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Aforismi, frasi e citazioni di Emilio Cecchi

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Emilio Cecchi (Firenze 1884 - Roma 1966), scrittore, saggista e critico letterario italiano. È considerato una delle figure di maggior rilievo del giornalismo italiano della prima metà del Novecento.
La vita dell'uomo è un filo di seta
sospeso in un gioco di rasoi. (Emilio Cecchi)
Pesci rossi
Vallecchi, 1920

Ascoltando una musica calma e malinconica, quando, nell'isolamento di una malattia, il nostro passato si riduce a pura materia di contemplazione, siamo come trasportati in un senso dell'esistenza alto e rarefatto. E in esso è qualcosa di una giustizia austera e tuttavia compassionevole, che toglie ogni cruccio al ricordo delle nostre sconfitte, e amorosamente ci distacca dai nostri stessi desideri.

L'arte, in fondo, come tante fra le cose più belle, vien meglio un po' di nascosto.

Un antico per riconoscersi più uomo si confrontava, umiliandosi e annullandosi, agli dei. Un moderno, per riconoscersi più uomo, si confronta, applaudendosi e congratulandosi, alle bestie. Uno guardava avanti. Quest’altro è voltato indietro. Uno sentiva di avere ancora da attuarsi. Ma quest’altro si sente tutto attuato. 

La vita dell'uomo è un filo di seta sospeso in un gioco di rasoi.

L'osteria del cattivo tempo
1927

Che Dio ci guardi dagli autori candidi, col cuore in mano, che giurano di non aver maniera!

Soltanto una cosa è più lugubre dell'uomo che mangia solo; ed è […] l'uomo che beve solo. Un uomo solo che mangia somiglia a un animale alla mangiatoia. Ma un uomo solo che beve, somiglia a un suicida.

Scrittori inglesi e americani
Carabba, 1937

L'errore di una forte personalità artistica, è quasi sempre più istruttivo dei successi di un talento irrilevante.

Il roseo compiacimento del proprio lavoro è esclusivo retaggio dei dilettanti.

America amara
1939

Nella igiene e nella salute del mondo ha gran parte, forse la parte suprema, il trascurare, il distruggere, semplificare e dimenticare. Le antiche civiltà erano vigorose e vitali perché generosamente distruggitrici e si affidavano spavaldamente all'oblio.

Di giorno in giorno
1959

L'arte non adopera materialmente le cose dell'esperienza; ma dà forma comunicativa all'emozione ch'esse suscitano in noi.

Taccuini
Mondadori, 1976 - Selezione Aforismario

Vivere una vita di responsabilità cruda e assoluta, rispetto a te stesso, costosa per te e per gli altri, senza ritegno; cosi tu fai il bene anche degli altri, così tu puoi essere veramente amato: e soltanto così.

Che mancanza assoluta di pietas che c'è fra noi: di quella pietas virile, cordiale, comprensiva; anche questa è caratteristica di una età di critica e di decadenza. Considerare, per esempio di ciò, alcuni giovani fra i più acuti e i più dotati che conosco; non hanno una vita propria, sono degli spettatori, e come incrudeliscono sulla vita degli altri.

Come ci si pente, tutte le volte che con un atto di stupida involontaria condiscendenza si acconsente a vedere qualcheduno. Pentimento invariabile, e ricadute, rare, ma invariabili.

Quando un uomo crede di aver bisogno dell'amore per vivere, mi pare che non possa succedergli altro che questo: che gli venga un amore il quale gli sia nocivo e non perché lo torturi e lo provi, ma del veleno della dolcezza.

Non bisogna aprire mai le lettere (tanto si sa quel che ci è scritto) fuorché quelle che non sono dirette a noi. In quelle si può sperare ci sia qualcosa d'interessante.

Bisogna pensare intelligentemente senza dubbio; ma scrivere non con lo stile dell'intellettuale, ma del sensitivo.

Necessità, fertilità, ogni tanto, di gustare il nulla.

Un pensiero fondamentale: non volere fare mai, in nulla, né in morale, né nell'attenzione al proprio lavoro, né nella intensità del giudizio diretto sul proprio lavoro, il minimo passo addietro.

Oggi, il vero «barbaro» è tutto di origine interiore.

Non lamentarsi di certe letture, fatte quasi più per forza di volere che per sentire la azione creativa della lettura: esse vanno a costituire un oscuro fondo di risonanze che si chiariranno più tardi: un burnus profondo; una ricchezza potenziale che si trova a portata di mano, tutta in moneta nuova di zecca, quando ci si aspetta meno. Ciò non significa allentare l'attenzione sullo studio, naturalmente.

Non siamo mai in un atto, ma sempre alla periferia, al punto di tangenza di due o più atti.

Volontà di produrre che è, infine, se non fame di sé medesimi? Si sente noi medesimi, dentro di noi, davanti a noi, lontano, come un ignoto, come un interrogativo: l'opera con la quale andiamo incontro, alla scoperta di ciò, è il nostro lavoro di arte, di filosofia, di vita.

Fare relazione con uno, accettare che avvicini le sue opinioni alle nostre ecc., è farlo entrare nella propria storia; impercettibilmente; ma nessuno passa accanto a noi senza che gli diamo un poco questo diritto di entrata; e quasi sempre questo diritto di entrata lo elargiamo troppo.

Come mi dispiace, tante volte, di sentire, intorno a me, emozioni in luogo di passioni; e come subito capisco che deve essere così, perché anche io sono troppo così: emozioni, invece di passioni.

Amore: vivere con un'anima in due corpi, avere a disposizione due corpi, per vivere, con un raddoppiato tesoro di conoscenza, di esperienza. Questo, nella vita consueta. Nella voluttà, avere un'anima sola in un corpo solo, per tutti e due.

Passioni: stringetele dappresso; rigorosamente; e se non vi resta nulla nelle mani, allora vuol dire che le avete vissute male fino da principio; e che avete una vita di cartone, invece che di sostanza buona.

Bisogna che il male sia connaturato tanto profondo nella nostra natura, per potere essere scelto, in certe circostanze. Uno uccide: sa che va in galera, rinunzia alla vita, eppure uccide. La condanna a morte, l'ergastolo non serve a niente. Il delitto è una forma d'essere «necessaria».

Una delle cose che uno ha più paura di dovere accettare sono gli spontanei, offerti, sacrifici altrui.

Quando ci diamo un'aria di ragazzi buoni perché il destino ci tratti con indulgenza; o di gattoni zitti e striscianti, perché ci passi d'accanto senza vederci.

Molte mosche si sono posate su di me, tutte le estati, punzecchiando; tutte uguali e successive, inutilmente se stesse: il loro torto era che, frattanto, io restavo sempre uno, io.

Noi tagliamo troppo facilmente le fila con il nostro passato; c'è tanto dolore che passa invendicato, non vagliato in ogni creatura umana. E della malinconia, quanta se ne butta via, se ne neutralizza stupidamente.

Le formiche colla loro lunga striscia: monotonia, disperazione, condannate, come noi. Nulla dà l'idea d'una successione interminabile e paurosa nei secoli, di una inutilità assidua, implacabile: «flaubertiana» corrispondente all'umana, come quella fila di animali che non si accorgono nemmeno di tutta la città, intorno.

Un delitto, una rissa son tanto più carichi di miseria, di dolore ecc. quanto più i due antagonisti sono mescolati, poco differenziati nei loro motivi, sono la stessa persona.

Conduceva con l'ordine più meticoloso, una vita disordinatissima.

Il libro da messa dà buonissimi consigli, dice buonissime parole, ma la questione è che li dice e li dà fuori tempo.

Le mosche che corrono sempre dove sono gli uomini/ la putrefazione. In una stanza deserta non stanno: c'entri un uomo; dopo poco, è piena di mosche. La mosca che arriva, fatalmente, nella stanza dove è un moribondo.

Se ne accorse subito che la cucinatura era stata sbagliata: certi libri bisognerebbe buttarli in padella, come il pollo alla diavola.

L'importante, ciò che conta, non è di fare una cosa; ciò che conta è di rifarla.

Molti delitti saranno eseguiti di notte; ma scommetto che sono decisi di mattina; la lucidità feroce, implacabile, di quelle prime ore, tutta la vita che ritorna in pesantezza e in odio. La luce crudele, che scopre tutto: l'essere umano nella sua bruttezza e inadattabilità supreme.

I sentimenti sono una cosa definita da quanto le idee (e forse anche più delle idee), e vanno adoperati in modo logico e rigoroso. Quanto più sono eccentrici, strani, personali, tanto più vanno adoperati in un modo rigoroso.

Nella vita, nel lavoro, la principale cosa è il coraggio, la spinta vitale, un quid inesprimibile. Ma il punto di intersezione, di controllo fra cotesto quid e la intelligenza, è di importanza uguale o quasi; senza il primo elemento, sei morto; senza il secondo, sei materia verminante, o scagliata violentemente verso chi sa quale obiettivo; ma materia informe, volgare. Così scrivere: bisognerebbe scrivere come un contadino parla, con quella inconsapevolezza; e correggere e limare con la raffinata esperienza dell'esteta.

La noia orribile delle ore perdute, tollerando qui, intorno a me, la compagnia degli imbecilli; i tradimenti che, anche con la maggiore sorveglianza, si commettono contro sé stessi, per qualche residuo di rispetto umano!

Chi si trova presto, presto si perde, perché la vita è soltanto nel cercarsi.

Quando m'accorgevo che un vizio voleva lasciarmi, mi ci riattaccavo, per paura di quel vizio peggio di tutti: il vizio dell'ascetismo.

Si pensa che, a poter vedere chiaramente il futuro, e sapere quello che ci toccherà in modo ineluttabile, la vita diventerebbe penosissima, nell'aspettativa di quei dolori, di quelle umiliazioni. Ma io credo che, peggio anche di questo, sarebbe vedere che, in fondo, essa è deserta, che non ci succede niente: e aspettare la esecuzione di una condanna a morte fatta di niente.

Dopo ogni azione, la prima cosa che si capisce è di avere, molto o poco, sbagliato.

Entrato in casa, come gli era sembrata, per la prima volta e quasi a tradimento, squallida e fredda! L'abitudine d'un luogo ne diminuisce, ne nasconde gradatamente la miseria. Gli aspetti delle cose s'imprimono della nostra facoltà visionaria. E, qualche momento, anche al carcerato, forse, non sembra più tanto odiosa la propria cella. Ma basta un niente perché quest'amalgama di verità e di illusione si decomponga.

Stragi di guerra: anonime, impersonali. Una rissa è più tragica di una battaglia.

Uno s'impigrisce fra i propri libri, i progetti, i ricordi; nel desiderio di non vedere gente, dalla quale, purtroppo, sa che cosa c'è da aspettarsi; e la sua vita diventa una sorta di quieta e lucida malattia. Il corso del suo pensiero procede tranquillo, immedesimato al corso delle ore, al tepido formicolare del sangue; la vita corporale e la vita del cervello e del sentimento non hanno fra loro più distinzione; uno si trasforma in un tubero, in una pietra magnetica, che avverte i diversi influssi della realtà esterna, nitidamente e sordamente: e la pietra non si muove. Uscendo di casa, dopo qualche giorno di questa vita ininterrotta, si ha quasi un senso di agorafobia: il sole fa girare la testa, e la notte ha un respiro, un risucchio troppo profondo, sembra che ci aliti intorno, e direi quasi che ci palpi da lontananze oceaniche; vuole tirarci con sé in un mondo primordiale e vietato.

La Necessità non sarebbe tanto terribile, se non portasse, il più delle volte, il viso medesimo dell'imbecillità.

Una civiltà nella quale l'intelligenza non è invitata ad entrare. Tutta organizzata così è come una macchina da addizionare: si disimpara l'aritmetica. Ma se l'intelligenza di un osservatore, invece, si ostina a penetrarci, può raccogliere una infinità di frutti.

Lo scrivere non vale solo per esprimere delle situazioni, emozioni, sensazioni. Ma conta per suscitarle in noi stessi. Ci vuota del passato; ce ne libera, obbiettivandolo. E trae dal nostro organismo materia nuova, per altre emozioni, sensazioni. Lo stesso stato di tensione creativa, nello sforzo della espressione, porta a percepire più cose intorno; perché noi siamo più aperti ed accessibili alle emozioni, quanto più siamo pieni di una data emozione: che è il segreto della vita religiosa: essere pieni d'un amore che brilla in mille sfaccettature.

Un tempo, lo scrivere, il comporre, la dottrina, ecc. si partivano dalla calligrafia: da un'espressione disegnativa del pensiero; e il corso di quella sosteneva quest'altro.

Tutti i divieti all'amore, in fondo, vanno bene, perché non fanno che comprimere l'amore e accrescerne la forza esplosiva; non fanno che renderlo più intimo e segreto, in sostanza, l'amore si è avvantaggiato dalle istituzioni ascetiche e cristiane: è nato nell'Evo Medio.

L'inquietudine sacra che sta alla radice dell'emozione sessuale; inquietudine che può essere coperta, mascherata, illusa, di sensualità, libidine, piacere, volontà di potenza, cinismo brutale, «délicieux entrainement du monde». Bisogno di aderire, di inserirsi nel mistero della vita.

Io posso diventare, volentieri, un mendicante; non mai un servitore.

Non lasciarmi nel sottoscala, fra le cose che un po' si adoprano e un po' si posano; le cose di cui ci si serve a momenti, e che poi passano di mente.

Le donne "formano" gli uomini facendosi amare da loro, tirandoli su nell'amore; ma poi gli uomini formano le donne quando queste si sono innamorate di loro; e le possono trasformare, educare, rovinare, ecc.

L'amore è giustizia. C'è un modo di uccidere anche l'amore ed è di ucciderlo a forza di amore, con la assolutezza e la implacabilità dell'amore.

La vita è la marcia di un tassametro, davanti al quale siamo seduti da anni e anni, che cammina e cammina col violento ticchettio di un orologio e segna una somma sempre più favolosa che non si sa come pagare. Il conducente è voltato di spalle e non gli si vede il viso: se gli si vedesse, forse si vedrebbe che è il viso d'un teschio. Non si può scendere e non si sa come pagare.

Tutto quello che sentiamo di orgoglio dell'Italia, d'essere italiani, ecc. ci viene dall'antico, dal passato. Dal presente della nazione non viene nulla; o soltanto il materiale sostentamento; di cui di certo dobbiamo ringraziarla; tutto il resto è umiliazione.

Se la gente sapesse esattamente quello che deve fare, quello che corrisponde alle sue doti. Ma il guaio è che questo s'impara solo facendo, e nel fare senza sapere si consuma/ ci si accorge di aver consumata/ la vita.

Libro di Emilio Cecchi
Taccuini
Curatori: Niccolò Gallo e Pietro Citati
Editore: ‎Mondadori, 1976

I Taccuini di Emilio Cecchi rappresentano qualcosa di molto singolare nella letteratura diaristica di ogni paese. Quando il lettore sfoglia questi minuscoli quaderni, simili a quelli dove un tempo la massaia annotava le spese di casa, trova confessioni, riflessioni letterarie, osservazioni psicologiche e morali, ritratti di amici e di nemici, la copia di qualche lettera, molti spunti di prose, racconti, poesie e romanzi, come nei Diari di Tolstoj, di Kafka o di Gide. Questa varietà del contenuto si rispecchia nella varietà della stesura: pagine scritte rapidamente e confusamente, seguendo il veloce accavallarsi del pensiero, si alternano con pagine riposate, dove Cecchi dà prova del suo virtuosismo da calligrafo cinese. Ogni quaderno racchiude un determinato arco di tempo ma, all'interno del quaderno, la disposizione non è rigorosamente cronologica; spesso Cecchi lasciava delle pagine o delle parti di pagina bianche, e le riempiva a distanza di mesi, secondo il carattere dei propri pensieri.

Note
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