Citazioni di Roberto Vannacci da "Il mondo al contrario"
Selezione di frasi e citazioni di Roberto Vannacci (La Spezia, 1968), militare e generale italiano. Le seguenti riflessioni di Roberto Vannacci sono tratte dal suo controverso libro Il mondo al contrario, auto-pubblicato nel 2023: "Non ho la pretesa di cambiare il mondo e non sono tra i sostenitori dell’esportazione della democrazia e dei valori universali dell’uomo ma non voglio che nessuno cambi il mio di mondo".
La dittatura delle minoranze ha prevaricato il concetto di democrazia dove la maggioranza decide ed il resto si adegua. (Roberto Vannacci) |
Il mondo al contrario
Independently published, 2023 - Selezione Aforismario
Spesso, il sovvertimento di quella che la moltitudine intende come normalità è prodotto da esigue e sparute minoranze che prevaricano il sentire comune e le opinioni dei più per le stesse discutibili regole di inclusione e tolleranza imposte da altre minoranze.
I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo; di chi non può biologicamente avere figli, ma li pretende; di chi non ha una casa, e allora la occupa abusivamente; di chi ruba nella metropolitana, ma rivendica il diritto alla privacy.
Quando tutto si fa fluido, quando le certezze vengono messe in discussione, quando si sovverte l’ordine delle priorità il passato diventa ingombrante e viene definito come antiquato, superato, retrogrado e, se non inutile, certo non adatto a fornire un punto di riferimento.
Il lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti giornalmente volto ad imporre l’estensione della normalità a ciò che è eccezionale ed a favorire l’eliminazione di ogni differenza tra uomo e donna, tra etnie (per non chiamarle razze), tra coppie eterosessuali e omosessuali, tra occupante abusivo e legittimo proprietario, tra il meritevole ed il lavativo non mira forse a mutare valori e principi che si perdono nella notte dei tempi?
La libertà di parola e di opinione si applica secondo un principio a geometria variabile che permette di sostenere legittimamente il terrapiattismo ma demonizza espressioni di dissenso nei confronti del pensiero unico.
L’atteggiamento critico nei confronti del nuovo che avanza non si inquadra più nell’ambito delle normali argomentazioni ma viene presentato come la conseguenza di paure irrazionali, insane e patologiche: come fobia!
Quando la criminalizzazione del dissenso e la limitazione della libertà di espressione delle proprie opinioni non riescono in termini giuridici allora la censura avviene tramite i mezzi d’informazione che, sostituendosi arbitrariamente all’ordine costituito oscurano, disturbano, purgano ogni locuzione considerata sconveniente.
La correttezza ideologica viene sorvegliata continuamente e laddove si intravede un seppur minimo margine di violazione si interviene con censure e con liste di proscrizione.
Dove non riescono i tribunali, sono i mezzi d’informazione a decidere chi ha il diritto di esprimersi e chi, invece, deve tacere e subire.
Privilegiare sempre l’opinione minoritaria, il comportamento dissenziente, il parere obbligatoriamente discordante non ci induce a rappresentare un paese diverso dalla realtà?
Un risicatissimo gruppo minoritario che vuole imporre la propria discutibile visione del mondo alla quasi totalità della popolazione che la pensa diversamente è caratteristica dell’autoritarismo e delle dittature.
È vero, un paese è tanto più democratico quanto più rispetta e tutela le minoranze ma, non esageriamo! Ai nostri giorni si assiste paradossalmente alla prevaricazione delle minoranze sul resto della società!
Tutto. Qualsiasi evento e circostanza viene posta in discussione proprio partendo dalla considerazione che una normalità, un codice, un dannato buonsenso non debba più esistere in un paese moderno e progressista.
La lotta per la sopravvivenza e per garantirsi i bisogni essenziali non lascia spazio alla tutela dell’ecosistema. Chi stenta a vivere nel presente non si occupa delle generazioni future ma sbarca il lunario affidandosi al destino, a Dio e alla fortuna. Siamo un miliardo di fortunati benestanti contro 7 miliardi di uomini che stentano a sopravvivere. L’ecologia è figlia del benessere, come l’animalismo e l’alimentazione vegana.
Che piaccia o no non nasciamo uguali su questa terra. La cittadinanza e l'appartenenza ad una determinata società dà luogo a differenti diritti e doveri a seconda dello stato nazionale a cui si fa riferimento.
La dittatura delle minoranze ha prevaricato il concetto di democrazia dove la maggioranza decide ed il resto si adegua. Non si tratta più di vivere insieme pacificamente rispettando il codice della maggioranza ma di avere tanti codici e comportamenti di eguale rango e dignità che dovrebbero coesistere a prescindere dalla maggioranza.
Nel mondo reale la convivenza di più civiltà è tanto più pacifica quanto più vi è il dominio di una civiltà sulle altre oppure, tanto più esista una forte organizzazione statuale che faccia rispettare rigorosamente a tutte le civiltà che coabitano un solo, univoco e irremovibile codice di condotta.
Le quote rose, di tristissima realtà nazionale, non sono forse figlie della stessa bacata mentalità che vede prevalere l’ottica dei diritti collettivi sulla meritocrazia basata sulle capacità dell’individuo?
La società cambia, e così la cultura, ma ogni popolazione ha il sacrosanto diritto, ed anche il dovere, di proteggere le proprie origini e le proprie tradizioni da derive e da tangenti che le snaturerebbero.
Per quanto crescano le percentuali di stranieri o di cittadini italiani “acquisiti”, fare il distinguo su ciò che appartiene alla cultura nazionale e ciò che è importato è indice di tutela di un patrimonio culturale vecchio di millenni e non di inutile sciovinismo o di xenofobia.
La realtà è cruda e va affrontata com’è. Le soluzioni ideali sono spesso utopiche ed irrealizzabili oppure costano troppo e sono sconvenienti.
La sicurezza ed il rispetto delle regole sono un prerequisito della convivenza civile e costituiscono le fondamenta, irrinunciabili, per lo sviluppo delle comunità.
La famiglia naturale non rappresenta un capriccio etico ma un esempio che la vita ci fornisce come modello vincente nella quasi totalità dei casi.
Se la cosiddetta famiglia naturale rappresenta con altissima probabilità l’esemplare di organizzazione che la Natura ha selezionato quale vincente, perché ne dovremmo mettere in discussione l’esistenza e l’efficacia?
Se il Creato e la naturale evoluzione dell’uomo ha portato nella quasi totalità delle terre emerse alla costituzione di un nucleo familiare formato da uomo, donna e figli – con le dovute declinazioni del modello – non possiamo invocare le rare eccezioni a questa evidente realtà per affermare che la famiglia naturale non esista.
La normalità c’è. Esiste. Non per questo è buona o cattiva, migliore o peggiore, ma non la si può negare in nome di una artificiale e pretestuosa inclusività.
Niente più limiti, porti aperti, confini cancellati, immigrati sostituiti da “migranti” che vagano senza meta, senza dogane e senza regole e popoli ben contraddistinti che cedono il passo ad un’umanità che ha per patria il mondo. Eccola la patria progressista. Peccato che questa visione assomigli molto a quella del paradiso dantesco piuttosto che alla cruda e dura realtà.
Non c’è bisogno di offendere un gay ma il semplice fatto di asserire che non si è d’accordo con l’adozione di bambini da parte delle coppie omogenitoriali ci include automaticamente ed inevitabilmente nel girone dei “disturbati” che, se non di una severa pena, necessitano di un’accurata rieducazione e terapia per poter convivere, senza nuocere, nella moderna società progressista ed inclusiva.
Come mai dovremmo usare due metri e due misure: giustifichiamo l’omosessualità in quanto naturale ma altrettanto innaturalmente ci richiamiamo al diritto alla genitorialità delle coppie gay?
Nessuno vuole condannare le predilezioni della sfera sessuale o vietare le unioni arcobaleno, anzi, sono tutte accettate e garantite nel riconoscimento e nei diritti, ma le stesse diventano fastidiose quando vogliono a tutti i costi essere parificate e considerate normali soprattutto se questo avviene con pretesa, sbandieramenti e ostentazione.
Il gay, il masochista, il vegano, il mangiatore di cani o di gatti pure è un eccentrico, e tutte le porte gli devono essere aperte nel nome della parità, ma almeno non dovrebbe ostentare la sua eccentricità nel rispetto dei comportamenti e dei valori comuni. E comuni significa anche normali in quanto “appartenenti e condivisi dal a stragrande maggioranza”.
Più del 90% della popolazione si riconosce nell’attrazione verso il sesso opposto e per un misero 3% di dichiarati “diversi” non possiamo capovolgere il mondo.
Trasfigurare la realtà pensando di favorire una risicatissima minoranza è una vera dabbenaggine, oltre che una violenza nei confronti di quella larghissima maggioranza che si riconosce nell’eterosessualità.
Si legge in uno dei tanti scritti che perorano le cause percettive che: “quel o che conta è solo come ci percepiamo. Tutto il resto è oppressione”. Come se la realtà non contasse e se il desiderio di essere qualcosa o qualcuno prevalesse su qualsiasi altra manifestazione, anche ovvia, della Natura.
Così come uomo e donna sono uguali, e le apparenti differenze percepite non rappresentano che una mera, effimera e perversa “costruzione sociale”, le bestie assurgono ad avere caratteristiche umane, diventano portatrici di diritti a loro rigorosamente attribuiti dall’uomo, hanno una loro coscienza e cultura e vengono incluse nei nostri nuclei familiari alla stregua dei bambini.
Ce ne dobbiamo fare una ragione: l’uomo non è uguale alla donna; la bestia non è uguale all’uomo così come un pesce non è uguale ad un mammifero, ad un uccello o ad un insetto: il comunismo cosmico non esiste e il tentativo di teorizzarlo rappresenta un’idiozia globale!
Se non ti adegui all’agenda progressista ed all’inclusivo pensiero radical chic vieni etichettato come omofobo, xenofobo, razzista e, ovviamente, anche conservatore, nostalgico, tradizionalista e, soprattutto, retrogrado a prescindere che tu lo sia o no.
Note
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