Cerca Autori o Argomenti in Aforismario

Aforismi e pensieri di Blaise Pascal

Selezione di aforismi e frasi celebri di Blaise Pascal (Clermont-Ferrand 1623 - Parigi 1662), matematico, fisico, filosofo e teologo francese. Le citazioni sono tratte da Pensieri, straordinaria opera di riflessione teologica costituita da appunti preparatori di un'apologia del cristianesimo che Pascal intendeva scrivere, ma che non portò mai a termine a causa di una malattia che lo condusse alla morte a soli 39 anni. Il francesista Paolo Serini ha scritto: 
"Nelle Pensée, l’uomo è studiato non con la lucida, distaccata curiosità del moralista o del psicologo, bensì con la religiosa commozione di un’anima che nel dramma dell’uomo sente impegnata se stessa e che nell'uomo non può non scorgere un essere il quale, pur nei suoi errori e nelle sue miserie, reca i segni di un’origine e di una destinazione divine". E ancora: "È indubbio che molta della segreta virtù di attrazione e di suggestione delle Pensées deriva dalla loro forma ellittica e frammentaria, che ci permette di cogliere il pensiero pascaliano nel suo stesso farsi e di partecipare, per così dire, al suo travaglio creativo e che, d’altro lato, agisce sull'animo del lettore moderno come uno stimolo che ne prolunga le risonanze e ne moltiplica indefinitamente gli sviluppi. Né si può negare che la scrittura di Pascal, [...] attinge la sua acme espressiva nei frammenti più brevi e meno elaborati, che riassumono in formule o immagini nette e veloci lunghe meditazioni o condensano in prepotenti antitesi complessi passaggi dialettici. Qui il linguaggio si fa più intenso e scolpito, più ricco di vibrazioni interne e di forza espressiva, più realistico e insieme più metaforico e aggressivo. E lo stile, - rapido e nervoso, impaziente d’indugi e di vaghezze letterarie, ricco di anacoluti e di sprezzature, di scorci audaci e di scatti improvvisi, d’immagini evidenti e di formule incisive, - aderisce con più spontanea intimità al ritmo del pensiero, serbandone intatto l’ardore creativo e illuminandosi di vividi bagliori di poesia".
Su Aforismario trovi anche il celebre brano di Pascal della "scommessa su Dio" e una raccolta di opinioni e giudizi critici sul filosofo francese. [I link sono in fondo alla pagina].
Ritratto di Blaise Pascal
Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce. (Blaise Pascal)

Pensieri
Pensées, 1670 (postumo) - Selezione Aforismario

Alcuni parlano bene ma non scrivono bene. Il fatto è che il luogo e il pubblico li scaldano e sollecitano dalla loro anima più di quanto, senza questo calore, vi troverebbero.

Ateismo segno di forza d'animo, ma solo fino a un certo punto.

Avete ricevuto uno sgarbo: «Scusatemi per favore». Senza le scuse non vi sareste accorti dello sgarbo. Con licenza parlando, non c'è altro male che le loro scuse.

Bassezza degli uomini che arrivano a sottomettersi alle bestie, fino ad adorarle.

Basta poco per consolarci perché poco basta per affliggerci.

Bisogna conoscere sé stessi. Anche se questo non servisse a trovare la verità, servirebbe a regolare la propria vita, e non c'è nulla di più giusto.

Burlarsi della filosofia è veramente filosofare.

Che cosa vana la pittura, ammirata perché assomiglia a cose di cui non ammiriamo affatto gli originali!

Che una cosa sia incomprensibile non implica che non esista.

Che una cosa tanto evidente come la vanità del mondo sia così poco conosciuta, che risulti strano e sorprendente affermare la stoltezza di chi ricerca la gloria, questo è ammirevole.

Chi dicesse che l'uomo è troppo basso per meritare la comunione con Dio, dev'essere abbastanza grande per dare questo giudizio. 

Chi ha più motivo di temere l'inferno, colui che ignora se vi sia un inferno ed è certo, nel caso in cui ci sia, della propria dannazione, o colui che è persuaso che esiste l'inferno, e se c'è ha la speranza di essere salvato?

Chi non vede la vanità del mondo è vano a sua volta. Ma poi, chi non la vede, tranne i giovani immersi nel frastuono, nel divertimento e nel pensiero dell'avvenire? Ma togliete loro ciò che li distrae, li vedrete inaridire nella noia. Allora, pur senza conoscerlo, sentono il nulla, ed è davvero una disgrazia essere tristi a tal punto quando si riflette su sé stessi, e non potersi distrarre.

Chi volesse seguire solo la ragione, secondo il giudizio della maggior parte degli uomini, sarebbe completamente pazzo.

Ci sono solo due tipi di uomini, i giusti che si credono peccatori, e i peccatori che si credono giusti.

Ciò che fa grande la grandezza umana è che si riconosce miserabile; un albero non si riconosce miserabile. Riconoscersi miserabili significa dunque essere miserabili, ma riconoscersi miserabili significa essere grandi.

Coloro che sperano nella salvezza sono felici per questo, ma hanno per contrappeso la paura dell'inferno.

Come la moda decide dei gusti, così decide della giustizia.

Compiangere gli atei che cercano: infatti non sono abbastanza infelici? Inveire contro coloro che ne fanno ostentazione. 

Condizione dell'uomo. Incostanza, noia, inquietudine.

Conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche col cuore.

Contraddizioni. L'uomo è per natura credulo, incredulo, pauroso, temerario.

Corriamo spensieratamente verso l'abisso, non prima di aver messo qualcosa tra noi e lui per impedirci di vederlo.

Così grande è la dolcezza della gloria che, a qualunque oggetto si riferisca, fosse pure la morte, la desideriamo.

Deferenza significa: «Scomodatevi». In apparenza si tratta di una cosa vana, ma è molto giusta, perché vuol dire: «Mi scomoderei certamente se ne aveste bisogno, dal momento che lo faccio senza che ciò vi serva», e inoltre la deferenza esiste per distinguere i nobili. Ora, se deferenza significasse rimanere in poltrona, tutti ne godrebbero e così nessuno verrebbe onorato. Scomodandosi ben si sottolinea una differenza.

Dio è nascosto. Ma si lascia trovare da quelli che lo cercano. Ci sono sempre state tracce visibili di lui in ogni tempo. Le nostre sono le profezie.

Dio non guarda che all'interiorità, la Chiesa non giudica che dall'esteriorità. Dio assolve appena vede la penitenza nel cuore; la Chiesa quando la vede nelle opere.

Due eccessi: escludere la ragione, non ammettere che la ragione.

Due volti somiglianti, nessuno dei quali preso in se stesso fa ridere, fanno ridere insieme proprio a causa della somiglianza.

È così necessaria la follia degli uomini che non essere folli vorrebbe dire esserlo in un altro modo.

È meglio non digiunare e provarne umiliazione, che digiunare e provarne compiacimento.

È pericoloso dire al popolo che le leggi non sono giuste, perché obbedisce proprio per il fatto che le crede giuste. Perciò bisogna dirgli al tempo stesso che deve obbedire loro perché sono leggi, così come deve obbedire ai superiori non perché sono giusti, ma perché sono superiori.

È più facile sopportare la morte senza pensarvi che il pensiero della morte senza pericolo.

È una male essere pieni di difetti, ma è anche peggio esserne pieni e non volerlo riconoscere, perché è un aggiungere agli altri anche quello di una volontaria illusione.

Gesù Cristo è venuto per accecare quelli che vedevano chiaramente e per dare la vista ai ciechi, guarire i malati e lasciar morire i sani, chiamare alla penitenza e giustificare i peccatori, lasciare i giusti nel loro peccato, saziare i poveri e lasciare vuoti i ricchi.

Gesù sarà in agonia fino alla fine del mondo. Durante questo tempo non si deve dormire.

Gli atei devono dire cose perfettamente chiare, orbene, non è perfettamente chiaro che l'anima sia materiale.

Gli uomini s'impegnano a correr dietro a una palla e a una lepre: anche i re si divertono a questo modo.

I dannati verranno confusi quando vedranno che la loro condanna dipende da quella ragione in nome della quale hanno preteso di condannare la religione cristiana.

I furbi sono individui che conoscono la verità ma che la sostengono solo se è loro utile, altrimenti l'abbandonano.

I pagani non conoscono Dio, e amano solo la Terra. Gli ebrei conoscono il vero Dio, e amano solo la Terra. I cristiani conoscono il vero Dio, e non amano la Terra.

I potenti e gli umili conoscono le stesse disgrazie e le stesse passioni, ma uno è in cima alla ruota e l'altro vicino al centro, e così gli stessi movimenti lo agitano meno.

I re dispongono del loro regno, ma i papi non possono disporre del proprio.

Il cuore, e non la ragione, sente Dio. E questa è la fede: Dio sensibile al cuore e non alla ragione.

Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce.

Il male principale dell'uomo è l'inquieta curiosità delle cose che non può conoscere, e per lui è peggio trovarsi in questa inutile curiosità che nell'errore.

Il pensiero fa la grandezza dell'uomo.

Il potere dei re si fonda sulla ragione e sulla follia del popolo, ma molto più sulla follia.

Il potere delle mosche, che vincono battaglie, impediscono alla nostra anima di agire, mangiano il nostro corpo.

Il presente non costituisce mai il nostro fine. Passato e presente sono mezzi, solo l'avvenire è il nostro fine. Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre a essere felici è inevitabile che non lo siamo mai.

Il sonno è l'immagine della morte, dite; ma io dico che è piuttosto l'immagine della vita.

Il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c'è un'infinità di cose che la sorpassano. È ben debole, se non giunge a riconoscerlo.

Immaginazione. È la parte dominante dell'uomo, maestra di errori e di falsità, tanto più infida in quanto non sempre lo è, perché se fosse una regola infallibile della menzogna, lo sarebbe anche della verità.

Incomprensibile che Dio esista e incomprensibile che non esista; che l'anima esista con il corpo, che non abbiamo anima; che il mondo sia creato, che non lo sia.

L'abitudine è una seconda natura che distrugge la prima.

La conoscenza di Dio senza la conoscenza della propria miseria genera l'orgoglio. La conoscenza della propria miseria senza la conoscenza di Dio genera la disperazione. La conoscenza di Gesù Cristo sta tra una e l'altra, poiché in essa troviamo Dio e la nostra miseria.

La contraddizione è un cattivo segno di verità: parecchie cose certe sono contraddette; parecchie cose false passano senza contraddizione.

La cosa più importante di tutta la vita è la scelta di un lavoro, ed è affidata al caso.

La fede è un dono di Dio.

La felicità non consiste forse proprio nei piaceri del divertimento? - No, perché questi vengono da altri e da fuori; e così sono labili e soggetti a essere turbati da infiniti accidenti, che rendono inevitabile l'afflizione.

La felicità vera è nel riposo e non nel trambusto.

La forza è la regina del mondo, non già l'opinione. – Ma l'opinione fa uso della forza.

La giustizia senza forza è impotente; la forza senza la giustizia è tirannica.

La maggioranza è la via migliore perché è visibile e ha la forza di farsi obbedire. Tuttavia è l'opinione dei meno competenti.

La miseria induce alla disperazione. L’orgoglio induce alla presunzione.

La natura ha delle perfezioni per dimostrare che essa è l'immagine di Dio e ha dei difetti per mostrare che ne è solo un'immagine.

La nobiltà è davvero un gran vantaggio se mette in condizione un uomo di diciotto anni di essere conosciuto e rispettato come un altro potrebbe esserlo solo a cinquanta. Trent'anni guadagnati senza fatica.

La nostra presunzione è tale che vorremmo essere conosciuti dal mondo intero e anche da quelli che verranno quando non ci saremo più. Ma siamo così vani che la stima di cinque o sei persone attorno a noi ci fa piacere e ci soddisfa.

La ragione ci comanda più imperiosamente assai d'un padrone; perché disobbedendo al padrone, sarai disgraziato; ma disobbedendo alla ragione, sarai uno sciocco.

La ragione non sovrasta mai l'immaginazione, mentre l'immaginazione spodesta frequentemente la ragione.

La simpatia o l'odio cambiano volto alla giustizia, e un avvocato ben pagato in anticipo trova certo più giusta la causa che difende.

La teologia è una scienza, ma di quante scienze è composta?

La vanità è a tal punto radicata nel cuore dell'uomo che un soldato, un attendente, un cuciniere, un vessillifero si vantano e vogliono degli ammiratori. E anche i filosofi li vogliono, e quelli che scrivono contro tutto ciò vogliono la gloria di avere scritto bene, e quelli che leggono vogliono la gloria di averli letti, e anch'io che sto scrivendo ho forse questo desiderio, e forse quelli che lo leggeranno...

La vera eloquenza si ride dell'eloquenza.

L'eloquenza è un ritratto del pensiero; perciò, quelli che dopo aver dipinto aggiungono ancora qualcosa, fanno un quadro invece di un ritratto.

L'eterno silenzio di questi spazi infiniti mi atterrisce.

L'immaginazione ingrandisce i piccoli oggetti fino a riempirne la nostra anima con una valutazione fantasiosa, mentre con temeraria insolenza rimpicciolisce i grandi riducendoli alla propria misura, come quando parla di Dio.

L'immortalità dell'anima è una cosa che ci riguarda in modo così forte, e ci tocca così in profondità, che bisogna aver perso ogni sensibilità perché ci sia indifferente sapere come stanno le cose.

L'incostanza è causata dalla consapevolezza della falsità dei piaceri presenti, e dall'ignoranza di quelli assenti.

L'io è odioso.

L'ultimo passo della ragione è riconoscere che c'è un'infinità di cose che la sorpassano.

L'unica cosa che ci consola delle nostre miserie è il divertimento, e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie. Perché è esso che principalmente ci impedisce di pensare a noi stessi e ci porta inavvertitamente alla perdizione.

L'uomo è visibilmente fatto per pensare; è tutta la sua dignità e tutto il il suo mestiere; e tutto il suo dovere è pensare come si deve.

L'uomo è per natura credulo, incredulo, pauroso, temerario.

L'uomo non è che una fuscello, la più debole della natura; ma è un fuscello che pensa. Non c'è bisogno che tutto l'universo s'armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d'acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità dell'universo su di lui; l'universo invece non ne sa niente.

L'uomo non è né angelo né bestia, e sventura vuole che chi vuol fare l'angelo faccia la bestia.

L'uomo non è che un soggetto pieno di un errore naturale e incancellabile senza la grazia. Niente gli indica la verità. Tutto lo inganna.

Le bestie non si ammirano fra loro. Un cavallo non ammira il suo compagno. Non che non vi sia fra loro emulazione nella corsa, ma è senza conseguenze, perché dentro la stalla il più pesante e goffo non per questo cede la propria avena all'altro, come invece gli uomini vogliono che si faccia tra loro. La loro virtù si soddisfa da sé.

Le invenzioni degli uomini si susseguono da un secolo all'altro. Lo stesso si può dire in generale della bontà e della cattiveria del mondo.

Le penitenze esteriori dispongono all'interiorità, come le umiliazioni all'umiltà.

La più grande pena del purgatorio è l'incertezza del giudizio.

Le profezie, i miracoli stessi e le prove della nostra religione non sono di tale natura che si possa definirli assolutamente convincenti, ma sono tali che è anche impossibile dire che è irragionevole credervi. Così vi è dell'evidenza e dell'oscurità per illuminare gli uni e oscurare gli altri, ma l'evidenza è tale da superare o almeno eguagliare l'evidenza contraria, di modo che la ragione non ci può spingere a non seguirla, ma forse solo la concupiscenza e la malvagità del cuore.

Le profezie si capiscono solo quando si realizzano.

Ma alla fine, cos'è un uomo nella natura? Un nulla davanti all'infinito, un tutto davanti al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto, infinitamente lontano dal comprendere gli estremi. Il fine e il principio delle cose gli sono inesorabilmente nascosti da un segreto impenetrabile.

Mai si fa il male così a fondo e così allegramente quando lo si fa per obbligo di coscienza.

Malgrado la vista di tutte le miserie che ci toccano, che ci prendono alla gola, abbiamo un istinto verso l'alto che non possiamo reprimere.

Navighiamo nella vastità, sempre incerti e fluttuanti, spinti da un estremo all'altro. Qualunque appiglio a cui pensiamo di attaccarci per essere sicuri, viene meno e ci abbandona, e se lo seguiamo si sottrae alla nostra presa, scivola e fugge in una fuga eterna. Niente per noi è solido. È la nostra condizione naturale eppure la più contraria alle nostre inclinazioni. Ci brucia un desiderio di trovare un fondamento sicuro, e come una base ferma per costruirvi una torre che si alzi verso l'infinito, ma ogni fondamento si spezza e la terra si apre fino agli abissi.

Nel mondo si possono trovare tutte le buone massime; non c'è che da applicarle.

Nel sacramento della penitenza non è soltanto l'assoluzione che rimette i peccati, ma anche la contrizione, che non è autentica se non vuole il sacramento.

Nelle città in cui siamo di passaggio non ci preoccupiamo della stima degli altri. Ma se ci dobbiamo abitare per un po' di tempo allora ci preoccupiamo. Quanto tempo? Un tempo proporzionato alla nostra vana e fragile esistenza.

Niente è più conforme alla ragione che questa sconfessione della ragione stessa.

Niente è tanto insopportabile per l'uomo come il rimanere in un riposo assoluto, senza passione, senza affari, senza divertimento, senza applicarsi. Allora avverte il proprio nulla, l'abbandono, l'insufficienza, la dipendenza, l'impotenza, il vuoto. Dal fondo della sua anima uscirà quanto prima la noia, l'orrore, la tristezza, il dolore, il dispetto, la disperazione.

Noi abbiamo le prove che Dio inclina secondo verità quelli che ama a credere nella religione cristiana, mentre gli infedeli non hanno alcuna prova di ciò che dicono, così che le nostre affermazioni, per quanto simili, differiscono nel fatto che le une sono prive di prove, le altre sono provate in modo certo.

Noi non ci sosteniamo nella virtù con le nostre forze, ma per il contrappeso dei due vizi opposti, così come restiamo in piedi tra due venti contrari. Togliete uno di questi vizi, cadiamo nell'altro.

Noi non conosciamo né l'esistenza né la natura di Dio, perché egli non ha né estensione né limiti. Ma per fede noi conosciamo la sua esistenza, nella gloria conosceremo la sua natura.

Non ama più questa persona che amava dieci anni fa. Lo credo: non è più la stessa, e neppure lui. Egli era giovane e anche lei: lei è del tutto diversa. Forse egli l'amerebbe ancora come era una volta.

Non bisogna che l'uomo creda d'essere uguale alle bestie, né agli angeli, né che ignori una cosa e l'altra, ma che le conosca entrambe.

Non ci accontentiamo mai del presente. Anticipiamo il futuro perché tarda a venire, come per affrettarne il corso, o richiamiamo il passato per fermarlo, come fosse troppo veloce, così, imprudentemente, ci perdiamo in tempi che non ci appartengono, e non pensiamo al solo che è nostro, e siamo tanto vani da occuparci di quelli che non sono nulla, fuggendo senza riflettere il solo che esiste.

Non ci sono che tre tipi di uomini: quelli che, avendo trovato Dio, lo servono; quelli che, non avendolo trovato, s'impegnano a cercarlo; e gli altri, che trascorrono la vita senza trovarlo e senza averlo cercato. I primi sono ragionevoli e felici, gli ultimi sono folli e infelici, quelli in mezzo sono infelici ma ragionevoli.

Non dobbiamo amare che Dio e odiare noi stessi.

Non è certo che tutto sia incerto.

Non è certo necessario avere un animo molto elevato per capire che quaggiù non c'è vera e durevole soddisfazione, che tutti i nostri piaceri sono solo vanità, che i nostri mali sono infiniti e che da ultimo la morte, che ci minaccia a ogni istante, nel giro di pochi anni ci porrà nell'orribile necessità di essere per sempre annientati o infelici.

Non è nella natura dell'uomo avanzare sempre; essa ha i suoi andare e venire.

Non è nello spazio che devo cercare la mia dignità, ma nell'ordine dei miei pensieri. Non avrei alcuna superiorità possedendo terre. Nello spazio, l'universo mi comprende e m'inghiotte come un punto; nel pensiero, io lo comprendo.

Non è vero che tutto rivela Dio, e non è vero che tutto lo nasconde. Ma è vero al tempo stesso che egli si nasconde a coloro che lo tentano e si rivela a quelli che lo cercano, perché gli uomini sono sia indegni sia capaci di Dio: indegni per la loro corruzione, capaci per la loro prima natura.

Non si deve misurare la virtù di un uomo dalla sua eccezionalità ma nel quotidiano.

Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa in tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell’universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di quest’immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po’ di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un’ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare.

Non un abbassamento che ci renda incapaci del bene, né una santità esente dal male.
Per comandare un vascello non si sceglie il passeggero di casato più nobile.

Per fare di un uomo un santo è necessaria la grazia, chi ne dubita non sa cos'è un santo e cos'è un uomo.

Per quanto la commedia sia stata bella in ogni sua parte, l'ultimo atto è cruento. Alla fine ci gettano un po' di terra sulla testa ed eccoci sistemati per sempre.

Per quanto un individuo non abbia nessun interesse nelle cose che dice, non si deve assolutamente credere che non menta, perché alcuni mentono solo per mentire.

Per quanto un uomo sia colmo di tristezza, se si riesce a distrarlo in qualche modo, eccolo felice in quel lasso di tempo; ma per quanto un uomo sia felice, se non si diverte o non è preso da qualche passione o passatempo che impedisca a la noia di prendere il sopravvento, diventerà in breve triste e infelice. Senza distrazioni non c'è gioia; con le distrazioni non c'è tristezza; ed è proprio questo che costituisce la felicità delle persone di elevata condizione, avere un gran numero di individui che le distraggono, e poter mantenere questa situazione.

Perché seguiamo la maggioranza? Forse perché ha più ragione? No, solo più forza.

Perché una vergine non può partorire? Forse che una gallina non fa le uova senza il gallo?

Più si è intelligenti, più si scopre che ci sono uomini originali. La gente comune non trova differenze tra gli uomini.

Poche amicizie sopravvivrebbero, se ciascuno sapesse ciò che il suo amico dice di lui in sua assenza, benché parli sinceramente e senza passioni.

Pochi parlano umilmente dell'umiltà, pochi castamente della castità, pochi dello scetticismo dubitando. Siamo solo menzogna, ambiguità, contraddizione, ci nascondiamo e ci mascheriamo davanti a noi stessi.

Poiché gli uomini non sono riusciti a guarire dalla morte, dalla miseria e dall'ignoranza, hanno deciso di essere felici non pensandoci.

Quando considero la breve durata della mia vita, sommersa nell'eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che occupo e financo che vedo, inabissato nell'infinita immensità degli spazi che ignoro e che m’ignorano, io mi spavento e stupisco di trovarmi qui piuttosto che là, non essendoci nessuna ragione perché sia qui piuttosto che là, oggi piuttosto che domani. Chi mi ci ha messo? Per ordine e per opera di chi questo luogo e questo tempo furon destinati a me?

Quando saremo afflitti, la scienza della realtà fuori di noi non ci consolerà dell'ignoranza morale, ma la scienza morale mi consolerà sempre dell'ignoranza delle scienze oggettive.

Quando si è troppo giovani non si può giudicare bene, e neppure quando si è troppo vecchi.

Quando s’incontra lo stile naturale, è una sorpresa e un incanto, perché ci si aspettava di vedere un autore, e si scopre un uomo. Mentre chi ha buon gusto e vedendo un libro crede di trovare un uomo, è del tutto sorpreso di trovare un autore.

Riconosciamo dunque che l'uomo è infinitamente al di là dell'uomo e che, senza il soccorso della fede, sarebbe incomprensibile a se stesso. Chi non vede come, senza la conoscenza di questa doppia condizione della nostra natura, rimarremmo invincibilmente ignoranti della nostra natura?

Ridicola ragione che il vento piega in tutte le direzioni.

Se c'è un Dio, egli è infinitamente incomprensibile, poiché, non avendo parti né limiti, non ha alcun rapporto con noi. Noi siamo dunque incapaci di conoscere ciò che è, e se è. Stando così le cose, chi oserà risolvere questo problema? Non certo noi, che non abbiamo alcun rapporto con lui.

Se esiste un Dio non dobbiamo amare che lui e non le creature effimere. Il ragionamento degli empi nella Sapienza è fondato sulla non esistenza di Dio: "Accertato questo", dice, "godiamo dunque le creature".

Se il naso di Cleopatra fosse stato più corto, tutta la faccia della terra sarebbe cambiata.

Se la nostra condizione fosse veramente felice, non ci sarebbe bisogno di fare di tutto per non pensarci.

Se qualcuno ha qualche interesse a essere amato da noi, si guarda dal renderci un servizio che sa esserci sgradevole; ci tratta come vogliamo essere trattati: noi odiamo la verità, ce la nasconde; vogliamo essere adulati, ci adula; ci piace essere ingannati, ci inganna. Questo fa sì che ogni gradino di quel successo che ci fa avanzare nella società ci allontana maggiormente dalla verità, perché temiamo in modo particolare di ferire quelli la cui amicizia ci è più utile e l'ostilità più dannosa.

Se si vanta, l'abbasso; se si abbassa, lo vanto e sempre lo contraddico fino a fargli capire che è un mostro incomprensibile.

Se vivere senza cercare ciò che si è rappresenta un accecamento soprannaturale, è ben terribile vivere male credendo in Dio.

Sembra che Dio, volendo rendere incomprensibile a noi stessi l'enigma della nostra natura, ne abbia occultata la soluzione ponendola così in alto, o meglio così in basso, da renderci incapaci di raggiungerla. Così che noi possiamo effettivamente conoscerci non con le gesta superbe della nostra ragione, ma con la sua umile sottomissione.

Si consulta solo l'orecchio perché si manca di cuore.

Siamo così sventurati da non saper godere di una cosa se non a condizione di affliggerci nel caso riesca male, ciò può essere causato da infinite cose e capita continuamente. Chi trovasse il modo di rallegrarsi del bene senza affliggersi per il male contrario avrebbe fatto centro. È il movimento perpetuo.

Sono pochi i veri cristiani. Dico proprio riguardo alla fede. Ce ne sono certo che credono, ma per superstizione. Ce ne sono che non credono, ma per libertinaggio. Pochi tra le due categorie.

Sono sicuro che se tutti gli uomini sapessero ciò che dicono gli uni degli altri, non ci sarebbero quattro amici al mondo. La prova sono le liti causate da qualche parola riferita in modo indiscreto.

Spesso la curiosità non è che vanità; si vuole sapere per poterne parlare; diversamente non si viaggerebbe certo sul mare per non dirne mai nulla e per il solo piacere di vedere, senza speranza di riferirne mai a qualcuno.

Tra noi e l'inferno o tra noi e il cielo c'è solo la vita, che è la cosa più fragile del mondo.

Troppa giovinezza e troppa vecchiaia impacciano lo spirito, così come troppa o troppo poca istruzione.

Tutta l'infelicità degli uomini viene da una sola cosa, non sapersene stare in pace in una camera.

Tutti gli uomini cercano di essere felici. Per quanto i mezzi possano differire, ciò si verifica senza eccezione. Tutti tendono a questo fine. Chi va in guerra e chi non ci va sono spinti dallo stesso desiderio, anche se con idee diverse. La volontà non si muove di un passo se non in questa direzione. È la causa di tutte le azioni di tutti gli uomini, anche di quelli che vanno a impiccarsi.

Tutti quelli che cercano Dio senza Gesù Cristo, non trovano alcun chiarimento che li soddisfi, o che sia loro veramente utile; o perché non arrivano a conoscere l'esistenza di un Dio, o, se vi arrivano, è inutile per loro, perché si formano un mezzo per comunicare senza mediatore con quel Dio che hanno conosciuto senza mediatore; così cadono nell'ateismo e nel teismo.

Una falsa umiltà è puro orgoglio.

Volete che si pensi bene di voi? Non lodatevi.

Libro di Pascal consigliato
Libro di Pascal
Pensieri
Traduzione: Gennaro Auletta
Editore: Mondadori, 2003 

I Pensieri sono una vasta raccolta di appunti, tracce frammentarie della costruzione di un trattato apologetico sulla fede cristiana, sognato a lungo da Pascal. Il cristianesimo di Pascal è profondamente umano, sofferto e conquistato grazie alla tensione vibrante verso un Dio nascosto, circondato dallo stesso silenzio in cui è avvolta la sua opera, la natura. Da qui hanno origine le fondamentali sintesi pascaliane: l'esistenza smarrita fra due infiniti, interiore e cosmico; l'opposizione fra mente e cuore; il dolore come fonte di redenzione; la fede intesa come scommessa totalizzante che può annullare o redimere la vacuità della vita.

Note
Vedi anche: Scommessa su Dio di Pascal - Opinioni su Pascal