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Frasi di Manfred Spitzer sulla "demenza digitale"

Selezione di frasi e citazioni di Manfred Spitzer (Lengfeld, 1958), neuroscienziato, psichiatra e saggista tedesco. È stato visiting professor a Harvard e attualmente dirige la Clinica psichiatrica e il Centro per le Neuroscienze e l’Apprendimento dell’Università di Ulm. Ha detto di sé Manfred Spitzer:
"Per me è una necessità contribuire a lavorare per la comunità, il futuro, la libertà, occuparmi degli esseri umani e dei loro problemi reali, sostenere le iniziative di persone illuminate e critiche e impegnarmi per quanti non sono ancora in condizione di farlo, come i nostri figli, o non possono più farlo, come i malati e gli anziani. Sono questi i valori che ho ereditato dai miei genitori e che ho portato con me per tutta la vita". [Demenza digitale, 2012].
Le seguenti riflessioni di Manfred Spitzer sono tratte dai libri: Demenza digitale (2012), Connessi e isolati (2018), Emergenza smartphone (2018), Invecchiando si impara (2020).
Foto di Manfred Spitzer
I social media stanno ai rapporti interpersonali reali come i popcorn stanno alla sana
alimentazione: ci si aspetta di provare gioia tra amici,
e ciò che si ottiene in verità è solo aria fritta. (Manfred Spitzer)

Demenza digitale
Digitale Demenz, 2012 - Selezione Aforismario

Il cervello muta in continuazione; di conseguenza, il contatto quotidiano con i mezzi di comunicazione digitali non può non restare privo di effetti sugli utenti.

I numeri di telefono di parenti, amici e conoscenti sono salvati nel cellulare. Il navigatore satellitare ci indica il tragitto per raggiungere un certo luogo. Gli appuntamenti della vita professionale e privata sono inseriti nel cellulare o su un’agenda digitale. Chi cerca informazioni va su Google; foto, lettere, e-mail, libri e musica sono nel cloud (la «nuvola»). Pensare, memorizzare, riflettere non costituiscono più la norma.

I nuovi mezzi di comunicazione hanno un potenziale di dipendenza come l’alcol, la nicotina e altre droghe. In molti paesi la dipendenza da computer e da Internet è ormai un fenomeno frequente, con conseguenze devastanti per chi ne è colpito. 

L’utilizzo del cervello porta alla crescita delle aree cerebrali responsabili di una determinata funzione. Potremmo dire che in sostanza il cervello è come un muscolo: se viene utilizzato, cresce, altrimenti si atrofizza.

Oggi sappiamo che il nostro cervello non è solo l’organo più complesso, bensì anche il più dinamico del nostro organismo. Il cervello si modifica in base all’utilizzo. Se il cervello non viene utilizzato, l’hardware neuronale viene smantellato.

I computer elaborano informazioni, come gli esseri umani che imparano. Da qui si deduce erroneamente che i computer siano strumenti ideali di apprendimento. Invece, proprio per il fatto di sottrarci il lavoro mentale, i computer, tanto decantati alla fiera dell’istruzione «Didacta», non sono adatti per imparare meglio.

Oggi il copia e incolla è una funzione così diffusa che neppure ci ricordiamo come si faceva in passato a scrivere una lettera o un libro senza tale possibilità. 

In passato i testi venivano letti, ora vengono scorsi, ovvero sfogliati velocemente. Prima si scavava in un argomento, oggi si naviga in rete (ovvero «si scivola» sui contenuti).

L’anonimato della rete provoca una riduzione dell’autocontrollo e una corrispondente diminuzione dello sforzo per mantenere un comportamento sociale adeguato. 

Chi non ha ancora avuto l’occasione di sviluppare un comportamento sociale e fin da bambino o da ragazzo instaura gran parte dei propri contatti sociali in rete, vale a dire costruisce la propria sfera sociale nel mondo virtuale, corre il rischio di non acquisire una competenza sociale adeguata.

Internet è costellata di fallimenti sociali: fingere di essere un altro, truffare, fino ai comportamenti criminali veri e propri. In rete si può mentire, perseguitare, spillare soldi, essere aggressivi, diffamare e calunniare senza limiti. Non deve quindi sorprendere se i social network provocano nei giovani utenti solitudine e depressione.

I fattori di stress principali della nostra società sono la mancanza di autoregolazione, la solitudine e la depressione, i quali provocano la morte neuronale e sul lungo periodo favoriscono lo sviluppo della demenza. 

Nei nostri bambini la sostituzione dei contatti umani reali con i network digitali può provocare una riduzione del cervello sociale. Corriamo il pericolo che Facebook & Co. riducano il cervello sociale globale. 

Chi desidera che i propri figli diventino matematici o informatici, dovrebbe offrire loro giochi con le dita anziché computer portatili negli asili. E chi prende sul serio la lingua scritta, dovrebbe chiedere matite anziché tastiere.

I media digitali ostacolano la capacità di autocontrollo e provocano stress. Chi vuole imporre l’uso di strumenti digitali negli asili o nella scuola elementare deve tenerne conto.

La demenza digitale si caratterizza sostanzialmente per la crescente incapacità di utilizzare e di controllare appieno le prestazioni mentali, ossia di pensare, volere, agire, di sapere che cosa accade, dove ci troviamo e, in ultima analisi, chi siamo. 

I media digitali riducono l’uso del cervello e, quindi, il rendimento. Nei giovani i media impediscono anche la formazione del cervello; il rendimento mentale rimane così sotto la media fin dall’inizio. 

Proprio perché i media digitali ci accompagnano oggi giorno dalla culla alla bara, diventa sempre più difficile vedere chiaramente l’effetto che hanno su di noi.

Un politico che faccia affermazioni critiche nei confronti dei media viene demonizzato dai media stessi. Lo sanno tutti, e per questo non succede niente.

Ci abituiamo relativamente in fretta a tutto ciò che mette in moto i nostri centri della felicità. L’eccezione più importante: il prossimo. Un sorriso, una bella chiacchierata, un pasto insieme, una piccola attività in comune: è questo ciò che rende la nostra vita piena e appagante. Una cena con tre amici dà molta più felicità ed è molto più efficace di trecento contatti virtuali su Facebook.

Non abbiamo niente, a parte le menti della prossima generazione, se teniamo al nostro benessere e al mantenimento della nostra cultura. Smettiamo di riempirle costantemente di spazzatura!

Connessi e isolati
Einsamkeit, 2018 - Selezione Aforismario

Buona parte della popolazione del mondo «occidentale» soffre sempre più di solitudine. Da decenni si vive in nuclei familiari sempre più piccoli e non si dà alla comunità lo stesso valore di prima.

Dobbiamo dedicare alla solitudine un’attenzione maggiore di quanto siamo abituati a fare, perché per il singolo individuo è molto più pericolosa di altre malattie mortali. È infatti vero che per aumentare la propria speranza di vita nulla è più sano della partecipazione attiva a una comunità di persone. 

I bambini vengono educati sempre meno alla socializzazione, mentre si stimola sempre più un egocentrismo smisurato: fenomeni diffusi sono lo you are so very special all’asilo, le teenager-star nei vari media, che sono famose per essere famose, e la valanga di selfie che i giovani pubblicano ogni giorno su internet. 

A produrre stress non sono tanto le esperienze spiacevoli, quanto il sentimento di impotenza. Quando ci rendiamo conto di non aver alcun controllo sulla nostra vita, soffriamo di stress cronico.

Possiamo ridurre lo stress cronico attraverso l’interazione con il nostro prossimo. Se al contrario conduciamo una vita ritirata e viviamo una perenne condizione di solitudine, il nostro stato ci porterà a sviluppare patologie croniche.

La comunicazione, i legami e la comunità sono per l’uomo tra le fonti principali di benessere. Contrariamente alle aspettative, l’uso di Facebook e di altri social media porta tuttavia a un livello più basso di soddisfazione nella vita; la fiducia reciproca svanisce, mentre crescono la depressione e la solitudine.

I social media stanno ai rapporti interpersonali reali come i popcorn stanno alla sana alimentazione: ci si aspetta di provare gioia tra amici, e ciò che si ottiene in verità è solo aria fritta.

Chi, per motivi di «efficienza», trascorre il proprio tempo sui social network invece di incontrare le persone «dal vivo», deve sapere che in questo modo sta mettendo a rischio la propria soddisfazione e, in ultima istanza, la felicità.

I tanti, piccoli incontri reali con persone spesso assolutamente sconosciute sono il collante che tiene insieme non solo la nostra vita, ma anche la nostra società. 

Contro ogni aspettativa, i social network non aumentano la quantità e qualità dei nostri contatti, ma ci rendono più soli. È un fatto dimostrato.

Dipendenze, depressione, nonché alcune forme di demenza e molte psicosi sono acutizzate dalla solitudine e la favoriscono a loro volta. Per questo, partecipazione sociale e vita di comunità sono elementi importanti della prevenzione e della terapia psichiatrica.

È un peccato che oggi negli asili e nelle scuole si canti e si suoni meno di prima, come è un peccato che nella maggior parte delle società sviluppate i «balli di gruppo» abbiano perso il valore che avevano nelle società semplici (primitive), o infine che l’egoismo sia diventato per molti una norma di comportamento del tutto naturale.

Emergenza smartphone
Die Smartphone Epidemie, 2018

Chiamare epidemia la diffusione degli smartphone è giustificato dalla quantità di danni che il loro uso provoca sulla salute di coloro che ne fanno uso.

Le persone sono esseri sociali e sono davvero felici solo all’interno di una comunità. I media elettronici, e soprattutto gli smartphone, ci separano più di quanto ci uniscano: è un dato su cui dobbiamo riflettere seriamente.

Che i dispositivi digitali siano oggi pubblicizzati come i più moderni toccasana esistenti è un po’ come se in ambito medico s’iniziasse a raccomandare lo zucchero come nuovo rimedio miracoloso, solo perché lo zucchero può in effetti far bene in alcuni casi d’emergenza (per esempio a un diabetico con un forte stato di ipoglicemia).

I media digitali compromettono lo sviluppo dei bambini non solo quando sono i bambini stessi a farne uso, ma anche quando sono i genitori a usarli mentre badano ai loro figli.

Chi promuove scriteriatamente la digitalizzazione facendo leva sulla paura non sta rendendo un buon servizio alla sua stessa causa. Ogni volta che un’innovazione viene introdotta è necessario soppesarne tanto gli effetti desiderati quanto i rischi e gli effetti collaterali.

Invecchiando si impara
Wie wir denken und lernen, 2020 (con Norbert Herschkowitz)

L’apprendimento permanente non è uno slogan che non corrisponde a nulla, ma è un fenomeno reale. È da adulti, infatti, che impariamo le abilità fondamentali per svolgere numerose funzioni e attività.

Cercare la compagnia delle altre persone – che siano giovani o in età avanzata – è la cosa migliore che un anziano possa fare per il suo benessere. Subito dopo viene il movimento. Il miglior allenamento mentale è l’allenamento fisico.

Usate il cervello, leggete, tenetevi aggiornati sugli eventi di attualità, interessatevi alle altre persone: è fondamentale mantenere vivi la curiosità e il desiderio di imparare.

Da vecchi si può essere felici – come del resto è la maggior parte delle persone anziane – oppure si può essere scontrosi e passare il tempo a lamentarsi perché non si hanno più vent’anni. Sappiate però che, così facendo, vivrete male e meno a lungo.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Wilhelm Schmid