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Aforismi, frasi e pensieri di Massimo Bontempelli

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Massimo Bontempelli (Como 1878 - Roma 1960), scrittore e aforista italiano. La maggior parte dei seguenti pensieri di Massimo Bontempelli sono tratti dal suo testo aforistico Il Bianco e il Nero, pubblicato postumo nel 1987. In questo libro, Bontempelli scrive: "Il bene e il male, il bianco e il nero, il brutto e il bello, il facile e il difficile, il lieto e il triste, il necessario e l'inutile, il savio e lo stolto, il certo e il dubbio, il sicuro e il rischioso, lo zero e il tutto, l'uomo e la donna, il pieno e il vuoto, sono complementari, come l'arco e la freccia, per quanto distinti, o, per quanto distinti, sono esclusivi l'uno dell'altro, come il povero e il ricco?".
Non si nasce giovani, giovani si diventa, quando ci si riesce.
(Massimo Bontempelli)
La donna del Nadir
© La terza pagina 1924

La donna è l'essere meno fantasioso che esista: ne deriva che essa ha scarsa curiosità. È invece, fondamentalmente abitudinaria. Per ciò le è difficile innamorarsi (cioè desiderare un nuovo amore), e più difficile ancora disamorarsi (cioè stancarci dell'amore che ha): la sua vita amorosa, avendo deboli risorse nella fantasia, è scarsamente soggetta alla curiosità, e per contro soggiace facilmente alla forza dell'abitudine. Ciò spiega la fondamentale costanza della donna, sancita in tutti i codici divini e umani.

L'amore nasce per la curiosità e perdura per l'abitudine.

La medicina è un'opinione.

Se l’uomo ha fondamentalmente non già il desiderio ma l’orrore di conoscere il proprio futuro, ciò non avviene per una passionale e del tutto femminile smania dell’imprevisto. La ragione fondamentale della vita è per l’uomo il sentimento della propria volontà e del proprio potere di creare i fatti a seconda di essa volontà.

L'avventura novecentista
© Vallecchi 1938 - Selezione Aforismario

L'ideale supremo di tutti gli artisti dovrebbe essere: diventare anonimi.

Il compito primo e fondamentale del poeta è inventare miti, favole, storie, che poi si allontanino da lui fino a perdere ogni legame con la sua persona, e in tal modo diventino patrimonio comune degli uomini, e quasi cose della natura.

La decadenza ha questo processo: il poeta decade in scrittore, lo scrittore decade in letterato. Più in basso non si va.

Nulla è stato mai inventato dagli scienziati che non fosse stato immaginato dai poeti.

La scoperta dell'America, l'invenzione del vapore, del telegrafo, del telefono ecc. non hanno dato niente alla ispirazione dei creatori. O come mai? Per una ragione semplicissima. Perché l'esistenza di continenti ancora ignori, il correre la terra assai più rapidi che non sia dato alla facoltà dell'animale di cui disponiamo, il volare, il trasmettere voci a distanza, è poetico solo in quanto è immaginato; e la scienza non farà mai niente che la poesia non abbia già saputo immaginare.

Una sola cosa ha da temere l'arte da parte di un regime politico: la protezione.

Il Bianco e il Nero
© Guida 1987 (postumo) - Selezione Aforismario

AMORE. L'amore, quando si fa universale, diventa disfattismo. 

BIBBIA. Ricordarla ove ha detto: "Dio abbandonò il mondo alle discussioni".

CATTOLICESIMO. Il cattolicesimo ha menomato la parola di Cristo per porre l'uomo in situazione servile. Societamorfismo.

CONFORMISMO. È la peggiore delle retoriche: la più torbida e vile. E per molti è un sistema, anzi una professione: diciamo pure un mestiere. Un mestiere comodo.

DIMENTICARE. È spesso utile quanto il ricordare.

DINAMICO. È l'ultima delle parole infernali offerte dalla generazione passata, e che ne ha preparato la decadenza.

EDUCAZIONE DEI FIGLI. In pratica essa purtroppo mira soprattutto a fare che i figli non diano noia ai genitori. Perciò non arriva mai allo studio dei loro caratteri e tendenze personali, e riesce un soffocamento.

FASTIDIO. È di tutti i creatori (a cominciare da Dante) un fastidio del proprio tempo, perché essi sono tutti, anche senza accorgersene, in qualche modo rivoluzionari.

GIUSTE NOZZE. Il matrimonio, così per l'uomo come per la donna, può essere un approdo o un naufragio. Il curioso si è, che lo sanno dopo, che cosa è stato.

IMPEGNI. Un uomo quando parla, e una donna quando in strada cammina, debbono saper modificare tutto il mondo intorno a chi lo ascolta e a chi la vede.

LEGGERE. Le letture non si consigliano, se non ai principianti del leggere. Ognuno deve trovare le proprie letture con l'istinto, che − nel lettore abituato − diventa quasi sempre infallibile.

MISTERO. Non ho mai capito che cosa faccia "l'uomo che vive di espedienti".

MONITO. Non si nasce giovani, giovani si diventa, quando ci si riesce.

NOSTRA INFELICITÀ. La professione di articolista sfrutta quotidianamente il pensare disinteressato affrettandosi a diluirlo in allettanti parafrasi e fermandone il possibile sviluppo: porta insomma fatalmente alla abituale ricerca di un risparmio del pensare.

OTTIMISMO E PESSIMISMO. Quando suona la campanella di casa, mentre non aspettavamo nessuno, il ragazzo è contento, spera subito in un bell'imprevisto: l'uomo fatto s'insospettisce, non sa prevedere che una seccatura.

PREPOTENTI. Il prepotente ama il litigio; per questo l'uomo di spirito libero spesso gli cede, perché il libero aborre dal litigio. Similmente nella storia politica vediamo che l'autoritarismo porta naturalmente alla guerra, che è il litigio grosso.

PREPOTENZA. Stai bene attento, che qualche volta chiamerai benefico uno, i cui benefici non sono se non lo strumento atto a fargli possibile d'essere prepotente.

PRESENTE. Uno non sa mai se il presente sia per lui la fine d'un passato o il principio d'un futuro: una conclusione o un antefatto.

PRESENZE INVISIBILI. Accompagnano e forse in parte dirigono le principali svolte della vita di ognuno.

PRIGIONIA SUPREMA. L'uomo s'è trovato alla nascita tante prigionie (naturali, necessarie, benedette; ma prigionie sono: la famiglia, la patria, l'amore, la professione, il buon costume, il galateo, altre cento) le quali tuttavia lasciarono intatte certe zone sue fondamentali: coscienza libertà intima - tante.dicevo, se n'è trovate accanto quasi aprendo gli occhi alla luce, da fare strano e veramente ammirevole come lui se ne foggiasse una di più, la religione che tutte le accomuna affossa, le inasprisce fornendo loro una sanzione più d'ogni altra implacabile; e invade anche zone ch'erano rimaste libere; e soprattutto, venuta da fuori di te, ti toglie il senso della tua libertà interiore. (Non s'affretti il lettore a condannarmi, rilegga quell'aggettivo ammirevole, poche righe più su).

RIDERE. È un fatto sociale (di socievolezza). Uno piange da solo; non si mette a ridere da solo che il pazzo.

RIMORSO. È il sentimento più straziante: perciò spesso noi non torniamo al male: non perché del male hai acquisito l'orrore, ma per una forse inavvertita paura del rimorso che ne seguirà.

SINCERITÀ. La gente non ama, non ammira, non desidera la sincerità (né in sé, né dagli altri). Anche pensando tra noi, cerchiamo di adularci.

SUPERIORITÀ DELLA DONNA. L'uomo chiede alla donna di essere bella, lei chiede a lui di essere intelligente.

TRISTEZZA. È tristissima quella casa − e così quella vita − in cui il necessario ci fosse tutto, e di superfluo nulla.

TRISTEZZA DELL'UOMO CENTENARIO. Non trovare nessuno di cui parlare di "quando avevamo vent'anni...".

UMANO. La solita gente parla spesso di poeti umani, più umani, meno umani. Fanno benissimo. Ma il curioso si è che li trovano tanto più umani, quanto meno sono poeti.

VIOLENZA E FRODE. In definitiva, così nella storia come nella vita privata, la violenza non chiama che violenza, la frode non chiama che frode. L'uomo, entrato nel movimento del circolo, non ne esce più se non per qualche preveduto e perciò immorale incidente.

Libro di Bontempelli consigliato da Aforismario
Il Bianco e il Nero
Editore: Guida, 1987

«Chi scrive con aforismi e col sangue non vuole essere letto, ma imparato a memoria». Al lettore di questo «dizionario delle idee», che Bontempelli trasse dalla sua ultima meditazione, si raccomanda, innanzitutto, questa massima di Nietzsche. Il tenue filo della memoria tesse, infatti, questi aforismi che il caposcuola del «realismo magico» compose in un «estremo tentativo di rileggere, in chiave filosofica, la storia del proprio mondo e della propria epoca». Musa di colui che «tiene a vile il racconto dei fatti e si interessa solo allo svolgimento dei pensieri», sentimento della lontananza e della fuga delle cose che comporta, ad un tempo, appressarsi « a un arrivo, a un rifugio... a una fine, alle cose elementari e supreme», la memoria nutre in queste pagine «un pensiero che vede aprirsi venti strade e subito vuole precipitarsi in tutte». Come una gaia scienza, che trae la sua forza profetica dalle trite cose della vita, il pensiero di Bontempelli non procede, lungo queste vie, inerme, ma armato dell'ironia, l'arte suprema di «allontanarci dal contingente, di liberarci da un'aderenza troppo minuta con le superfici delle cose».

Note
Vedi anche: Aforisti del '900