Aforismi, frasi e citazioni sulla Metropolitana
Raccolta di aforismi, frasi e citazioni sulla metropolitana (o metro; in inglese: subway). La metropolitana è un sistema di trasporto su rotaia, in gran parte sotterranea, destinato al trasporto rapido di grandi masse di viaggiatori nelle città e nelle aree metropolitane.
La prima linea metropolitana al mondo è stata quella di Londra, chiamata "Underground" o "The Tube", attiva dal 1863. In Italia si può considerare come prima metropolitana l'attuale linea B della metropolitana di Roma, inaugurata nel 1955. La rete metropolitana più estesa d'Italia è quella di Milano.
Su Aforismario trovi altre raccolte di citazioni correlate a questa sul tram, gli autobus, i pullman, e il treno. [I link sono in fondo alla pagina].
La prima linea metropolitana al mondo è stata quella di Londra, chiamata "Underground" o "The Tube", attiva dal 1863. In Italia si può considerare come prima metropolitana l'attuale linea B della metropolitana di Roma, inaugurata nel 1955. La rete metropolitana più estesa d'Italia è quella di Milano.
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[Bordel pour bordel / moi, je préfère le mètro / D'abord c'est moins chèr / et puis c'est plus chaud].
Louis Aragon, Poesie, XX sec.
Ho capito che avevo vissuto troppo a lungo a New York quando, alcuni anni fa, mi trovavo sulla metro in direzione downtown e a un certo punto si è bloccata alla fermata sulla Quattordicesima Strada. Alla stazione, le porte si sono aperte e il guidatore ci ha comunicato che c’era una bomba a bordo e che dovevano evacuare la metro immediatamente. Io e un altro passeggero ci siamo guardati negli occhi. “Vedi una bomba?” “No, non vedo una bomba.” “Non c’è nessuna bomba.” “Mi mancano solo due fermate… proseguiamo.”
Lewis Black [1]
Mi piace osservare la gente. A volte passo l'intera giornata in metropolitana a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano.
[I like to watch people. Sometimes I ride the subway all day and look at them and listen to them. I just want to figure out who they are and what they want and where they are going].
Ray Bradbury, Fahrenheit 451, 1953
Ero seduto sopra un giornale sulla metropolitana. Mi si avvicina un tale e mi chiede: «Lo sta leggendo?». Non sapevo che dire, ho risposto: «SÌ». Poi mi sono alzato, ho voltato pagina e mi sono seduto di nuovo.
David Brenner [1]
È vero, faccio parte del gregge, di questa follia. Non posso fare altrimenti. Anch'io prendo il métro. Faccio tutto quello che fanno gli altri.
Emil Cioran, Un apolide metafisico, 1995
Quelli che sulle scale mobili / ti scendono incontro, giù / nell’Ade quotidiano, il vecchio / assorto nella scontrosità del suo cuore, / la donna avvilita / mormorante tra sé qualcosa d’amaro: / entrambi, pervasi d’entusiasmo / un tempo, chissà quando, furono svagati, / fuori di sé, raggianti / di baldanza, oppure no? / Com’è successo? Da quando? E perché? / Fuori, ormai, anche la neve si è ridotta / a fanghiglia.
Hans Magnus Enzensberger. Metrò di piazza Wittenberg, Poesie, XX sec.
Nelle nostre città, dove non manca giorno dove qualcuno non venga assassinato, qualche donna stuprata, qualche banca rapinata, qualche casa svaligiata, circola la paura. La paura che non fa prendere la metropolitana dopo le nove di sera, quella che non fa uscire di notte se non per il breve tragitto da una casa all'altra, su automobili con la sicura interna bloccata.
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, 2009
Dopo la guerra in Iraq, e non dopo l'11 settembre, anche molti italiani hanno iniziato a vivere nell'angoscia. Non l'hanno dichiarata, perché nella nostra cultura non bisogna ostentare paura o debolezza, ma l'hanno rivelata i loro comportamenti, che lasciavano trasparire una certa inquietudine nello scendere in metropolitana o salire sugli aerei, fino a indurre a disertare i luoghi affollati e gli assembramenti di massa.
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, 2009
Sventurati quelli che hanno scorto / una ragazza nel metrò / e si sono innamorati di colpo / e l’hanno seguita impazziti / e l’hanno persa per sempre tra la folla / Perché saranno condannati / a vagare senza meta per le stazioni / e a piangere sulle canzoni d’amore / che i musicisti ambulanti intonano nei tunnel / E forse l’amore non è che questo: / una donna o un uomo che scende da un vagone / in una stazione del metrò / e brilla per pochi secondi / e si perde senza nome nella sera.
Óscar Hahn, In una stazione del metrò, Poesie, XX sec.
La ragazza raccontò: “Ho seguito un uomo in metropolitana e ad ogni stazione mi sentivo più bella – quando finalmente mi ha rivolto la parola, m’ero fatta così bella, da divenire ormai inavvicinabile"
Peter Handke, Il peso del mondo, 1978
Fu qui, sotto la volta del tunnel, / tu a correre davanti nel tuo cappotto da viaggio, / io dietro come un agile dio per raggiungerti / prima che ti mutassi in giunco / o in qualche nuovo fiore, bianco / e carminio. Caddero dal cappotto svolazzante / uno a uno i bottoni in breve traccia / tra metropolitana e Albert Hall. / Luna di miele sotto la luna, per il concerto / tardi, e muore l'eco dei nostri passi. Ora / pietre di luna torno come Hänsel a cercare, / il cammino a ritroso ripercorro, / come Hänsel raccolgo i tuoi bottoni / tra il vento e fioca luce di stazioni. / Partiti i treni, umide le rotaie / nude e tese a seguirti come me/ e dannato io sia se guardo indietro.
Séamus Heaney, Metropolitana, Poesie, XX sec.
Metropolitana / il passo echeggia di notte lontano. / Fiochi scintillano i binari: coltelli, / smaglianti e non usati. Dalle pareti / gronda umidità. / Vado diritto e / già corro e sempre più svelto / di soglia in soglia attraverso / un sistema di tubi e tunnel / grotte e caverne: / rabbrividendo scorgo in / grinze su manifesti, / in cartacee maschere pubblicitarie, / i volti di quelli, che / qui sotto si trascinerebbero, se / lassù della città null'altro rimanesse / che loro, / quelli che negli oscuri meandri e negli angoli / tenebrosi invano cercherebbero colui / che li assolva dalla colpa / della propria morte stavolta.
Günter Kunert, Metropolitana, Ricordo di un pianeta, 1970
Cos'altro potrei dire, se non che mi piaceva tutto della metropolitana? Amavo le lunghe gallerie, i treni fumosi, i collegamenti intricati delle linee, ciascuna delle quali possedeva caratteristiche proprie, una propria identità, per così dire.
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Avevo l'abitudine di bighellonare nella stazione [della metro] di Richmond solo per guardare il cerchio rosso trafitto da una barra blu, il viavai dei convogli, e soprattutto per studiare la piantina, con quella forma che ricordava vagamente un insetto, il groviglio di fili colorati che, a un esame più attento, si rivelava qualcosa di più sensato: un simulacro di concatenazioni, un gioco di alternative. Me ne restavo lì impalato per ore a pormi domande tipo: Se dovessi andare da Chancery Lane a Rickmansworth, quale sarebbe il tragitto più breve? E il più lungo? Quale mi consentirebbe di percorrere le linee più colorate? Scegliere il percorso più veloce mi sembrava banale, rozzo persino, una scelta priva di immaginazione. Trovavo preferibile – o avevo fede – nel percorso più lungo.
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Non fatevi ingannare dalla rete ordinata di linee colorate che è la mappa della metropolitana: la vera Londra è un groviglio che gira in tondo, torna sui suoi passi e si ripiega su se stesso.
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Il cerchio rosso trafitto dalla barra blu [della piantina della metro] conteneva il nome della stazione. Era una promessa di altre stazioni: Richmond prometteva i Kew Gardens, che promettevano Gunnersbury, che prometteva Turnham Green, Stamford Brook, Hammersmith e Londra. Londra! Le linee sotterranee, la Piccadilly, la Northern e la Bakerloo! Le scale mobili che sembravano sprofondare per miglia e miglia, gli interminabili corridoi tubolari col loro caldo odore di gas di scarico, il vento dei treni, il misterioso vento sotterraneo dei treni. E altre stazioni verso nord. Altre ancora verso est e ovest. Stazioni che si moltiplicavano come isole, tutte in attesa di essere visitate, con il nome racchiuso, in modo identico, in quel cerchio rosso, con quella barra blu!
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Louis Aragon, Poesie, XX sec.
Ho capito che avevo vissuto troppo a lungo a New York quando, alcuni anni fa, mi trovavo sulla metro in direzione downtown e a un certo punto si è bloccata alla fermata sulla Quattordicesima Strada. Alla stazione, le porte si sono aperte e il guidatore ci ha comunicato che c’era una bomba a bordo e che dovevano evacuare la metro immediatamente. Io e un altro passeggero ci siamo guardati negli occhi. “Vedi una bomba?” “No, non vedo una bomba.” “Non c’è nessuna bomba.” “Mi mancano solo due fermate… proseguiamo.”
Lewis Black [1]
Mi piace osservare la gente. A volte passo l'intera giornata in metropolitana a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano.
[I like to watch people. Sometimes I ride the subway all day and look at them and listen to them. I just want to figure out who they are and what they want and where they are going].
Ray Bradbury, Fahrenheit 451, 1953
Ero seduto sopra un giornale sulla metropolitana. Mi si avvicina un tale e mi chiede: «Lo sta leggendo?». Non sapevo che dire, ho risposto: «SÌ». Poi mi sono alzato, ho voltato pagina e mi sono seduto di nuovo.
David Brenner [1]
È vero, faccio parte del gregge, di questa follia. Non posso fare altrimenti. Anch'io prendo il métro. Faccio tutto quello che fanno gli altri.
Emil Cioran, Un apolide metafisico, 1995
Quelli che sulle scale mobili / ti scendono incontro, giù / nell’Ade quotidiano, il vecchio / assorto nella scontrosità del suo cuore, / la donna avvilita / mormorante tra sé qualcosa d’amaro: / entrambi, pervasi d’entusiasmo / un tempo, chissà quando, furono svagati, / fuori di sé, raggianti / di baldanza, oppure no? / Com’è successo? Da quando? E perché? / Fuori, ormai, anche la neve si è ridotta / a fanghiglia.
Hans Magnus Enzensberger. Metrò di piazza Wittenberg, Poesie, XX sec.
Nelle nostre città, dove non manca giorno dove qualcuno non venga assassinato, qualche donna stuprata, qualche banca rapinata, qualche casa svaligiata, circola la paura. La paura che non fa prendere la metropolitana dopo le nove di sera, quella che non fa uscire di notte se non per il breve tragitto da una casa all'altra, su automobili con la sicura interna bloccata.
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, 2009
Dopo la guerra in Iraq, e non dopo l'11 settembre, anche molti italiani hanno iniziato a vivere nell'angoscia. Non l'hanno dichiarata, perché nella nostra cultura non bisogna ostentare paura o debolezza, ma l'hanno rivelata i loro comportamenti, che lasciavano trasparire una certa inquietudine nello scendere in metropolitana o salire sugli aerei, fino a indurre a disertare i luoghi affollati e gli assembramenti di massa.
Umberto Galimberti, I miti del nostro tempo, 2009
Sventurati quelli che hanno scorto / una ragazza nel metrò / e si sono innamorati di colpo / e l’hanno seguita impazziti / e l’hanno persa per sempre tra la folla / Perché saranno condannati / a vagare senza meta per le stazioni / e a piangere sulle canzoni d’amore / che i musicisti ambulanti intonano nei tunnel / E forse l’amore non è che questo: / una donna o un uomo che scende da un vagone / in una stazione del metrò / e brilla per pochi secondi / e si perde senza nome nella sera.
Óscar Hahn, In una stazione del metrò, Poesie, XX sec.
La ragazza raccontò: “Ho seguito un uomo in metropolitana e ad ogni stazione mi sentivo più bella – quando finalmente mi ha rivolto la parola, m’ero fatta così bella, da divenire ormai inavvicinabile"
Peter Handke, Il peso del mondo, 1978
Fu qui, sotto la volta del tunnel, / tu a correre davanti nel tuo cappotto da viaggio, / io dietro come un agile dio per raggiungerti / prima che ti mutassi in giunco / o in qualche nuovo fiore, bianco / e carminio. Caddero dal cappotto svolazzante / uno a uno i bottoni in breve traccia / tra metropolitana e Albert Hall. / Luna di miele sotto la luna, per il concerto / tardi, e muore l'eco dei nostri passi. Ora / pietre di luna torno come Hänsel a cercare, / il cammino a ritroso ripercorro, / come Hänsel raccolgo i tuoi bottoni / tra il vento e fioca luce di stazioni. / Partiti i treni, umide le rotaie / nude e tese a seguirti come me/ e dannato io sia se guardo indietro.
Séamus Heaney, Metropolitana, Poesie, XX sec.
Metropolitana / il passo echeggia di notte lontano. / Fiochi scintillano i binari: coltelli, / smaglianti e non usati. Dalle pareti / gronda umidità. / Vado diritto e / già corro e sempre più svelto / di soglia in soglia attraverso / un sistema di tubi e tunnel / grotte e caverne: / rabbrividendo scorgo in / grinze su manifesti, / in cartacee maschere pubblicitarie, / i volti di quelli, che / qui sotto si trascinerebbero, se / lassù della città null'altro rimanesse / che loro, / quelli che negli oscuri meandri e negli angoli / tenebrosi invano cercherebbero colui / che li assolva dalla colpa / della propria morte stavolta.
Günter Kunert, Metropolitana, Ricordo di un pianeta, 1970
Cos'altro potrei dire, se non che mi piaceva tutto della metropolitana? Amavo le lunghe gallerie, i treni fumosi, i collegamenti intricati delle linee, ciascuna delle quali possedeva caratteristiche proprie, una propria identità, per così dire.
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Avevo l'abitudine di bighellonare nella stazione [della metro] di Richmond solo per guardare il cerchio rosso trafitto da una barra blu, il viavai dei convogli, e soprattutto per studiare la piantina, con quella forma che ricordava vagamente un insetto, il groviglio di fili colorati che, a un esame più attento, si rivelava qualcosa di più sensato: un simulacro di concatenazioni, un gioco di alternative. Me ne restavo lì impalato per ore a pormi domande tipo: Se dovessi andare da Chancery Lane a Rickmansworth, quale sarebbe il tragitto più breve? E il più lungo? Quale mi consentirebbe di percorrere le linee più colorate? Scegliere il percorso più veloce mi sembrava banale, rozzo persino, una scelta priva di immaginazione. Trovavo preferibile – o avevo fede – nel percorso più lungo.
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Non fatevi ingannare dalla rete ordinata di linee colorate che è la mappa della metropolitana: la vera Londra è un groviglio che gira in tondo, torna sui suoi passi e si ripiega su se stesso.
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Il cerchio rosso trafitto dalla barra blu [della piantina della metro] conteneva il nome della stazione. Era una promessa di altre stazioni: Richmond prometteva i Kew Gardens, che promettevano Gunnersbury, che prometteva Turnham Green, Stamford Brook, Hammersmith e Londra. Londra! Le linee sotterranee, la Piccadilly, la Northern e la Bakerloo! Le scale mobili che sembravano sprofondare per miglia e miglia, gli interminabili corridoi tubolari col loro caldo odore di gas di scarico, il vento dei treni, il misterioso vento sotterraneo dei treni. E altre stazioni verso nord. Altre ancora verso est e ovest. Stazioni che si moltiplicavano come isole, tutte in attesa di essere visitate, con il nome racchiuso, in modo identico, in quel cerchio rosso, con quella barra blu!
David Leavitt, Mentre l'Inghilterra dorme, 1993
Tra i volti stanchi e melanconici della gente nella metropolitana e i sorrisi beati delle «Sacre famiglie» della «Pubblicità di massa» non esiste la benché minima possibilità di identificazione.
Mary McCarthy, On the Contrary, 1961
Mary McCarthy, On the Contrary, 1961
Di un newyorkese che non prende la metropolitana, non puoi fidarti.
Mozzie (Willie Garson), in White Collar, 2009-2014
L'amore è abbastanza grande da includere una frase letta in un libro, la linea di un collo visto e desiderato tra la folla, un viso amato e desiderato visto al finestrino di un metrò che sfreccia via. È grande abbastanza da includere un amore passato, un amore futuro, un film, un viaggio, la scena di un sogno, un' allucinazione, una visione.
Anaïs Nin, Diario, 1966
Si sa, in una città come Milano la metropolitana non è un mezzo di trasporto, ma è la protagonista della quotidiana commedia umana, il nostro comune inferno o purgatorio. Scendo, entro, e resto stupito. Cos'hanno oggi i miei compagni di viaggio per starsene lì imbambolati, come in sospeso, con quell'attesa dipinta sui volti, le mani raccolte in grembo, dolcemente imbarazzati come si vergognassero un po' per quello sconveniente abbandono? Nel vagone, fattosi improvvisamente silenzioso, qualcuno sta suonando Vivaldi.
Ferruccio Parazzoli, MM Rossa, 2013
Via sotterranea, subway, come dicono gli americani. Underworld. Il mondo visto dal di sotto, la metà oscura della metropoli. Sopra, a otto, dieci metri c'è ancora il mondo della luce bianca; qui la vita ha, invece, una luce arancione. La MM Rossa è un ottimo posto per osservare, pensare, ricordare, mentre il treno illuminato corre nel buio come la continuazione della notte e dei sogni.
Ferruccio Parazzoli, MM Rossa, 2013
Questi volti apparsi nella folla; / petali su un ramo umido e nero.
Ezra Pound. In una stazione del metrò, Poesie, XX sec.
Psscht... clac... / La porta è chiusa, / I coltelli meccanici hanno tagliato nella massa umana, sulla banchina, quanto occorre per formare una porzione «metropolitana» / Si scuote. / Non posso muovermi. / Non sono più individuo, sono massa. / Una massa che si sposta in blocco come un pasticcio in gelatina, in una scatola un po' grande. / Massa anonima, indifferente, e forse lontana da Te, Signore. / Non faccio che una cosa sola con essa e comprendo che è duro per me, qualche volta, salire. / Questa folla è pesante, palla di piombo per i miei piedi già così lenti, passeggeri troppo numerosi nella mia barchetta ingombra. / Eppure, Signore, non ho il diritto di ignorare questa gente, sono miei fratelli. / Non posso salvarmi solo.
Michel Quoist, Metropolitana, Poesie, XX sec.
Niente è più artificiale di una metropolitana, tuttavia essa non ha nulla che contrasti la natura del bambino, condotto a viaggiarvi, il quale, al contrario, troverà l’esperienza molto interessante.
Bertrand Russell, Perché non sono cristiano, 1927
Quelli che vogliono capire la democrazia dovrebbero trascorrere meno tempo in biblioteca con Aristotele e più tempo sugli autobus e sulla metropolitana.
Simeon Strunsky [1]
Mi piaceva anche uscire la mattina con l’idea di lasciare aperta la porta delle occasioni. Mi piaceva pensare che magari in metropolitana potevo incontrare uno sguardo di complicità, potevo incontrare lei, o una lei.
Fabio Volo, È una vita che ti aspetto, 2003
Mi piace viaggiare in metrò, lo faccio in tutte le città in cui vado. Si capisce molto di una città viaggiando nelle sue gallerie. È come conoscere un corpo dal suo sistema venoso.
Fabio Volo, Il giorno in più, 2007
Adesso che sono cambiato, però, e che ho capito molte cose, la rivorrei qui con me. Per questo l'ho chiamata, perché magari il treno non l'ho perso del tutto. Come quando scendendo le scale per prendere la metropolitana sento il treno che arriva e corro pensando che sia quello che devo prendere, invece mi sbaglio ed è quello dall'altra parte. Magari il mio con lei non è ancora partito, è ancora lì con le porte aperte.
Fabio Volo, Il tempo che vorrei, 2009
Se vogliamo paragonare la vita a qualcosa, dobbiamo paragonarla a un volo attraverso la metropolitana lanciata a ottanta chilometri all'ora... per approdare all'altra estremità senza più una sola forcina nei capelli! Sparati ai piedi di Dio completamente nudi! Capitombolati a testa in giù sui prati di asfodeli come pacchetti avvolti in carta marrone, incanalati lungo lo scivolo di un ufficio postale! Con i capelli che volano indietro come la coda di un cavallo da corsa. Sì, quest'immagine sembra esprimere la rapidità della vita, il perpetuo processo di logoramento e riparazione; tutto così casuale, così accidentale.
Virginia Woolf, Il segno sul muro, 1917
Virginia Woolf, Il segno sul muro, 1917
Cinque facce davanti a me... cinque facce mature... e la consapevolezza in ciascuna di esse. Strano, però, come la gente voglia nasconderla! Su ogni faccia si scorgono segni di reticenza: labbra chiuse, occhi schermati, ognuno dei cinque che fa qualcosa per dissimulare o irridere la propria consapevolezza. Uno fuma; un altro legge; un terzo controlla le voci su un taccuino da tasca; un quarto fissa la pianta della metropolitana incorniciata di fronte a lui; e la quinta... la cosa terribile riguardo alla quinta è che la donna non fa assolutamente nulla. Guarda la vita. Ah, povera te, donna sfortunata, stai al gioco... per il bene di noi tutti, dissimula!
Virginia Woolf, Un romanzo non scritto, 1920
Assumeva delle precauzioni sorprendenti contro le infreddature, gli sforzi, i cibi pesanti, l'alimentazione sbagliata, le correnti, le stanze surriscaldate, i viaggi in metropolitana, perché non riusciva mai a stabilire con esattezza quale di questi fattori le provocasse quei terribili mali di testa che le trasformavano la vita in una sorta di campo di battaglia.
Virginia Woolf, Attimi: «Le spille di Slater non hanno punte», 1928
Stai certo che, se ti metti a correre sulle scale perché senti la metro arrivare, è quella che va nella direzione opposta.
Anonimo
Note
- Fonte della citazione sconosciuta; se la conosci, segnalala ad Aforismario.
- Vedi anche aforismi, frasi e citazioni su: Autobus e Pullman - Tram - Treno