Frasi e citazioni di Alessandro Barbero

Selezione di frasi e citazioni di Alessandro Barbero (Torino, 1959), storico, saggista e scrittore italiano, professore di Storia Medievale presso l’Università del Piemonte Orientale a Vercelli. 
Forse non tutti sanno che Alessandro Barbero è autore non soltanto di numerosi saggi, ma anche di romanzi storici di successo, tra cui: Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo (Premio Strega 1996), Gli occhi di Venezia (2011) e Le ateniesi (2015), editi da Mondadori.
Foto di Alessandro Barbero
La storia potrebbe anche essere magistra vitae, però bisogna che ci sia qualcuno
che vuole imparare. (Alessandro Barbero)

Barbari
Immigrati, profughi, deportati nell'impero romano © Laterza, 2006

Al di là del fin troppo facile accostamento a problemi di oggi, è evidente che la riflessione sul presente può rivelarsi vivificante anche per la nostra comprensione del passato, pur nell’ovvia differenza delle situazioni. 

L’importanza dirompente assunta nella nostra epoca dal problema dell’immigrazione ha incoraggiato gli studiosi a ritornare sul tema con un lessico nuovo e rinnovate categorie concettuali, senza timore di ammettere che sono proprio le preoccupazioni odierne a modificare le domande che rivolgiamo al passato.

Per molto tempo l’impero riuscì a gestire l’afflusso, favorendo l’assimilazione degli immigrati e impiegandoli con successo tanto per rivitalizzare la produzione agricola, quanto per infoltire i ranghi dell’esercito; a un certo punto, invece, qualcosa cominciò ad andare storto, e la presenza di nuovi arrivati manifestò effetti destabilizzanti.

Gli occhi di Venezia
© Mondadori, 2011

La gente crede che a chiedere un favore si indebolisca, perché poi si rimane in debito verso quelli che te l'hanno fatto... non è affatto così. Chiedere un favore è come chiedere un prestito per investirlo in un grosso affare. Poi si rimane in debito, certo, e prima o poi bisogna restituirlo. Ma intanto quello che ti ha fatto il prestito è diventato diciamo così, il tuo socio. Ha interesse che le cose ti vadano bene, non che ti vadano male. Ti ha fatto un favore, e vuole che tu ti trovi in condizione di restituirlo. Vuole che si sappia che quelli a cui lui fa dei favori, hanno successo.

Dietro le quinte della storia
La vita quotidiana attraverso il tempo (con Piero Angela) © Rizzoli, 2012

Le persone del passato, per un verso, erano identiche a noi. L’uomo desidera avere successo, migliorare la propria vita, essere ammirato da quelli che gli stanno intorno.

Il desiderio sessuale, la spinta a farsi una famiglia, ad avere dei figli, a dar loro una casa e un futuro sono caratteristiche umane in tutte le epoche e in tutte le civiltà. Poi, ogni epoca ha valori, comportamenti, idee che possono cambiare anche di molto.

Amare la propria moglie, in passato, non escludeva affatto di bastonarla spesso. Amare i figli significava trattarli con durezza: un padre non mostrava mai la sua tenerezza per loro, pensava che fosse diseducativo. 

In famiglia l’uomo comandava a bacchetta e la donna lo serviva, e tutt’e due si sarebbero vergognati se non fosse stato così. Poi, cosa succedeva quand’erano soli in camera da letto non lo sa nessuno.

L’infanzia era considerata come un’età difettosa, e non un’età piena di potenzialità, come la vediamo oggi. I bambini, bisognava diciamo così guarirli dall’infanzia – da qui il famoso frustino.

I modelli educativi erano rigidi, il ruolo paterno in particolare: gli adulti credevano che nell’educazione fossero obbligatori il rigore, le punizioni, e che fosse controproducente mostrare indulgenza.

Nel Medioevo non erano molto pudibondi. Di amore, e di sesso, si parlava con una certa franchezza. Il sesso era visto come una cosa sana, vitale, una forza positiva.

L’alimentazione da sempre è stata l’esigenza primaria di qualsiasi forma vivente. Nel caso della specie umana, è proprio il continuo tentativo di assicurare e di migliorare il cibo disponibile che ha avuto un ruolo rivoluzionario, decisivo per passare dalla preistoria alla storia.

L’ammirazione e il rispetto per i vecchi sono un’invenzione delle civiltà contadine, non esistevano nelle antiche tribù nomadi, a meno che non si trattasse di capi o di stregoni.

Di sviluppo si può parlare solo quando nascono i villaggi stabili, e poi le città, si creano sistemi sociali organizzati che possono concepire dei progetti e realizzarli. 

Il lavoro animale è una delle prime fonti di energia alternativa scoperte dall’uomo, e ha avuto un’importanza decisiva fino a tempi recentissimi. 

Sappiamo quanto sia fondamentale oggi l’energia per le nostre società, ma anche in passato, sia pur in modo diverso, l’energia costituiva uno degli elementi essenziali per lo sviluppo.

Si calcola che in passato circa la metà dell’energia provenisse dal legno: l’altra metà dal lavoro muscolare umano, dagli animali e dai mulini ad acqua e a vento.

C’era chi rideva delle pretese e delle cure assurde dei medici, come Molière nel Malato immaginario. Ma la lezione più importante che ne deriva è una lezione di umiltà. Quei medici avevano una teoria, credevano fosse scientifica, ne andavano orgogliosi e curavano su quella base, convinti di aver capito come funziona il corpo umano e di intervenire con successo. Invece la teoria era sbagliata e le cure disastrose. Una lezione che è meglio tenere ben presente anche oggi!

I contadini del Medioevo o dell’Ottocento, anche se il loro modo di vita era ancora terribilmente povero, appartenevano però a una civiltà «evoluta», con una cultura dominata dalle città.

Si moriva spesso durante il parto. All’epoca non si era attrezzati per le emergenze. I parti che oggi richiedono un intervento cesareo, per esempio, una volta erano spesso mortali, per il bambino ma anche per la madre. E poi, dopo il parto, qualunque infezione gastrointestinale poteva uccidere il neonato. La mortalità infantile quindi era altissima. 

In certe società sembra che non ci fosse nessuna forma di controllo; una donna continuava a fare figli finché poteva, o finché non moriva di parto, naturalmente.

C’è addirittura chi teorizza che se la popolazione cresce troppo, prima o poi una qualche catastrofe dovrà subirla. Nel Medioevo la peste ha avuto questo ruolo.

Una volta era molto più probabile di oggi piombare all’improvviso nell’infelicità. C’erano meno difese. Ogni anno bisognava aspettare con ansia il raccolto per sapere se ci sarebbe stato abbastanza da mangiare. Era molto più frequente di oggi perdere dei figli, ammalarsi e morire da giovani: si vedevano morire i propri cari e non si poteva fare niente.

Il mondo pullulava di esseri divini o semidivini. Erano quasi sempre invisibili, ma la gente sentiva la loro presenza: gli spiriti degli antenati nella casa, le divinità dei fiumi, dei boschi, delle sorgenti. Gli antichi erano così sicuri che ci fossero, che li onoravano anche quando non li conoscevano: si sono trovate iscrizioni sacre dedicate «al dio sconosciuto di questo luogo».

Nel mondo antico c’erano tanti dèi: ogni popolo, ogni città aveva i propri, ogni individuo poteva scegliersene uno. Nel Medioevo, invece, c’è un’unica religione, tutti sentono di appartenere a una comunità che abbraccia l’intero mondo cristiano.

Essere cristiani è un elemento di identità più importante, per esempio, della nazione: uno si sarebbe definito innanzitutto cristiano, e solo in seguito, che so, italiano, o fiorentino.

Questo è l’aspetto più importante per i cristiani del Medioevo. Le gioie del Paradiso e, soprattutto, i tormenti dell’inferno sono sempre presenti ai loro occhi.

Straniero
L'invasore, l'esule, l'altro (con Maurizio Bettini) © Encyclomedia, 2012

L’Italia è uno dei pochi paesi la cui identità moderna si è costruita intorno al fatto d’essere stata ripetutamente invasa. 

Le invasioni in Italia sono ossatura di manuali scolastici e spunto di riflessione storiografica.

Terra di conquista dunque, l’Italia, ma anche di reazione e di resistenza, dove la lagnanza sulla debolezza d’un paese femmineo e sempre pronto a farsi sottomettere si alterna con l’orgogliosa chiamata alle armi contro lo straniero.

Nelle lingue indoeuropee arcaiche il concetto di straniero tende a coincidere con quello di ospite, e non ha a che fare con la nazionalità né con la lingua, ma con la situazione di chi si trova lontano da casa sua, ed è accolto da qualcuno del posto, stabilendo dei legami di reciprocità.

Frasi da articoli, conferenze e interviste
Selezione Aforismario

La storia è diversa della memoria: la memoria è infatti soggettiva e non può essere condivisa ma pacificata. La memoria è una trappola. 

La storia è ricostruire i fatti all'interno del loro contesto, a volte è l'interpretazione dei fatti se i fatti sono acclarati. Non esiste una storia oggettiva, proprio perché l'orientamento personale rischia di offuscare il giudizio.

La storia non ha leggi, non ha certezze, la storia è caotica come la vita di ciascuno di noi, è influenzata da mille cose che non possiamo prevedere, va in direzioni che non ci aspettiamo, non si può irrigidire in leggi. 

La storia potrebbe anche essere magistra vitae, [1] però bisogna che ci sia qualcuno che vuole imparare.

Oggi ci si è accorti che, nel raccontare la storia, essere rigorosi ed essere divertenti non è conflittuale.

Si può raccontare la storia in forma lieve, senza essere troppo ponderosi, rispettando tuttavia le fonti e la verità storica. 

Forse, dopo tutto, sta tramontando la stagione in cui in Italia si poteva impunemente stravolgere il passato, reinventarlo a proprio piacimento per seminare odio e sfasciare il Paese, senza che questo provocasse reazioni pubbliche e senza doverne pagare le conseguenze in termini di credibilità e di onore.

Quando una cosa comincia a essere necessaria, di solito qualcuno la inventa.

Finché una cosa sta succedendo, avviene nella totale incertezza, nella totale fluidità. Poi una volta che una cosa è successa, acquista una forza spaventosa, acquista la stabilità di un macigno. 

Un gruppo sociale è forte e comanda quando fa pensare anche gli altri come lui. E oggi tutti pensiamo quello: l'imprenditore è la figura più ammirata, il profitto è fondamentale... e gli intellettuali ripetono queste cose oggi. 

Al di là del pittoresco, l’Italia è tuttora un Paese per metà fascista e per metà antifascista. E lo è sempre stato, salvo che si è fatto finta che i fascisti non fossero proprio la metà, che fossero una minoranza, invece sono chiaramente la metà del Paese.

La sinistra, oggi, è rimasta ingabbiata nel mondo intellettuale e nei salotti borghesi: non è più radicata, come un tempo, tra le fasce popolari. È una sinistra più attenta ai diritti umani, temi comunque nobilissimi, che non al conflitto economico e sociale. 

In un mondo dove la destra è molto più vitale della sinistra è inevitabile che la lettura del passato vada di conseguenza, e che si possano diffondere enormità come quella per cui il comunismo sarebbe stato ben peggio del fascismo.

Siamo entrati in una lunga epoca in cui ormai la guerra di classe l'hanno vinta i ricchi, e i ricchi saranno sempre più ricchi, e i poveri sempre più poveri.

La lotta di classe c’è stata e l'hanno vinta i ricchi... e non hanno preso prigionieri.

Possono passare secoli in cui un sistema iniquo riesce a farsi accettare, magari anche a creare consenso, e poi esplode. Non c’è motivo di pensare che questo capitalismo disgraziato stia per finire, ma non c'è nemmeno certezza che un giorno la Rivoluzione non arrivi.

Quando si tratta di grandi avvenimenti come il nostro Risorgimento c'è rischio che la storia venga mitizzata, che la retorica e la propaganda di parte semplifichino eventi e conflitti di non facile interpretazione.

È indubbio che esista un Islam intollerante, come del resto è esistito un Cristianesimo intollerante. Anzi, per gran parte della sua storia, il Cristianesimo è stato molto intollerante. 

Noi italiani viviamo in una democrazia in cui una maggioranza cattolica, dal concordato del '29, impone al paese leggi che ne mutuano la visione confessionale. È un fatto di cui molti nemmeno si accorgono, mentre ad altri dà un po' fastidio. Ora, dal punto di vista teorico, per uno stato laico questo non sta in cielo né in terra. Però, in pratica, sappiamo tutti che nella nostra repubblica si può convivere. Avere una maggioranza cattolica che in Italia vieta certe leggi e ne impone certe altre è una seccatura, è un fastidio, è un limite della nostra libertà.

Note
  1. Historia magistra vitae: citazione dal De Oratore di Cicerone, che significa "la storia è maestra di vita".
  2. Vedi anche frasi e citazioni di: Piero AngelaErnesto Galli della LoggiaGiordano Bruno Guerri 

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