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Frasi e citazioni di Rudolf Carnap

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Rudolf Carnap (Ronsdorf, 1891 - Santa Monica, 1970), filosofo e logico tedesco naturalizzato statunitense, esponente del neopositivismo, noto soprattutto per la sua critica radicale nei confronti della metafisica.
Il metafisico crede di muoversi in un àmbito riguardante il vero
e il falso. In realtà egli non asserisce nulla, ma si limita
a esprimere dei sentimenti, come un artista. (Rudolf Carnap)
La costruzione logica del mondo
Der logische Aufbau der Welt, 1928

Un asserto scientifico possiede un senso solo quando si può indicare il significato dei nomi di oggetto che vi compaiono. 

Nel linguaggio comune (e anche in quello della scienza) quasi ogni parola designa più concetti appartenenti a sfere diverse; in seguito a questa «promiscuità delle sfere» si formano molte confusioni logiche, in seguito a ciò anche filosofiche.

Il compito della scienza consiste nel trovare e nell’ordinare gli asserti veri; il che avviene, in primo luogo, mediante la costruzione del sistema di costituzione e cioè mediante l’introduzione dei concetti, e in secondo luogo mediante l’accertamento delle connessioni empiriche tra questi concetti.

Se con il termine «metafisica» noi (e anche molti metafisici) non intendiamo la dottrina delle conoscenze logicamente prime o di quelle scientificamente più elevate (rispettivamente: «scienza fondamentale» e «cosmologia»), ma un campo di pura intuizione, la metafisica non ha allora più nulla a che fare con la scienza, ossia col campo del razionale; tra le due non può esserci né conferma, né contraddizione.

Pseudo-problemi nella filosofia
Scheinprobleme in der Philosophie, 1928 - Selezione Aforismario

Il senso di un asserto consiste nel fatto che esso esprime uno stato di fatto (pensabile, e non necessariamente anche esistente). Se un asserto (presunto) non esprime alcuno stato di fatto (pensabile), allora l’asserto non ha alcun senso, è un asserto solo in apparenza. 

Se un asserto esprime uno stato di fatto, esso è allora in ogni caso fornito di senso; e precisamente esso è vero se questo stato di cose esiste, è falso se non esiste. Di un asserto si può sapere se esso sia fornito di senso ancor prima che si sappia se esso è vero o falso.

Se un asserto contiene solamente dei concetti, che sono già noti e riconosciuti, il suo senso risulta allora da questi. Se invece contiene un concetto nuovo, o tale che la sua legittimità (utilizzabilità scientifica) è messa in questione, allora si deve mostrare che senso possiede l’asserto. A tal fine è necessario e sufficiente che si indichi in quali casi dell’esperienza (innanzitutto solamente pensata) l’asserto dovrà dirsi vero (non «è vero») e in quali casi dovrà dirsi falso. 

Se si ritenesse lecito formulare nella scienza un asserto, la cui validità non potesse essere confermata o smentita in modo determinato, mediante l’esperienza, non si potrebbe allora impedire l’infiltrazione di (pseudo-)giudizi sforniti anche in modo del tutto palese di significato.

Una proposizione può essere grammaticalmente corretta e ciononostante sfornita di senso. In conseguenza di ciò accade facilmente che una pseudoproposizione sia presa per una proposizione fornita di significato; e questo fatto è stato fatale per la filosofia, in taluni suoi settori.

Se un asserto è provabile, esso è anche sicuramente fattuale; l’inverso non vale in generale. Se un asserto, non solo attualmente, ma assolutamente, in linea di principio, non può essere fondato mediante un dato vissuto, allora esso non è fattuale.

Forniti di senso sono gli asserti fattuali perché è per lo meno pensabile che, una volta o l’altra, siano rilevati come veri o come falsi. Ma tutto quanto sta al di là del fattuale deve essere incondizionatamente riguardato come privo di significato

Un asserto (apparente) che per principio non potesse essere fondato mediante un dato vissuto e che pertanto non fosse fattuale, non esprimerebbe alcun fatto, sia pure pensabile e dunque non sarebbe in alcun modo un asserto, bensì un mero conglomerato di segni o di suoni senza senso.

L’esigenza della fattualità per ogni giudizio è riconosciuta e praticamente realizzata da tutte le scienze della realtà.

Solo nel campo della filosofia (e della teologia) compaiono dei presunti asserti che non sono fattuali; le tesi del realismo e dell’idealismo costituiscono degli esempi di questo fatto.

Per tutti i problemi empirici c’è una risposta unitaria. La scelta del punto di vista filosofico non esercita dunque alcun influsso contenutistico sulle scienze della natura.

Poiché per noi vale come criterio della significanza degli asserti la fattualità, ne viene che né la tesi del realismo, della realtà del mondo esterno, né quella idealistica delle irrealtà del mondo esterno possono essere riconosciute come scientificamente significanti. Ciò non vuol dire che le due tesi siano false, ma che esse non hanno assolutamente alcun senso, relativamente al quale possa venir posta la questione se sia un che di vero o di falso.

Le tesi del realismo e dell’idealismo non possono venire né confermate, né smentite dalla scienza; esse non posseggono alcun senso scientifico.

Il superamento della metafisica
Überwindung der Metaphysik durch logische Analyse der Sprache, 1932 - Selezione Aforismario

Nel campo della metafisica, (con inclusione di ogni filosofia dei valori e teoria normativa), l'analisi logica conduce al risultato negativo, per cui le presunte proposizioni di questo àmbito si dimostrano del tutto prive di senso.

Solo delle proposizioni dotate di senso si possono suddividere (teoricamente) in feconde e sterili, vere e false.

In senso stretto, è priva di senso una successione di parole che, all'interno di un determinato e già noto linguaggio, non formi alcuna proposizione. Può succedere che una tale successione di parole sembri di primo acchito una proposizione; in questo caso la chiamiamo una pseudoproposizione. Ora, la nostra tesi è che le presunte proposizioni della metafisica si rivelano, all'analisi logica, come pseudoproposizioni.

Vi sono due generi di pseudoproposizioni: o vi compare una parola che erroneamente si crede abbia un significato, o tutte le parole ivi presenti hanno, sì, un significato, ma sono combinate in un modo così contrario alla sintassi, che non ne risulta senso alcuno.

Nell'uso linguistico metafisico, «Dio» designa qualcosa di extraempirico. Il significato di un essere corporeo o di un essere spirituale che si nasconda nei corpi viene espressamente tolto alla parola. E, dal momento che non le si dà alcun significato nuovo, essa diventa priva di significato.

Allo stesso modo degli esempi, «principio» e «Dio», anche la maggior parte degli altri termini specificamente metafisici è senza significato, come per es.: l'«Idea», l'«Assoluto», l'«Incondizionato», l'«Infinito», l'«essere dell'ente», il «non-ente», la «cosa in sé», lo «spirito assoluto», lo «spirito oggettivo», l'«essenza», l'«inseità», l'«in-e-perse-ità», l'«emanazione», la «manifestazione», l'«articolazione», l'«Io», il «non-Io », ecc.

La metafisica non è per noi una «mera chimera» o una favola. Le proposizioni di una favola non contraddicono la logica, ma solo l'esperienza; esse sono pienamente dotate di senso, sebbene false.

La metafisica non è una superstizione; infatti si possono credere proposizioni vere e proposizioni false, ma non successioni di parole senza senso.

Neppure come ipotesi di lavoro le proposizioni metafisiche appaiono accettabili; perché per una ipotesi è essenziale poter connettersi logicamente con proposizioni empiriche (vere o false), e proprio questo manca alle pseudoproposizioni.

Se non è possibile specificare il significato di una parola, o se la successione di parole non è formata secondo le regole della sintassi, allora non ci troviamo neppure di fronte a una domanda. (Si pensi, per esempio, alle pseudoquestioni: «questo tavolo è babico?»; «il numero sette è santo?»; «sono più scuri i numeri pari o i numeri dispari?»).

Ciò che per noi è incerto, può diventare più certo con l'aiuto di un altro; ma ciò che per noi è inconcepibile, senza senso, non può diventare affatto sensato con l'aiuto di un altro, per quanto egli ne possa sapere. Quindi, non c'è dio, né diavolo, che possa procurarci una conoscenza metafisica.

Una proposizione vuol dire solo ciò che in essa è verificabile. Pertanto, una proposizione, ammesso che voglia dire qualcosa, può significare soltanto dei fatti empirici. Una cosa per principio posta al di là dell'esperibile non potrebbe essere né detta, né pensata, né indagata.

L'analisi logica denuncia l'insensatezza di ogni conoscenza che presuma di cogliere qualcosa di trascendente l'esperienza. Questo giudizio colpisce prima di tutto ogni metafisica speculativa, ogni conoscenza che si reputi sorta dal puro pensiero o dalla pura intuizione e che induca a credere di poter fare a meno dell'esperienza.

Le (pseudo-)proposizioni della metafisica non servono alla rappresentazione di dati di fatto né esistenti (allora si tratterebbe di proposizioni vere), né inesistenti (allora si tratterebbe, per lo meno, di proposizioni false), ma servono solo alla espressione del sentimento della vita.

Forse, non è errato supporre che il mito stia all'origine della metafisica.

Come mezzo di espressione del sentimento della vita, l'arte è lo strumento adeguato, mentre la metafisica non lo è. In sé e per sé, naturalmente, non vi sarebbe nulla da obiettare contro l'uso di un qualsiasi mezzo di espressione. Ma in metafisica si dà il caso che la forma di espressione è ingannevole, in quanto crea l'illusione di un contenuto che essa non ha.

Non solo il lettore, ma anche lo stesso metafisico rimane vittima dell'illusione che le proposizioni metafisiche significhino qualcosa, descrivano situazioni di fatto. Il metafisico crede di muoversi in un àmbito riguardante il vero e il falso. In realtà, viceversa, egli non asserisce nulla, ma si limita a esprimere dei sentimenti, come un artista.

Il metafisico crede di muoversi in un àmbito riguardante il vero e il falso. In realtà egli non asserisce nulla, ma si limita a esprimere dei sentimenti, come un artista.

Quando il metafisico rappresenta il suo sentimento della vita di tipo eroico-drammatico in un sistema dualistico, non può darsi che lo faccia solo perché gli manca la capacità di un Beethoven di esprimere questo sentimento con mezzi adeguati? I metafisici non sono che dei musicisti senza capacità musicale.

La sintassi logica del linguaggio
Logische Syntax der Sprache, 1934

Nella logica, non ci sono morali.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Karl PopperBertrand RussellLudwig Wittgenstein