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Frasi e citazioni di Ernesto De Martino

Selezione di frasi e citazioni di Ernesto De Martino (Napoli, 1908 - Roma, 1965), antropologo, storico delle religioni e filosofo italiano.
Foto di Ernesto De Martino
La nostra boria culturale ci chiude al dramma esistenziale magico, e ci impedisce
la comprensione dei suoi temi culturali caratteristici. (Ernesto De Martino)

Il mondo magico
Prolegomeni a una storia del magismo © Einaudi, 1948

Il compito dell’etnologia storicistica consiste nella possibilità di porre problemi la cui soluzione conduca all’allargamento dell’autocoscienza della nostra civiltà. Solo cosí l’etnologia può concorrere, per la parte che le spetta, alla formazione di un piú ampio umanesimo, e riscattarsi dalla oziosità di un sapere meramente naturalistico.

Lo studio della ideologia e della prassi magiche è ordinariamente condotto come se tale problema non sussistesse, ovvero come se fosse stato già risolto in senso negativo.

Dove i documenti tacciono la passione decide, fingendo che i documenti ci siano nel senso auspicato dalla passione.

Gli etnologi in patria partono dalle mere «pretese» magiche, le assumono aprioristicamente come «infondate» e «subiettive», e costruiscono poi teorie atte a spiegare il meccanismo psicologico che genera la credenza «illusoria». 

I fatti paranormali possono certamente essere considerati come se fossero fatti naturalistici: anzi giova considerarli come tali, al fine di aprirsi al problema della loro realtà. L’errore comincia quando si presume di poterli effettivamente intendere mercé la considerazione naturalistica, dimenticando che essi sono fatti culturali che, come tali, appartengono a un cosmo storico particolare nel quale nacquero come espressione di un dramma esistenziale definitivo.

La considerazione naturalistica dei fatti paranormali, quando non sia contenuta nei suoi limiti, rischia di trasferire nei «primitivi» il nostro atteggiamento di «osservatori» e di «esploratori» di quei fatti, dimenticando in tal modo che le condizioni culturali che rendono possibile il loro prodursi sono storicamente estranee all’atteggiamento naturalistico. 

L’ideologia animistica, in quanto formazione storica, può essere solo «ricostruita» nell’ambiente culturale che le è proprio.

Quando si dice che per la forza della suggestione si può morire o guarire o diventare insensibili al dolore, si accenna implicitamente a una reale estensione dei poteri volitivi in una sfera che «normalmente» è loro preclusa, ma l’accento batte sul processo suggestivo e la reale estensione del potere tende a passare inosservata.

Nel mondo magico l’anima può essere perduta nel senso che nella realtà, nell’esperienza e nella rappresentazione essa non si è ancora data, ma è una fragile presenza che (per esprimerci con una immagine) il mondo rischia di inghiottire e di vanificare

Nel mondo magico l’individuazione non è un fatto, ma un compito storico, e l’esserci è una realtà condenda. Di qui un complesso di esperienze e di rappresentazioni, di misure protettive e di pratiche, che esprimono ora il momento del rischio esistenziale magico, ora il riscatto culturale, e che formano, nella loro drammatica polarità, il mondo storico della magia.

La propria presenza personale, l’esserci, l’anima, «fugge» dalla sua sede, può essere «rapita», «rubata», «mangiata» e simili; è un uccello, una farfalla, un soffio; ovvero deve essere «riparata», «recuperata»; ovvero ancora deve essere «trattenuta», «fissata», «localizzata».

In generale il dramma magico, cioè la lotta dell’esserci attentato e minacciato, e il relativo riscatto, insorge in determinati momenti critici dell’esistenza, quando la presenza è chiamata a uno sforzo piú alto del consueto. Basta talora una semplice rottura dell’ordine abituale per impegnare la presenza nell’agone che caratterizza la magia.

La nostra boria culturale ci chiude al dramma esistenziale magico, e ci impedisce la comprensione dei suoi temi culturali caratteristici.

Morte e pianto rituale nel mondo antico
Dal lamento pagano al pianto di Maria © Einaudi, 1958

Senza l’occhio al patire dei propri contemporanei non si scrive storia del passato anche remotissimo.

Se volessimo definire l’umana civiltà nel giro di una espressione pregnante potremmo dire che essa è la potenza formale di far passare nel valore ciò che in natura corre verso la morte.

L’ethos della presenza non è una grazia che scende dall’alto (anche se cosí può apparire ai singoli individui nei momenti in cui si innalza improvvisa la loro iniziativa risolutrice), ma sta saldo nella misura in cui si viene realizzando nel viver civile, e in un mondo in cui l’uomo è uomo per l’uomo.

Nelle società primitive e nel mondo antico l’arco della vita individuale nel quadro della vita collettiva è disseminato di rischi esistenziali che per noi hanno perso ogni significato.

Nel complesso il nostro incommensurabilmente piú alto distacco dalle condizioni naturali e l’ampiezza delle realizzazioni civili in tutti i domini, e gli abiti morali e le persuasioni razionali che ne abbiamo acquistato, ci fanno molto piú preparati a superare i momenti critici dell’esistenza, patendo senza dubbio il rischio di non esserci ma non piú nei modi cosí estremi che nelle civiltà primitive e nel mondo antico minacciano di continuo la vita dei singoli e quella della comunità. 

Nelle civiltà primitive e nel mondo antico una parte considerevole della coerenza tecnica dell’uomo non è impiegata nel dominio tecnico della natura (dove del resto trova di fatto applicazioni ancora limitate), ma nella creazione di forme istituzionali atte a proteggere la presenza dal rischio di non esserci nel mondo. Ora l’esigenza di questa protezione tecnica costituisce l’‘origine’ della vita religiosa come ordine mitico-rituale.

Sud e magia
© Feltrinelli, 1959

L’alternativa fra «magia» e «razionalità» è uno dei grandi temi da cui è nata la civiltà moderna.

In condizioni di miseria psicologica qualunque manifestazione del negativo comporta il rischio di una negatività ancora più grave, cioè la caduta della stessa energia morale di decisione e di scelta, lo smarrirsi della presenza individuale.

In senso psicologico-protettivo le pratiche magiche hanno sempre successo per coloro che vi sono impegnati, e in senso psicosomatico possono anche facilitare la guarigione: ma ciò che le mantiene è la regolarità del successo psicologico-protettivo e non la eccezionalità e la irregolarità delle effettive guarigioni organiche.

Fascinazione, possessione, esorcismo, fattura e controfattura sono da ricondurre alla insicurezza della vita quotidiana, alla enorme potenza del negativo e alla carenza di prospettive di azione realisticamente orientata per fronteggiare i momenti critici dell’esistenza, e soprattutto al riflesso psicologico di essere-agito-da con i suoi connessi rischi psichici.

Il momento magico acquista particolare rilievo, in quanto soddisfa il bisogno di reintegrazione psicologica mediante tecniche che fermano la crisi in definiti orizzonti mitico-rituali e occultano la storicità del divenire e la consapevolezza della responsabilità individuale, consentendo in tal modo di affrontare in un regime protetto la potenza del negativo nella storia.

Note
Leggi anche le citazioni degli antropologi italiani: Cesare Lombroso - Paolo Mantegazza

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