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Aforismi, frasi e pensieri di Arrigo Cajumi

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Arrigo Cajumi (Torino 1899 - Milano 1955), giornalista, scrittore e critico letterario italiano. Le seguenti riflessioni di Arrigo Cajumi sono tratte dal libro Pensieri di un libertino (1947-1950).
Finirò per pentirmi di aver dato confidenza a qualcuno.
Bisogna vivere e crepare da soli. (Arrigo Cajumi)
Pensieri di un libertino
1947-1950 - Selezione Aforismario

− Qual è quell'animale cieco, sordo, tardigrado, impotente, ostinato, che ogni cosa dimentica, nulla capisce, e persevera nell'errore? − Il risparmiatore, il risparmiatore!

Bisognerebbe davvero, in questo secolo d'idealisti con il cardo sotto la coda, dar l'esempio di un materialismo di buona lega, di un umanesimo epicureo.

Circa gli ebrei sono del parere di Voltaire: devono espiare di avere inventato il cristianesimo.

Ce vice impuni, la lecture. Com'è sempre il mio! Bibliofili non si nasce, si diventa. È un un vizio che viene con l'età, con i primi quattrini, con la sensazione che si sta per discendere la curva, ed è opportuno non trascurare neanche i più piccoli e semplici piaceri.

Comincio a capire l'odio profondo di Flaubert per il bourgeois, nel senso più lato, se ascolto i discorsi sul marciapiede o in tram; se osservo gli sbandamenti perpetui, subisco la facondia di otto persone chiuse in uno scompartimento ferroviario. La dose di ignoranza è potente; l'irriflessione, la contraddizione, pullulano. Gente che assorbe i giornali con gli occhi e li restituisce con la bocca; che sta vent'anni in un paese senza conoscerlo per un giorno e sputa sentenze!

Finirò per pentirmi di aver dato confidenza a qualcuno. Bisogna vivere e crepare da soli.

Gli amici sono coloro coi quali parli schietto e osceno, ti vesti come tutti i giorni, e che non ti impongono dei seccatori supplementari

I teorici mi sono sempre stati sospetti, e i tecnici ugualmente. Un professore e un ingegnere in politica, sono i primi a pigliar cantonate.

Il buon amministratore è colui che – pur facendo i proprio affari – non delude l'altrui fiducia, remunera il capitale, paga onestamente e puntualmente gli interessi, e ne fa, anzi, un punto d'onore. Gli altri? Dei truffatori in buona o male fede, e meglio ancora i secondi dei primi. 

Il gusto di fare l'uomo positivo e pratico, di «smontare» i soliti piccoli trucchi, mi fa passare per pessimista congenito.

Il povero Ambrosini diceva che certe diatribe possono esser risolte solo con l'atto fisico: il peto, il rutto e così via. Per me ci sto.

Il procedimento di cui Luciano si vale nel capitolo sui «Sacrifici» è lo stesso che serve a Voltaire per canzonare la Bibbia: il ricorso al buon senso, contro l'assurdità della favole religiose.

Il sofisma che le grandi azioni politiche sono sempre opera di minoranze intelligenti, non regge: può darsi che l'iniziativa appartenga ai pochi, ma viene sempre il momento in cui il consenso dei più è indispensabile.

In fondo, certa gente mi fa pensare a chi va al bordello per farsi dire, a un tanto al quarto d'ora: «Che bell'uomo! Che bel maschio! Come devi piacere alle donne!», e ci si bea. Se uno avesse una statistica esatta circa il numero di questa specie di amatori, gli servirebbe assai più di un'intera biblioteca di scienze politiche.

In fondo, la grande lezione dei nostri tempi, sarà di dimostrare che, in pieno secolo XX, la massa non ha più indipendenza, cervello, autonomia, di quanto ne avesse nell'anno Mille.

L'ipocrisia è il preludio alla castrazione intellettuale.

La follia degli uomini può molto, ma una economia che si reggesse, garantendo a tutti la prospettiva di avere più del pane quotidiano, sarebbe forse l'elemento stabilizzante, e determinante.

La piccola borghesia ha gli stessi pregiudizi, le stesse servitù della grande, se non di più. Il ritualismo del modo di parlare, del regalo, delle feste, ecc., vi fiorisce. Così pure, quello di «la gente direbbe…» Gli spiriti emancipati, non li trovi che lateralmente, in margine. Anche la naturalezza popolare dev'essere un mito: il selvaggio è certo disciplinatissimo.

Le astuzie di Bertoldo. Dopo che era stata rifiutata, lei e i suoi denari per il divorzio, cercava di far sapere attraverso i parenti, che andava a fare un gran matrimonio, con un altro.

Mi ha fatto molto piacere leggere nell'autobiografia di Trockij che un uomo così ardentemente e pertinacemente occupato a rivoluzionare il mondo, aveva la nostalgia dei suoi libri: con gente con tali sentimenti non c'è mai da disperare… Mentre la peggiore diffidenza deve colpire coloro che si fanno una biblioteca per esigenza di parata, sono privi dell'intimo bisogno della meditazione, della lettura, della contemplazione di un libro.

Non sappiamo perché, e che mai siamo venuti a fare quaggiù: quindi, cerchiamo di passare il tempo nel modo più consono ai nostri gusti. Io non ho altra morale; anzi, sono pronto ad applaudire chi, nato per fare il collezionista di francobolli o di porcellane, non ha che questo scopo nella vita. Egli ha raggiunto la vera felicità.

«Pentito sempre, e non cangiato mai». Va a pennello.

Più si vedono da vicino i fenomeni storici, meglio si scorge che le rivoluzioni le hanno sempre fatte la borghesia, o parte di essa. Il popolo è buono a compiere soltanto delle jacqueries, che non concludono.

Più vado avanti negli anni, più mi si conferma l'istintivo individualismo, la tendenza a ricercar col lavoro il modo di appagare modestamente i quattro o cinque piaceri che m'attraggono, abolendo radicalmente ciò che si chiama ambizione, considerazione sociale, ricchezza come scopo della vita, vanità anche letteraria, ecc.,

Qualche pennivendolo infatuato torna a sputacchiare quelle anime che tranquille hanno la colpa di pensare d'essere venute al mondo, non per servire a esperienze altrui, ma per passare nel modo meno ingrato la loro esistenza, facendo perno sul proprio io. A dar retta a certa gente, tutti dovrebbero ridursi al livello dei conigli da laboratorio, ai quali peraltro non si chiede di manifestare la loro soddisfazione e il loro entusiasmo per ciò che li attende.

Quanto all'amicizia, ohibò, alla larga. Anche qui, ho dato assai più di quel che non abbia ricevuto, e ho presso delle belle, piene, copiose cantonate, sprecando tempo, voce, consigli, e appoggi per gente di cui non mi servirei neppure, oggi, come direbbe Rabelais, pour me torcher le cul.

«Se vuoi una bella donna piglia un'altra. Ma se vuoi una donna da letto, piglia me». Incantevole parlare, e troppo raro.

Senza una borghesia istruita, che a tempo perso sappia scombiccherare un sonetto, o incuriosirsi di un problema storico, a gustar la pittura o un romanzo, una nazione è squilibrata, e rischia di diventar acefala: molte delle nostre crisi sono avvenute per mancanza di quella che si definirebbe meglio classe pensante, che dirigente. La formazione e la restaurazione di una classe borghese media è il gran problema. Per tutti i paesi. Altrimenti, le distruzioni della democrazia demagogica sono alle porte.

Soltanto il vero libertino conosce quanto vi sia di orribile nella donna.

Un vecchio libro, un buon couchage, una torta o un caffè. Ecco tutti i piaceri della vita: e poi, bisognerà cancellarne, a mano a mano!

Uno dei cattivi sintomi è la predilezione per la gente che non dà luogo a rilievi, a controversie. Si preferisce colui che, a parole e a fatti, accontenta e soddisfa tutti, al rigido – e per conseguenza avversato – difensore degli interessi che rappresenta. Senza riflettere che chi riceve gli elogi generali, lo fa in quanto cede qualcosa, e magari spartisce; chi resiste, conserva e cura. Ma la stupidità e la vigliaccheria degli uomini è tale, da preferire di essere castrati, al mantenere la propria virilità. I pochi uomini superiori che ho conosciuto, si sono distinti col prendersi al fianco gente sgradita alla folla, e perciò utile e operosa. Allorché hanno ricercato collaboratori che non suscitassero storie, hanno confessato di appartenere alla razza degli eunuchi, che peraltro prospera.