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Aforismi, frasi e citazioni di Giovanni Jervis

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Giovanni Jervis (Firenze 1933 - Roma 2009), psichiatra italiano. Nel 1957, Giovanni Jervis si laurea in medicina all'Università di Firenze e consegue la specializzazione in neurologia e psichiatria nel 1960 a Roma. Negli anni '60 collabora prima con l'antropologo Ernesto De Martino, e successivamente con lo psichiatra Franco Basaglia. Dal 1977, diventa docente di Psicologia dinamica all'Università La Sapienza di Roma.
Questa raccolta di citazioni di Giovanni Jervis è consigliata soprattutto a chi studia psicologia o è comunque interessato a tematiche psicologiche e psichiatriche.
Uno degli strumenti fondamentali di cui tutti si servono per confermare la
propria normalità consiste nel proiettare negli altri ogni anormalità possibile.
(Giovanni Jervis)
Manuale critico di psichiatria
© Feltrinelli, 1975 - Selezione Aforismario

La distinzione fra disturbo mentale e normalità non è netta ma graduale: e questo sia perché nessuno è perfettamente immune da disturbi di qualche tipo (soprattutto dei disturbi di tipo nevrotico), sia perché ciò che chiamiamo "disturbo" non è altro che una serie di difficoltà personali che ubbidiscono fondamentalmente alle stesse leggi che regolano la psicologia e il comportamento normale. Quando queste difficoltà sono serie ed evidenti, si parla di disturbo mentale.

Ciascuno porta in sé dei nuclei di follia: ciascuno combatte per tutta la vita contro una sregolazione e uno squilibrio che sono sempre alle porte.

Il disturbo mentale è una condizione di non libertà; è una mancanza di libertà psicologica, nel non riuscire a disporre di sé, ma è altresì una ben concreta mancanza di possibilità di scelta.

Il disturbo mentale non "colpisce" l'individuo, ma è un modo di vivere e di sentire che appartiene all'individuo in modo più o meno profondo: esso costituisce uno dei suoi possibili modi di essere.

Lo psicotico ha difficoltà a capire chi è lui stesso come soggetto, come persona, con il proprio corpo, e come individuo sociale. Ne è espressione la presenza costante di un'ansia psicotica, che è l'angoscia di perdere il centro e il controllo di sé e del proprio mondo. Si può dire che lo psicotico, in qualche misura, ha perso le coordinate di se stesso.

Le caratteristiche centrali della psicosi sono la destrutturazione della realtà esterna così come viene percepita e vissuta, e la destrutturazione della propria interna unità e identità psicologica. 

Psicosi può significare, e significa molto spesso, vivere con alterne vicende una situazione in equilibrio instabile.

La psicosi è più "prossima" alla vita quotidiana e alla psicologia normale di quanto si ritenga comunemente. La psicosi è infatti sempre una delle possibilità della mente umana. 

Ogni psicotico, anche se ha un comportamento che a prima vista appare incomprensibile, può essere compreso nei suoi meccanismi psicologici, nelle motivazioni delle sue reazioni, nei suoi stati di animo: ma occorre, per riuscirei, avvicinarsi a questa persona con simpatia, desiderio di capire e, talora, con molto tempo e molta pazienza. 

Secondo la psichiatria tradizionale, le psicosi non sono altro che una serie di malattie mentali, e le nevrosi un'altra serie di malattie, meno gravi. Le nevrosi sarebbero anzi non tanto "malattie" quanto piuttosto "disturbi"; le psicosi sarebbero invece vere malattie, in quanto simili alle malattie del corpo. In realtà, se è vero che la condizione psicologica del nevrotico non è dovuta a vera malattia, lo stesso può dirsi per la maggior parte delle condizioni di psicosi.

La differenza principale fra i disturbi di tipo nevrotico e quelli di tipo psicotico sta nel tipo di rapporto che il soggetto intrattiene con la realtà. Nel caso del nevrotico il soggetto ha disturbi e sofferenze che possono ostacolarlo anche molto gravemente nella sua vita quotidiana: ma egli interpreta la realtà, cioè il mondo, secondo i modi e i criteri tipici dell'ambiente sociale in cui vive ed è stato educato. Nelle condizioni di sofferenza psicotica, invece, la personale interpretazione della realtà da parte del soggetto è difficile da capire da parte di coloro che appartengono al suo stesso ambiente culturale. 

Nei testi di psichiatria la schizofrenia viene di solito trattata come una misteriosa malattia che "colpisce" l'individuo, e non - come sarebbe più corretto - come un insieme di comportamenti, di esperienze, di stati d'animo che riguardano direttamente la vita dell'individuo e gli appartengono.

La schizofrenia è la psicosi per eccellenza, e la più difficile e complessa da capire. Essa è caratterizzata da un disturbo delle capacità di contatto e di rapporto interpersonale; dalla conservazione di una intelligenza e di una coscienza lucidi; dalla perdita di una chiara immagine di sé, del proprio corpo, del proprio ruolo nel gruppo di appartenenza e nella società; e dalla frequente comparsa di deliri e di allucinazioni.

"Schizofrenico" è il termine convenzionale con cui si designano le persone che hanno certi comportamenti causati - secondo alcuni - da una ipotetica malattia detta appunto schizofrenia. Su quali siano i comportamenti che definiscono "lo schizofrenico" non esiste una piena chiarezza, né una concordanza fra le varie scuole psichiatriche.

Ciò che chiamiamo disturbo mentale può essere considerato un modo "anormale" di reagire a una situazione normale: ma forse è altrettanto e più giusto considerarlo un modo normale di reagire a una successione di situazioni anormali.

Molto spesso, il disturbo mentale è l'unica libertà rimasta a chi non ha libertà; il modo di capire di chi non è stato messo in grado di capire altrimenti; l'unico potere di chi non ha potere.

Lo studio della primissima infanzia ha dimostrato che il lattante è per certi aspetti un essere "normalmente psicotico." Per meglio dire, il lattante si trova in una situazione psicologica tale per cui percezione ed interpretazione della realtà 'sono ancora indifferenziate rispetto alla percezione di sé e del proprio corpo; cosi il suo mondo può essere popolato di immagini, sogni, fantasmi e angosce "primordiali."

La fobia è il tentativo di costruire una difesa contro la propria ansia allontanandone ostinatamente l'occasione di manifestarsi con uno scongiurante e precipitoso atteggiamento di rifiuto che non fa che evocarne continuamente il fantasma.

Uno degli strumenti fondamentali di cui tutti si servono per confermare la propria normalità consiste nel proiettare negli altri ogni anormalità possibile.

Prime lezioni di psicologia
© Laterza, 1999

Nell'opinione comune, molti credono che la psicologia abbia una finalità eminentemente pratica, o manipolativa, ovvero riparativa: cioè credono che le teorie psicologiche servano o a controllare, o a comandare, o a dominare (per esempio a dominare le emozioni), o a curare. In realtà non è così. Solo una piccola parte della psicologia ha finalità pratiche, e ben poco della psicologia ci dice come controllare o modificare o curare, o come è meglio comportarsi. La gran parte di questa disciplina si occupa, invece, di descrivere, analizzare, spiegare. Prima di cambiare la realtà vuole conoscere come è fatta.

Particolarità della psicologia è che lo psicologo dialoga sempre con persone che, per quanto possano dichiararsi incompetenti, hanno già molte idee sull'argomento. Infatti, chiunque è costretto a essere un po' psicologo giorno per giorno; e nessuno, invece, è allo stesso modo chimico, biologo, filologo o astronomo.

Le emozioni ci appaiono esperienze molto personali, vissuti che sentiamo; però non è difficile vedere che sono anche modificazioni fisiologiche, nonché comportamenti. Un fatto su cui non tutti riflettono è che servono, oltre che ad affrontare momenti particolari, anche a comunicare; e anzi molti studiosi ritengono oggi che servano in primo luogo a comunicare. È vero che le nostre emozioni vengono «sentite» da noi, tanto che possono sembrare un fatto privato: in realtà esse vengono anche (e forse soprattutto) percepite dagli altri. Le emozioni informano.

Nella cultura di oggi le due parole «anima» e «mente» vengono quasi sempre nettamente separate: ed è giusto che sia così. Il concetto di anima è infatti religioso, e indica senza equivoci un principio trascendente che ha come più apprezzata prerogativa quella di sopravvivere alla morte del corpo. Il concetto di mente, o psiche, è invece laico, e interessa allo psicologo in quanto sinonimo di «vita psichica».

Contro il relativismo
© Laterza, 2005

L’assenza di una cultura scientifica ha favorito, in particolare in Italia, l’assimilazione di un orientamento relativistico degradato, consistente nel ritenere che tutte le idee, anche le meno verosimili, si equivalgano e abbiano identico diritto a una propria nicchia di credibilità.

L’edificio del relativismo non poggia su un atteggiamento di rispetto per le opinioni altrui: non vi troviamo il tradizionale «lasciate che crescano i cento fiori», né il tentativo virtuoso di contrastare il dogmatismo dei fanatici nel nome delle infinite sfaccettature della libertà di pensiero. Invece, a suo fondamento c’è qualcos'altro, che è più criticabile: il tentativo di non tenere conto dei fatti, di evadere dal realismo.

Il progresso verso un maggiore benessere e una più matura coscienza civile potrà dipendere non soltanto da un miglioramento del sistema scolastico e da un deciso innalzamento del livello medio di istruzione, ma anche dalla consapevolezza dei danni finora prodotti da tutti coloro che negano la differenza fra le opinioni e le conoscenze.

Libro di Jervis consigliato da Aforismario
Manuale critico di psichiatria
Editore: Feltrinelli, 1975

Cos'è la follia? Come possiamo intendere la sofferenza mentale? In cosa consiste il lavoro degli specialisti della psiche? O in altre parole: che cos'è la psichiatria, quali i problemi che pone? E' possibile che i suoi concetti di base siano resi comprensibili in termini semplici, in quanto riferibili alla vita e alle esperienze di tutti i giorni? Il "Manuale critico di psichiatria", stampato originariamente nel 1975 e da allora costantemente ripubblicato, tradotto in varie lingue straniere, è il più noto e diffuso testo introduttivo a questa tematica.

Note
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