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Frasi e citazioni di Enrico Bellone

Selezione di frasi e citazioni di Enrico Bellone (Tortona, 1938-2011), storico della scienza e divulgatore scientifico italiano.
Foto di Enrico Bellone
Siamo giunti al bivio: o investiamo risorse finanziarie e umane nella ricerca di base,
oppure ci trasformiamo in una appendice turistica del mondo civile. (Enrico Bellone)

Spazio e tempo nella nuova scienza
© Carocci, 1994

La prima via d'ingresso alla conoscenza è unica e stretta. Passa infatti per quelle sole zone della nostra superficie corporea che sono il risultato dell'evoluzione biologica e che abbiamo battezzato con l'espressione recettori sensoriali. 

I progressi nelle neuroscienze indicano che ciascuno di noi è, in realtà, un cacciatore di dati. Il cervello, infatti, non si limita a registrare e decodificare gli stati eccitati dei sensori: guida questi ultimi, con una ricerca continua, nell'esplorazione della nicchia.

Il sistema nervoso è uno scienziato naturale che orienta i recettori, così che, muovendosi nella nicchia, l'animale possa adottare certi comportamenti e non altri. Uno scienziato che elabora strategie sulla base di esperienze già avute e al fine di elaborare previsioni circa esperienze non fatte.

La maggior parte delle azioni effettuate dal cervello si realizza senza che ce ne accorgiamo. Le intricatissime sequenze di decodificazione di dati che si realizzano nel cervello non sono, infatti, processi che sappiamo percepire con i sensori biologici o con le forme usuali dell'introspezione.

Il cervello lavora con regole sue, ed è naturale come naturali sono i comportamenti del fegato o del sistema immunitario. Abbiamo infatti bisogno di raffinatissimi sensori artificiali per avere esperienza di tale naturalezza, e abbiamo anche bisogno di raffinatissime teorie per interpretare questa particolarissima modalità dell'esperienza.

La scienza negata
Il caso italiano © Codice Edizioni, 2005

Siamo giunti al bivio: o investiamo risorse finanziarie e umane nella ricerca di base, oppure ci trasformiamo in una appendice turistica del mondo civile. 

Una grave responsabilità grava sulle spalle dei nostri scienziati. Essi hanno, in un momento come quello attuale, la possibilità e il dovere di intervenire nelle istituzioni della politica e nei meandri della cultura di massa, respingendo, in entrambi i settori, il degrado causato dalle rappresentazioni deformate della conoscenza che si stanno sempre più rinvigorendo. Prima che il declino sia irreversibile.

Molte nature
Saggio sull'evoluzione culturale © Raffaello Cortina, 2008

Abbandonare il mentalismo che colloca l'uomo al centro della natura equivale ad abbandonare gli antichi modelli tolemaici che pongono la Terra al centro dell'universo. Ma nel negare questa illusione antropocentrica non si compie un'operazione di svilimento della nostra specie. Al contrario, si coglie la bellezza dell'attività conoscitiva che si produce negli umani e negli altri corpi viventi, tutti insieme indaffarati nelle loro specifiche azioni di adattamento all'ambiente che li ospita.

Il cervello di un essere umano non è un cronista, ma è un generatore di innovazioni che debbono poi sottostare al tribunale della selezione.

La conoscenza è un bricolage, e le forme della conoscenza non si esauriscono nella scienza, ma si estendono a ogni manifestazione culturale.

Nessuna conclusione è certa: ogni asserto umano, quale che sia la sua struttura, è provvisorio e suscettibile di controversie. Relativismo? Certamente. Solo gli dei promulgano verità non negoziabili. Gli umani, invece, fabbricano teorie per meglio adattarsi al loro ambiente.

Qualcosa, là fuori
Come il cervello crea la realtà © Codice Edizioni, 2011 - Selezione Aforismario

Il senso comune è una fortezza inespugnabile. E tutti noi viviamo al riparo delle sue muraglie, sotto le quali trascorriamo il tempo breve che ci è dato.

Gli organi di senso come gli occhi o le orecchie sono fondamentali per accedere a una parte – minima ma decisiva – di quel qualcosa che se ne sta là fuori. Minima? Certo: i nostri occhi percepiscono solo una minuscola porzione della luce che arriva dall’esterno. E lo stesso vale per le orecchie, che sentono solo una piccola frazione di quelle perturbazioni dell’atmosfera che siamo soliti chiamare rumori o suoni. Per farla breve: dovremmo chiamarli filtri, non organi di senso.

C’è un abisso tra ciò che da un lato sentiamo raccogliendo stimoli esterni e condividiamo con altri attraverso il senso comune, e ciò che invece troviamo non appena si pongono domande sulle cause di ciò che tutti quanti percepiamo in modi simili, sul come mai succedono certe cose e non altre.

I nostri tradizionali organi di senso, insieme a tutti gli altri sensori dislocati qua e là nei nostri corpi, non sono portatori di inganni: fanno soltanto il loro mestiere, e lo fanno bene poiché da millenni ci aiutano ad adattarci al meglio nell’ambiente di cui siamo ospiti. 

I dati sensoriali sono nettamente anticopernicani. Ci dicono, per esempio, che il Sole sorge e tramonta, e che la Terra è immobile.

Alcune porzioni della scienza violano da più di due millenni quelle parti del senso comune che attribuiscono realtà ai colori delle cose esterne, ma il senso comune continua ad essere la radice del nostro sentire quotidiano.

L’evoluzione è cieca, e noi siamo solo un esempio recente dei suoi prodotti non intenzionali. Siamo davvero figli del caso, e quando moriamo disperdiamo i nostri elementi in quel qualcosa che sta là, fuori, e che sempre più rappresentiamo scientificamente come un bricolage.

Note
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