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Frasi e citazioni di Ludwig Feuerbach

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Ludwig Feuerbach (Landshut 1804 - Rechenberg 1872), filosofo tedesco. Nel 1823 Feuerbach frequenta la facoltà di teologia di Heidelberg, che presto abbandona per seguire i corsi di logica, metafisica e filosofia della religione che Hegel teneva con grande successo all'università di Berlino. "Bastò che per un semestre seguissi le sue lezioni e la mia testa e il mio cuore furono rimessi sulla loro via; io seppi ciò che dovevo e volevo: non teologia, ma filosofia! Non vaneggiare e fantasticare, ma imparare! Non credere, ma pensare!".

Nel 1825 si iscrive dunque alla facoltà di filosofia, dove ottiene la libera docenza subito dopo la laurea, conseguita nel 1829. Ma già l'anno dopo è costretto ad abbandonare l'insegnamento universitario per le pressioni ricevute dall'autorità in seguito alla pubblicazione del libro Pensieri sulla morte e l'immortalità (1830), nel quale, negando l'immortalità dell'anima, Feuerbach rivela le sue idee anticristiane e non in linea con l'ordine costituito. Ciò non scoraggia Feuerbach a continuare a interessarsi dei fenomeni religiosi da un punto di vista ateistico, al punto da farne il tema dominante di tutta la sua attività filosofica, che si esprime in tutta la sua forza ne L'essenza del Cristianesimo (1841), opera con la quale ottiene un immediato successo.

Spinto dalla propria visione materialistica del mondo, Feuerbach comincia a interessarsi a tutte quelle indagini filosofiche e scientifiche in cui trova punti di sostegno per la sua polemica antireligiosa. E proprio recensendo una di queste opere di carattere divulgativo (Dell'alimentazione di Jacob Moleschott), Feuerbach, nel 1850, scrive una frase che diventerà l'emblema stesso del materialismo: "L'uomo è ciò che mangia", frase con la quale intende sottolineare l'importanza del miglioramento dell'alimentazione per il miglioramento degli individui e degli interi popoli.

Feuerbach ribadirà questo concetto ne Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia (1862), in cui afferma che psiche e corpo formano un'unità inscindibile, al punto che ciò che siamo e pensiamo dipende direttamente dal modo in cui ci alimentiamo. Le citazioni di Feuerbach riportate in questa pagina sono tratte, oltre che dall'opera principale, L'essenza del Cristianesimo (1841), da Principi della filosofia dell'avvenire (1843) e da L'essenza della religione (1845).
Ritratto di Ludwig Feuerbach
Il culto di Dio dipende unicamente dal culto che l'uomo ha per sé stesso.
(Ludwig Feuerbach)

Abelardo ed Eloisa
Abälard und Heloise, 1833

Quanto più s'allarga la nostra conoscenza dei buoni libri, tanto più si restringe la cerchia degli uomini la cui compagnia ci è gradita.

Per la critica della filosofia hegeliana
Zur Kritik der Hegelschen Philosophie, 1839

È vero che la natura ha fatto dell'uomo il signore degli animali, ma non gli ha dato soltanto le mani per domarli, ma anche occhi e orecchi per ammirarli.

Forse che l'uomo abbandonato e respinto non trova nella fedeltà dell'animale, e in questa soltanto, un compenso per l'ingratitudine, la doppiezza e la perfidia del suo prossimo? L'animale non esercita forse sul cuore infranto dell'uomo una salutare influenza conciliatrice? Non c'è forse alla base del culto degli animali anche un senso buono e ragionevole? E non è possibile che ci sembri ridicolo solo perché noi siamo caduti in una idolatria di altro genere?

L'essenza del Cristianesimo
Das Wesen des Christentums, 1841- Selezione Aforismario

Dapprima l'uomo inconsapevolmente e involontariamente crea Dio secondo la propria immagine e, solo allora, questo Dio – a sua volta consapevolmente e volontariamente – torna a creare l'uomo secondo la propria immagine.

Ciò che ancor ieri era religione, oggi non lo è più, e ciò che oggi è considerato ateismo, sarà religione domani.

Come Dio non è nient'altro che l'essenza dell'uomo purificata da ciò che all'individuo umano appare − tanto nel sentire quanto nel pensare − quale limite, quale male, così l'aldilà non è nient'altro che l'aldiquà libero da ciò che appare quale limite, quale male.

Come l'uomo pensa, quali sono i suoi principi, tale è il suo dio; quanto l'uomo vale, tanto e non più vale il suo dio. La coscienza che l'uomo ha di Dio è la conoscenza che l'uomo ha di sé.

Da quando si è fatto del sentimento l'elemento essenziale della religione, la materia di fede del cristianesimo – un tempo così sacra – è divenuta indifferente. 

Dio divenuto uomo non è che la manifestazione dell'uomo divenuto dio; infatti l'elevazione dell'uomo a Dio precede necessariamente l'abbassarsi di Dio a uomo.

Dio è amore significa che il cuore è il Dio dell'uomo.

I dogmi fondamentali del cristianesimo sono desideri appagati del cuore, l'essenza del cristianesimo è l'essenza dei sentimenti che albergano nel nostro cuore.

Il miracolo, esaminato attentamente, null'altro esprime se non appunto la potenza taumaturgica della fantasia, che senza contraddizione adempie tutti i desideri del cuore.

Il tempio non è che una testimonianza del valore che l'uomo attribuisce agli edifici. I templi in onore della religione sono in realtà templi in onore dell'architettura.

L'amore di Dio per l'uomo – centro e fondamento della religione – è la prova più chiara, più irrefutabile che l'uomo nella religione contempla se stesso come un oggetto divino, come un divino scopo, e che i suoi rapporti con Dio non sono che rapporti con se stesso, con il suo proprio essere.

La fede nella provvidenza è la fede dell’uomo in sé stesso. Dio si prende cura di me; egli si propone la mia felicità, la mia salvezza; vuole che io sia beato; ma anche io voglio la stessa cosa; il mio proprio interesse è dunque l’interesse di Dio, la mia propria volontà la volontà di Dio, il mio proprio fine ultimo il fine di Dio - l’amore di Dio per me non è che il mio amore di me stesso divinizzato.

La provvidenza è un privilegio dell'uomo; esprime la superiorità dell'uomo sugli altri esseri naturali; lo sottrae alla concatenazione di tutto l'universo.

La religione è l'infanzia dell'umanità.

La religione riposa sulla distinzione essenziale dell'uomo dalla bestia; le bestie non hanno religione.

L'essenza della fede [...] è di essere ciò che l'uomo desidera − egli desidera essere immortale, dunque è immortale; egli desidera che vi sia un'essenza che può tutto ciò che per la natura e per la ragione è impossibile, dunque una tale essenza esiste.

L'essere assoluto, il Dio dell'uomo, è l'essere stesso dell'uomo. 

L'uomo afferma in Dio ciò che nega in sé stesso.

Nella preghiera io trascino Dio nella miseria umana, lo faccio partecipe delle mie sofferenze e dei miei bisogni. 

Non al Cristianesimo, non all'entusiasmo religioso, ma solo all'entusiasmo della ragione dobbiamo l'esistenza di una botanica, di una mineralogia, di una zoologia, di una fisica e di una astronomia.

Per arricchire Dio, l'uomo deve impoverirsi; affinché Dio sia tutto, l'uomo deve essere nulla. 

Per il cristiano è certa, reale soltanto l'esistenza del dio cristiano, per il pagano l'esistenza del dio pagano. 

Porre alcunché in Dio, o derivare alcunché da Dio, null'altro significa che sottrarlo al controllo della ragione, significa porre alcunché come indubitabile, come inviolabile, come santo, senza volerne spiegare il perché. 

Quando la morale viene fondata sulla teologia e il diritto su un'autorità divina, le cose più immorali, più ingiuste e più vergognose possono avere il loro fondamento in Dio e venir giustificate.

Quanto più la sensualità viene negata, tanto più sensuale è il dio a cui si sacrifica la sensualità. 

Solo nell'origine si può riconoscere la vera natura di una cosa. Dapprima l'uomo inconsapevolmente e involontariamente crea Dio secondo la propria immagine e, solo allora, questo Dio – a sua volta consapevolmente e volontariamente – torna a creare l'uomo secondo la propria immagine. 

Principi della filosofia dell'avvenire
Grundsätze der Philosophie der Zukunft, 1843 - Selezione Aforismario

Il filosofo assoluto diceva di sé, o almeno pensava - e la considerazione era fatta dal pensatore, naturalmente, non dall'uomo: «La vérité c'est moi»; detto analogo a quello: «L'État c'est moi» del monarca assoluto o a quello del Dio assoluto: «L'etre c'est moi ». Il filosofo umano dice invece: anche nel pensare, anche da filosofo, io sono uomo con gli uomini. 

La vera dialettica non è un monologo del pensatore solitario con se stesso, è un dialogo tra io e tu. 

La verità non esiste nel pensare e nel sapere per sé stesso. La verità è soltanto la totalità della vita e 
dell'essenza umana. 

L'uomo singolo, preso per sé, né in quanto solo ente morale né in quanto 'solo ente pensante ha in sé l'essenza dell'uomo. L'essenza dell'uomo è contenuta soltanto nella comunità, nell'unità dell'uomo con l'uomo - una unità che però si fonda soltanto sulla realtà della differenza tra io e tu. 

La solitudine è finitezza e limitatezza, la vita in comune è libertà e infinità. L'uomo per sé è uomo (nel senso comune del termine); l'uomo con l'uomo, cioè l'unità di io e tu, è Dio.

L'essenza della religione
Das Wesen der Religion, 1845 - Selezione Aforismario

Dio è un essere il cui concetto o rappresentazione non dipende dalla natura, ma dall'uomo, e, in particolare, dall'uomo religioso; un oggetto di adorazione non esiste senza un essere adorante, cioè Dio è un oggetto, la cui esistenza è data soltanto con l'esistenza della religione e la cui essenza è data soltanto con l'essenza della religione, un oggetto che dunque "non" esiste "fuori della religione, in modo distinto, indipendente" da essa, e nel quale, "oggettivamente", non è contenuto niente più di quanto, "soggettivamente", è contenuto nella religione.

Chi non ha più desideri soprannaturali, non ha più nemmeno essenze soprannaturali.

È soltanto l'alternarsi della natura che rende l'uomo malsicuro, umile, religioso. Non so se il tempo sarà domani propizio alle mie faccende, non so se raccoglierò ciò che semino; non posso dunque contare sui doni della natura, essere sicuro di essi come se fossero un tributo che mi è dovuto o una conseguenza immancabile. ma ove viene meno la certezza matematica, ivi − anche ai nostri giorni nelle menti degli sciocchi − incomincia la teologia.

Il culto di Dio dipende unicamente dal culto che l'uomo ha per sé stesso, è soltanto una manifestazione di esso.

Il mondo non ci è dato per mezzo del pensare, almeno non per mezzo del pensare metafisico e iperfisico che astrae dal mondo reale e pone la sua vera, suprema essenza in questa astrazione; esso ci è dato per mezzo della vita, dell'intuizione, dei sensi.

Il sentimento di dipendenza dell'uomo è il "fondamento" della religione; ma l'oggetto di questo sentimento di dipendenza, ciò da cui l'uomo dipende e si sente dipendente, non è originariamente altro che la natura. La "natura" è il "primo, l'originario oggetto della religione", come la storia di tutte le religioni e di tutti i popoli documenta ampiamente.

L'ammissione di un ente diverso dalla natura per spiegare l'esistere di essa ha la sua radice − in ultima istanza, se non altro − soltanto nella incapacità − peraltro solo relativa e soggettiva − di spiegare la vita organica, e in particolare quella umana, come un fatto naturale; il teista trasforma infatti la sua incapacità di intendere la vita come una manifestazione della natura in una incapacità della natura di generare da sé la vita; egli fa dunque dei termini della sua mente i termini della natura.

L'esistenza della natura non si fonda, come si illude il teismo, sull'esistenza di Dio − nemmeno per sogno, è proprio il contrario: l'esistenza di Dio, o piuttosto la fede nella sua esistenza, ha il suo unico fondamento nell'esistenza della natura.

L'essenza divina che si manifesta nella natura non è altro che la natura stessa che si manifesta, si mostra e si impone all'uomo come un ente divino.

«L'origine della vita è inspiegabile e incomprensibile»: certo; ma questa incomprensibilità non ti autorizza a trarre le conclusioni superstiziose che la teologia trae dalle lacune del sapere umano, né ti autorizza a spingerti oltre l'ambito delle cause naturali.

L'uomo è il principio della religione, l'uomo è il centro della religione, l'uomo è il fine della religione.

Nella realtà, ove le cose si svolgono secondo natura, la copia vien dopo l'originale, l'immagine dopo la cosa, il pensiero dopo l'oggetto; ma sul terreno della teologia, soprannaturale e fantastico, l'originale vien dopo la copia, e la cosa dopo l'immagine.

Non al Cristianesimo, non all'entusiasmo religioso, ma solo all'entusiasmo della ragione dobbiamo l'esistenza di una botanica, di una mineralogia, di una zoologia, di una fisica e di una astronomia.

Se la terra portasse sempre frutti, che ragione ci sarebbe di celebrare le feste religiose della semina e del raccolto? Solo per il fatto che essa ora apre il suo grembo, ora lo chiude di nuovo, i suoi frutti appaiono come doni "volontari", per i quali bisogna esprimere gratitudine. Solo il mutamento della natura rende l'uomo insicuro, umile, religioso. Non si sa se domani il tempo sarà favorevole alla mia attività, non si sa se raccoglierò quello che semino; non posso dunque fare affidamento sui doni della natura, considerarli come se fossero un tributo che mi è dovuto o una conseguenza immancabile. Ma dove viene a mancare la certezza matematica, là - ancora oggi nelle menti più deboli - ha inizio la teologia.

Siamo situati all'interno della natura; e dovrebbe esser posto fuori di essa il nostro inizio, la nostra origine? Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non esser derivati da essa? Quale contraddizione!

Tutte le deduzioni del mondo da Dio, della natura dallo spirito, della fisica dalla metafisica, del reale dall'astratto si mostrano per quello che sono − giochi logici. 

Verrà il tempo nel quale si adempirà la profezia di Lichtenberg, nel quale la fede in un Dio razionalistico verrà considerata superstizione, proprio come ora è già considerata superstizione la fede in un Dio di carne, miracoloso, cioè nel Dio cristiano; il tempo in cui ad illuminare e riscaldare l'umanità non sarà la candela dell'ingenua fede, né la luce crepuscolare della fede razionale, ma la pura luce della natura e della ragione.

Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che mangia
Das Geheimnis des Opfers, oder Der Mensch ist, was er ißt, 1862

L'uomo è ciò che mangia.
[Der Mensch ist was er isst]. [1]

Note
  1. La frase "L'uomo è ciò che mangia" era già stata pubblicata da Feuerbach nel 1850 recensendo Dell'alimentazione: trattato popolare, di Jacob Moleschott, sulla rivista Blätter für literarische Unterhaltung (Fogli per l'intrattenimento letterario).
  2. Leggi anche le citazioni dei filosofi tedeschi: Immanuel Kant - Georg Wilhelm Friedrich Hegel - Karl Marx