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La Scommessa su Dio di Pascal

Qui di seguito, il celebre brano della "scommessa su Dio" di Blaise Pascal (Clermont-Ferrand 1623 - Parigi 1662), filosofo francese, in cui Pascal spiega perché è più "conveniente" credere nell'esistenza di Dio piuttosto che non crederci, senza dimenticare, però che "Le cœur a ses raisons que la raison ne connaît point" (Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce).
Come sottolinea Gianrico Carofiglio: 
"Pascal diceva che conviene scommettere sull'esistenza di Dio. In sintesi l'idea è che se scommettiamo sull'esistenza di Dio e Dio esiste vinciamo la scommessa con un guadagno infinito. Se dio non esiste, non perdiamo nulla e almeno abbiamo trascorso un esistenza resa più lieta dalla fede".
La "scommessa su Dio", che qui si riporta in italiano e in lingua originale francese, si trova nei Pensieri, opera di Pascal pubblicata postuma nel 1670.
Ritratto di Blaise Pascal
O Dio esiste o non esiste; ma da che parte staremo? La ragione non può decidere niente...
Su cosa scommetterete? (Blaise Pascal)

Scommessa su Dio
da Pensieri, 1670 (postumo)

O Dio esiste o non esiste; ma da che parte staremo? La ragione non può decidere niente. C'è un abisso infinito che ci separa. In capo a questa infinita distanza si gioca un gioco in cui uscirà testa o croce. Su cosa scommetterete? Con la ragione non potete scegliere né l'uno né l'altro, con la ragione non potete negare nessuno dei due. Non accusate d'errore dunque quelli che hanno fatto una scelta, perché non ne sapete niente.

− No, ma io li biasimo non per aver fatto una scelta piuttosto che un'altra, ma per avere scelto, sebbene sia quello che sceglie croce e sia l'altro commettano errori opposti, sbagliando entrambi. Giusto è non scommettere.

− Sì, ma bisogna scommettere. Non dipende dalla volontà, ormai siete imbarcato. Cosa scegliete dunque? Vediamo, dal momento che bisogna scegliere, vediamo ciò che vi interessa meno. Avete due cose da perdere, il vero e il bene, e due cose da impegnare, la vostra ragione e la vostra volontà, la vostro conoscenza e la vostra beatitudine, mentre la vostra natura ha due cose da fuggire, l'errore e la miseria. La ragione, poiché è necessario scegliere, non viene maggiormente offesa scegliendo uno piuttosto che l'altro. Ecco un punto accertato. Ma la vostra beatitudine? Pesiamo il guadagno e la perdita puntando su croce, cioè che Dio esiste. Valutiamo i due casi: se vincete, vincete tutto, ma se perdete, non perdete niente. Scommettete dunque che Dio esiste senza esitare. È ammirevole.

− Sì, bisogna scommettere, ma forse scommetto troppo.

− Vediamo, poiché vi è un rischio reciproco di guadagno e di perdita, se non aveste che due vite da guadagnare contro una, potreste ancora scommettere, ma se ce ne fossero tre da guadagnare, bisognerebbe giocare (dal momento che è necessario giocare) e, se foste costretto a giocare, sarebbe imprudente non scommettere la vostra vita per guadagnarne tre a un gioco dove c'è uguale possibilità di perdita e di guadagno. Ma c'è un'eternità di vita e di felicità. Stando così le cose, anche se ci fosse un'infinità di casi di cui uno solo a vostro favore, avreste ancora ragione a scommettere uno per avere due, e sarebbe illogico, essendo obbligati a giocare, rifiutare di giocare una vita contro tre a un gioco dove, su un'infinità di casi, ce n'è uno per voi, qualora ci fosse da vincere una vita infinita e infinitamente felice.
Ma qui abbiamo una vita infinita e infinitamente felice da vincere, una probabilità di vincita contro un numero finito di probabilità di perdere, e ciò che scommettete è finito. Dove c'è l'infinito e non ci sono infinite probabilità di perdere contro una sola di vincere, non c'è discussione. Non si deve esitare, bisogna impegnare tutto. E così, se si è costretti a giocare, si deve rinunciare alla ragione per salvare la vita, piuttosto che rischiarla per un guadagno infinito, facile a venire quanto la perdita del nulla.

Pari de Pascal
Pensées, 1670 (posthume)

«Dieu est, ou il n'est pas.» Mais de quel côté pencherons-nous? La raison n'y peut rien déterminer: il y a un chaos infini qui nous sépare. Il se joue un jeu, à l'extrémité de cette distance infinie, où il arrivera croix ou pile. Que gagerez-vous? Par raison, vous ne pouvez faire ni l'un ni l'autre; par raison, vous ne pouvez défendre nul des deux. Ne blâmez donc pas de fausseté ceux qui ont pris un choix ; car vous n'en savez rien.

− «Non; mais je les blâmerai d'avoir fait, non ce choix, mais un choix ; car, encore que celui qui prend croix et l'autre soient en pareille faute, ils sont tous deux en faute : le juste est de ne point parier»

− Oui; mais il faut parier. Cela n'est pas volontaire, vous êtes embarqué. Lequel prendrez-vous donc? Voyons. Puisqu'il faut choisir, voyons ce qui vous intéresse le moins. Vous avez deux choses à perdre: le vrai et le bien, et deux choses à engager : votre raison et votre volonté, votre connaissance et votre béatitude ; et votre nature a deux choses à fuir : l'erreur et la misère. Votre raison n'est pas plus blessée, en choisissant l'un que l'autre, puisqu'il faut nécessairement choisir. Voilà un point vidé. Mais votre béatitude ? Pesons le gain et la perte, en prenant croix que Dieu est. Estimons ces deux cas : si vous gagnez, vous gagnez tout ; si vous perdez, vous ne perdez rien. Gagez donc qu'il est, sans hésiter.

− «Cela est admirable. Oui, il faut gager ; mais je gage peut-être trop.»

− Voyons. puisqu'il y a pareil hasard de gain et de perte, si vous n'aviez qu'à gagner deux vies pour une, vous pourriez encore gagner ; mais s'il y en avait trois à gagner, il faudrait encore jouer (puisque vous êtes dans la nécessité de jouer), et vous seriez imprudent, lorsque vous êtes forcé de jouer, de ne pas hasarder votre vie pour en gagner trois, à un jeu où il y a pareil hasard de perte et de gain. Mais il y a une éternité de vie et de bonheur.
Et cela étant, quand il aurait une infinité de hasards, dont un seul serait pour vous, vous auriez encore raison de gager un pour avoir deux; et vous agiriez de mauvais sens, en étant obligé à jouer, de refuser de jouer une vie contre trois à un jeu où d'une infinité de hasards il y en a un pour vous, s'il y avait une infinité de vie infiniment heureuse à gagner.
Mais il y a ici une infinité de vie infiniment heureuse à gagner, un hasard de gain contre un nombre fini de hasards de perte, et ce que vous jouez est fini. Cela ôte tout parti: partout où est l'infini, et où il n'y a pas infinité de hasards de perte contre celui du gain, il n'y a point à balancer, il faut tout donner. Et ainsi, quand on est forcé à jouer, il faut renoncer à la raison pour garder la vie, plutôt que de la hasarder pour le gain infini aussi prêt à arriver que la perte du néant.