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Aforismi dell'arte bellica di Raimondo Montecuccoli

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Raimondo Montecuccoli (Pavullo nel Frignano 1609 - Linz 1680), militare, politico e scrittore italiano. I seguenti pensieri di Raimondo Montecuccoli, grande e valoroso condottiero, sono tratti da Aforismi dell'arte bellica, risalente agli anni 1665-1670 e pubblicato postumo nel 1704. La lettura del testo è consigliata soprattutto a chi è interessato ad argomenti storici e militari.
Nessuno stato pubblico può godersi la quiete, né ribattere le ingiurie,
né difendere le leggi, la religione e la libertà senza le armi.
(Raimondo Montecuccoli)
Aforismi dell'arte bellica
1665-1670 (postumo, 1704) - Selezione Aforismario

La guerra è un'azione d'eserciti offendentisi in ogni guisa, il cui fine si è la vittoria.

La guerra è interna o esterna; offensiva o difensiva; marittima o terrestre, rispetto alle persone, al modo ed al luogo diverso.

La vittoria si conseguisce per mezzo dell''apparecchio, della disposizione e dell'operazione.

In ciascheduno di tutti tre questi membri si hanno vantaggi o disavvantaggi, che sono qualità naturali o acquistate, di tempo, di luogo, d'armi, o d'altro, che giovano o nuocono a sormontare il nemico.

L'apparecchio si fa d'uomini, d'artiglieria, di munizioni, di bagaglio e di danaro.

La disposizione si ragguaglia alle forze, al paese, al disegno che si ha di offendere, di difendere, o di soccorrere.

L'operazione s'eseguisce con risoluzione, con segretezza, con celerità, marciando, alloggiando, o combattendo.

Facciasi l'apparecchio per tempo, mentre che lo stato pubblico è in calma.

Deonsi gli uomini assoldare, ordinare, armare, esercitare, disciplinare.

Si assoldano gli uomini non già della feccia del volgo, né a caso, ma si vogliono scegliere d'infra i migliori che siano sani, arditi, robusti, sul fiore dell'età, indurati nei disagi dei campi e delle arti faticose, non infingardi, non effeminati, non viziosi.

Gli arrolati fanno lor mostra, e prestano il giuramento, ove principalmente promettono fedeltà, ubbidienza e valore.

Vengono ordinati gli uomini secondo la loro attitudine e mestiere.

Si distinguono gli uomini in combattenti e non combattenti. I combattenti sono ufficiali maggiori e minori, e soldati gregari di cavalleria e di fanteria. I non combattenti sono artefici, operai, guide, spie, guastatori, vivandieri, mercanti, garzoni, ed altra gente minuta ad uso del soldati; religiosi, medici, speziali, chirurghi, falegnami, ferrai, muratori e armaiuoli.

Dove più ufficiali concorrono in carico uguale, il più anziano precede, senza riguardo d'altra condizione o dignità, onde ne nasce un ordine inalterabile che toglie di mezzo ogni cagione e pretesto di dissenzione e di disputa, e fa che la somma dell'impero si trova sempre in un solo, perché troppo nociva si è al pubblico la moltitudine dei comandanti, non meno che la copia dei medici all'infermo.
Le qualità richieste nei generali, in qual più, in qual meno, a proporzione del carico che di grado in grado ei sostengono, sono naturali o acquistate.

Sono naturali: 1. Il genio marziale ed il temperamento sano, robusto, di estremità grandi, e ripieno di sangue spiritoso, onde ne risultano l'intrepidezza nel pericolo, il decoro nella presenza, e l'infaticabilità nel negozio; 2. L'età competente, che troppo giovanile alla maturità ed all'esperienza, troppo senile alla velocità non deroghi; 3. La nascita, la quale quanto più cospicua, tanto più ella ispira venerazione di se stessa negli animi de' soggetti.
Sono acquistate: Le virtù della prudenza, della giustizia, della fortezza e della temperanza.

Le corazze intiere sono squisite per rompere e per sostenere; ma quando si considera che queste armi, se non sono a prova, poco giovano, anzi che le rotture del ferro squarciato da tiri del nemico impiagano maggiormente, ed a prova troppo pesano ed impediscono talmente la persona, che, caduto il cavallo, il soldato non può più aiutarsi, oltre che i bracciali ed i cosciali guastano le selle e gli arnesi, offendono i cavalli sul dorso e gli straccano; perciò si è giudicato meglio di starsene con mezze corazze.

Si esercitano gli uomini armati: senza esercizio non si dà esercito, ma gente rammassata alla rinfusa, mole indigesta, moltitudine inesperta.

Nello schierare in ordinanza le soldatesche, si hanno da osservare questi principii: 1. Collocar le armi nel loro vantaggi, dove elle non riescano superflue né oziose, ma facciano con utilità e sicurezza l'uffizio loro; 2. Ferire continuamente da lungi e da presso l'oste nemica, sostenerla e cacciarla; 3. Idearsi una tal forma d'ordinanza che serva di regola a tutte, come il retto è norma dell'obliquo, con ciossiacosachè in qualunque sia genere di cose, egli se ne dà una suprema e principale, che è misura delle altre, le quali tanto più a lei si accostano o da lei si dileguano, quanto più o meno perfette elle sono.

La disciplina è sopra tutte le cose necessaria al soldato, senza di cui la gente armata è più dannosa che utile, più a suoi che al nemico, formidabile. Ella è diffusamente compresa nelle leggi militari e negli statuti di guerra che ordinano obbedienza a maggiori, fortezza contro all'inimico, onestà nel vivere, proponendo conformi al merito i premii, e alla mancanza le pene convenevoli. Ottimo istituto si è quello che le promozioni non si facciano se non per gradi, o in ricompensa di qualche azione straordinaria.

Le guide nell'esercito sono come gli occhi nel l'animale: deonsi tenere ben guardate con premii, con speranze, e mediante il timor di pena e di castigo. Prestano alle volte in pegno di fedeltà ostaggi. Se ne abbiano di molte da distribuirsi, e si concertino fra loro dei luoghi e delle strade.

Le spie s'allettano, e si mantengono col danaro: procedasi cauto, e si finga con esse, poiché elle sono talvolta doppie: assicurarsi della persona, ed aver pegni di moglie e di figliuoli: se elle propongono qualche impresa, non lasciarle conoscere né da altri, né fra loro. Possono spiare anche i prigionieri, i trombetti, i transfuggitori che vengono o che si mandano, i villani, i corrieri, i soldati travestiti, i messaggeri, i deditizii. Le spie dell'inimico, prese che siano, s'impiccano.

È il danaro quello spirito universale, che per lo tutto infondendosi, lo anima e lo muove, ed è virtualmente ogni cosa, lo strumento degli strumenti, che ha la forza d'incantare lo spirito del più savi e l'impeto de più feroci. Qual meraviglia dunque se, producendo gli effetti mirabili dei quali sono piene le istorie, richiesto taluno delle cose necessarie alla guerra, egli, rispose, tre esser quelle: danaro, danaro, danaro.

Nessuno stato pubblico può godersi la quiete, né ribattere le ingiurie, né difendere le leggi, la religione e la libertà senza le armi. Iddio le ha onorate coll'intitolarsi Dio degli eserciti

Il consiglio è la base delle azioni, e se ne dàmno questi ammonimenti: 1. Consultisi adagio e tosto eseguiscasi; 2. Sia la salute dell'esercito legge suprema; 3. Concedasi alcuna cosa all'arbitrio della fortuna; 4. Acquistisi fama alle armi; 5. Colgansi le congiunture; 6. Chi pensa a tutte le cose non ne fa alcuna, e chi a poche s'inganna.

Consultar lentamente, eseguir con prestezza e costanza è insegnamento dei savi.

Trattar le cose con molti, risolverle con pochi o da se solo.

Libro di Raimondo Montecuccoli
Aforismi dell'arte bellica
Con le considerazioni di Ugo Foscolo 
Editore: Tranchida, 1996 

Quando nel 1808 Ugo Foscolo si accinse a pubblicare alcuni degli scritti militari di Raimondo Montecuccoli, non ebbe troppa difficoltà a riconoscere negli scritti del modenese uno stile superbo e inaudito nelle lettere nostrane. Negli Aforismi dell'arte bellica troviamo una vorticosa e scintillante disposizione del discorso, dove la velocità di Senofonte e di Cesare s'addobba del gusto trionfale di Livio, e dove l'amarezza dell'umana tragedia si redime e innalza a ogni passo per la conoscenza piena dei Paesi.

Note
Vedi anche: Aforisti Antichi e Moderni