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Frasi e citazioni di Eugenio Borgna

Selezione di frasi e citazioni di Eugenio Borgna (Borgomanero, 1930), psichiatra e saggista italiano, primario emerito di Psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara. Ripensando alla sua carriera di psichiatra, ha detto Eugenio Borgna:
"Nei miei lunghi anni di ospedale psichiatrico mi è stato possibile conoscere l’immagine più palpitante e autentica della sofferenza psichica: nei suoi abissi di angoscia e di disperazione, di frantumazione della identità personale e di dissociazione del tempo: ma anche nei suoi contenuti inenarrabili di sensibilità e di fragilità emozionale, di stremata umanità e di nostalgia di una parola amica, e di un gesto di accoglienza". 
Le parole gentili a volte non nascono in noi, e può non essere
colpa nostra; ma le parole che si ha il dovere di non dire sono
le parole banali, intessute di freddezza e di indifferenza.
(Eugenio Borgna)
Malinconia
© Feltrinelli, 1992

Nella desertica solitudine della malinconia ogni orizzonte di speranza sembra ugualmente oscurato e nientificato: la parola si spegne, e si brucia immediatamente, quando essa cerca di dischiudere un sentiero in questa desertitudine della speranza e della comunicazione. 

Le parole si disfanno e agonizzano come farfalle morenti: nel gesto umile e inconsistente di stare accanto ai pazienti, nel silenzio e nell’attesa, si configurano invece significati essenziali che si riverberano nella loro coscienza con una risonanza interiore flebile e nondimeno indelebile della quale essi testimoniano quando la depressione si sia dileguata.

Quando ogni colloquio si fa (quasi) impossibile, e le tenebre sembrano chiudere ogni orizzonte esistenziale, non c’è altro da fare dinanzi alla disperazione malinconica se non testimoniare una radicale disponibilità umana.

Le intermittenze del cuore
© Feltrinelli, 2003

I paesaggi dell’anima sono misteriosi e invisibili; e non è facile andare alla loro ricerca: compito inesauribile e mai finito.

Nel dilagare di teorie e di modelli pratici di cura, che affidano ai farmaci antidepressivi la risoluzione di ogni problema interiore e di ogni conflitto, e la possibilità di uniformare (di omogeneizzare) i modi di vivere e di elaborare gli eventi della vita, sottraendoli ad ogni risonanza emozionale, si nasconde in fondo la tentazione (la utopia), consapevole e inconsapevole, di creare robot che non si lascino influenzare e nemmeno toccare dagli avvenimenti.

Ci si affida agli antidepressivi per progettare nella vita adulta e, oggi, in quella infantile una condizione emozionale standardizzata: omogeneizzata e sottratta ad ogni ansia e ad ogni tristezza che sono (che possono essere) sentimenti dotati di un senso.

La faticosa ricostruzione di un dialogo, ogni volta possibile anche nelle condizioni psicotiche che sembrano essere le più lontane e le più estranee, è la premessa a ogni farmacoterapia.

L'attesa e la speranza
© Feltrinelli, 2006

Le conseguenze sociali di una diagnosi psichiatrica, di una degenza ospedaliera in psichiatria, di una semplice terapia farmacopsichiatrica, sono ancora oggi molto alte e talora devastanti: tali, a volte, da determinare la presenza di una “seconda malattia” che si aggiunge alla malattia originaria. 

Come in uno specchio oscuramente
© Feltrinelli, 2007

Se alla base di una sincera vocazione agli studi di medicina ci dovrebbe essere, ma forse è desertica utopia, l’ansia, o la speranza, di vivere insieme ai pazienti e alle pazienti le loro esigenze di aiuto e di cura, questa vocazione dovrebbe essere ancora più decisiva in psichiatria: nella quale non c’è cura se non nel contesto di una comprensione psicologica e umana, mai finita, del destino (del comune destino) di dolore e di speranza.

Non è possibile comprendere fino in fondo, e forse non è nemmeno possibile curare, l’angoscia e la tristezza, la sofferenza e il dolore, se non sentendo e rivivendo (almeno in parte) queste emozioni dolorose come le nostre possibili emozioni.

Le ragioni del dolore e della sofferenza, le ragioni del male come espressione della nostra interiorità ferita dalla malattia, possono essere attenuate o dilatate, smorzate o radicalizzate, inaridite o riaccese, nella misura in cui ci siano nei loro riguardi cura e attenzione, o disinteresse e noncuranza.

Elogio della depressione
(con Aldo Bonomi) © Einaudi, 2011 - Selezione Aforismario

L’oggetto della psichiatria non è piú il modo di essere comportamentale dei pazienti ma la loro soggettività, la loro interiorità, le loro emozioni, che devono essere analizzate e descritte con la falce leggera della immedesimazione.

Il linguaggio della psichiatria non può non cercare di adeguarsi al linguaggio dei pazienti, che vivono accompagnati dalle ombre della sofferenza.

Se le nostre parole continuano a essere quelle fredde e glaciali, distanzianti e de-emozionalizzate, della psichiatria naturalistica, rinasceranno ogni volta difficoltà crescenti nell’avvicinarsi alla interiorità dei pazienti e alle loro esperienze vissute.

La psichiatria è una scienza ambigua e contraddittoria che non si confronta solo con esperienze psicopatologiche ma anche con esperienze semplicemente umane che da essa sono illuminate.

Noi conosciamo le cose non solo con la ragione astratta e calcolante ma anche con le ragioni del cuore.

Le emozioni sono molteplici nelle loro connotazioni tematiche ma l’elemento comune a ciascuna di esse è il fatto che ci portano fuori dai confini del nostro Io e ci mettono in contatto, in risonanza, con il mondo delle cose e delle persone.

La depressione esistenziale non è malattia: fa parte della vita, e può essere sorgente di riflessione e di creatività. 

Non c’è depressione se non nel contesto di una grande sensibilità, e di una stremata fragilità, che ci fanno cogliere le diverse immagini della vita: contrassegnata dalle luci della gioia e della speranza, ma, anche, dalle ombre del dolore e della sofferenza.

Conoscere la depressione, i suoi modi di essere, averla vissuta almeno una volta in vita, dilata le personali possibilità di dialogo e di ascolto: di immedesimazione nei mondi feriti dalla tristezza e dalla disperazione.

Le diverse immagini della fragilità si nascondono nella timidezza e nella insicurezza, nella sensibilità e nella ricerca di infinito che sono elementi costitutivi di ogni depressione.

Quando la sofferenza scende nella nostra anima, fatalmente accompagnandosi alla depressione, e ci tortura nelle nostre fibre piú nascoste e segrete, lacerandole e spezzandole, essa tende a separarci dal mondo delle persone e delle cose; isolandoci, e incrinando le nostre relazioni con gli altri ma non spegnendo in noi la nostalgia di un colloquio e di un incontro.

La sofferenza ha a che fare con gli abissi della nostra interiorità, e, in ogni caso, ci rende piú sensibili e piú aperti a intravedere, e a cogliere, gli orizzonti del senso della vita.

Non c’è cura se non si sa cogliere cosa ci sia in un volto, in uno sguardo, in una semplice stretta di mano, e in fondo se non si sia capaci di sentire immediatamente il destino dell’altro come il nostro proprio destino.

La fragilità che è in noi
© Einaudi, 2014 - Selezione Aforismario

La fragilità fa parte della vita, ne è una delle strutture portanti, una delle radici ontologiche.

Fragile è una cosa (una situazione) che facilmente si rompe, e fragile è un equilibrio psichico (un equilibrio emozionale) che facilmente si frantuma, ma fragile è anche una cosa che non può essere se non fragile: questo essendo il suo destino. 

La nostra fragilità è radicalmente ferita dalle relazioni che non siano gentili e umane, ma fredde e glaciali, o anche solo indifferenti e noncuranti.

Le emozioni fragili si scheggiano e si frantumano facilmente: non resistono all’avanzata dei ghiacciai della noncuranza e dell’indifferenza, delle tecnologie trionfanti e degli idoli consumistici. 

Le emozioni fragili, come le virtù deboli, hanno in sé le stimmate lucenti e dolorose dell’umanità ferita, ed è questa a renderle così umane e così arcane.

Ci sono momenti in cui la presenza, o almeno la percezione, che ciascuno di noi ha della propria fragilità si accentua, o si inaridisce; ma in ogni caso dovremmo educarci a riconoscerla in noi ma soprattutto a riconoscerla negli altri da noi: un impegno etico, questo, al quale noi tutti siamo chiamati in vita.

Parlarsi
La comunicazione perduta © Einaudi, 2015 - Selezione Aforismario

La sola comunicazione razionale non riesce a essere strumento di rinascita interiore, di crescita e di maturazione, che non sono possibili se non quando la comunicazione sia contestualmente razionale ed emozionale. 

Non comunichiamo con le persone che stanno male, e sono lacerate da emozioni ferite, se non quando le riconosciamo nella loro appartenenza al nostro comune destino. 

Comunicare è entrare in relazione con se stessi e con gli altri; comunicare è trasmettere esperienze e conoscenze personali; comunicare è uscire da se stessi e immedesimarsi nella vita interiore di un altro da noi: nei suoi pensieri e nelle sue emozioni. 

Noi entriamo in comunicazione, e cioè in relazione con gli altri, in modo tanto piú intenso e terapeutico quanta piú passione è in noi, quante piú emozioni siamo in grado di provare, e di vivere.

Se vogliamo creare una comunicazione autentica con una persona, se vogliamo davvero ascoltarla, non possiamo non farci accompagnare dalle nostre emozioni.

Le parole sono portatrici di comunicazione e di cura solo quando sono parole leggere e profonde, interiorizzate e calde di emozione, sincere e pulsanti di vita.

Non c’è comunicazione autentica in vita, nella vita sana e nella vita malata, se non quando si evitano parole indistinte e banali, ambigue e indifferenti, glaciali e astratte, crudeli e anonime.

Non sapendo cosa dire, e come trovare le parole che curano, meglio, molto meglio, tacere, e assegnare la espressione del nostro dolore, e della nostra comprensione, alle parole del corpo vivente che sono quelle dei gesti, degli sguardi e del sorriso, o di una stretta di mano.

Non solo in psichiatria, ma in medicina e in ogni età della vita, quante infinite occasioni di ascolto noi abbiamo, ma quante volte siamo capaci di immedesimarci nei pensieri e nelle emozioni di chi sta parlando?

In ogni nostra giornata siamo circondati da sciami di attese: quelle delle persone che incontriamo, e che curiamo, o assistiamo, e che ci chiedono aiuto: l’aiuto di una parola, di uno sguardo, di un gesto, o di una semplice stretta di mano, che possono essere balsamo per le ferite sanguinanti della nostra anima.

La solitudine e il silenzio sono esperienze interiori che aiutano a vivere meglio la vita di ogni giorno; facendoci distinguere le cose essenziali da quelle che non lo sono, e che siamo non di rado tentati di sopravvalutare nel loro significato.

La psichiatria, quando si confronta con le grandi emozioni della vita, ha bisogno della poesia (lo vorrei ancora ripetere) se vuole cogliere la palpitante dimensione umana delle esperienze con cui senza fine si confronta.

Saggezza
© il Mulino, 2019

La saggezza non è considerata se non un inutile fantasma, e per alcuni filosofi e sociologi si vivrebbe molto meglio senza emozioni, senza passioni, affidandosi alla guida sterile e astratta della ragione, che guarda solo alla valutazione razionale delle cose che si pensano e si fanno. 

Non c’è saggezza se non conosciamo le terre incognite della nostra vita razionale ed emozionale, e se non ci mettiamo in una relazione senza fine con la vita degli altri.

La saggezza non è mai chiusa in una sua glaciale aristocratica solitudine, ma si apre senza fine all’ascolto e al dialogo con noi stessi, e con gli altri.

La saggezza ci induce ad ascoltare non solo i nostri desideri, ma anche quelli degli altri, ci fa prendere decisioni non improvvise né istintive, ma meditate e libere da pregiudizi nella speranza che possa essere nella nostra vita una bianca stella del mattino che non si spegne mai e che ci orienta nella scelta del bene.

Non è facile fare della saggezza la stella polare della nostra vita: è un compito che richiede fatica e impegno etico, sacrifici e attenzione, silenzio e meditazione, cuore e ragione, e che dilata la conoscenza della nostra interiorità e di quella degli altri.

I grandi pensieri vengono dal cuore
Educare all'ascolto © Raffaello Cortina Editore, 2021

Nel nostro cuore, quando la follia è in noi, c’è sempre una ferita che sanguina, una ferita delle emozioni, una ferita nel modo con cui entriamo in contatto con gli altri, e con il mondo.

Non si è capaci di colloquio, di dialogo se non si sa guardare dentro di sé, scendere negli abissi della nostra interiorità, e intravedere gli orizzonti di senso che si animano negli occhi, nel sorriso e nelle lacrime delle persone, con cui ci incontriamo.

Le parole gentili a volte non nascono in noi, e può non essere colpa nostra; ma le parole che si ha il dovere di non dire sono le parole banali, intessute di freddezza e di indifferenza.

La nostra vita è non di rado svuotata di senso dalle troppe parole aride e svagate che diciamo, e che non creano legami con le persone che la vita ci fa incontrare, e in particolare con quelle che hanno bisogno di aiuto, e di vicinanza umana, e di parole che nascano dal cuore, e di loro non si finisce mai di avere nostalgia.

In dialogo con la solitudine
© Einaudi, 2021

La solitudine consente di avviarci lungo il cammino misterioso, che ci porta verso la nostra interiorità, necessaria alla vita di ogni giorno: alla vita che non si rinchiuda in se stessa, ma che sia in comunicazione con il mondo delle persone, e delle cose. 

L’isolamento nella società di oggi è in particolare tematizzato dalla tendenza all’individualismo e all’interesse personale, al rifiuto della compassione e della solidarietà, e questo ovviamente non si concilia con la solitudine: con la sua fragilità, e con la sua ricchezza umana.

La psichiatria non può dimenticare la realtà crudele di un isolamento non voluto, imposto da inquietanti condizioni sociali di vita, che non vogliono, o non sanno, creare accoglienza e ascolto a persone giovani e anziane alla ricerca disperata di gentilezza, e di ascolto, di silenzio e di sguardi che dicano solidarietà.

Tenerezza
© Einaudi, 2022

La tenerezza anima il nostro modo di vivere, e di curare, ci fa sentire l’altro come persona, e non come cosa, aiuta a immedesimarci nella vita interiore degli altri, e a farne riemergere le attese, e le speranze.

La tenerezza si esprime con il linguaggio delle parole, e con quello del corpo vivente: uno sguardo, un sorriso, una lacrima, una stretta di mano, una carezza, un abbraccio ne sigillano i modi di essere. 

Quanti malesseri, quante incomprensioni e quanti sogni infranti eviteremmo, se la tenerezza non ci fosse sconosciuta, e ci seguisse come una multicolore farfalla nel nostro cammino di vita.

La tenerezza è un ponte che ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività, e ci fa partecipare alla interiorità degli altri da noi.

Mitezza
© Einaudi, 2023 - Selezione Aforismario

La mitezza è fonte di saggezza: ci fa uscire dal deserto dell’individualismo e dell’egoismo: è immersione nella interiorità, e ascolto della voce del silenzio, e della nostalgia, coscienza dei nostri limiti, e apertura a una comunità di destino.

La mitezza e la gentilezza sono situazioni umane che rendono la vita degna di essere vissuta, testimoniando il valore della interiorità e della immaginazione, della fragilità e della solidarietà, delle attese e dei desideri, che fanno parte di ogni esperienza umana.

La mitezza si esprime in modi che sono orientati a una comune finalità: quella di creare relazioni umane aperte all’ascolto e alla accoglienza, alla collaborazione e alla reciprocità.

La mitezza non è una forma di vita magmatica e pietrificata nei suoi bagliori, ma, come le cose essenziali della vita, risente di quello che avviene intorno a noi, ed è facilmente ferita dalla vita. Sí, la mitezza è fragile, come una farfalla, e come un agnello, e nondimeno essa cambia il modo di essere della vita.

La gentilezza è necessaria, oggi ancora piú che non nel passato, a farci incontrare gli uni con gli altri nel rispetto, e nella armonia, ma è necessaria (anche) a ricordarci il dovere della solidarietà, e della accoglienza.

La nostalgia è un carosello di emozioni, di immagini, di intuizioni e di rimembranze, e ci fa riscoprire regioni nascoste e segrete del nostro passato, e, facendoci conoscere i nostri errori e i nostri sbagli, ci consente di evitarli.

Ogni volta che in psichiatria si incontra una paziente, o un paziente, prima ancora che non le parole, sono gli occhi, sono gli sguardi, a creare le premesse alla relazione di cura.

Note
Leggi anche le citazioni degli psichiatri italiani: Vittorino Andreoli - Franco BasagliaGiovanni Jervis