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Frasi e citazioni sugli Psicofarmaci

Raccolta di aforismi, frasi e citazioni sugli psicofarmaci (in inglese: psychiatric drugs), gli ansiolitici e gli antidepressivi. La psicofarmacologia, sorta nel 1953 con l'introduzione della cloropromazina da parte di Jean Delay e Pierre Deniker, è una branca della farmacologia che studia, su base sperimentale e a scopo terapeutico, l'azione delle sostanze chimiche sulle funzioni psichiche.
Uno psicofarmaco (o farmaco psicotropo) è un farmaco capace di influenzare l’attività psichica di un soggetto. Gli ansiolitici sono psicofarmaci contro l'ansia; gli antidepressivi sono psicofarmaci contro la depressione.
Su Aforismario trovi altre raccolte di citazioni correlate a questa sui farmaci, l'effetto placebo e la psichiatria. [I link sono in fondo alla pagina].
Che si tratti di ansia, insonnia o depressione, insieme al disturbo
gli psicofarmaci spengono la vita e riducono chi li prende
a una specie di automa. (Raffaele Morelli)
In generale, una malattia fisica dev'essere curata con mezzi fisici. Allo stesso modo, una malattia psichica deve essere curata con mezzi psichici. Prescrivere dei medicinali ad una persona che soffre di disturbi psichici può dare qualche risultato, ma quei farmaci sono solo dei palliativi che non cambiano nulla in profondità. Sia il mondo fisico che il mondo psichico hanno leggi proprie che è necessario conoscere e rispettare se si vogliono ottenere risultati durevoli.
Omraam Mikhaël Aïvanhov, Discorsi, 1938/86

Dio che depressione! Forse è meglio se prendo un altro paio di aspirine, solo che così sono... due... quattro... sei aspirine; sto diventando aspirinomane! Qua finisce che me le sbriciolo dentro un pezzo di giornale e me le fumo.
Woody Allen, in Provaci ancora, Sam, 1972

Gli antidolorifici sono una grazia della scienza e si trovano in natura prima che nei laboratori, e aiutano a vivere, ma c'è un dolore che non risponde ai farmaci, a nessun farmaco: il dolore di vivere, quel male che sembra attaccarsi al respiro, all'esserci.
Vittorino Andreoli, L'uomo di vetro, 2008

Non c'è pillola che uccida il dolore della malinconia, il dolore della colpa, il dolore di essere stato un nonuomo mentre si poteva appartenere al genere umano, anche se si tratta di un genere infelice.
Vittorino Andreoli, L'uomo di vetro, 2008

Il farmaco non è solo una molecola chimica. Simbolicamente, rappresenta il medico che lo ha prescritto e ogni volta che viene assunto riattiva la sua presenza: il farmaco come presenza simbolica di chi l’ha scelto, dunque. Se non si stabilisce un legame profondo tra medico e paziente, la pillola si riduce a un oggetto estraneo, che nel corso del tempo suscita dubbi e sensazioni negative, i cosiddetti effetti collaterali.
Vittorino Andreoli, I segreti della mente, 2013

Prima di preoccuparsi del farmaco, il terapeuta deve stabilire una comunicazione chiara e diretta, e prestare attenzione alla relazione psicoaffettiva con il paziente, base necessaria per la collaborazione terapeutica.
Vittorino Andreoli, I segreti della mente, 2013

Non ha più alcun senso contrapporre terapie farmacologiche e terapie legate alla parola. L’imperativo è invece l’integrazione di questi metodi di cura: una soluzione necessaria, non un optional, poiché gli studi dimostrano che si può intervenire sul cervello plastico attraverso i farmaci, ma anche grazie al potere della parola; quella parola, pronunciata in una relazione medico-paziente, che può modificare il pensiero e addirittura il vissuto di esperienze passate.
Vittorino Andreoli, I segreti della mente, 2013

Naturalmente potrà accadere che il farmaco diventi uno strumento di primo impiego nell'insorgere acuto di un disturbo, mentre l’effetto della parola richiede tempi più lunghi. In ogni caso i due sistemi non solo non devono combattersi, non solo possono coesistere, ma devono farlo, poiché è quanto ormai la conoscenza scientifica presuppone e sostiene.
Vittorino Andreoli, I segreti della mente, 2013

Penso che pochi ammetterebbero francamente che la nostra vita quotidiana è intessuta di paura. Molti reagirebbero con un «Beh, ansia d'accordo, ma paura proprio no». Come se l'ansia non fosse una forma della paura. Essere in ansia ha un che di nobile e il problema può essere gestito attraverso l'assunzione degli «ansiolitici» più diffusi: farmaci veri e propri, alcool, sesso o cioccolato. È avere paura che non è permesso. Ma perché si può parlare di ansia (e trangugiare ansiolitici come fossero popcorn) e non si può parlare di paura che, quasi ad ogni effetto pratico, è la stessa cosa?
Giovanna Axia, La timidezza, 1999

È importante essere consapevoli del fatto che gli ansiolitici sono sostanze un po' «imbranate». Quando arrivano nel cervello fanno molto di più che limitarsi a schiacciare il bottone «off» dell'ansia. Come in un flipper, sbattono contro diverse parti del cervello e modificano la chimica cerebrale in una miriade di modi, non tutti favorevoli.
Neal Barnard, Super cibi per la mente

Non si può curare una persona malata nell'anima soltanto con i farmaci, servono soprattutto parole buone e rassicuranti, una stretta di mano, una carezza. Chi viene trattato senza umanità peggiora e si assenta sempre più dalla vita
Romano Battaglia, Incanto, 2008

Il mercato immenso della tristezza propone tranquillanti, antidepressivi, ansiolitici, tutti psicofarmaci che hanno il pregio economico di non guarire e di creare dipendenza.
Franco Berrino e Daniel Lumera, La via della leggerezza, 2019

Accettiamo ogni forma di aberrazione, ma non quella che il dio scatena nei pazzi, così lo domiamo coi farmaci.
Pasquale Cacchio, Frantumi, 2010

È particolarmente opportuno nel momento presente, in cui da parte di certa psichiatria si magnificano presunte proprietà miracolose dei farmaci antidepressivi, dare ai pazienti una informazione corretta e non strettamente funzionale agli interessi dell'industria farmaceutica. L'efficacia di tali farmaci è infatti puramente sintomatica, tale da produrre un miglioramento parziale e temporaneo delle condizioni generali e non un mutamento della personalità nella direzione auspicata. La provvisorietà dei risultati è dovuta al fatto che tali sostanze non intervengono sulle cause scatenanti il disturbo, né possono essere assunte a tempo indeterminato.
Aldo Carotenuto, Le lacrime del male, 1996

C'è leggerezza nella richiesta di psicofarmaci, da parte di pazienti adescati dai vari elisir della felicità, ma ce n'è tanta anche nell'offerta da parte degli operatori.
Aldo Carotenuto, Le lacrime del male, 1996

Non si chiede la messa al bando degli psicofarmaci, indispensabili nelle forme in cui più rilevante è la compromissione psichica e nei casi in cui è necessario costruire una base per la psicoterapia; quello che si raccomanda è la chiarezza nel rapporto tra il medico e il paziente, affinché quest'ultimo riceva una informazione corretta sul "rimedio" che gli viene offerto.
Aldo Carotenuto, Le lacrime del male, 1996

La miseria che toglie respiro alla vita del depresso, che restringe il giro d'orizzonte del suo pensiero, non può giovarsi di altra povertà, quella di una risposta solo farmacologica: si deve prestare ascolto a ciò che la malattia esprime, e preparare uno spazio psichico perché quei contenuti, prima negati, possano essere reintegrati in un diverso e più ricco modo di essere nel mondo.
Aldo Carotenuto, Le lacrime del male, 1996

L'uso riduttivo dello psicofarmaco è una risposta onnipotente perfettamente sintonica con la polarità maniacale adombrata o chiaramente espressa nel disturbo depressivo. È una risposta che evita il cammino, la ricerca psicologica, l'interrogarsi sulla propria identità che la sofferenza depressiva apre.
Aldo Carotenuto, Le lacrime del male, 1996

Sebbene secoli di cultura e civilizzazione ci abbiano permesso di tenere a freno la maggior parte delle nostre emozioni, molte sono ancora quelle che possono «sfuggirci di mano». Farmaci e sostanze chimiche di vario tipo finalizzati a calmare la persona hanno proprio il ruolo di sedare le emozioni, di mettere a tacere l'impeto della nostra anima. In realtà si tratta di un grave sbaglio, perché bisogna poter conoscere i contenuti di cui siamo portatori, contenuti che se ignorati potrebbero erompere e prendere il sopravvento quando meno ce lo aspettiamo.
Aldo Carotenuto, L'anima delle donne, 2001

Per quanto i farmaci possano rivelarsi efficaci nei confronti della depressione, nel senso che danno all'individuo la sensazione di «stare meglio», in realtà sarebbe opportuno evitare il loro impiego o comunque non abusarne. La ragione di ciò è data dal fatto che la depressione non deve essere considerata solo in modo negativo - ossia come uno star male fine a se stesso - ma vista anche sotto una luce diversa. Essere pervasi dalla depressione, è infatti un'esperienza che può rivelarsi molto fertile per l'individuo. Di conseguenza, bloccare questo tipo di esperienza attraverso un farmaco, può davvero significare privare l'individuo di qualcosa di molto importante. La sofferenza recata dalla depressione, permette di acquisire consapevolezza, una nuova coscienza e visione di noi stessi e del mondo. Ma questa nuova consapevolezza nessuno può regalarcela, essa è infatti sempre il frutto di una processualità lunga e sofferta. Proprio per questa ragione i farmaci sono negativi, nel senso che essi vanno a ottundere le sensazioni che la depressione produce in noi.
Aldo Carotenuto, L'anima delle donne, 2001

La città non crolla perché c'è l'analgesico, il liquida-ansia, lo psicofarmaco, il sonnifero, il sedativo, non crolla perché tenuta su ormai dalla verminaia rodente delle tossicomanie lecite e illecite.
Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, 1979

Dice Ippocrate che è mortale la malattia in cui il sonno è doloroso, non mortale quella in cui dà sollievo. Con laudano, morfina, barbiturici, abbiamo perso di vista questa distinzione.
Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, 1979

La felicità è come l'amore. È un sentimento che non si può prescrivere in farmacia, né si può imporre per legge.
Paolo Crepet, Perché siamo infelici, 2010

Non c'è felicità vera, e psicologicamente dotata di senso, che possa essere ricondotta alla influenza di farmaci.
Paolo Crepet, Perché siamo infelici, 2010

Fiducia e speranza sono potenti psicofarmaci, ma di non facile reperimento.
Liomax D'Arrigo, Liomax... pensò ancora, 2013

Dopo un entusiasmo incondizionato, oggi si è persuasi che gli psicofarmaci hanno un'azione più sintomatica che causale, nel senso che l'andamento del disturbo psichico risulta modificato più nelle sue manifestazioni esteriori che nelle sue dinamiche profonde.
Umberto Galimberti, Dizionario di psicologia, 1992

Negli anni Cinquanta furono messi a disposizione i primi psicofarmaci appartenenti essenzialmente a tre categorie (dai dubbi confini): gli antipsicotici, gli antidepressivi, gli ansiolitici. Farmaci che avevano acceso grandi prospettive, ma che poi non sono stati seguiti da ulteriori progressi, perché il marketing, come al solito, ha predominato sulla ricerca.
Silvio Garattini, Fa bene o fa male?, 2013

Poiché l’utilizzo degli psicofarmaci è spesso esteso a chi non ne ha bisogno, si può probabilmente concludere che globalmente i danni potrebbero risultare superiori ai benefici. Ciò avviene perché si è dilatato a dismisura il loro impiego, anziché limitarsi a quelle documentate indicazioni per cui esistono invece evidenze di giovamento. 
Silvio Garattini, ibidem

Anche quando un farmaco funziona, non è detto che noi capiamo la malattia. È molto importante tenere presente questo fatto. C'è un farmaco che aiuta gli schizofrenici, ma il fatto che il farmaco aiuti gli schizofrenici non ci dice esattamente quale sia la neurobiologia della schizofrenia.
Jerome Kagan, in Giovanna Axia, La timidezza, 1999

Gli psicofarmaci sono ormai usati come regolatori per riuscire a essere sempre all’altezza, per migliorare le performance, moltiplicare le energie, talvolta al limite della scissione interiore, ma sono anche un’armatura chimica per difendersi dalla paura del crollo; al tempo stesso, sono un modo di cancellarsi pian piano.
David Le Breton, Fuggire da sé, 2015

Sono troppo individualista per cedere la mia personalità a un farmaco.
Marcello Marchesi, Il malloppo, 1971

Tutti i farmaci possono nuocere al cervello. Causano un sovraccarico del fegato ed è per questo che, ad esempio, ci si sente affaticati e stanchi, senza forze, dopo aver assunto medicine per lungo tempo. In particolare, sono dannosissimi gli psicofarmaci. E non solo perché intossicano le cellule nervose, frenandone il rinnovamento, ma anche perché "congelano" il disturbo che invece dovrebbero curare, mantenendo invariate le condizioni del cervello. Bloccando il disturbo, ci inducono a sprecare l'occasione che la malattia ci sta offrendo, la chance di cambiare vita, e lasciarci così alle spalle il disagio una volta per tutte.
Raffaele Morelli, Come mantenere il cervello giovane, 2003

Eliminiamo gli psicofarmaci: frenano l'energia vitale e ci spengono.
Raffaele Morelli, ibidem

Che si tratti di ansia, insonnia o depressione, insieme al disturbo gli psicofarmaci spengono la Vita e riducono chi li prende a una specie di automa, costretto a vivere un'esistenza riflessa, vicina al mondo degli automatismi biologici.
Raffaele Morelli, Come mantenere il cervello giovane, 2003

Il dolore non deve essere rimandato indietro, perché in questo modo si rischia di farlo diventare cronico, e neppure deve essere "coperto" attraverso i farmaci: il dolore va contemplato alla luce della coscienza, si deve consentire di raccontarci il suo messaggio, di rompere il corso vischioso delle nostre identificazioni fittizie.
Raffaele Morelli, Conoscersi, 2006

Dio è un ansiolitico. Questo spiega il suo successo.
Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010

Il diffusissimo uso e abuso di droghe, alcolici e psicofarmaci è una chiara dimostrazione che la vita è una malattia per la quale esistono molti palliativi ma nessuna cura.
Giovanni Soriano, L'inconveniente umano, 2022

Il farmaco generico degli ansiolitici si chiama "abbraccio".
Anonimo

Negli anni sessanta la gente prendeva l'acido per rendere il mondo strano. Oggi il mondo è strano, e la gente prende il Prozac per renderlo normale.
Anonimo

Note
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