Frasi e opinioni su Pascal

Frasi e opinioni su Blaise Pascal (Clermont-Ferrand 1623 - Parigi 1662), filosofo francese, con giudizi critici sul suo pensiero e sulla sua celebre "scommessa sull'esistenza di Dio". 
Su Aforismario trovi anche una raccolta di pensieri di Pascal e il famoso brano della "scommessa su Dio" in lingua originale francese con traduzione in italiano. [I link sono in fondo alla pagina].

Foto di Gesualdo Bufalino
Odiare se stessi è un vizio che ci ha insegnato Pascal.
Come col fumo, non è impossibile smettere. (Gesualdo Bufalino)

I pensieri di Pascal non sono che dei galimathias; [1] si potrebbe dir di lui ciò che il volgo dice dei ciarlatani «Bisogna che egli abbia ragione, perché noi non l'intendiamo».
Napoleone Bonaparte, Aforismi e pensieri politici, morali e filosofici, XIX sec.

Odiare se stessi è un vizio che ci ha insegnato Pascal. Come col fumo, non è impossibile smettere.
Gesualdo Bufalino, Bluff di parole, 1994 [2]

Su una contraddizione di Pascal. Spaventato dal silenzio degli spazi, perché, bambino Pascal, così ostile ai clamori e ai colori del teatro che avrebbero potuto distrartene?
Gesualdo Bufalino, Bluff di parole, 1994 [3]

A ciascuno il suo. Ma anche: il tuo è mio. Nei Pensieri di Pascal - vero capolavoro della letteratura «frammentaria» e grande libro anche per un lettore di poca o nessuna fede - è continua la reminiscenza degli Essais di Montaigne: essi ricalcano senza pudore (come fan sempre i grandi innamorati) e spesso senza neppure cambiare le parole, nelle sentenze, nei giudizi, nelle citazioni e nelle citazioni delle citazioni, quella superba enciclopedia del sapere e della saggezza: ma con grande rispetto per il primo e nessuno per la seconda. È l'uomo, non il dotto, che non persuade il filosofo. Il quale alla fine sbotta in questa conclusione: «Non in Montaigne, ma in me stesso, trovo tutto quello che vedo in lui!» Pascal non perdona dunque a Montaigne di non esser stato giansenista; proprio come fra tre secoli Sartre non perdonerà a Flaubert di non esser stato comunista.
Francesco Burdin, Un milione di giorni, 2001

A ventinove anni Blaise Pascal, che gode già di grande reputazione come matematico e fisico, attraversa in carrozza il ponte di Neuilly, per un imbizzarrimento dei cavalli rischia di precipitare nella Senna. L'emozione per l'incidente è così forte che cambia completamente la sua vita e si rifugia a Port Royal. Lutero e il fulmine che uccide il suo compagno di conversazione. I letterati puri, come insegna Fontenelle, hanno maggior spina dorsale.
Francesco Burdin, Un milione di giorni, 2001

Il cervello anche meglio dotato lavora a compartimenti stagni. L'intelligenza - per citare due esempi eccezionali - di Pascal e di Nietzsche procede su un doppio binario, e l'ammirazione che si ha per uno dei due si alterna continuamente allo sconcerto che si prova per l'altro.
Francesco Burdin, ibidem

Che le sfere celesti nel loro perfetto meccanismo non facciano il minimo rumore è davvero terrificante, come con poetica concisione ha osservato Pascal: «Il silenzio eterno di quegli spazi infiniti mi spaventa». I,'assenza è in ogni caso più spaventevole della presenza.
Francesco Burdin, Un milione di giorni, 2001

Pascal dichiara di portare 1'orologio «sempre attaccato al polso sinistro». All'epoca di Renzo e Lucia!
Se non lo leggessimo coi nostri occhi lo giudicheremmo impensabile!
Francesco Burdin, ibidem

«Diseurs de bons mots, mauvais caractère». Pascal non sospetta di proferire lui stesso una battuta. Il matematico geniale che ha scelto di essere unicamente uomo di religione scrive: «Mi par giusto che non si esamini a fondo l'opinione di Copernico!» Volta le spalle a Galileo e va a sedere a fianco del cardinale Bellarrnino.
Francesco Burdin, Un milione di giorni, 2001

«L'ultimo atto è cruento, per quanto bella sia la commedia in tutto il resto: alla fine, ci gettano un po' di terra sulla testa, ed è finita per sempre». Quale talento di romanziere aveva Pascal! Altrove scrive: «Il silenzio eterno di quegli spazi infiniti mi sgomenta!» Concisione e aggettivazione invidiabili dal Leopardi.
Francesco Burdin, ibidem

«Pensiero sfuggitomi: lo volevo scrivere; scrivo invece che mi è sfuggito». Pascal non anticipa soltanto un mio pensiero, anticipa addirittura le parole che intendevano riprodurlo. A che serve che adesso io le scriva? Non sono mie. Mio era il pensiero sfuggito!
Francesco Burdin, Un milione di giorni, 2001

I protestanti hanno avuto anch'essi il loro Pascal, ma Kierkegaard è meno addomesticabile.
Pasquale Cacchio, Frantumi, 2010

La scommessa di Pascal? Vale anche al contrario.
Pasquale Cacchio, ibidem

Pascal abbandona quella scienza che per Cartesio era tutto.
Pasquale Cacchio, ibidem

Quanto Pascal trova di meraviglioso nell'uomo potrei trovarlo nell'insetto.
Pasquale Cacchio, Frantumi, 2010

La grandezza di Pascal è fondata sull'autolimitazione. Mai ce n'è stata una che fosse più eloquente. Si rompeva di continuo le parole in bocca. Sicché esse si leggono oggi come se fossero state appena pronunciate e da lui stesso appena interrotte. Tutte le sue frasi, dalle più piccole alle più grandi, tutti i frammenti di frasi sono come di oggi.
Elias Canetti, La tortura delle mosche, 1992

Pascal non ci ha mai irritato, mai deluso. Non è preso a prestito da nessuna parte. I suoi ragionamenti lasciano aperte le porte. Se anche non fossimo d'accordo con una sola delle sue parole, non vorremmo
mai smettere di contemplarle e meditarle. Non c'è scoperta che possa intralciarlo. Sentiamo che in lui fede e pensiero sono sullo stesso piano. Nelle Pensées tornano a vantaggio di Pascal le sue continue interruzioni. I pezzi possono essere messi insieme da ogni persona in un modo di-verso. Ma la cosa migliore è che rimangano sconnessi. Nell'attacco è la sua vera originalità, e la purezza di Pascal trova espressione in ognuno dei suoi attacchi. «La molteplicità che non si compone in unità è confusione, l'unità che non si assoggetta alla molteplicità è tirannide».
Elias Canetti, La tortura delle mosche, 1992

Soltanto Pascal sapeva tutto ed è morto a trentanove anni. Che cosa dovrebbe pensare di sé uno che ne ha ottantotto?
Elias Canetti, Un regno di matite, 1996

Dice Pascal (in Opuscoli e scritti vari, a cura di Giulio Preti, Bari, 1959): "I migliori libri sono quelli che il lettore crede che avrebbe potuto scrivere lui stesso". Mi pare un "pensiero" piuttosto balzano. Crede davvero, Pascal, che la collaborazione del lettore normale giunga al punto di immedesimazione nell'autore, da fargli pensare che quel libro avrebbe potuto scriverlo lui stesso? Forse un lettore su un milione! La regola, secondo me, si concreta in una collaborazione attiva ma inconscia. Se fosse come Pascal immagina, praticamente nessun libro avrebbe successo.
Manlio Cecovini, Dizionarietto di filosofia quotidiana, 2002

Uno dei più brutti (cattivi) pensieri del mondo è nei frammenti di Pascal: «Infischiarsene della filosofia è vero filosofare». Il verbo è se moquer (modernamente vale s’en foutre). Brutto, spregioso e falso, pessimo insegnamento. Non te ne infischi, naufrago, sprofondato nel fango di una fogna, condannato a morte - di una pertica, di una corda, di una ciambella di gomma, di una mano amica! In tutto il pellegrinaggio lungo la strada maestra delle lacrime, in tutto l’arco della sospensione sul baratro dell’esistenza, e oltre, la Filosofia è là. E tu per filosofare davvero ti metti a schernirla, butti i suoi farmaci e i suoi libri dopo averci pisciato sopra? [...] Ma c’è un seme di delirio allucinato da cui quel brutto pensiero è mosso: per Pascal la religione è il sovrano appiglio. Che cosa avrebbe detto di questa riformulazione del suo calpestamento d’iconoclasta: «Infischiarsene (se moquer de) della religione è veramente essere religiosi»?
Guido Ceronetti, Insetti senza frontiere, 2009

Pascal assicura che l’Anticristo farà dei segni. I giornali ne riportano migliaia ogni giorno; nessuno li vede.
Guido Ceronetti, L'occhio del barbagianni, 2014

C'era un uomo che, a dodici anni, con aste e cerchi, aveva inventato la matematica; che, a sedici anni, aveva scritto il più sapiente trattato sulle coniche che sia visto dall'antichità; che, a diciannove anni, ridusse in macchina una scienza che esiste tutta quanta nella mente. Che, a ventitré, mostrò i fenomeni della pesantezza dell'aria, e distrusse uno dei grandi errori dell'antica fisica; che, all'età in cui gli altri uomini iniziano a mala pena a nascere, dopo aver terminato di percorrere il cerchio delle scienze umane, si accorse del loro niente e rivolse i suoi pensieri verso la religione; che, da quel momento fino alla morte, arrivata a trentanove anni, sempre infermo e sofferente, fissò la lingua che parlarono Bossuet e Racine, dando il modello del motteggio più perfetto, come del ragionamento più forte; infine che, nei brevi intervalli dei suoi mali, risolse, per astrazione, uno dei più alti problemi della geometria, e gettò sulla carta pensieri che riguardano Dio e l'uomo: questo immenso genio si chiamava Blaise Pascal.
François-René de Chateaubriand, Genio del Cristianesimo, 1802

Pascal è un santo senza temperamento: la malattia ha fatto di lui un po' più di un saggio un po' meno di un santo. Questo spiega i suoi ondeggiamenti e l'ombra scettica che accompagna i suoi fervori. Un bello spirito nell'Incurabile...
Emil Cioran, Sommario di decomposizione, 1949

Quant'è colpevole il cristianesimo di aver corrotto lo scetticismo! Un greco non avrebbe mai associato il lamento al dubbio. Arretrerebbe pieno di orrore davanti a Pascal e, ancor più, davanti a quell'inflazione dell’anima che, a partire dalla Croce, deprezza lo spirito.
Emil Cioran, Sillogismi dell'amarezza, 1952

Se Molière si fosse ripiegato sui propri abissi, Pascal, con il suo, sarebbe sembrato un giornalista.
Emil Cioran, ibidem

I meditativi e i carnali: Pascal e Tolstoj. Rivolgersi alla morte o aborrirla, scoprirla attraverso lo spirito o attraverso la fisiologia. — Con i suoi istinti indeboliti, Pascal supera le proprie inquietudini, mentre Tolstoj, furioso di morire, fa pensare a un elefante sconvolto, a una giungla abbattuta. Agli equatori del sangue, non si medita più.
Emil Cioran, Sillogismi dell'amarezza, 1952

Non posso fare a meno di leggere i pensatori religiosi, di crogiolarmi nei loro sgomenti, di saziarmene. Assisto tutto estasiato a quelli di Pascal, e mi meraviglio nel vedere fino a che punto egli ci appartiene. Il romanticismo non ha fatto che diluire i suoi temi: Senancour è un Pascal prolisso, Chateaubriand un Pascal altisonante. Tra i motivi della psicologia recente, ve ne sono pochi che egli non abbia sfiorati o presentiti. Ma ha fatto di meglio: infarcendo la religione di dubbi e assimilandola a uno stupore deliberato, l'ha riabilitata agli occhi del non credente.
Emil Cioran, La tentazione di esistere, 1956

Pascal rispondeva alle sollecitazioni della noia perché la trovava in sé e forse ne amava il «veleno». Egli ne è ossessionato, così come lo è dalla «gloria», di cui ci parla con tale acutezza che è difficile pensare sia stata per lui soltanto un pretesto per denunciare la nostra vanità. Egli descrive il bisogno che ne abbiamo e lo analizza in tutti i dettagli; minuziosità sospetta e rivelatrice: sotto l'assillo della gloria spesso si nascondono le manovre della noia...
Emil Cioran, La tentazione di esistere, 1956

Pascal aveva ragione a non dilungarsi sulle malattie, bensì sull'uso che si deve farne. È tuttavia impossibile seguirlo quando ci assicura che «i mali del corpo non sono altro che la punizione e al tempo stesso l'immagine dei mali dell'anima». L'affermazione è così gratuita che, per smentirla, basta guardarsi attorno: con ogni evidenza, la malattia colpisce indistintamente innocenti e colpevoli, anzi mostra una spiccata predilezione per l'innocente; questo, per altro, è nell'ordine delle cose, dato che l'innocenza, la purezza interiore presuppongono quasi sempre una costituzione debole. Decisamente, la Provvidenza non si dà molto pensiero per i delicati. Cause, ben più che riflessi, dei nostri mali spirituali, i mali fisici determinano la nostra visione delle cose e decidono della direzione che prenderanno le nostre idee. La formula di Pascal è vera a patto di capovolgerla.
Emil Cioran, La caduta nel tempo, 1964

Alcune delle "Lettere provinciali" furono riscritte fino a diciassette volte. Si è sconcertati all'idea che Pascal abbia potuto profondere tanta arguzia e tanto tempo in un'opera il cui interesse ci appare oggi minimo. Ogni polemica è datata, ogni polemica con gli uomini. Nei "Pensieri" il dibattito era con Dio. Questo un poco ci riguarda ancora.
Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati, 1973

Né Bossuet né Malebranche, né Fénelon si sono degnati di parlare dei "Pensieri" di Pascal. A quanto pare, non sembrava loro abbastanza serio.
Emil Cioran, ibidem

Se uno scrittore ha lasciato il segno dentro di noi non è perché lo abbiamo letto molto ma perché abbiamo pensato a lui più del necessario. Non ho frequentato in modo particolare né Baudelaire né Pascal, ma non ho smesso di pensare alle loro miserie, che mi hanno accompagnato ovunque con la stessa fedeltà delle mie.
Emil Cioran, L'inconveniente di essere nati, 1973

Bloy parla dell'occulta mediocrità di Pascal. La formula mi sembrava sacrilega e in effetti lo è, benché non totalmente, visto che Pascal, eccessivo in tutto, lo è stato anche in fatto di buonsenso.
Emil Cioran, Squartamento, 1979

Pascal non ha ritenuto opportuno, ed è un vero peccato, di soffermarsi sul suicidio. Eppure era un tema per lui. Certo egli sarebbe stato contro, ma con delle concessioni rivelatrici.
Emil Cioran, ibidem

Che trasalimento imbattendomi in quel passo in cui Jacqueline Pascal loda i progressi del fratello nel «desiderio di essere annientato nella stima e nella memoria degli uomini»! È la via che speravo di prendere, che anzi ho preso qualche volta, ma sulla quale dovevo arenarmi...
Emil Cioran, Squartamento, 1979

Non si può citare Pascal che in francese. È il solo prosatore che, anche perfettamente tradotto, perde il suo accento, la sua sostanza, la sua unicità, e ciò accade perché le Pensées, a furia di essere citate a ripetizione, si sono trasformate in ritornelli, in luoghi comuni. Ritornelli inauditi, luoghi comuni folgoranti. Ora, non si può metter mano ai luoghi comuni, siano essi brillanti o di nessun valore, bisogna servirli intatti, nella loro espressione originale e ribattuta, come dei lampi stereotipati.
Emil Cioran, Squartamento, 1979

I tedeschi non si accorgono che è ridicolo mettere nello stesso mazzo un Pascal e uno Heidegger. C’è una distanza enorme fra uno Schicksal e un Beruf, fra un destino e una professione.
Emil Cioran, Confessioni e anatemi, 1987

Leggendo il testo di Madame Périer, e precisamente il passaggio dove racconta che Pascal, suo fratello, a partire dall'età di diciott'anni non aveva trascorso, stando a quello che lui stesso aveva detto, un solo giorno senza sofferenze, fu tale la mia impressione che mi misi un pugno in bocca per non gridare. Ero in una biblioteca pubblica. Avevo, è utile notarlo, appunto diciott’anni. Quale presentimento, ma anche quale follia, e quale presunzione!
Emil Cioran, Confessioni e anatemi, 1987

Si ricorda la furia di Pascal, nelle Provinciali, contro il casista Escobar, il quale, secondo un viaggiatore francese che gli aveva fatto visita nella penisola, ignorava del tutto quegli attacchi. Del resto era a stento conosciuto nel suo stesso paese. Equivoco e irrealtà, ovunque si guardi.
Emil Cioran, Confessioni e anatemi, 1987

Pascal ha detto una volta: filosofo è colui il quale si ribella alla filosofia. Che meschina filosofia!
Fëdor Dostoevskij, Lettere, XIX sec.

Pascal ha scoperto la relatività nell'uomo, Einstein quella dell'universo.
Franz Fischer, Aforismi, 1979

Dobbiamo prendere sul serio Pascal, e scommettere sulla finitezza. Non ci sarà mai dato un dopo, infatti, nel quale scoprire che abbiamo una vita sola. Possiamo viverla così oggi, o mai più.
Paolo Flores d'Arcais, Etica senza fede, 1992

Ah, se il sesso pensasse! (Chiedo venia: Mi e venuto in mente un pensiero di Pascal: Immaginate un corpo che non abbia un solo membro pensante, ma tanti...).
Joan Fuster, Giudizi finali, 1960/68

Andateci piano col denigrare Cartesio. Finirete col parlar bene di Pascal, e sapete bene che cosa significhi.
Joan Fuster, ibidem

Leopardi malediceva il pensiero come fonte di infelicità, Pascal come causa di miscredenza. E più di loro nessuno forse ha pensato! A tutti e due, disingannati e sconfortati dal sapere, in cui avevano collocato ogni bene, finì col parere invidiabile l'ignoranza. A questa conclusione arrivano i geni, che più onorano l'umanità. Misera veramente, poiché è destinata a trovar l'abisso dopo i più grandi sforzi per sollevarsi!
Aristide Gabelli, Pensieri, 1886

Malgrado la sua fama, la scommessa di Pascal sull'esistenza di Dio mi sembra volgare.
Fausto Gianfranceschi, Aforismi del dissenso, 2012

Parafrasando Pascal: la scienza del cuore è una scienza che gli scienziati non conoscono.
Fausto Gianfranceschi, ibidem

Quando leggo Leopardi penso al potenziale della mente umana; quando leggo Pascal penso come bene quel potenziale può essere usato.
Menotti Lerro, Aforismi di una notte, 2008

Pascal, l’uomo che a dodici anni trovò per vie proprie i principi di Euclide e che a sedici scrisse un trattato sulle sezioni coniche, trattato che non dovrebbe avere l’eguale dai tempi di Archimede, a trent'anni credeva fermamente che la figlia di sua sorella fosse stata guarita di una fistula lacrimale grazie a una reliquia: una santa spina [della corona di Cristo].
Georg Lichtenberg, Aforismi, 1766/99 (postumo 1902/08)

All'impresa di Pascal, d’esplorazione del proprio intimo, Voltaire obiettava: «Ripeto che pensare a sé, astraendo dalle cose naturali, è pensare a nulla, proprio a niente affatto; bisogna saperlo, e stare in guardia».
Paolo Milano, Note in margine a una vita assente, 1947/55 (postumo 1991)

Il cristianesimo ha preso le parti di tutto quanto è debole, abietto, malriuscito; della contraddizione contro gli istinti di conservazione della vita forte ha fatto un ideale ; ha guastato persino la ragione delle nature intellettualmente più forti, insegnando a sentire i supremi valori della intellettualità come peccaminosi, come fonti di traviamento, come tentazioni. L'esempio più deprecabile è la rovina di Pascal, che credeva al corrompimento della sua ragione a causa del peccato originale, mentre era stato soltanto il suo cristianesimo a corromperla!
Friedrich Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli, 1888

Pascal, ti ammiro, sei mio, penetro il tuo pensiero come se io pensassi in te; tristezza magnanima, profonda, profonda come la notte; com'essa è piena di deboli luci lontane! Sii mio maestro, adottami; io soffro infinitamente, gravito intorno alla verità, non la raggiungo mai. Hai tu veramente creduto alla rivelazione?
Sully Prudhomme, Diario intimo, XX sec.

La scienza oggi studia, in forma elementare, i due infiniti che Blaise Pascal immaginava fremendo. Agli astronomi l'infinitamente grande. Ai fisici, l'infinitamente piccolo. Il biologo, invece, si tiene nel mezzo; ma senza lasciare la vita, si scontra col prodigio. L'uomo, per stupire, non ha bisogno di tuffarsi nei due abissi di Pascal, basta che scruti la propria sostanza.
Jean Rostand, Pensieri di un biologo, 1939

Noi non saremo mai il tutto di niente, diceva Pascal. Ma il peggio è di sapere che anche il tutto di tutto ci lascerebbe insoddisfatti.
Jean Rostand, ibidem

Completamento alla scommessa di Pascal: e se avendo sottoscritto delle balordaggini potesse costarci
l'immortalità?
Jean Rostand, ibidem

I tempi sono cambiati da Pascal, e presto, in un libro, si sarà sorpresi di trovare non un uomo, ma un autore.
Jean Rostand, Pensieri di un biologo, 1939 [4]

Dedichiamoci a pensieri un po' più elevati. Che cosa è il desiderio di gloria negli uomini, a bordo di questa terra che naviga nello spazio infinito dove un giorno farà naufragio? Mi sembra di vedere, su una grossa nave destinata al naufragio, o piuttosto il cui naufragio è continuo e già iniziato, numerosi passeggeri, non uno dei quali arriverà a destinazione: i primi morti nutrono il folle desiderio di occupare la memoria dei superstiti, di coloro cioè che a loro volta scompariranno quanto prima negli abissi. È vero che, a vederlo da vicino, il vascello è immenso, i passeggeri di un ponte non conoscono quelli dell'altro, la poppa ignora la prua; per questo nasce l'illusione. E vero anche che, mentre in un angolo della nave si muore, non molto lontano si danza, si celebrano matrimoni, si festeggiano nascite; è vero che l'equipaggio si riproduce e non diminuisce di numero. Ma che importa? nonostante questo, il tutto è votato a una sola e medesima fine. Nessuno uscirà da questa massa galleggiante per andare a depositare il suo nome, o quello dei suoi simili, sulle costiere sconosciute, sui continenti e le isole senza numero che punteggiano il meraviglioso azzurro. Tutto accade qui dentro e a porte chiuse. Vale la pena? - La mia è una lunga parafrasi, ma Pascal ha reso questi pensieri con una sola frase: "Quanti regni ci ignorano!".
Charles Augustin de Sainte-Beuve, I miei veleni, 1926 (postumo)

A chi sia sopravvissuto alla debilitante lettura dei Pensieri di Pascal, mi sentirei di consigliare una passeggiata all'aria aperta e una corroborante lettura degli aforismi di Lichtenberg.
Giovanni Soriano, Finché c'è vita non c'è speranza, 2010

“Non dobbiamo amare che Dio e odiare noi stessi”; ricordo questa frase dell’illustre Pascal come tra le più ignobili che abbia mai letto.
Giovanni Soriano, ibidem

Pascal, Joubert, Kierkegaard, Weil… tutti buoni cervelli bacati dal verme della fede.
Giovanni Soriano, ibidem

Pascal, con la sua ridicola scommessa sull'esistenza di dio, dà l’idea di uno cui piaceva vincere facile; per questo il suo giochino ci ripugna. Tra l’altro, come notava Jean Rostand, chi ci dice che sottoscrivere delle balordaggini non possa costarci l’immortalità?
Giovanni Soriano, Malomondo, 2013

«Perché una vergine non può partorire? Forse che una gallina non fa le uova senza il gallo?». Simili affermazioni, come questa di Pascal, sono una chiara dimostrazione di come la fede possa far rimbambire anche le persone piú intelligenti.
Giovanni Soriano, Malomondo, 2013

Che tutta l’infelicità degli umani provenga dal non sapersene stare in pace in una camera, è, dal mio punto di vista, tra le osservazioni piú riuscite che Pascal abbia mai compiuto in pagine e pagine di pie astrazioni. E pensare che se il cervello di Pascal fosse stato piú piccolo, l’intera storia della filosofia sarebbe cambiata…
Giovanni Soriano, Malomondo, 2013 [5]

Contro Pascal, io dico: il Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe e il Dio dei filosofi è lo stesso Dio.
Paul Tillich (fonte sconosciuta - segnalala ad Aforismario)

Note
  1. Galimathias: sciocchezze, assurdità, discorsi senza capo né coda. [Cfr. citazione di Napoleone].
  2. Gesualdo Bufalino si riferisce al seguente pensiero di Pascal: "Non dobbiamo amare che Dio e odiare noi stessi".
  3. Gesualdo Bufalino si riferisce al seguente pensiero di Pascal: "L'eterno silenzio di questi spazi infiniti mi atterrisce".
  4. Jean Rostand si riferisce al seguente pensiero di Pascal: "Quando s’incontra lo stile naturale, è una sorpresa e un incanto, perché ci si aspettava di vedere un autore, e si scopre un uomo. Mentre chi ha buon gusto e vedendo un libro crede di trovare un uomo, è del tutto sorpreso di trovare un autore".
  5. Giovanni Soriano si riferisce ai seguenti pensieri di Pascal: "Tutta l'infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera". "Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, tutta la faccia della terra sarebbe cambiata".
  6. Vedi anche: Pensieri di Pascal - Scommessa su Dio di Pascal

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