diventi un neonato, ritorni nel ventre di tua madre, passi i tuoi ultimi nove mesi galleggiando, e finisci il tutto con un bell'orgasmo! 
Questo pezzo, in lingua italiana, è di solito attribuito a Woody Allen, mentre in lingua inglese a George Carlin. In realtà si tratta di un testo del comico americano Sean Morey, così come egli stesso dichiara sull suo sito www.seanmorey.com: "L'ho scritto alla fine degli anni '70 e l'ho eseguito al Tonight Show di Johnny Carson nel 1980". Questo il brano in lingua originale inglese: "I think the most unfair thing about life is the way it ends. I mean, life is tough. It takes up a lot of your time. What do you get at the end of it? A death! What's that, a bonus? I think the life cycle is all backwards. You should die first, get it out of the way. Then you live in an old age home. You get kicked out when you're too young, you get a gold watch, you go to work. You work for forty years until you're young enough to enjoy your retirement! You go to college, you do drugs, alcohol, you party, you have sex, you get ready for high school. You go to grade school, you become a kid, you play, you have no responsibilities, you become a little baby, you go back into the womb, you spend your last nine months floating.... You finish off as a gleam in somebody’s eye".

La differenza tra sogno e obiettivo è una data.
In inglese: The difference between a goal and a dream is a deadline.
Questa frase (diffusa su internet anche così: "Qual è la differenza tra un sogno e un obiettivo? Una data") ha avuto una certa popolarità in Italia da quando il Presidente del Consiglio Matteo Renzi l'ha pronunciata nel suo discorso al Senato il 24 febbraio 2014: "Usciamo dal coro della lamentazione; proviamo a immaginare un percorso concreto in cui la differenza tra sogno e obiettivo - ha detto qualcuno - è una data". In molti, soprattutto giornalisti, hanno subito attribuito la frase a Walt Disney, il quale però non risulta l'abbia mai pronunciata. Il riferimento a Walt Disney si può comunque spiegare facilmente per i suoi riferimenti al raggiungimento dei propri obiettivi e alla realizzazione dei propri sogni in frasi come: "Il modo migliore per cominciare qualcosa è smettere di parlare e cominciare a farla"; "Tutti i nostri sogni possono diventare realtà se abbiamo il coraggio di perseguirli"; "Una persona dovrebbe definire i suoi obiettivi il più presto che può e dedicare tutte le sue energie e il talento per arrivarci" e il celebre: "Se puoi sognarlo puoi farlo". Tornando alla frase in oggetto, essa è di solito attribuita a un non ben identificato Steve Smith: "La differenza tra un obiettivo e un sogno è una scadenza" (The difference between a goal and a dream is a deadline). Tuttavia, il primo ad aver espresso questo concetto è forse lo scrittore e saggista statunitense Napoleon Hill (1883-1970), noto per i suoi scritti di "filosofia del successo": "Un obiettivo è un sogno con una scadenza" (A goal is a dream with a deadline). Da ricordare, infine, la frase dello psichiatra statunitense Milton H. Erickson: "Un obiettivo senza una data è solo un sogno" (A goal without a date is just a dream).

La diplomazia è l'arte di permettere a qualcuno di fare a modo tuo. 
In inglese: Diplomacy is the art of letting someone else have your way. 
Questa citazione, di cui non si conosce la fonte, ha una particolarità: in lingua italiana è attribuita al conduttore televisivo britannico David Frost; in lingua inglese, invece, di solito è attribuita al diplomatico e scrittore italiano Daniele Varè (1880 - 1956).

La donna ideale non è quella che ti asseconda, ma quella che ti ribalta la vita, i sogni, le idee... Quella che ti fa vivere!
Questa frasetta di stampo adolescenziale, molto diffusa sui social network, è spesso attribuita nientemeno che a Charles Baudelaire [sic!]. Il fatto che in tantissimi nemmeno si pongano il dubbio riguardo a una simile attribuzione lascia allibiti. Evidentemente non hanno mai aperto un libro di Baudelaire.

La felicità non consiste nel fare ciò che si vuole, ma volere ciò che si fa.
Valerio Albisetti in Diventa ciò che sei. Un cammino di psicospiritualità cristiana (2005), scrive: "La felicità non consiste nel fare ciò che si vuole, ma volere ciò che si sta facendo"; e  Fabio Volo, in Un posto nel mondo (2006): "La felicità non è che sia fare sempre quello che si vuole, semmai è volere sempre quello che si fa". La paternità della frase spetta però a Lev Tolstoj, e si trova in Pensieri inediti (pubblicato postumo), come citato anche in Fernando Palazzi e Silvio Spaventa, Il libro dei mille savi, 1967: "Il segreto della felicità non è di far sempre ciò che si vuole, ma di voler sempre ciò che si fa".

La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha.
In inglese: Happiness is not having what you want, but wanting what you have.
Questa frase è attribuita a diversi autori, ma più di frequente all'immancabile Oscar Wilde (quando una frase particolarmente brillante non si sa di chi è, di solito la si attribuisce a lui). Tuttavia, tra le opere di Oscar Wilde, la frase non risulta, e sebbene essa esprima un concetto molto antico, si trova espressa con queste precise parole in La vera gioia di vivere (The real enjoyment of living, 1954) del rabbino Hyman Judah Schachtel (1907-1990). Delusi?

La fortuna aiuta gli audaci, il pigro si ostacola da solo.
Questa massima è attribuita a Lucio Anneo Seneca in diversi siti e persino in alcuni libri di recente pubblicazione. In realtà è il frutto di un grosso equivoco: la massima, in origine, non esiste! In pratica si tratta di due antiche sentenze citate da Seneca, una di seguito all'altra, nelle sue Lettere a Lucilio (I sec.), e che copiate e ricopiate sul web si sono fuse per diventare un'unica frase. Ma più di ogni spiegazione vale la citazione del brano in questione: "I precetti hanno per sé molto valore, specialmente se sono racchiusi in un verso o compendiati in belle massime, come quelle di Catone: «Compra non quello che ti è utile, ma l’indispensabile. Quello che non è utile è caro anche per un soldo». Sono ugualmente importanti i responsi dell’oracolo o i detti simili ad essi: «Risparmia il tempo»; «Conosci te stesso». Forse che esigerai chiarimenti, quando uno ti avrà detto questi versi? «Rimedio alle offese è l’oblio»; «La fortuna aiuta gli audaci»; «Il pigro è di ostacolo a sé». Queste sentenze non hanno bisogno di chi ne fornisca la prova: toccano il sentimento e sono utili, perché in esse si manifesta la forza della natura. L’anima porta in sé i germi di tutte le virtù che, in seguito a un consiglio, si ridestano, come, a un lieve soffio, da una scintilla si sviluppa il fuoco" (Lettere a Lucilio, 1998 RCS Libri, traduzione di Giuseppe Monti). Il bello in tutto ciò, è che la massima che è venuta fuori dall'accostamento di due citazioni distinte, non soltanto è sensata, ma anche molto saggia.

La fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l'occasione.
In inglese: Luck is what happens when preparation meets opportunity.
Questa citazione, nella forma in cui è conosciuta sia in italiano sia in inglese, è generalmente attribuita a Seneca, anche se ci sono casi in cui è presentata come un "vecchio detto". Un esempio dell'incertezza esistente sulla reale attribuzione di questa citazione è quello di Mario Calabresi, il quale nel suo libro intitolato proprio La fortuna non esiste (Mondadori 2009) cita la frase, ma la introduce così: "Mi è sembrata perfetta quella frase che tanti hanno attribuito a Seneca: «Non esiste la fortuna, esiste il momento il cui il talento incontra l’occasione»". In effetti, questa riflessione non risulta nelle opere di Seneca, e il suo autore è fino a oggi sconosciuto.

La gente ci tiene tanto a sapere perché scrivo roba così truculenta. Mi piace dire che è perché ho il cuore di un ragazzino... e lo tengo in un barattolo sulla mia scrivania.
In inglese: People want to know why I do this, why I write such gross stuff. I like to tell them I have a heart of a small boy... and I keep it in a jar at my desk. 
La paternità di questa frase è solitamente attribuita a Stephen King. In realtà pare che King abbia citato un altro grande scrittore di libri gialli e horror: Robert Bloch (autore di Psycho), la cui frase originale è: "Nonostante la mia reputazione macabra, ho proprio il cuore di un bambino. Lo tengo in un barattolo sulla mia scrivania" (Despite my ghoulish reputation, I really have the heart of a small boy. I keep it in a jar on my desk).

La gente si aggrappa all'abitudine come a uno scoglio, quando invece dovrebbe staccarsi e tuffarsi in mare. E vivere.
Questa frase, che, guarda caso, si trova anche in lingua inglese soltanto in alcuni siti italiani (People cling to the habit as a rock, when they should break away and jump into the sea and live), probabilmente è stata attribuita a Charles Bukowski da qualcuno che non ha mai letto un suo libro, altrimenti se ne sarebbe guardato bene dal farlo. La frase è di autore anonimo.

La grande questione nella vita è il dolore che causiamo agli altri, e la metafisica più ingegnosa non giustifica l’uomo che ha lacerato il cuore che l’amava.
Questa frase si trova, a volte, attribuita allo scrittore francese Frédéric Beigbeder, che in effetti la scrive nel suo libro L'amore dura tre anni (1997), ma lo fa citando esplicitamente il romanzo Adolphe scritto da Benjamin Constant nel 1816: "La grande question dans la vie, c'est la douleur que l'on cause, et la métaphysique la plus ingénieuse ne justifie pas l'homme qui a déchiré le coeur qui l'aimait".

La luce che brilla il doppio dura la metà
Questa frase (anche nella variante: "La candela che brucia il doppio dura la metà"),  è spesso attribuita a Jimi Hendrix o a Lao Tzu. Per quanto riguarda il primo, Jimi Hendrix, con questa citazione si è probabilmente voluto dare un'immagine della sua vita breve e intensa, ma col tempo si è finito con l'attribuirgli la frase stessa; per quanto riguarda Lao Tzu, di questo pensiero non si trova traccia nel Tao Te Ching, opera a lui attribuita. Com'è noto, la frase è citata anche nel film Blade Runner (1982) di Ridley Scott (ma non nel romanzo di Philip K. Dick a cui il film si ispira: "The light that burns twice as bright, burns half as long. And you have burned so very, very brightly", tradotta in italiano così: "La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo. E tu hai sempre bruciato la tua candela da due parti". Un'altra frase che ricorda quella di cui stiamo parlando, si trova nella canzone My My, Hey Hey (1979) di Neil Young: "It's better to burn out than to fade away", tradotta in italiano con: "È meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente" o "È meglio ardere in un'unica fiamma piuttosto che spegnersi lentamente", verso tristemente noto per essere stato citato da Kurt Cobain nel suo messaggio d'addio prima del suicidio. Per concludere, la frase potrebbe essere un vecchio detto di cui si è persa l'origine o il rifacimento di un aforisma di Baltasar Gracián tratto da Oracolo manuale e arte della prudenza (Oráculo manual y arte de prudencia, 1647) che recita così: "Quanto più una torcia fa luce, tanto più si consuma e tanto meno dura" (Quanto más luze una antorcha, se consume más y dura menos).

La maturità non si vede nel voler morire per una nobile causa, ma nel voler vivere umilmente per essa.
Questa è una citazione tratta da Bianca come il latte, rossa come il sangue (2010) di Alessandro D'Avenia, ma una frase molto simile si trova ne Il giovane Holden (1951) di Jerome David Salinger, il quale, a sua volta, cita esplicitamente lo psicoanalista austriaco Wilhelm Stekel (1868-1940):
"Si avvicinò a quella scrivania dall'altra parte della stanza e senza nemmeno sedersi scrisse qualcosa su un pezzo di carta, poi tornò e si sedette con quel foglio in mano. 
– Per quanto sembri strano, questo non l'ha scritto un poeta di mestiere, l'ha scritto uno psicanalista che si chiamava Wilhelm Stekel, ecco quello che... mi segui ancora?
– Ma sí, certo.
– Ecco quello che ha detto: “Ciò che distingue l'uomo immaturo è che vuole morire nobilmente per una causa, mentre ciò che distingue l'uomo maturo è che vuole umilmente vivere per essa”.

La medicina, in questo secolo, ha fatto enormi progressi: pensate a quante malattie ha saputo inventare.
Questa citazione (anche nella versione: La medicina moderna ha fatto veramente enormi progressi: pensate a quante nuove malattie ha saputo inventare) si trova attribuita in diversi siti web italiani (ma senza alcuna fonte precisa) al medico e cantautore italiano Enzo Jannacci (1935-2013). In realtà la paternità della frase spetta al poeta e aforista belga Louis Scutenaire (1905-1987), che l'ha pubblicata nel 1945 (quando Jannacci avevo solo dieci anni) ne Le mie iscrizioni (Mes inscriptions 1943-1944): "La médecine a fait depuis un siècle des progrès sans répit, inventant par milliers des maladies nouvelles" (La medicina ha fatto in quest'ultimo secolo dei progressi senza sosta, inventando migliaia di nuove malattie).

La mente è come un paracadute, funziona solo quando è aperta.
In inglese: Minds are like parachutes, they only function when they are open.
Questa citazione (anche nella versione: "La mente umana è come un paracadute, funziona solo quando è aperta") è di solito attribuita ad Albert Einstein o a Frank Zappa (1940-1993); più raramente al fisico e chimico britannico James Dewar (1842-1923) o all'imprenditore scozzese Thomas Dewar (1864-1930), ma è probabile che proprio quest'ultimo sia il vero autore della frase, anche perché gli era attribuita già nel 1939 su News and views. Di sicuro la citazione non è di Frank Zappa, visto che nel 1939 questi non era ancora nato (può darsi che Zappa abbia citato qualche volta questa frase e che poi gli sia stata attribuita). Da notare l'esistenza di un'altra frase simile a questa dell'architetto tedesco Walter Gropius (1888-1969) pubblicata su The Observer nel 1956: "The human mind is like an umbrella - it functions best when open" (La mente umana è come un ombrello – funziona meglio quando è aperta).

La migliore pubblicità è sempre un cliente soddisfatto.
In inglese: The best advertising is a satisfied customer.
Questa citazione è attribuita a vari autori, tra i quali Philip Kotler (1931) e Bill Gates (1955). Entrambi, però, non erano ancora nati quando la frase veniva citata, in maniera anonima, su The Valve World nel 1916.

La misura dell'amore è amare senza misura.
In inglese: The measure of love is to love without measure.
In francese: La mesure de l'amour est d'aimer sans mesure.
Questa frase è generalmente attribuita a sant'Agostino d'Ippona (354-430) e, in misura minore, a san Francesco di Sales (1567-1622) e a san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153). Ebbene, dalle nostre ricerche risulta che l'autore della frase è proprio quest'ultimo: Bernardo di Chiaravalle (in latino Bernardus Claravallensis, in francese Bernard de Clairvaux). Questi, infatti, nel suo De diligendo Deo (Sul dovere di amare Dio, ca. 1127) scrive: "Causa diligendi Deum, Deus est; modus, sine modo diligere"; cioè: "Il motivo per amare Dio, è Dio stesso; la misura, amarlo senza misura", tradotto anche: "La causa dell'amore di Dio è Dio stesso, e la sua misura è amare senza misura". È molto probabile che la frase "L'unica misura dell'amore è amare senza misura" sia stata tratta da questa bella riflessione di Bernardo di Chiaravalle sull'amore sacro per adattarla all'amor profano.

La natura è grande nelle grandi cose, ma è grandissima nelle più piccole.
Questa frase, che è riportata su diversi siti italiani come anonima, è attribuita a Jacques-Henri-Bernardin de Saint-Pierre ne Il libro dei mille savi di Fernando Palazzi e Silvio Spaventa Filippi (Hoepli, 1927). In realtà si tratta di un pensiero di Plinio il Vecchio pubblicato nel I secolo nella sua Naturalis historia. In effetti lo stesso Bernardin de Saint-Pierre scrive in Harmonies de la nature (1818): "La nature, dit Pline, est grande dans les grandes choses, mais elle est très-grande dans les plus petites" (La natura, dice Plinio, è grande nelle grandi cose, ma è grandissima nelle più piccole).

La nostra ansia non viene dal pensare al futuro, ma dal volerlo controllare. 
Questa citazione è attribuita, anche in lingua inglese, a Kahlil Gibran. Ma esaminando tutte le opere di questo autore ci si rende conto che la frase non esiste. In realtà si tratta di un pensiero dello scrittore statunitense Hugh Prather (1938-2010), e pubblicata in Note per me stesso (Notes to Myself, 1970): "My anxiety does not come from thinking about the future, but from wanting to control it".

La nostra felicità dipende più da quello che abbiamo nelle nostre teste, che nelle nostre tasche.
In inglese: Our happiness depends on what we have in our heads, rather than on what we have in our pockets.
Questa frase è attribuita ad Arthur Schopenhauer, ma esaminando le sue opere non risulta. La citazione, inoltre, è assai poco diffusa per essere davvero del filosofo tedesco.

La novità ha per noi un fascino al quale difficilmente possiamo resistere.
Questa citazione è attribuita, sia in lingua italiana sia in lingua inglese, a William Makepeace Thackeray (1811-1863): "Novelty has charms that our minds can hardly withstand". La paternità della frase (peraltro non particolarmente originale) spetta però al moralista francese Charles de Saint-Évremond (1613-1703) che già nel 1683 scriveva in Quelques observations sur le goût et le discernement des François (Alcune osservazioni sul gusto e il discernimento dei Francesi): La nouveauté a un charme pour nous, dont nos esprits se défendent malaisément.

La parola è stata data all'uomo per nascondere il pensiero.
In francese: La parole a été donnée à l'homme pour déguiser sa pensée.
Questa citazione si trova attribuita soprattutto a tre personaggi francesi: Joseph Fouché, Charles-Maurice di Talleyrand-Périgord e Voltaire. Seppure in questa forma la frase è attribuita a Talleyrand da Bertrand de Barère nelle sue Memorie (1842/44, postume), essa è probabilmente ispirata da quanto scrisse Voltaire nel Dialogo del cappone e del pollo (Dialoghi, 1763): "Gli uomini usano il pensiero per giustificare le proprie ingiustizie, e le parole solo per nascondere i loro pensieri" (Ils [les hommes] ne se servent de la pensée que pour autoriser leurs injustices, et n'emploient les parles que pour déguiser leurs pensées).

La pazzia è l'orgasmo cerebrale più bello che ci sia. 
Questa sciocchez... ehm, questa frase è attribuita a Oscar Wilde [sic!]. Dobbiamo dire che nelle sue opere non esiste e che Wilde molto probabilmente non l'ha nemmeno mai pronunciata? No, diciamo soltanto che i siti di aforismi che diffondono simili baggianate dovrebbero essere radiati dal web!

La penna è più potente della spada, e decisamente più comoda per scrivere.
In inglese: The pen is mightier than the sword, and considerably easier to write with.
Questa citazione, secondo quanto si legge in quasi tutti i siti web italiani, sarebbe stata pronunciata dall'attore Marty Feldman nel celebre film Frankenstein Junior. In realtà la frase è sì dell'attore Marty Feldman, ma non fa parte della sceneggiatura della divertente commedia di Mel Brooks.

La realtà toglie molto all'immaginazione.
In inglese: Reality leaves a lot to the imagination.
Questa citazione, attribuita a John Lennon, è molto diffusa sul web, ma la sua corretta traduzione in italiano dovrebbe essere: "La realtà lascia molto spazio all'immaginazione". 

La religione ci rende inadatti a ignorare la nullità e ci butta nel lavoro della vita. 
Questa citazione dello scrittore statunitense John Updike (1932-2009) è la traduzione italiana errata, e finora l'unica diffusa su internet, della seguente frase tratta da Un mese di domeniche (1975): "Religion enables us to ignore nothingness and get on with the jobs of life". Una traduzione più corretta, che speriamo sostituisca presto quell'altra, è: "La religione ci consente di ignorare il nulla e di andare avanti con le occupazioni della vita".

La religione è considerata vera dalla gente comune, falsa dai saggi, e utile da chi governa.
In inglese: Religion is regarded by the common people as true, by the wise as false, and by rulers as useful.
Questa citazione, assai diffusa su internet e su molti libri, è attribuita a Lucio Anneo Seneca, ma in nessun caso viene citata la fonte. Di sicuro la frase non si trova nelle seguenti opere di Seneca esaminate da Aforismario: Lettere a Lucilio, La Provvidenza, La fermezza del saggio, L’ira, Consolazione a Marcia, Sulla felicità, La vita ritirata, La tranquillità dell’animo, La brevità della vita, Consolazione a Polibio, Consolazione alla madre Elvia. È probabile, dunque, che si tratti di una falsa attribuzione, tuttavia se qualcuno avesse maggiori informazioni in proposito, può contattare Aforismario. Da notare, tra parentesi, la somiglianza di questa citazione con la seguente riflessione dello storico inglese Edward Gibbon pubblicata in Storia del declino e della caduta dell'impero romano (1776/89): "Le varie forme di culto che prevalevano nel mondo romano, erano tutte considerate egualmente giuste dalla gente comune, egualmente false dai filosofi e egualmente utili dai magistrati".

La religione è un narcotico con cui l'uomo controlla la sua angoscia, ma ottunde la sua mente.
Questa citazione, come si può verificare facendo una ricerca su internet in lingua italiana [2013], è attribuita invariabilmente a Sigmund Freud e sarebbe tratta da L'avvenire di un'illusione (1927). In realtà questa frase Freud non l'ha mai scritta. Essa si trova nel libro Dove incontri l'anima (2011) di Giacomo Dacquino, nel capitolo Freud e la religione; ma, come si può vedere, non come citazione attribuita al fondatore della psicoanalisi: "Freud ha considerato la religione come un narcotico con cui l'uomo controlla la sua angoscia, ma ottunde la sua mente".

La religione è l'oppio dei popoli.
In tedesco: Die Religion [...] ist das Opium des Volkes.
La forma corretta di questa celebre citazione di Karl Marx tratta dall'introduzione alla Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico (Zur Kritik der Hegelschen Rechtsphilosophie) pubblicata negli Annali franco-tedeschi nel 1844, è la seguente: "La miseria religiosa esprime tanto la miseria reale quanto la protesta contro questa miseria reale. La religione è il gemito dell’oppresso, il sentimento di un mondo senza cuore, e insieme lo spirito di una condizione priva di spiritualit. Essa è l'oppio dei popoli" (Der Kampf gegen die Religion ist also mittelbar der Kampf gegen jene Welt, deren geistiges Aroma die Religion ist. Das religiöse Elend ist in einem der Ausdruck des wirklichen Elendes und in einem die Protestation gegen das wirkliche Elend. Die Religion ist der Seufzer der bedrängten Kreatur, das Gemüth einer herzlosen Welt, wie sie der Geist geistloser Zustände ist. Sie ist das Opium des Volks). 

La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso.
In inglese: The search for truth is more precious than its possession.
Questa frase (anche in lingua inglese) è spesso attribuita ad Albert Einstein, ma si tratta di una famosa affermazione dello scrittore e filosofo tedesco Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781): "Il valore di uomo non si trova nella verità che possiede, o che crede di possedere, ma nello sforzo sincero che egli compie per conquistarla. Ciò che accresce le sue forze, sempre in espansione, è la ricerca della verità, non il suo possesso" (Eine Duplik, 1778). L'equivoco nasce dal fatto che Einstein cita la frase di Lessing in un suo scritto; come si legge in Pensieri, idee, opinioni (1956 postumo): "Ciascuno può anche trarre conforto dall'efficace detto di Lessing, che la ricerca della verità è più preziosa del suo possesso". Tra l'altro, la stessa frase era stata citata tempo prima anche da Friedrich Nietzsche in La nascita della tragedia (1872): "Lessing, il più onesto uomo teoretico, osò proclamare che a lui interessava più la ricerca della verità che la verità stessa".

La salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente.
In tedesco: Die Gesundheit ist zwar nicht alles, aber ohne Gesundheit ist alles nichts.
In inglese: Health is not everything, but without health everything is nothing.
Questa frase è generalmente attribuita ad Arthur Schopenhauer; tuttavia, pur esaminando la maggior parte delle sue opere e cercando la medesima frase in lingua tedesca su internet, non c'è nessuno che indichi l'opera da cui sarebbe tratta. In alcuni testi, la frase è indicata come proverbio tedesco; resta dunque dubbia la sua attribuzione al filosofo tedesco. Ovviamente, se qualcuno avesse maggiori informazioni in merito, può contattare Aforismario.

La scienza è conoscenza organizzata, la saggezza è vita organizzata.
In inglese: Science is organized knowledge, wisdom is organized life.
Questa citazione è generalmente attribuita al filosofo tedesco Immanuel Kant (1724-1804), ma si tratta di un'osservazione dello storico statunitense Will Durant, che la scrisse nella sua Storia della filosofia, (1926-1933) proprio in un capitolo dedicato al pensiero di Kant. Da notare, inoltre, che il primo periodo di questa citazione è da attribuire al filosofo inglese Herbert Spencer, che in The Art of Education (1854) scrive: Science is organized knowledge. (La scienza è conoscenza organizzata).

La semplicità è la sofisticazione suprema.
[Simplicity is the ultimate sophistication].
Questa frase, traducibile anche con: "La semplicità è il massimo della sofisticatezza", è attribuita a Leonardo da Vinci in molti siti, sia in lingua italiana sia in lingua inglese. Inutile dire che negli scritti di Leonardo questa massima non è presente. Si tratta di una frase di autore anonimo.

La sfiga è un'amante fedele e non ti abbandona neanche quando sei nella merda.
Ecco un esempio di come su internet si possano stravolgere anche nel modo più incredibile le fonti di una citazione: su alcuni siti la frase sopra riportata è attribuita nientemeno che a Ennio Flaiano; in realtà si tratta di un aforisma di Paco D'Alcatraz (Fabio Ferriani).

La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l'astrologia un po' più rispettabile. 
In inglese: The only function of economic forecasting is to make astrology look respectable.
Questa citazione è di solito attribuita all'economista canadese naturalizzato statunitense John Kenneth Galbraith (1908-2006), ma secondo altre fonti (The Bulletin, 1984 e Reader's Digest, 1985) sarebbe da attribuire, invece, all'economista statunitense Ezra Solomon (1920 - 2002).

La solitudine è come una lente d’ingrandimento: se sei solo e stai bene stai benissimo, se sei solo e stai male stai malissimo.
Questa citazione è attribuita da molti siti web (compresi quelli "specializzati" in citazioni) a Giacomo Leopardi. In realtà si tratta di un frase tratta da un dialogo presente nel libro di Luciano De Crescenzo Storia della filosofia Greca - I Presocratici (1988):
"Lo sai che cosa diceva un filosofo tedesco che si chiamava Nietzsche? Diceva “o solitudine, o patria mia!”.»
«Forse sarà così in Germania,» obietta Carmine «per noi napoletani invece la solitudine è sempre stata una brutta cosa.»
«La solitudine in se stessa non è né brutta né bella» precisa Tonino. «La solitudine è un accrescitivo, è una lente d’ingrandimento: se stai male e sei solo, stai malissimo, se stai bene e sei solo, stai benissimo.»
«Il guaio è che in genere si sta più male che bene» mormora Carmine".

La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose, il coraggio per cambiarle.
In inglese: Hope has two beautiful daughters. Their names are anger and courage; anger at the way things are, and courage to see that they do not remain the way they are.
In spagnolo: La esperanza tiene dos hijas hermosas: la displicencia y la valentía. La displicencia ante el estado de las cosas y la valentía para cambiarlas.
Questa frase è attribuita, in alcuni casi, a Pablo Neruda, ma il più delle volte ad Agostino d'Ippona. La frase è molto diffusa e si trova citata in diverse lingue su centinaia di siti  e libri. Una cosa, però, accomuna tutti: in nessun caso viene mai indicata la fonte bibliografica. Lo stesso Aforismario, pur consultando diverse opere dei due autori, non è riuscito a individuare la frase. Detto tra parentesi, è improbabile che sant'Agostino abbia potuto scrivere una frase che contiene una critica abbastanza esplicita alla creazione divina. Non si può escludere, dunque, che si tratti della solita frase di un anonimo attribuita a un autore celebre per darle maggior autorevolezza e diffusione. Quanto sia diffusa tale pratica si può vedere consultando la sezione di citazioni errate di questo sito. Una versione migliore della medesima frase rispetto a quella nota in italiano, e riportata sopra, è: "La Speranza ha due bellissimi figli. I loro nomi sono "Sdegno" e "Coraggio"; Sdegno per come stanno le cose, e Coraggio per fare in modo che non rimangano come sono".

La storia ha insegnato quanto quella favola riguardo a Cristo ci abbia giovato. 
In latino: Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula. 
Questa citazione è stata attribuita a Leone X (papa della Chiesa cattolica dal 1513 al 1521, spesso criticato per le caratteristiche mondane del suo pontificato), ma è un falso attribuitogli dallo scrittore antipapista inglese John Bale in The Pageant of Popes (1555).

La stupidità deriva dall'avere una risposta per ogni cosa. La saggezza deriva dall'avere, per ogni cosa, una domanda.
In inglese: The stupidity comes from having an answer for everything. The wisdom comes from having a question for everything.
Questa frase è attribuita a Milan Kundera, ma si tratta della generalizzazione di un suo concetto più contestualizzato riferito al romanzo: "Un romanzo non afferma nulla; un romanzo ricerca e pone domande [...]. La stupidità della gente deriva dall'avere una risposta per ogni cosa. La saggezza del romanzo deriva dall'avere una domanda per ogni cosa" (The stupidity of people comes from having an answer for everything. The wisdom of the novel comes from having a question for everything). Da notare che questa frase non si trova nelle opere di Kundera, ma è tratta da un'intervista con lo scrittore Philip Roth pubblicata nel 1980 su The New York Times Book Review e, successivamente, nel libro d'interviste di Philip Roth Chiacchiere di bottega (Shop Talk, 2001).

La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni.
In inglese: The road to hell is paved with good intentions L'enfer est pavé de bonnes intentions
Questa frase in Italia è spesso attribuita  a Karl Marx [sic!] a causa di alcuni siti di citazioni che la diffondono con questa paternità. In realtà si tratta di un antico proverbio che trae origine da una citazione di san Bernardo (Bernard de Clairvaux, 1090-1153), come testimonia la lettera LXXIV di san Francesco di Sales (1567-1622): "Le proverbe tiré de Notre San Bernardo, 'L'enfer est plein de bonnes volontés ou désirs' (Il proverbio tratto dal nostro san Bernardo, 'L'inferno è pieno di buone intenzioni o desideri'). Tra l'altro, già nel 1586 lo scrittore italiano Stefano Guazzo scriveva nella sua opera Dialoghi piacevoli: ‘‘La bocca dell’Inferno è piena di buone volontà’’. Il proverbio è noto in diverse varianti: "La via per l'inferno è lastricata di buone intenzioni"; "Di buoni propositi è pieno l'inferno"; "L'inferno è lastricato di buone intenzioni", ecc. Il proverbio può essere interpretato in diversi modi: ciò che si intraprende con le migliori intenzioni, spesso può rivelarsi dannoso o negativo; oppure, si può intraprendere qualcosa con tutte le migliori intenzioni ma poi, strada facendo, imboccare vie traverse che conducono alla perdizione; oppure: è facile fare buoni propositi, il difficile è attuarli.

La superstizione porta sfortuna.
In inglese: Superstition brings bad luck.
Questa battuta è spesso attribuita a Umberto Eco, ma in realtà si tratta di un paradosso del Dr. Saul Gorndel riportato dal matematico, filosofo e scrittore statunitense Raymond Smullyan nel suo 5000 avanti Cristo... e altre fantasie filosofiche (1983). L'equivoco nasce dal fatto che Umberto Eco ha usato la frase citata da Smullyan come epigrafe al suo libro del 1988 Il pendolo di Foucault. Bisogna aggiungere che la medesima frase è attribuita in qualche caso anche allo storico greco Polibio (206-124 a.e.c.), ma non abbiamo trovato alcuna fonte per confermarlo (per eventuali segnalazioni contatta Aforismario).

La Terra è un paradiso. L’inferno è non accorgersene.
Questa frase è attribuita a Jorge Luis Borges, ma non è del tutto fedele alla frase originale di Borges, che si trova ne La rosa di Paracelso (in Il libro di sabbia - El libro de arena, 1975): "Credi che la Caduta sia qualcosa di diverso dal non sapere che siamo in Paradiso?" (¿Crees que la caída es ignorar que estamos en el Paraíso?).

La vendetta è volgare come il rancore.
Questa frase è in genere attribuita alla scrittrice Oriana Fallaci dai soliti siti di citazioni che si copiano senza criterio l'un l'altro. In realtà la frase è dell'attrice Anna Magnani, che l'ha pronunciata durante un'intervista ad Oriana Fallaci, pubblicata nel 1963 nel libro Gli antipatici: "Non dimentico i torti subìti, spesso non li perdono, ma non mi vendico: la vendetta è volgare come il rancore".

La vera misura di un uomo si vede da come tratta qualcuno da cui non può ricevere assolutamente nulla in cambio.
In inglese: The true measure of a man is how he treats someone who can do him absolutely no good.
Questa citazione è di solito attribuita a Samuel Johnson, ma non risulta in nessuno dei suoi scritti. Da notare che la medesima frase, oltre che a Johnson, è attribuita a diversi autori, tra i quali: Johann Wolfgang Goethe, Ann Landers, Malcolm Forbes, ecc. Insomma, fin quando non si conoscerà con certezza la fonte di questa citazione, sarà meglio, e più corretto, attribuirla ad autore sconosciuto.

La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.
Questa citazione, attribuita in questa forma ad Arthur Schopenhauer in diverse lingue (per esempio, in inglese: Life and Dreams are leaves of the same book, reading them in order is living, skimming through them is dreaming), è in realtà una sintesi, anche ben riuscita, di una riflessione del filosofo tedesco riportata in Il mondo come volontà e rappresentazione (1819): "La vita e i sogni sono pagine di uno stesso, identico libro. La lettura fatta di seguito si chiama vita reale. Ma quando la normale ora di lettura (il giorno) è finita ed è venuto il momento del riposo, spesso noi sfogliamo ancora oziosamente, aprendo il libro, senza ordine e connessione, ora a una pagina ora a un'altra: talvolta è una pagina già letta, talvolta una pagina non ancora conosciuta, ma sempre dello stesso libro" (Das Leben und die Träume sind Blätter eines und des nämlichen Buches. Das Lesen im Zusammenhang heißt wirkliches Leben. Wann aber die jedesmalige Lesestunde (der Tag) zu Ende und die Erholungszeit gekommen ist, so blättern wir oft noch müßig und schlagen, ohne Ordnung und Zusammenhang, bald hier, bald dort ein Blatt auf: oft ist es ein schon gelesenes, oft ein noch unbekanntes, aber immer aus dem selben Buch).

La vita è una tempesta, ma prenderlo nel culo è un lampo.
Questa frase è di solito attribuita a Beppe Grillo; gli è attribuita anche da Gino e Michele nella famosa raccolta di battute Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano. In realtà si tratta di un detto genovese citato dallo stesso Beppe Grillo in un suo spettacolo teatrale del 1993 (Beppe Grillo show, Teatro delle Vittorie di Roma e Rai 1).

La vita ha quattro sensi: amare, soffrire, lottare e vincere. Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince. Ama molto, soffri poco, lotta tanto e vinci sempre.
Questa frasetta "adolescenziale" è attribuita immancabilmente, e ormai da diversi anni, ad Oriana Fallaci [sic!]. Inutile ogni commento. Speriamo soltanto che questa segnalazione possa contribuire a far sorgere almeno il dubbio a qualcuno sull'effettiva paternità della frase, non degna dello spessore della scrittrice alla quale è affibbiata con tanta disinvoltura.

La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!
In inglese: Life isn't how you survive the storm. It's how you dance in the rain.
Questa citazione, in lingua italiana, è spesso attribuita a Khalil Gibran, ma esaminando tutte le sue opere, la frase non risulta essere sua. Da una ricerca su internet in lingua inglese è facile notare che si tratta di una delle tante frasi motivazionali di autori sconosciuti che circolano sul web, tant'è che ne esiste un'altra versione, per altro migliore: "La vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare sotto la pioggia" (Life is not about waiting for the storm to pass, it's about learning how to dance in the rain).

La vita non si misura dal numero di respiri che fate, ma dai momenti che il respiro ve lo tolgono. 
In inglese: Life is not measured by the number of breaths we take, but by the moments that take our breath away.
Questa frase, tradotta anche: "La vita non si misura dal numero di respiri che facciamo, ma dai momenti che ci tolgono il fiato", è attribuita a George Carlin, Hilary Cooper e altri. Si trova citata anche nel film Hitch - Lui sì che capisce le donne (2005) dal protagonista Will Smith. In realtà pare che l'autore sia uno sconosciuto giovane canadese, che la scrisse negli anni '70 per i biglietti di auguri della ditta Carlton Cards.

La vita può essere capita solo all'indietro, ma va vissuta in avanti.
In questa forma è generalmente nota in lingua italiana una celebre frase di Søren Kierkegaard tratta dal suo Diario, ma si tratta della contrazione di un pensiero un po' più elaborato: "È proprio vero quello che dice la filosofia, che la vita deve essere compresa andando all'indietro. Ma non si deve dimenticare l'altra massima, che bisogna vivere andando avanti".

Le brave ragazze vanno in paradiso. Le cattive ragazze vanno dappertutto.
In inglese: Good girls go to heaven. Bad girls go everywhere.
Questa frase, il cui vero autore è sconosciuto, è attribuita principalmente a Mae West e a Helen Gurley Brown (quest'ultima, in effetti, la cita in un'intervista del 1982 al New York Times, ma la frase era già nota tempo prima). La popolarità di questa citazione è accresciuta nel tempo per essere stata ripresa più volte da diversi autori. Ad esempio, il compositore e paroliere statunitense Jim Steinman ha usato la frase come titolo di una sua canzone del 1989: Good Girls Go to Heaven (Bad Girls Go Everywhere). La psicologa tedesca Ute Ehrhardt l'ha usata, invece, come titolo di un suo libro del 1994: Gute Mädchen kommen in den Himmel, böse überall hin. Più recentemente, nel film di Gabriele Muccino Ricordati di me (2003), una delle protagoniste (Nicoletta Romanoff in Valentina Ristuccia) afferma: “Le brave ragazze vanno in paradiso, io voglio arrivare dappertutto”.

Le città dovrebbero essere costruite in campagna. L’aria lì è più pura.
Questa frase è spesso attribuita a Henri Monnier o ad Alphonse Allais, ma il vero autore è Jean Louis Auguste Commerson, è si trova nel suo libro di aforismi Pensieri di un imballatore (1851): "Le città dovrebbero essere costruite in campagna; l’aria lì è più salubre" (Si l’on construisait actuellement des villes, on les bâtirait à la campagne, l’air y serait plus sain).

Le cose che ho imparato nella vita.
Con questo titolo circola su internet un testo che è di solito attribuito a Paulo Coelho, e che inizia così: "Ho imparato che non importa quanto buona sia una persona, ogni tanto ti ferirà. E per questo bisognerà che tu la perdoni. Ho imparato che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla. Ho imparato che non dobbiamo cambiare gli amici, se comprendiamo che gli amici cambiano [...]". In realtà si tratta di alcuni versi tratti dalla poesia Abbiamo tempo (Avem timp) del poeta e scrittore rumeno Octavian Paler con l'aggiunta di alcune citazioni di vari autori, per lo più sconosciuti. Che non si tratti di uno scritto di Coelho non v'è dubbio, anche perché lo stesso scrittore portoghese sul suo blog ha pubblicato un post in cui dichiara di non esserne l'autore, nonostante gli sia, ancora oggi, attribuito da molti: "Questo testo, che ho trovato su internet, è attribuita a me. Non l'ho scritto io, ma credo valga la pena riprodurlo qui" (Paulo Coelho's Blog, 21 gennaio 2012).

Le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella.
Questa frase è attribuita a Galileo Galilei in molti siti web (compresi i soliti e inaffidabili siti di aforismi), ma in realtà si tratta di una citazione tratta da alcuni versi di The Mistress of Vision (1913) del poeta inglese Francis Thompson: "Vicine e lontane, tutte le cose sono collegate, così che non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella". [Near of far, to each other linked are, that thou canst not stir a flower without troubling of a star].

Le domande non sono mai indiscrete. Le risposte lo sono, a volte.
Questa celebre battuta è pronunciata da Lee Van Cleef nel film Per qualche dollaro in più (Sergio Leone, 1965), ma forse non tutti sanno che si tratta di una citazione di Oscar Wilde tratta da Un marito ideale (An Ideal Husband, 1895): "Questions are never indiscreet. Answers sometimes are" (Le domande non sono mai indiscrete. A volte lo sono le risposte).

Le mani che aiutano sono più sacre delle bocche che pregano.
Questa frase è spesso attribuita al predicatore indiano Sathya Sai Baba (1926-2011), e non solo su internet, dove sono particolarmente diffuse le false attribuzioni, ma anche in diversi libri. Tuttavia, quando Sathya Sai Baba non era ancora nato, lo statunitense Robert Green Ingersoll (1833-1899) scriveva in The Children of the stage (1899): "The hands that help are holier than the lips that pray", "Le mani che aiutano sono più sante delle labbra che pregano".

Leggo per legittima difesa.
In inglese: I read in self-defense.
Questa frase è attribuita a Woody Allen, ma non si ha conoscenza di alcuna fonte sicura che possa attestarlo. Inoltre, da una ricerca su internet in lingua inglese, la frase non risulta essere così diffusa come accade di solito con le battute di Woody Allen. Naturalmente se qualcuno avesse qualche notizia in più, può contattare Aforismario.

Lei è un cretino, s'informi!
Questa celebre battuta di Totò viene spesso attribuita a un suo personaggio (Totò Scorcelletti) protagonista del film Totò, Eva e il pennello proibito (1959). In realtà tale battuta, almeno in questa forma, non si trova né in questo né in altri film di Totò. In Totò, Eva e il pennello proibito, la battuta si trova all'interno di un dialogo tra Totò (pittore copista) e un suo collega:
Totò: "Come si permette di copiare la mia copia!".
Pittore: "Come copiare la sua copia; ma che sciocchezze! Ma scusi, se c'è l'originale perché dovrei copiare la sua copia?"
Totò: "O bella! Perché è un fesso!
Pittore: "Come ha detto scusi?... Dico... fesso m'ha chiamato?
Totò: "Sì sì, s'informi".
Altre battute simili a questa si trovano anche nei seguenti film: Totò Le Mokò (1949): "Lei è un cretino: si specchi, si convinca". Totòtarzan (1950): "Lei la faccia del cretino ce l'ha: s'informi".

Lentamente muore / chi diventa schiavo dell'abitudine...
In portoghese: Muere lentamente / quien se transforma en esclavo del hábito...
Questi sono i primi due versi di una poesia nota in Italia col titolo di Lentamente muore o Ode alla vita, che fino a qualche tempo fa era universalmente attribuita a Pablo Neruda. Col tempo si è fatta un po' di chiarezza, e ormai sono pochi a non sapere che si tratta, invece, di una poesia della scrittrice e poetessa brasiliana Martha Medeiros, dal titolo A Morte Devagar (2000).

Libero fischio in libero Stato!
Questa esclamazione è generalmente attribuita a Sandro Pertini (1896-1990), ma in realtà è stata pronunciata dal deputato Giorgio Turbiglio (1844-1918) nel 1901, quando il futuro Presidente della Repubblica Italiana era ancora un bambino. Negli atti parlamentari della XXI Legislatura del Regno d'Italia si legge: "Le maggioranze non possono imporre con la violenza morale o materiale alle minoranze di scioperare [...] Da noi succedono degli strani fatti (parlo sempre del Ferrarese, l'unica regione che io abbia studiato): là una cinquantina di contadini stanno lavorando sull'aia o in un campo; lungo la via vengono 300 o 400 e talvolta anche 1000 contadini i quali cominciano ad insultare i lavoratori, a lanciare loro dei frizzi ironici, a fischiarli magari maledettamente; e l'autorità di pubblica sicurezza li lascia fischiare! Libero fischio in libero Stato! (Commenti - Si ride)". La frase (che riecheggia, parodiandola, quella ben più celebre di Cavour: "Libera "Chiesa in libero Stato") è usata da Turbiglio in senso opposto a quello con la quale è spesso citata attribuendola a Pertini, e cioè non come un incitamento alla libertà, ma per biasimare, seppure ironicamente, la concessione di troppa libertà da parte dello Stato ai cittadini.

Lo spreco della vita si trova nell'amore che non si è saputo dare, nel potere che non si è saputo utilizzare, nell'egoistica prudenza che ci ha impedito di rischiare e che, evitandoci un dispiacere, ci ha fatto mancare la felicità. 
Questo pensiero è attribuito da tutti i siti di aforismi italiani al "solito" Oscar Wilde, il che la dice lunga sulla loro affidabilità. In realtà, si tratta di un brano della scrittrice inglese Mary Cholmondeley (1859-1925), pubblicato in un suo romanzo del 1899 intitolato Red Pottage: "Every year I live I am more convinced that the waste of life lies in the love we have not given, the powers we have not used, the selfish prudence which will risk nothing, and which, shirking pain, misses happiness as well". (Ogni anno che passa sono sempre più convinta che lo spreco della vita risieda nell'amore che non abbiamo dato, nelle capacità che non abbiamo utilizzato, nella prudenza egoistica che non rischia nulla e che, nel sottrarci alla sofferenza, ci fa mancare anche la felicità).