Frasi e aforismi di Umberto Saba
Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste 1883 - Gorizia 1957), poeta, scrittore e aforista italiano.
Umberto Saba è molto più conosciuto come poeta che come pensatore e aforista, ma come ha scritto Guido Piovene: "Saba è altrettanto grande come prosatore che come poeta".
I seguenti pensieri di Umberto Saba sono tratti dal libro Scorciatoie e raccontini, pubblicato da Mondadori nel 1946. Come scrive lo stesso Umberto Saba:
"Le scorciatoie sono − dice il Dizionario − vie più brevi per andare da un luogo ad un altro. Sono, a volte, difficili; veri sentieri per capre. Possono dare la nostalgia delle strade lunghe, piane, diritte, provinciali". E aggiunge: "Occuparsi di pensieri che non possono essere capiti che in futuro, è come occuparsi di antiquaria; una fuga dal presente, una rimozione della realtà dolorosa. Ho paura che sia il mio caso; il caso - voglio dire - di SCORCIATOIE".
I fatti preesistono. Noi li scopriamo, vivendoli. (Umberto Saba) |
Scorciatoie e raccontini
© Mondadori 1946 - Selezione Aforismario
Accade a chi voglia cercare la causa di un qualsiasi avvenimento, come a chi cammina in alta montagna; che, varcato un monte, un altro se ne presenta, e poi un altro e un altro ancora. Una foglia non cade per una causa sola, ma per un complesso di cause; delle quali alcune ci sono chiare; altre (stellari, cosmiche, più oltre) rimangono (e forse rimarranno sempre) fuori dalla nostra coscienza.
Anche la civiltà cannibalica ci ha lasciato, morendo, qualcosa di apprezzabile: il bacio.
Arrivati a una certa età, non si può più discutere, Si può solo imparare o insegnare. Imparare sarebbe, ancora, il meglio. Ma chi può insegnare a un vecchio? Deve imparare da se stesso, o sparire.
Arte. Non si rivolge all'avvenire, ma al passato. Come l'istinto è retrograda. Vive – anche là dove non sembra – del proibito. Senza scoprire il proprio giuoco – che allora sarebbe perduta – offre un illusorio, ma appropriato compenso a tutte quelle «tendenze» che l'uomo, dalla sua più tenera infanzia (preistoria) in poi, ha dovuto abbandonare, per camminare su due, invece che su quattro gambe; per diventare giorno per giorno (secolo per secolo) una persona civile.
Artisti. Non vanno presi troppo sul serio. Sono tutti − Dante compreso − bambini in castigo.
Bacco, tabacco e Venere, ed altri stupefacenti, riducono l'uomo in cenere solo se egli ne usa senza innocenza; combattuto fra la convinzione che essi gli sono nocivi e il rimorso di non potersene astenere.
Buono e cattivo sono termini arcaici, che l'abuso ha degradati a significati solo gastronomici. Propongo di sostituirli con «chiaro» e «oscuro». Tutto quello che (in noi stessi) è chiaro, è buono; tutto quello che è oscuro, è cattivo.
Cane. Vorrebbe sfogare i suoi istinti (appena coperti) e, al tempo stesso, conservarsi l'amore del padrone. Ma l'una cosa e l'altra non può. Trema. Ha senso di colpa. Guarda i suoi occhi; so che li guardi volentieri, che li capisci, che ti sono anche troppo fraterni...
Chi ha – dove? come? quando? perché? – perduto il contatto con la propria vita istintiva; chi non è capace di veder chiaro in sé stesso – dico chiaro fino al punto delle sue viscere – per poi magari, risalito in superficie, ridere di quello che ha veduto, e «passare oltre»: egli [...] non può né camminare, né saltare, né correre. Egli solo svolazza.
Delusioni. Le delusioni che si provano nei rapporti umani vengono da questo: ognuno sa di sé e degli altri quello che si può sapere di un sogno, quando se ne consideri la facciata, e non quello che sta "dietro la facciata". Nella tragedia degli equivoci, il tale che, in buona fede, si presenta come un salvatore, con angelica dolcezza, si rivela poi, alla prima prova, incapace come un poppante del più piccolo sacrificio.
Di cosa soffre profondamente l'uomo? Di non poter né sfogare né sublimizzare i propri istinti.
Diffidate degli scrittori che si attaccano ai grandi soggetti, alle biografie degli uomini reputati enormi. Sono come quelli che si lasciano crescere la barba per nascondere il mento troppo corto.
Gli individui, le nazioni, i continenti si odiano e si minacciano. Perché una cosa stia (momentaneamente) in piedi, bisogna che parta da aggressione. L'aggressione allo stato puro è la cosa più apprezzata.
Gli uomini, anche i migliori, non mettono tanto l'accento sull'avere, quanto sul desiderio che gli altri non abbiano, o abbiano meno.
I fatti preesistono. Noi li scopriamo, vivendoli.
I poeti e i filosofi. I poeti (questo lo sanno tutti) sono egocentrici. Per essi, il mondo esterno esiste; solo gira esclusivamente intorno alla loro persona. I filosofi (metafisici) avevano fatto un passo più avanti nel cammino della regressione: erano egocosmici.
I ragazzi si danno i pugni per non accarezzarsi. E, qualche volta, si accarezzano per non darsi i pugni.
Il nazionalismo mostra, come la nevrosi, il rovescio della medaglia; attraverso l'esasperazione di un sentimento così naturale nell'uomo come l'amore per il proprio paese, il principio della sua negazione.
L'arte, per la sua intima natura profondamente asociale, serve – attraverso vie proprie – alla vita sociale.
L'opera d'arte è sempre una confessione; e, come ogni confessione, vuole l'assoluzione.
L'Italia – direbbe il loro e mio Shakespeare – è una rosa troppo bella, troppo profumata, per non accogliere nel suo grembo il verme più ripugnante.
L'uomo di stato è – come il grande poeta – raro; deve fondere in sé due qualità (la prima egoistica, «crudele», captativa; l'altra di dedizione, oblativa) che sembrano – e sono – discordanti e quasi inconciliabili.
La grazia dell'infanzia è la disgrazia dell'età matura.
La pazzia e la delinquenza hanno più di un rifugio: le prigioni, i manicomi... altri ancora. Verrà il giorno nel quale si toglierà loro, con un atto ardito, il beneficio di un tetto sicuro?
Le guerre si combattono perché l'uomo è un animale aggressivo; il più aggressivo, forse, della creazione.
Le persone che fanno professione di sincerità, delle quali si dice che «hanno il cuore in bocca», sono le più simulatrici. Dicono tutto a tutti per nascondere una cosa sola.
Letteratura italiana. Potrebbe rimanere, di secoli di noia, un verso: il più bello, il più inutile, il più melanconico, il più perfetto che sia mai stato scritto: E chiaro nella valle il fiume appare.
Libertinaggio. Quando si sente poco, o male, si raddoppiano le dosi. Ecco Semiramide; ecco Messalina.
Libri gialli. Ricordano le interminabili avventure dei cavalieri erranti. Al posto del cavaliere è stato messo il poliziotto. Ma (come tutto in un'epoca si tiene) questi è affezionato (sebbene per uno scopo diverso) alla tecnica della psicoanalisi. L'indizio rivelatore è sempre dove nessuno lo cerca.
Medici. Non v'è quasi altra differenza fra un medico buono ed uno cattivo che questa: il primo è innamorato della guarigione, il secondo della malattia. Il cattivo medico non desidera guarire radicalmente l'ammalato ma solo calmare i sintomi che lo fanno soffrire. Così il cliente, grato del sollievo, ritorna.
Non esiste il caso; non esiste la famosa tegola sul capo. Esistono nessi − e autodecisioni − che noi non sappiamo.
Non ho nulla da dire ai filosofi; né essi hanno nulla da dire a me. Come li avvicino diventano fluidi; si dilatano all'universale per non essere toccati in un solo punto nevralgico. Tutti i loro sistemi sono "toppe", per nascondere una "rottura di realtà". I poeti promettono di meno e mantengono di più.
Non pare che i moribondi soffrano di morire ma del conflitto fra il desiderio (cosciente) di vivere, e quello (incosciente) di morire.
Orologi. Il tempo è rotondo; ritorna in se stesso. E gli orologi, che servono a indicarlo, dovrebbero pure essere rotondi. Lo furono infatti: dalla loro invenzione a ieri. L'uso, ultimamente invalso di dare agli orologi forma quadrata, triangolare, ottagonale, è uno dei tanti piccoli indizi dello smarrimento dei nostri giorni. Di mille e non più mille.
"Papà − diceva una giovinetta a una giovinetta sua uguale − "è un bambino con molti mezzi a sua disposizione".
Patriottismo, nazionalismo e razzismo stanno fra di loro come la salute, la nevrosi e la pazzia.
Perché maestro e scolaro sieno – reciprocamente – perfetti, bisogna che fra i due si svolga continuamente questo muto dialogo: Foss'io ancora, fanciullo, come te! – Potessi io un giorno diventare quale tu sei, mio buon maestro!
Quel padre che, avendo il figlio in una situazione difficile – mettiamo, come caso estremo, in guerra – lo pensa continuamente in pericolo, lo vede inevitabilmente morto, non ama suo figlio. O, per essere esatti, non lo ama solamente. L'amore non è un annunciatore di disastri: l'amore vede roseo. E qualche volta, si capisce, s'inganna.
Sincero. Le persone che fanno professione di sincerità, delle quali si dice che "hanno il cuore in bocca", sono le più simulatrici. Dicono tutto a tutti per nascondere una cosa sola.
Sono un conservatore della specie più rara. Capisco – da sempre – che a molto deve rinunciare chi voglia conservare l'essenziale. Un conservatore nato non ragiona così. O, meglio, egli non ragion affatto. Egli soffre semplicemente di costipazione.
Libro di Saba consigliato da Aforismario
Curatore: Silvio Perrella
Editore: Einaudi, Torino, 2011
"Le scorciatoie sono − dice il Dizionario − vie più brevi per andare da un luogo ad un altro. Sono, a volte, difficili; veri sentieri per capre. Possono dare la nostalgia delle strade lunghe, piane, diritte, provinciali". Brevi componimenti in prosa, di taglio scorciato e incisivo, che hanno l’accento della poesia e il rigore dell’aforisma. È quasi un genere nuovo, certo tutto suo, che Saba chiama “Scorciatoie”, perché, in modi rapidi ed ellittici arrivano a conclusioni lontane e spesso sorprendenti. La politica, la letteratura, l’arte le amicizie e gli incontri colti in un momento drammatico e spensierato, «sotto l’impressione, estremamente piacevole, della dissoluzione di un incubo».
Note
Leggi anche le citazioni dei poeti e aforisti italiani: Antonio Delfini - Aldo Palazzeschi - Camillo Sbarbaro
Note
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