Frasi e citazioni di Giorgio Gaber

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Giorgio Gaber, nome d'arte di Giorgio Gaberščik (Milano 1939 - Montemagno di Camaiore 2003), cantautore, commediografo, regista teatrale, e attore italiano.

Foto di Giorgio Gaber
Dove esistono una voglia, un amore, una passione, lì ci sono anch'io. (Giorgio Gaber)

Frasi del signor G
Selezione Aforismario

Adesso è forse più difficile sembrare controcorrente, ma solo perché oggi non c’è nessuna corrente.

Il livello di coscienza è basso, bassissimo. Il mercato detta tempi, ritmi, cose. Ormai si producono merci che hanno lo scopo, nemmeno tanto nascosto, di distruggere il pianeta e avvelenarlo, e insieme distruggere chi lo abita. Nessuna guerra al mondo è stata così letale.

Per sviluppare il mercato non servono persone intelligenti, anzi. Meglio chi compra, non chi ragiona.
Ormai la qualità degli individui non conta più.

Se è vero che sono finite le ideologie, è anche vero che l’unica ideologia trionfante oggi è quella del mercato. Se il mercato da una parte può essere utile alla nostra sopravvivenza perché, a scapito degli altri e facendo fuori ogni tipo di morale, ci procura i beni di cui abbiamo bisogno, dall'altra in realtà ci priva della coscienza, annientandoci.

L’Italia è una specie di circo

Il mercato, con le sue regole e le sue costrizioni consumistiche, necessita, per imporsi, di una totale assenza di coscienza o, meglio ancora, di false coscienze. Ma è anche vero che è proprio il mercato a consentire non solo la nostra sopravvivenza, ma anche il nostro benessere diffuso.

La civiltà è un velo, tutt'altro che solida come sembra. Basta un minimo per ritornare a una bestialità preoccupante.

Mi contraddico? Ebbene sì. La coerenza filosofica non è affar mio.

Il progetto è futuro.

Io non sono un uomo libero. Sono uno spirito libero.

La TV è meravigliosa quando è testimone di avvenimenti lontani, di spettacoli che esisterebbero anche se non ci fosse. La tv diventa invece generatrice di volgarità quando inventa il programma televisivo, cioè uno spettacolo che esiste solo in funzione della tv. È un’esposizione ad alto rischio di contagio.

L’uomo capisce tutto, tranne le cose perfettamente semplici. Capire che non c’è niente da capire, ma
non è ancora capire?

La televisione è un elettrodomestico e come tale è trattata anche da quelli che la fanno. La tv è anche uno strumento diabolico, abitua al minimo sforzo. Illude che alzare una palpebra sia partecipare al mondo.

Dove esistono una voglia, un amore, una passione, lì ci sono anch'io.

L’audience diventa l’obiettivo delle televisioni che, con venti milioni di spettatori, dicono di avere un grande seguito e invece non è così, perché l’adesione del pubblico è corale, ma passiva. È una presenza/assenza, una presenza massificata.

La solitudine non è malinconia. Un uomo solo è sempre in buona compagnia.

Chi non ha mai commesso l'errore di togliersi i pantaloni prima delle scarpe, costui non sa niente dell'amore.

I politici hanno qualcosa in comune con i pubblicitari: invece di vendere lavatrici, devono convincere di una certa idea, ma le due cose non sono poi tanto diverse.

Ho la sensazione che la gente agisca sempre meno e parli sempre di più. Su qualunque questioncina ci si scontra, si discute, ma poi, quando c’è da spostare una sedia, non la sposta nessuno!

Quarant'anni fa, più o meno, nasceva la televisione e si sosteneva che sarebbe servita ad amalgamare la penisola, a renderla più omogenea. Invece è avvenuto il contrario: l’appiattimento televisivo ha fatto peggiorare l’umanità rendendola forse più intollerante, più superficiale, più egoista.

Se Gesù Cristo venisse da noi oggi, quasi certamente non sarebbe crocifisso. O morirebbe sconosciuto, o sarebbe invitato a un talk-show televisivo. Non darebbe più fastidio a nessuno.

L’ideologia non è mai rivoluzionaria, è sempre un’immagine del passato. Dire che l’ideologia è rivoluzionaria è una contraddizione in termini.

L’uomo è quasi sempre meglio rispetto alla propria ideologia.

«Ideologia» è una brutta parola. Mi è sempre piaciuto di più il termine «teoria», che significa invenzione della realtà. Di fronte alle cose che ci vengono offerte siamo attivi o passivi?

Se è vero che sono finite le ideologie, è anche vero che l’unica ideologia trionfante oggi è quella del mercato.

La crisi delle ideologie, se da una parte è causa della pochezza in cui si agita la società, dall'altra ha liberato molte menti da steccati troppo ingombranti e limitativi.

Perché spargete così male la rabbia che vi consuma? Perché vi rassegnate a questa vita mediocre, senza l’ombra di un desiderio, di uno slancio, di una proposta qualsiasi?

È la rabbia che non esiste più, sostituita dalla rassegnazione, da una pericolosa apatia. Ho la sensazione che la gente agisca sempre meno e parli sempre di più. Su qualunque questioncina ci si scontra, si discute, ma poi, quando c’è da spostare una sedia, non la sposta nessuno!

Al posto dell’indignazione e della rabbia, ci è stata instillata l’ipocrisia della bontà, di una solidarietà fatta su misura per mettere a posto le coscienze.

Non sono pessimista. Riconosco il negativo per utilizzarlo come stimolo.

Il politico deve essere il più ambiguo possibile, per garantirsi il maggior numero di adesioni.

Si deve morire e rinascere continuamente.

La massa è ricettiva di un’immagine, non di un pensiero. Non è una forza in movimento, ma statica, perché del pensiero interrompe il circuito, proprio come in fisica. Forse si può affermare che la massa fa massa: statica, inerte a qualsiasi manipolazione e a qualsiasi movimento.

La massa è il luogo sociologico in cui l’uomo come individuo muore, non esiste più.

Tutto quello che ti viene proposto mira a coinvolgerti in quanto massa. L’audience diventa l’obiettivo delle televisioni che, con venti milioni di spettatori, dicono di avere un grande seguito e invece non è così, perché l’adesione del pubblico è corale, ma passiva. È una presenza/assenza, una presenza massificata.

La cultura di massa equivale a una cultura senz'anima.

Se si parte dall'ideologia per scrivere una canzone si sbaglia: bisogna partire da se stessi.

La felicità non dipende dal superfluo.

Quando ti senti solo con la tua rabbia hai la sensazione di diventare un po’ patetico e personalistico, oltre che donchisciottesco

Rifiuto le cosiddette canzoni ideologiche, perché sono quasi sempre brutte. Credo che le vere canzoni debbano parlare delle piccole cose. Che poi, messe insieme, fanno le cose importanti. Se uno non capisce come sia difficile vivere la propria vita con tutte le sue meschinità personali, è inutile che si illuda di capire le grandi questioni.

La politica è solo uno sporco gioco che quasi mai ha a che fare con la sfera della morale o con la nostra vita.

Secondo me gli italiani sono più intelligenti degli svizzeri, ma se si guarda il reddito medio pro capite della Svizzera, viene il sospetto che sarebbe meglio essere un po’ più scemi.

Io pensavo che i politici fossero cretini, ladri e sporcaccioni. Sbagliavo. Il loro vero vizio è l’impunità. Fino al giorno in cui si resta complici di questa situazione non si esce dal tunnel.

Rivalutiamo finalmente l’egoismo. Abbiamo bisogno di gente cosciente, non di vittime o di eroi. Il sacrificio è frutto dell’educazione cattolica, e io non rinuncio a un bel niente.

I nostri politicanti non hanno ancora capito che bisogna curare il linguaggio, fare dei vocaboli un elemento di vera comunicazione, altrimenti si arriva a quel gergo che tutto cambia e nulla cambia, in cui tutto diventa scivoloso e viscido, e tu sei fuori dal gioco, con il distacco totale tra la politica e le persone.

Gli italiani sono cattolici e laici, ma anche ai più laici piace la benedizione del papa. Non si sa mai.

Se abbiamo già sperimentato quanto faccia male una dittatura militare, non sappiamo ancora quanto
possa far male la dittatura della stupidità.

Senza utopia c’è la morte.

Non si è mai abbastanza coraggiosi da essere vigliacchi definitivamente.

L’uomo peggiora e il sistema sta diventando imbecille. Questo mi porta a dire che non c’è più nulla che migliori la persona, neppure la fede, perché anche due milioni e mezzo di giovani dal papa sono un fenomeno di consumo. L’ascolto di Padre Pio o del Grande fratello sono per me fenomeni simili e mi fanno capire che c’è una produzione consumistica che ha perso ormai completamente di vista qualsiasi senso dell’arricchimento dell’individuo.

Note
Leggi anche le citazioni dei cantautori italiani: Franco BattiatoFranco CalifanoVasco Rossi

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