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Aforismi, frasi e citazioni sul Vaso di Pandora

Raccolta di aforismi, frasi e citazioni sul mitologico vaso di Pandora, cioè il vaso pieno di tutti i mali che Zeus aveva affidato a Pandora, che per curiosità volle aprirlo diffondendo così i mali tra i mortali. Nell'uso comune, l'espressione "scoperchiare il vaso di Pandora" è usata metaforicamente per alludere all'improvvisa scoperta di una serie di problemi che per molto tempo erano rimasti celati.

In appendice a questa raccolta di citazioni è riportato il mito greco di Pandora raccontato da Esiodo, in Le opere e i giorni (VIII sec. a.e.c.), mito che Giuseppina Sechi Mestica riassume così: "Zeus, per vendicarsi di Prometeo che aveva forgiato l'uomo senza il suo consenso, ordinò a Efesto di creare con la creta una figura di donna superiore in bellezza a tutte le dee. Efesto ci riuscì e chiamò la sua opera Pandora (dal greco "pàndoron" tutto dono). Ogni dio regalò a Pandora qualcosa che la facesse somigliare nel volto e nelle azioni alle dee immortali. Zeus, a differenza degli altri, regalò alla fanciulla un bellissimo vaso contenente tutti i mali che tormentano gli esseri umani; ma secondo Esiodo (in Le Opere e i Giorni) la donna li disperse, togliendo di sua mano il gran coperchio del vaso; in questo modo procacciò agli uomini luttuose sciagure. In fondo al vaso rimase soltanto la Speranza, poiché Pandora obbedendo all'ordine di Zeus, lo aveva richiuso immediatamente".

Su Aforismario trovi altre raccolte di citazioni correlate a questa sul vaso, la speranza e la mitologia. [I link sono in fondo alla pagina].
È molto difficile rinunciare alla speranza, l'ultima dea maligna
liberata dal vaso degli orrori di Pandora. (Tanith Lee)
"Ti amo" è l'iscrizione sullo scrigno di Pandora.
Mason Cooley, Città degli aforismi, 1980/94

La curiosità uccise il gatto. Uccise anche tanti antichi greci quando Pandora aprì quel vaso colmo di morte, pestilenza e il resto.
Meredith Grey (Ellen Pompeo), in Grey's Anatomy, 2005/...

La Pandora originaria venne mandata sulla terra con un vaso che conteneva tutti i mali, e in più, come unico bene, la speranza. Era in questo mondo di speranza che viveva l’uomo primitivo. Egli confidava, per sopravvivere, nella munificenza della natura, nelle elargizioni degli dèi e negli istinti della sua tribù. I greci dell’epoca classica cominciarono a sostituire alla speranza le aspettative. Nella loro versione del mito, Pandora liberava sia i mali che i beni; ma essi la ricordavano soprattutto perché aveva sguinzagliato i mali nel mondo. E, cosa particolarmente significativa, dimenticavano che “colei che tutto dona” era anche la guardiana della speranza.
Ivan Illich, Descolarizzare la società, 1971

Chissà quante meraviglie sono sigillate sotto l'etichetta "Vaso di Pandora".
Stanisław Jerzy Lec, Pensieri spettinati, 1957

Dopo vari anni, quella che è definita "mala sorte" diventa uno stile di vita. La situazione della persona non è più né drammatica né felice. Si acquista una specie di stato che può solo essere descritto come a-felicità. Non ci si aspetta niente, nemmeno il peggio, per la verità. Si gode di una certa rilassatezza, una sorta di equilibrio. Naturalmente non perfetto. Ci sono ancora momenti di rabbia e altri in cui ci si sente infelici. È molto difficile rinunciare alla speranza, l'ultima dea maligna liberata dal vaso degli orrori di Pandora.
Tanith Lee, La Janfia, 1992

Prometeo è l'eroe archetipo del principio di prestazione. E nel mondo prometeico Pandora, il principio femminile, la sessualità e il piacere, appare come una maledizione - disgregatrice, distruttiva.
Herbert Marcuse, Eros e civiltà, 1955

Pandora portò il vaso coi mali e lo aprì. Era il dono degli dèi agli uomini, un dono di fuori bello e seducente, chiamato «vaso della felicità». Subito tutti i mali, esseri vivi e alati, volarono fuori: da allora girano per il mondo e arrecano danno agli uomini di giorno e di notte. Un unico male non era ancora guizzato fuori dal vaso: allora Pandora riabbassò per volontà di Giove il coperchio, e così esso vi rimase dentro. Ora l’uomo ha in casa per sempre il vaso della felicità e crede mirabilia del gran tesoro che in esso possiede: esso è a sua disposizione, egli lo prende, quando gliene viene voglia; poiché non sa che quel vaso che Pandora portò era il vaso dei mali, e tiene il male rimasto lì dentro per il più gran bene di felicità – esso è la speranza. Giove volle cioè che l’uomo, per quanto tormentato dagli altri mali, tuttavia non gettasse via la vita, e continuasse invece a farsi tormentare sempre di nuovo. Perciò egli dà agli uomini la speranza: essa è in verità il peggiore dei mali, perché prolunga le sofferenze dell’uomo.
Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, 1886

Stai giocando con il vaso di Pandora. A volte è meglio non aprirlo. A volte, è meglio non sapere.
Tatiana de Rosnay (fonte sconosciuta - segnalala ad Aforismario)

La favola di Pandora non mi è stata mai chiara, anzi, mi è sembrata senza senso e confusa. Suppongo che essa sia stata male intesa e deformata dallo stesso Esiodo. Non tutti i mali. ma per contro tutti i beni ha Pandora nel suo vaso, come dice già il suo nome. Quando Epimeteo l'apre prematuramente, i beni volano via: solo la speranza viene ancora salvata e rimane a noi.
Arthur Schopenhauer, Parerga e paralipomena, 1851

Se ricordo bene è proprio la Speranza a restare in fondo al vaso di Pandora dopo che tutti i mali se ne sono scappati via, a infettare il mondo. Dunque, acchiappiamola questa Speranza preziosa, ma con delicatezza, come si prende una bellissima farfalla variopinta, altrimenti ci lascerà solo una polvere d’oro fra le dita.
Cesarina Vighy, Scendo. Buon proseguimento, 2010

Da Giobbe fino a noi, un grandissimo numero di uomini ha maledetto la propria esistenza; abbiamo, dunque, continuamente bisogno di consolazione e di speranza. La vostra filosofia ce ne priva. Molto meglio la favola di Pandora, che ci lasciava la speranza, mentre voi ce ne private!
Voltaire, Dizionario filosofico, 1764

Zeus, adirato dentro il suo cuore perché Prometeo dagli astuti pensieri lo aveva ingannato, per questo meditò agli uomini tristi sciagure: nascose il fuoco; ma ancora di Iapeto il figlio valente lo rubò per gli uomini a Zeus dai saggi consigli di nascosto a Zeus fulminatore, in una ferula cava. A lui Zeus che aduna le nuvole disse adirato: «O figlio di Iapeto, tu che fra tutti nutri i pensieri più accorti, tu godi del fuoco rubato e di avermi ingannato, ma a te un gran male verrà, e anche agli uomini futuri: io a loro, in cambio del fuoco, darò un male, e di quello tutti nel cuore si compiaceranno, il loro male circondando d'amore». Così disse e rise il padre di uomini e dèi: a Efesto illustre ordinò poi che, veloce, intridesse terra con acqua, vi ponesse dentro voce umana e vigore e, somigliante alle dee immortali nell'aspetto, formasse bella e amabile figura di vergine; poi ad Atena che le insegnasse i lavori: a tesser la tela dai molti ornamenti, e che grazia intorno alla fronte le effondesse l'aurea Afrodite e desiderio tremendo e le cure che rompon le membra; che le ispirasse un sentire impudente e un'indole scaltra ordinò ad Ermete, il messaggero Argifonte. Così disse, e quelli obbedirono a Zeus Cronide signore; allora di terra formò l'illustre Zoppo un'immagine simile a vergine casta, secondo la volontà del Cronide; la cinse e l'adornò la dea glaucopide Atena, attorno le dee Grazie e Persuasione signora le posero auree collane, attorno a lei le Ore dalle belle chiome intrecciaron collane di fiori di primavera; ed ogni ornamento al suo corpo adattò Pallade Atena. Dentro al suo petto infine il messaggero Argifonte menzogne e discorsi ingannevoli e scaltri costumi pose, come voleva Zeus che tuona profondo, e dentro la voce le pose l'araldo di dèi e chiamò questa donna Pandora, perché tutti gli abitatori delle case d'Olimpo la diedero come dono, pena per gli uomini che mangiano pane. Poi, dopo che l'inganno difficile e senza scampo ebbe compiuto, ad Epimeteo il padre mandò l'illustre Argifonte, araldo veloce, a portare il dono degli dèi; ed Epimeteo non volle porre mente, come a lui Prometeo diceva, a non accogliere mai dono da Zeus Olimp io, ma rimandarlo indietro, che qualche male non dovesse venire ai mortali: però solo dopo che l'ebbe accolto, quando subì la disgrazia, capì. Prima infatti sopra la terra la stirpe degli uomini viveva lontano e al riparo dal male, e lontano dall'aspra fatica, da malattie dolorose che agli uomini portan la morte - veloci infatti invecchiano i mortali nel male -. Ma la donna, levando con la sua mano dall'orcio il grande coperchio, li disperse, e agli uomini procurò i mali che causano pianto. Solo Speranza, come in una casa indistruttibile, dentro all'orcio rimase, senza passare la bocca, né fuori volò, perché prima aveva rimesso il coperchio dell'orcio per volere di Zeus egioco che aduna le nubi. E infinite tristezze vagano fra gli uomini e piena è la terra di mali, pieno n'è il mare; i morbi fra gli uomini, alcuni di giorno, altri di notte da soli si aggirano, ai mortali mali portando, in silenzio, perché della voce li privò il saggio Zeus. Così non è possibile ingannare la mente di Zeus.
Esiodo, Le opere e i giorni, VIII sec. a.e.c.

Note
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