Frasi e citazioni di Federico Zeri
Selezione di frasi e citazioni di Federico Zeri (Roma 1921 - Mentana 1998), critico d'arte italiano. Federico Zeri è stato allievo di Pietro Toesca e di Roberto Lunghi.
Oltre a centinaia di saggi apparsi sulle principali riviste di storia dell'arte, Zeri ha pubblicato, tra gli altri, Pittura e controriforma (1957 ), Due dipinti, la filologia e un nome (1961) e molti cataloghi d'arte, tra cui quelli dei dipinti italiani del Metropolitan Museum di New York e della Walter Art Gallery di Baltimora, quelli della Galleria Spada e della Galleria Pallavicini di Roma, e, insieme a Francesco Rossi, quello della Collezione Morelli dell'Accademia Carrara di Bergamo.
Ha curato una sezione della Storia dell'arte italiana per Einaudi e ha pubblicato presso Longanesi Mai di traverso. Storie e ricordi di quadri, di libri e di persone (1982), L'inchiostro variopinto. Cronache e commenti dai falsi Modigliani al falso Guidoriccio (1985), Dietro l'immagine (1987) e Confesso che ho sbagliato. Ricordi autobiografici, (1995).
Meno male che c'è stato Napoleone che ha portato via un bel po' di opere d'arte, sennò qui distruggevano pure quelle che stanno al Louvre. (Federico Zeri) |
Dietro l'immagine
Conversazioni sull'arte di leggere l'arte © Longanesi 1987
Parlare in Italia di fruizione o di lettura di opere d'arte è, se non proprio pericoloso, per lo meno arduo. Viviamo in un paese in cui ciascuno crede di sapere qualcosa di pittura, e quindi di poter dire la sua.
Ciò cui non può giungere la parola, molto spesso nelle varie civiltà è stato espresso visivamente secondo gusti, inclinazioni, e precisi codici simbolici e iconografici, che con il passare delle generazioni sono stati poi completamente cancellati, dimenticati. Compito dello storico è appunto quello di riscoprire questi significati caduti nell'oblio.
Non dimenticate che viviamo in un paese la cui stratificazione storica e culturale è durata più di duemila anni. Oggetti a loro tempo importantissimi, veneratissimi, densi di significato religioso, o comunque alto e complesso, possono essersi smarriti, possono trovarsi, sconosciuti, in qualche chiesa, in qualche convento, nei depositi di qualche museo: proprio perché l'Italia è un paese nel quale c'è stata questa stratificazione continua, e nel quale le opere d'arte sono state parte integrante della storia religiosa, sociale, civile e culturale; e non importate casualmente, come è per quasi tutte le opere d'arte che si trovano oggi nei musei degli Stati Uniti.
Solo quando lo Stato romano diventa cristiano, cioè quando il cristianesimo viene riconosciuto e tollerato, per poi divenire l'unica religione ammessa (prima con Costantino, poi con Teodosio I e Teodosio n) possiamo parlare di un'arte cristiana: allora c'è veramente uno stacco , le forme della vecchia arte pagana si fossilizzano, ed è come se nascesse un'arte liofilizzata la quale, poi , troverà nuova vita e nuovo splendore soltanto nel Rinascimento.
Non dimenticate che viviamo in un paese la cui stratificazione storica e culturale è durata più di duemila anni. Oggetti a loro tempo importantissimi, veneratissimi, densi di significato religioso, o comunque alto e complesso, possono essersi smarriti, possono trovarsi, sconosciuti, in qualche chiesa, in qualche convento, nei depositi di qualche museo: proprio perché l'Italia è un paese nel quale c'è stata questa stratificazione continua, e nel quale le opere d'arte sono state parte integrante della storia religiosa, sociale, civile e culturale; e non importate casualmente, come è per quasi tutte le opere d'arte che si trovano oggi nei musei degli Stati Uniti.
Solo quando lo Stato romano diventa cristiano, cioè quando il cristianesimo viene riconosciuto e tollerato, per poi divenire l'unica religione ammessa (prima con Costantino, poi con Teodosio I e Teodosio n) possiamo parlare di un'arte cristiana: allora c'è veramente uno stacco , le forme della vecchia arte pagana si fossilizzano, ed è come se nascesse un'arte liofilizzata la quale, poi , troverà nuova vita e nuovo splendore soltanto nel Rinascimento.
Ogni giorno noi cresciamo, maturiamo, mutiamo, non siamo mai gli stessi.
È norma salutare che se un quadro è sporco è meglio non toccarlo, a meno di affidarlo a tecnici competenti: il tempo distrugge, il tempo rovina, ma non quanto i cattivi restauratori.
Certi quadri riescono a essere interpretati solo attraverso minimi dettagli rimasti in buono stato. Capolavori straordinari sono stati rovinati da incauti pulitori.
Il restauro è stato uno dei flagelli degli ultimi duecento anni. Un restauratore può rovinare molto più di un bombardamento, perché le schegge delle bombe mutilano un quadro (a meno che non lo distruggano completamente), ma anche un frammento intatto consente la lettura dello stile. Il restauratore, invece, scortica il quadro; per cui, mancando la pelle finale, sono impossibili l'analisi e l'interpretazione formale.
Basta un soffio a distruggere certi pittori, soprattutto quelli del Cinquecento, che eseguivano i loro dipinti non con una pittura spessa, come è il caso dei Veneziani, ma con delle velature di una frazione di millimetro, come è il caso di Pontormo, di Rosso Fiorentino, ma soprattutto di Fra' Bartolomeo e di Mariotto Albertinelli. Una volta che sono stati rovinati, non c'è più nulla da fare per ripararli.
I danni provocati dall'usura sono infinitamente inferiori a quelli provocati dai restauratori e, soprattutto, da coloro che pensano di pulire e restaurare i quadri usando sostanze inappropriate.
Fino all'inizio del secolo XIX le sculture antiche quando venivano scoperte, corrose e mutilate, oltre a venire completate (è il caso, per esempio, dell'Apollo del Belvedere che riebbe le sue mani), venivano anche lisciate. Si sottoponeva l'epidermide a una rilavorazione che alterava completamente i caratteri delle statue, al punto che oggi non sappiamo se si tratti di originali greci o di copie romane perché, tutte quante, finivano per avere la stessa epidermide.
Più si conoscono la letteratura e la storia e più possiamo impadronirci del significato di un'opera figurativa. Più vaste sono le nostre conoscenze di un periodo e più è facile penetrare nello spirito dei suoi testi artistici. Ma non bisogna illudersi: molti dei suoi significati essenziali ci sfuggono.
Ci sono epoche artistiche che possono essere intuite, comprese soltanto al momento opportuno: ma il passato è morto per sempre. Quello che è ieri, rimane ieri, non è possibile farlo risorgere. Non ci sarà mai nessuna forza, nessuna credenza, capace di farci comprendere il passato in tutte le sue implicazioni.
Per quanto ci si sforzi di capire un'opera d'arte antica, per quanto ci si sforzi d 'imitarla, non si riuscirà mai a comprenderla nella sua complessità.
Persino musiche, canzoni, giornali di una ventina di anni fa contengono allusioni e connotati che già oggi ci tornano completamente oscuri. Figuriamoci l'abisso che ci separa da opere d'arte complesse e densissime di messaggi.
Potreste chiedermi: qual è l'arte guida dei nostri giorni? Io rispondo: il cinema, perché è quella forma di espressione che traina le altre arti. Molte tra le migliori musiche dei nostri tempi sono state composte per fare da commento musicale a un film. Per il cinema molto spesso sono stati creati modelli bellissimi di vestiti femminili e maschili. Al cinema confluiscono gli arredatori. Ma, soprattutto, il cinema ci ha abituati a giudicare le opere d'arte figurative, compresa la pittura, attraverso nuovi schemi.
Bisogna stare molto attenti a prendere per buone le affermazioni di quegli studiosi che trovano sempre una risposta ad ogni domanda.
Le falsificazioni sono sempre esistite. Dal momento in cui un'opera d'arte comincia a suscitare di per sé un grande interesse, e ad avere valore commerciale, inizia la sua mercificazione. Simmetrici al suo valore venale, incominciano i falsi.
Quando un'opera d'arte diventa famosa, non c'è soltanto il desiderio di possederla, ma anche il desiderio di moltiplicarla; ed è l'inizio della falsificazione.
Per quanti sforzi faccia il falsario, per quanto lunga e abile sia la sua preparazione, [...] ci sarà sempre un indizio, una spia, che inchioderà quel falso all'epoca in cui è stato creato.
Sbucciando Piselli
© Mondadori, 1990 (con Roberto D'Agostino)
Meno male che c'è stato Napoleone che ha portato via un bel po' di opere d'arte, sennò qui distruggevano pure quelle che stanno al Louvre.
Note
- Una curiosità: in seguito a gravi contrasti sorti in occasione della catalogazione fatta da Federico Zeri con il concorso di Vittorio Sgarbi, dei beni lasciati da Roberto Longhi, Sgarbi dichiarò al Maurizio Costanzo Show: «Io odio Federico Zeri e desidero la sua morte!». Il giorno della morte di Zeri, Sgarbi sostenne: «Ora che è morto, vorrei vederlo vivo».
- Leggi anche le citazioni dei critici d'arte italiani: Gillo Dorfles - Vittorio Sgarbi - Stefano Zecchi