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Aforismi, frasi e pensieri di Fausto Melotti

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Fausto Melotti (Rovereto 1901 - Milano 1986), pittore, scultore, musicista, poeta e aforista italiano. Laureatosi a Milano nel 1924 in ingegneria elettrotecnica, Fausto Melotti non eserciterà mai la professione; va invece a Torino presso lo zio scultore Pietro Canonica che gli insegna il mestiere, e terminerà l'Accademia di Brera nel 1928 con Adolfo Wildt. Nel 1935 espone una ventina di sculture astratte alla Galleria del Milione, a Milano, senza suscitare alcun interesse né tra i critici né tra gli artisti.

Ignorato in patria, il suo nome circola invece a Parigi e in Svizzera dove, nel 1937, ottiene il Premio Internazionale La Sarraz. Dal 1941 vive per due anni a Roma disegnando e scrivendo poesie, che Giovanni Scheiwiller pubblicherà nel 1944 con il titolo II triste Minotauro. Nel 1951 ottiene il Gran Premio della Triennale di Milano e negli anni successivi numerosi altri riconoscimenti importanti, finché nel 1967 espone alla Galleria Toninelli a Milano, punto di partenza per una fitta serie di altre mostre che 10 portano rapidamente al successo. Nel 1973 gli viene assegnato il Premio Internazionale Rembrandt e nel 1978 11 Premio Feltrinelli per la scultura. Nel 1979 il Comune di Milano organizza la grande mostra antologica a Palazzo Reale e nell'aprile 1981 la sua opera riceverà un'ulteriore consacrazione nella mostra della Fortezza di Belvedere a Firenze. [Adelphi].

Meno conosciuta rispetto alla sua attività artistica, è quella di aforista. Fausto Melotti, infatti, ha scritto anche due raccolte di aforismi, riflessioni e poesie, pubblicate dall'editore Adelphi: Linee I (1975) e Linee II (1978). Qui di seguito si riporta una selezione dei migliori aforismi tratti da questi due libri.
La logica ha paura dell'arte, questa dirottatrice. (Fausto Melotti)
Linee
© Adelphi 1975-1978 - Selezione Aforismario

Che ne fai degli elogi? La fanfara sa sempre un poco di caserma.

Con lo spegnersi degli aurei riflessi del mito, l'impressionismo ha iniziato a sbriciolare le grandi macchine della pittura e della scultura. I grandi quadri i grandi monumenti, quando non sono birbonate, oggi sono briciole ingrandite.

Continuamente ci promettiamo ciò che, con fermezza, non manterremo.

Credi di volare e sono calci nel sedere.

Da millenni parliamo ai cani, alle bestie, e ne riceviamo risposte mute. Ci rivolgiamo ai nostri morti e non ci rispondono.

Davanti a una testa-biblioteca m'inchino, pensando di onorare non la testa ma la biblioteca.

Dopo che le avventure dei sogni li hanno portati lontano l'uno dall'altro, al mattino i familiari si salutano come gente che si ritrova dopo un viaggio.

Fatte le somme e sottrazioni il risultato per tutti, si sa, è uno zero. Con una ghirlanda mistica.

I più poveri di tutti sono gli stupidi.

I sentimenti sono come le piante tropicali. Per prosperare abbisognano di calore.

I tanti efferati crimini contro gli innocenti dovrebbero dichiarare l'inesistenza o peggio l'indifferenza di Dio. Invece dimostrano la certa potenza del diavolo.

Il disprezzo con rispetto: la civiltà è tutta qui.

Il gioco è libertà ma la libertà non è un gioco.

Il legno sul quale poserà il mio lungo sonno in un paesaggio a me ignoto ora si scuote al vento.

Il mistero della creazione artistica è impenetrabile.

Il Nulla ama assumere le apparenze più svariate ma il suo travestimento preferito è l'uomo.

Il raptus drammatico della creazione artistica è simile allo stato d'animo del ragazzo che, trovandosi a camminare di notte in una strada deserta, per farsi coraggio canta e, non ricordando più nulla, «inventa» la canzone.

Il sentimento d'affetto che nella prima età dedichiamo quasi tutto ai nostri genitori, dopo lo dividiamo fra essi e l'amato bene, e più in là spetta al coniuge, ai figli e dopo anche ai nipoti. Ma il poco che rimane per i genitori si è affinato e diventa sentimento della morte.

In fondo, laggiù in fondo alla valle il treno come un bruco fugge e scava le sue gallerie. In un altro paese diventerà farfalla.

L'arte se ne va per conto suo e i professori i critici e i mercanti per conto loro.

L'entusiasmo suda; meglio una pacata comprensione.

La casa dei genitori è la casa dei figli. Nella casa dei figli i genitori sono ospiti.

La logica ha paura dell'arte, questa dirottatrice.

La saggezza è nella quiete o nel rischio?

La vecchiaia. Un vestito di pelle appeso a uno scheletro che non regge.

Lavorando accaniti il tempo passa via e non lo vedi. Per vivere a lungo bisogna annoiarsi.

Lo sguardo dell'uomo che la ventura ha portato alla ricchezza o anche alla celebrità, inevitabilmente cambia e diventa un poco più duro. L'affabile eremita nella porpora cardinalizia e il dimesso intellettuale nelle vesti di ministro diventeranno persecutori feroci.

Mette un orecchio alla natura: sente l'erba che cresce, il fruscio delle nuvole, il telaio del ragno, gli utensili delle formiche, il fischio del tempo che passa.

Mi propongo di essere la consolazione della mia vecchiaia.

Nel mondo le cose belle sono tante, ma i mali del mondo sono tanti e tanti che per equilibrare la bilancia dobbiamo gettare nel piatto la nostra fede, chiudendo gli occhi, abbandonandoci nelle braccia di Dio per le cose tremende e orribili che non trovano giustificazione.

Nella mia passeggiata solitaria, a un certo momento mi accorgo che un cane mi segue, poi mi si accompagna e più avanti sempre più mi intrattiene in affettuosi trastulli. Al ritorno, nello stesso luogo in cui è apparso, fingendo interesse ai giochi della sua coda, mi abbandona. Incontri nella vita disinteressati e puri.

Nelle aiuole ci sono tutte le vocali una consonante e tanti fiori.

Non sapendo come cavarsela, la natura ci fa morire.

Ogni giorno moriamo. L'uomo è felice di dormire e si rigira nel letto in cerca del sonno. Forzando, si direbbe ch'egli cerchi d'essere morto. E al mattino, triste o lieto, il risveglio è una piccola resurrezione.

Per gli uomini la grande domanda è sempre quella: morti, come potremo abituarci ad essere morti?

Per le gran commedie della vita, invecchiando tutti acquistiamo una faccia filodrammatica.

Perentorio lo sguardo, l'uomo politico al timone della sua barca di carta, pago dell'ossequio entrobordo, va poi ad annegare nella storia.

Quando mentre parli vedi apparire negli occhi di chi ti ascolta la cortesia, vuol dire che ti stai ripetendo.

Quello che oggi è il mio corpo, ieri era il mio feto e domani sarà la mia carogna. Perché dovrei amarlo?

Rispetto a ciò che non è, qualunque cosa che è, è un miracolo.

Se uno non ha mai riso a crepapelle assieme a sua moglie non sa cosa sia l'amore coniugale.

Seguendo un'ombra sarai l'ombra di un'ombra.

Si può adorare Gesù e disprezzare la sua chiesa.

Si può ridere a mezza bocca, ma non si può piangere da un occhio solo.

Un artista abbandonato dalla fantasia è come un generale a cui sia stato tolto il comando: un rudere che, quasi sempre, si sfoga blaterando.

Un'opera d'arte è un'oasi.

Una volta scomparsi la madre e il padre, che forse ti sopporterebbero in qualsiasi modo, basta un cambiamento di umore per farti diventare insopportabile a tutti. Con tanto poco si ritorna soli al mondo.

Uno stupendo paesaggio non è più tale se in primo piano lo attraversa una bestia infelice. La Bellezza è solitaria e non conosce misericordia. Il Dio che noi amiamo è forse lontano dalla Bellezza.

Libro di Melotti consigliato da Aforismario
Linee
Editore: Adelphi, 2016

Chi conosce le sculture di Fausto Melotti ricorda un loro timbro aereo, penetrante, una loro qualità di articolazione musicale che le rende immuni e selvatiche rispetto al circostante, ma con gesto di delicata civiltà, quasi il fermo e dolcissimo diniego di un mandarino cinese. Altre linee, tracciate dalla stessa mano, con la stessa minima e precisa pressione delle dita, troverà il lettore in questo libro. Linee tipografiche, dove Melotti si presenta dietro l’apparenza di «un note-book, di uno zibaldone d’artista che raccoglie riflessioni, ricordi, moralità, poesie, agudezas, considerazioni tecniche». Ma anche qui Melotti fa agire innanzitutto il suo grande senso formale. Sa che il linguaggio serve a ben altro che a trasmettere opinioni, così lo aggira, lo torce con sottile grazia, ritrova nella freccia dell’ironia, in un imprevisto lampo lirico, in un guizzante giudizio, quello stesso timbro, quella stessa levità, quella capacità di far respirare il vuoto dietro e tra le linee che hanno fatto della sua opera di artista una di quelle che tranquillamente e felicemente navigheranno nel tempo.

Note
Vedi anche: Aforisti del '900