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Frasi e citazioni di Aldo Cazzullo

Selezione delle migliori citazioni e delle frasi più significative di Aldo Cazzullo (Alba, 1966), giornalista e scrittore italiano. La maggior parte delle seguenti riflessioni di Cazzullo sono tratte dai libri: Basta piangere! (2013), Le donne erediteranno la terra (2016), Metti via quel cellulare (2017).
Il futuro dipende soprattutto da noi, dalla nostra capacità di
studiare, di crescere, di sacrificarci, di cambiare. (Aldo Cazzullo)
Outlet Italia
Viaggio nel paese in svendita © Mondadori, 2007

Il degrado dei rapporti umani ci impoverisce più dell’ inflazione. Parlarsi non è di moda.

L'Italia è un grande paese, non un paese grande.

Basta piangere!
Storie di un'Italia che non si lamentava © Mondadori, 2013 - Selezione Aforismario

Le potenzialità dell’Italia sono enormi. Il mondo nuovo guarda al nostro paese come alla patria delle cose buone e delle cose belle. Centinaia di milioni di nuovi consumatori vorrebbero comprare prodotti italiani e venire in Italia. Ma molte di queste opportunità non vengono colte, perché siamo troppo impegnati a piangerci addosso. 

Non ho nessuna nostalgia del tempo perduto. Non era meglio allora. È meglio adesso.

Un adolescente dell’Italia di oggi è l’uomo più fortunato della storia. Anche se nato in una famiglia impoverita dalla crisi, ha infinitamente più cose e più opportunità di un ragazzo di qualsiasi generazione cresciuta nel Novecento.

L’Italia su cui aprivamo gli occhi, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, non era il paradiso in terra. Anzi, era senz’altro peggiore di quella di oggi. Era un paese scosso da tensioni, talora da tragedie. Era un paese più inquinato: fabbriche in città, acciaierie in riva al mare, nubi tossiche, ciminiere, smog. Era un paese più violento: scoppiavano bombe fasciste nelle banche e sui treni; brigate comuniste sparavano a politici, magistrati, poliziotti, giornalisti, operai; la borghesia era terrorizzata dai sequestri di persona.

Devo riconoscere che è stato utile crescere in un’Italia che andava verso il più anziché verso il meno; dove mancavano molte cose ma non il senso di quel che si doveva e non si doveva fare; in cui il futuro non era un problema, perché eravamo convinti che dipendesse da noi, e sarebbe stato migliore del presente se avessimo dato il meglio di noi stessi.

Viziamo troppo i nostri ragazzi. Tentiamo di accontentarli in ogni capriccio, di anticipare le loro richieste, di prevenire i loro desideri. Li sfamiamo al di là di quanto desiderino. E quando si affacciano sul mondo sono già sazi.

«In questo paese studiare non serve a niente». Purtroppo è una convinzione sempre più diffusa. Si pensa che sia più importante conoscere qualcuno che non qualcosa. 

È normale che chi ha studiato cerchi un mestiere consono a quel che ha imparato. Deve essere così. Bisogna fare in modo che sia così. Si devono valorizzare le eccellenze e premiare i meritevoli. Ma le eccellenze sono, per definizione, poche. E il successo non significa necessariamente diventare ricchi e famosi.

Oggi i ragazzi sono abituati al ritmo frammentato dei videogame e di YouTube. Non riescono a concentrarsi su tempi lunghi. Faticano a seguire per intero anche una partita di calcio, che dura 90 minuti; immaginarsi un film di quasi tre ore.

Vale la pena di unirsi, parlarsi, fare rete, costruire alleanze, stringere amicizie, condividere progetti comuni, anche solo per vivere meglio. In questi anni siamo stati troppo individualisti. Siamo stati convinti che ognuno bastasse a se stesso, chiuso nel proprio piccolo mondo.

Nel mondo in cui ci siamo formati, la ricchezza era ancora associata al lavoro. Era creata dall’impresa. Veniva prodotta nelle fabbriche o nei servizi. Con il tempo, abbiamo assistito alla separazione tra ricchezza e lavoro. Il denaro si produce con il denaro, per via speculativa. Il lavoro sembra diventato un fastidio.

Siamo dentro a una rivoluzione, e non ce ne accorgiamo. Pensiamo di vivere una stagione depressa, e viviamo un tempo di grandi rivolgimenti. È il tempo della rivolta contro le élites, contro l’establishment, contro l’ordine costituito. È un’epoca di pericoli ma anche di opportunità. 

Siamo diventati più ricchi ma non siamo diventati né più colti né più avveduti.

I giovani italiani devono capire che l’autocommiserazione non serve a nulla, e le vecchie scorciatoie non funzionano. Per trovare lavoro devono studiare di più, prepararsi meglio, formarsi con maggior sforzo, e se necessario sacrificarsi.

Purtroppo abbiamo perso la capacità di sacrificio dei nostri padri, senza acquisire la capacità di fare squadra, rete, sistema. 

Parliamo sempre di crescita, ma fingiamo di ignorare che la crescita è anche un grande impegno e quindi una grande seccatura, perché richiede cambiamenti, rinunce, infrastrutture, cantieri, nuova mentalità, e anche nuove opere, contro cui si leva regolarmente un muro di no.

Se i nostri nonni avessero potuto studiare, avrebbero colto l’occasione. Oggi abbiamo scuole pubbliche, gratuite e obbligatorie: l’ignoranza non ha più scuse.

Purtroppo, l’ignoranza è diventata quasi un vanto. Non che noi, quando eravamo ragazzi, sapessimo tutto; c’erano anzi tantissime cose che non sapevamo. Ma ce ne vergognavamo.

Siti e blog sono a volte cloache di insulti, rancori, livori. La rabbia popolare accende falò in cui bruciano insieme le caste e le eccellenze, le nomenklature e i meritevoli, i privilegiati e chi ce l’ha fatta da sé. Invece bisognerebbe restituire un peso alle parole.

Si vive come su una nuvola, l’iCloud appunto, chiusi in un mondo di «amici» immaginari, isolati in un cortocircuito in cui il tablet rimanda allo smartphone e viceversa, illusi che la vita virtuale e quella reale possano coincidere. E Internet diventa una piazza elettronica, dove tutti gridano, molti insultano, qualcuno minaccia, e nessuno ascolta.

La rivolta contro l’establishment può essere salutare se avvia un ricambio generazionale. Ma diventa sciocca e controproducente quando è indiscriminata. 

I giovani italiani devono convincersi che il campo su cui giocano è il mondo. Se andranno all’estero a studiare, a formarsi, a lavorare, non sarà un problema, anzi: dobbiamo confrontarci con il mondo globale, imparare dagli altri, competere. L’importante è che l’Italia crei le condizioni per far tornare i giovani che ha cresciuto e formato. Altrimenti regaleremo intelligenze e professionalità agli altri paesi.

La più grande fortuna dell’uomo è non conoscere il proprio futuro. Lamentarsi prima di scoprirlo, pensare che il futuro coincida con il destino, rassegnarsi all’idea che tanto a decidere sono sempre gli altri, è di sicuro il modo peggiore.

Il futuro dipende soprattutto da noi, dalla nostra capacità di studiare, di crescere, di sacrificarci, di cambiare. 

Questa è l’unica Italia che abbiamo. Criticarla è giusto; si critica quel che si ama. Ma non possiamo gettarla via. Possiamo renderla migliore, un poco alla volta, ognuno per la sua parte. Senza piagnucolare, però: compiangerci non serve a nulla. Basta piangere. 

Le donne erediteranno la terra
Il nostro sarà il secolo del sorpasso © Mondadori, 2016 - Selezione Aforismario

Voi donne siete meglio di noi. Non pensiate che gli uomini non lo sappiano; lo sappiamo benissimo, e sono millenni che ci organizziamo per sottomettervi, spesso con il vostro volenteroso aiuto. Ma quel tempo sta finendo. È finito. Comincia il tempo in cui le donne prenderanno il potere. Lo stanno prendendo. E «potere» non è una parola negativa; dipende dall’uso che se ne fa. Le donne ne faranno un uso migliore degli uomini. E li salveranno.

Una sola, tra le conquiste degli ultimi decenni, ha messo radici: la rivoluzione delle donne.

Questo sarà il loro secolo: il secolo del sorpasso della femmina sul maschio. È vicino il giorno in cui sarà del tutto normale che un capo di Stato o di governo, l’amministratore di un’azienda o di una banca, il direttore di un giornale o di un ospedale sia una donna. E non sarà soltanto un cambio di genere; sarà un modo diverso di fare le cose.

L’Italia resta un Paese maschilista. E sono le madri a insegnare il maschilismo ai figli. 

L’Italia è certo un Paese maschilista, familista, burocratico, abitudinario; ma è pur sempre un Paese capitalista, a economia di mercato. E il mercato, e il merito, a lungo andare si impongono. Se le ragazze sono più brave, le ragazze andranno più avanti.

La donna ha sempre avuto qualcosa in più; ora però ne è consapevole.

Le mogli si realizzavano attraverso il successo dei mariti, e si diceva che dietro ogni grande uomo ci fosse sempre una grande donna. Una frase che oggi si può ribaltare: dietro una grande donna a volte c’è un grande uomo; più spesso ci sono talento, sacrifici, lavoro.

Verrà un giorno in cui una donna premier o una donna manager non faranno notizia; e un premier o un manager si valuteranno per il loro operato, non per il loro sesso o il loro aspetto.

Oggi, per emergere, una donna deve troppo sovente comportarsi come un uomo, muoversi come un uomo, quasi «diventare» uomo. 

Una madre è una donna più forte. Ha un’energia mentale e fisica moltiplicata. Perché è consapevole del suo potere, che nessun uomo potrà mai strapparle: generare la vita.

Le donne erediteranno la terra perché sono le più attrezzate a prevenire i grandi rischi e a cogliere le grandi opportunità che abbiamo di fronte.

Le donne non guardano soltanto all’oggi ma al domani, hanno a cuore il futuro, i figli, i nipoti e il mondo che li attende. Evitano lo spreco, sono più disponibili a battersi per l’ambiente e le energie pulite; perché hanno compreso che la terra non è immortale, e tocca a noi prendercene cura.

Le donne erediteranno la terra perché sono determinate, e non arroganti; o comunque lo sono meno degli uomini, perché sanno dissimulare l’arroganza con l’ironia.

Non è popolare dirlo: ma se l’uomo ha potuto soggiogare la donna per millenni, è anche a causa di un certo maschilismo femminile. Che a volte può arrivare ai confini del masochismo.

Metti via quel cellulare
Un papà, due figli. Una rivoluzione © Mondadori, 2017 - Selezione Aforismario

Siete una generazione con lo sguardo basso; e l’immagine riflessa su cui siete chini è sempre la vostra. Non ve lo dico come polemica, ma con infinito amore e un po’ di preoccupazione, perché vedo in voi i primi sintomi della malattia che ha già contagiato per primi noi adulti: il narcisismo di massa. Spero che ormai vi sia chiaro: il cellulare in realtà è uno specchio.

In rete tutti chiacchierano, molti gridano, qualcuno insulta, minaccia, calunnia; e nessuno ascolta. 

Sapete quali sono le occupazioni a cui in media si dedica più tempo online? Il porno e i videogiochi. Tutte cose che si fanno da soli. Solitudine, altro che social.

La rivoluzione digitale è il più grande rincoglionimento di massa nella storia dell’umanità. Non soltanto distrugge lavoro e crea falsi idoli, arricchendo miliardari californiani restii a pagare le tasse; distrugge un patrimonio di cultura e di civiltà.

Secoli di letteratura, arte, musica entrano nel cellulare, vengono fatti a pezzi e gettati in aria come coriandoli. Il meglio di quel che l’uomo ha scritto, dipinto, composto, pensato viene triturato e ridotto a frammenti, destinati a perdersi nell’oceano delle sciocchezze e delle falsità.

Noi non eravamo sempre connessi; e questo ci ha dato modo di esercitare la fantasia. Non avevamo Wikipedia; e questo ci ha allenato la memoria. Non eravamo prigionieri della rete come criceti nella ruota; e questo ci ha insegnato ad assaporare il tempo, a volte persino la noia.

Guardate invece i veri nativi digitali. Osservateli, al fast-food, in treno, ovunque. Non giocano con gli amici, non parlano con i genitori; non alzano la testa dal telefonino, neppure per mangiare. La vita familiare diventa sempre più povera, il degrado dei rapporti umani sempre più evidente. Che mondo sarà il loro?

Immagino che fare il nonno sia meraviglioso. Vi assicuro che invece il mestiere di genitori non è facile; ma è il mestiere più importante che vi potrà toccare nella vita.

A riveder le stelle
Dante, il poeta che inventò l'Italia © Mondadori, 2020

Interpretare un poema antico di oltre sette secoli alla luce del presente sarebbe sbagliato. Ma lo sarebbe anche ignorare l’eterna giovinezza della Divina Commedia.

Sentiamo Dante talmente vicino che non lo chiamiamo per cognome, come tutti gli altri scrittori, ma per nome, anzi per diminutivo (si chiamava in realtà Durante, forse come il nonno materno).

La poesia di Dante si rivolge a ogni generazione di lettori, e quindi parla anche di noi, del tempo che ci è dato in sorte. E a ognuno di noi consente di pensare che il peggio sia alle spalle. Che il meglio debba ancora venire, per le nostre vite e per la nostra comunità nazionale, di cui Dante – poeta dell’umanità – può considerarsi il fondatore; perché ci ha dato non soltanto una lingua, ma soprattutto un’idea di noi stessi.

Il posto degli uomini
Dante in Purgatorio dove andremo tutti © Mondadori, 2021

Siamo tutti d’accordo: i nostri nemici finiranno all’Inferno; le nostre mamme sono, o andranno – il più tardi possibile –, in Paradiso; ma a noi un po’ di Purgatorio non lo leva nessuno.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Corrado AugiasMassimo GramelliniBeppe Severgnini