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Frasi e citazioni di Pier Paolo Pasolini

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Pier Paolo Pasolini (Bologna 1922 - Ostia 1975), scrittore, poeta, giornalista e regista italiano, tra i maggiori artisti e intellettuali del XX secolo.
La maggior parte delle seguenti citazioni di Pier Paolo Pasolini sono tratte da: Scritti corsari (1975), Lettere luterane (1976) e Il caos (1979).

Foto di Pier Paolo Pasolini
I beni superflui rendono superflua la vita. (Pier Paolo Pasolini)

La religione del mio tempo
1961

Sesso, consolazione della miseria.

Il sogno di una cosa
1962

Chi non ha pretese non ha neanche dispiaceri!

III B: facciamo l'appello
Intervista di Enzo Biagi, Rai, 1971 - Selezione Aforismario

Il successo non è niente. Il successo è l'altra faccia della persecuzione.

La televisione è un medium di massa, e come tale non può che mercificarci e alienarci.

In genere le parole che cadono dal video, cadono sempre dall'alto, anche le più democratiche, anche le più vere, le più sincere.

La cultura piccolo borghese, almeno nella mia nazione (ma forse anche in Francia e in Spagna), è qualcosa che porta sempre a delle corruzioni, a delle impurezze. Mentre un analfabeta, uno che abbia fatto i primi anni delle elementari, ha sempre una certa grazia che poi va perduta attraverso la cultura. Poi si ritrova a un altissimo grado di cultura, ma la cultura media è sempre corruttrice.

La Divina Mimesis
1975

La volgarità è il momento di pieno rigoglio del conformismo.

Non appena un uomo rappresenta – con la propria fisicità – il proprio modo di guadagnarsi il pane, suscita pietà.

Odiamo il conformismo degli altri perché è questo che ci trattiene dall'interessarci al nostro.

Ognuno di noi odia nell'altro come in un lager il proprio destino.

Scritti corsari
1975 - Selezione Aforismario

Se i sottoproletari si sono imborghesiti, i borghesi si sono sottoproletarizzati. La cultura che essi producono, essendo di carattere tecnologico e strettamente pragmatico, impedisce al vecchio «uomo» che è ancora in loro di svilupparsi. Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. 

Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre... 

Se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la "società dei consumi" ha bene realizzato il fascismo.

Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologhi hanno troppo bonariamente chiamato la "società dei consumi". Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. E invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell'urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa spensierata società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un vero e proprio fascismo.

In una società dove tutto è proibito, si può fare tutto: in una società dove è permesso qualcosa si può fare solo quel qualcosa.

L'ottica dei pazzi è da prendersi in seria considerazione: a meno che non si voglia essere progrediti in tutto fuorché sul problema dei pazzi, limitandosi comodamente a rimuoverli.

L'uomo medio dei tempi del Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l'umanità nella loro purezza ideale oggettivamente contenuta in esse; l'uomo medio di oggi può interiorizzare una Seicento o un frigorifero, oppure un week-end a Ostia.

Non esiste razionalità senza senso comune e concretezza. Senza senso comune e concretezza la razionalità è fanatismo. 

I beni superflui rendono superflua la vita.

Il futuro non appartiene né ai vecchi cardinali, né ai vecchi uomini politici, né ai vecchi magistrati, né ai vecchi poliziotti, Il futuro appartiene alla giovane borghesia che non ha più bisogno di detenere il potere con gli strumenti classici; che non sa più cosa farsene della Chiesa, la quale, ormai, ha finito genericamente con l'appartenere a quel mondo umanistico del passato che costituisce un impedimento alla nuova rivoluzione industriale; il nuovo potere borghese infatti necessita nei consumatori di uno spirito totalmente pragmatico ed edonistico: un universo tecnicistico e puramente terreno è quello in cui può svolgersi secondo la propria natura il ciclo della produzione e del consumo. Per la religione e soprattutto per la Chiesa non c'è più spazio.

La Famiglia è tornata a diventare quel potente e insostituibile centro infinitesimale di tutto che era prima. Perché? Perché la civiltà dei consumi ha bisogno della famiglia.

Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto. Ma mai un «modello di vita» ha potuto essere propagandato con tanta efficacia che attraverso la televisione. Il tipo di uomo o di donna che conta, che è moderno, che è da imitare e da realizzare, non è descritto o decantato: è rappresentato!

Ho sempre pensato, come qualsiasi persona normale, che dietro a chi scrive ci debba essere necessità di scrivere, libertà, autenticità, rischio. Pensare che ci debba essere qualcosa di sociale e di ufficiale che «fissi» l'autorevolezza di qualcuno, è un pensiero, appunto aberrante, dovuto evidentemente alla deformazione di chi non sappia più concepire verità al di fuori dell'autorità. 

Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.  

Oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un'ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore.

Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, e a cui «deve» obbedire, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza. L'uguaglianza non è stata infatti conquistata, ma è una «falsa» uguaglianza ricevuta in regalo.

Il consumismo altro non è che una nuova forma totalitaria − in quanto del tutto totalizzante, in quanto alienante fino al limite estremo della degradazione antropologica.

La Chiesa non può che essere reazionaria: non può che essere dalla parte del Potere; non può che accettare le regole autoritarie e formali della convivenza.

Procreare è oggi un delitto ecologico.

I sottoproletari, fino a pochi anni fa, rispettavano la cultura e non si vergognavano della propria ignoranza. Anzi, erano fieri del proprio modello popolare di analfabeti in possesso però del mistero della realtà. Guardavano con un certo disprezzo spavaldo i «figli di papà», i piccoli borghesi, da cui si dissociavano, anche quando erano costretti a servirli. Adesso, al contrario, essi cominciano a vergognarsi della propria ignoranza: hanno abiurato dal proprio modello culturale (i giovanissimi non lo ricordano neanche più, l'hanno completamente perduto), e il nuovo modello che cercano di imitare non prevede l'analfabetismo e la rozzezza.

Foto di Pier Paolo Pasolini
Il successo è l'altra faccia della persecuzione. (Pier Paolo Pasolini)

Lettere luterane
1976 (postumo) - Selezione Aforismario

I figli che ci circondano, specialmente i più giovani, gli adolescenti, sono quasi tutti dei mostri. Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, e quando non terrorizzante, è fastidiosamente infelice. Orribili pelami, capigliature caricaturali, carnagioni pallide, occhi spenti. Sono maschere di qualche iniziazione barbarica. Oppure, sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà.

C'è – ed eccoci al punto – un'idea conduttrice sinceramente o insinceramente comune a tutti: l'idea cioè che il male peggiore del mondo sia la povertà e che quindi la cultura delle classi povere deve essere sostituita con la cultura della classe dominante. In altre parole la nostra colpa di padri consisterebbe in questo: nel credere che la storia non sia e non possa essere che la storia borghese.

Bisogna avere la forza della critica totale, del rifiuto, della denuncia disperata e inutile.

Che cos'è che ha trasformato i proletari e i sottoproletari italiani, sostanzialmente, in piccolo borghesi, divorati, per di più, dall'ansia economica di esserlo? Che cos'è che ha trasformato le "masse" dei giovani in "masse" di criminaloidi? L'ho detto e ripetuto ormai decine di volte: una "seconda" rivoluzione industriale che in realtà in Italia è la "prima": il consumismo.

Chi accetta realisticamente una trasformazione che è regresso e degradazione, vuoi dire che non ama chi subisce tale regresso e tale degradazione, cioè gli uomini in carne e ossa che lo circondano. Chi invece protesta con tutta la sua forza, anche sentimentale, contro il regresso e la degradazione, vuoi dire che ama quegli uomini in carne e ossa.

Gli eroi della propaganda televisiva - giovani su motociclette, ragazze accanto a dentifrici - proliferano in milioni di eroi analoghi nella realtà. Appunto perché perfettamente pragmatica, la propaganda televisiva rappresenta il momento qualunquistico della nuova ideologia edonistica del consumo: e quindi è enormemente efficace.

Il dovere degli intellettuali sarebbe quello di rintuzzare tutte le menzogne che attraverso la stampa e soprattutto la televisione inondano e soffocano quel corpo del resto inerte che è l'Italia.

I primi ricordi della vita sono ricordi visivi. La vita, nel ricordo, diventa un film muto.

La droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura.

Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza il sentimento della «diversità» delle minoranze.

Fin che il «diverso» vive la sua «diversità» in silenzio, chiuso nel ghetto mentale che gli viene assegnato, tutto va bene: e tutti si sentono gratificati della tolleranza che gli concedono. Ma se appena egli dice una parola sulla propria esperienza di «diverso», oppure, semplicemente, osa pronunciare delle parole «tinte» dal sentimento della sua esperienza di «diverso» si scatena il linciaggio, come nei più tenebrosi tempi clerico-fascisti. Lo scherno più volgare, il lazzo più goliardico l'incomprensione più feroce lo gettano nella degradazione e nella vergogna.

La vita consiste prima di tutto nell'imperterrito esercizio della ragione: non certo nei partiti presi, e tanto meno nel partito preso della vita, che è puro qualunquismo. Meglio essere nemici del popolo che nemici della realtà.

Per amare la cultura occorre una forte vitalità. Perché la cultura – in senso specifico o, meglio, classista – è un possesso: e niente necessita di una più accanita e matta energia che il desiderio di possesso. 

Chi si scandalizza è sempre banale: ma, aggiungo, è anche sempre male informato.

I vari casi di criminalità che riempiono apocalitticamente la cronaca dei giornali e la nostra coscienza abbastanza atterrita, non sono casi: sono, evidentemente, casi estremi di un modo di essere criminale diffuso e profondo: di massa. 

L'Italia – e non solo l'Italia del Palazzo e del potere – è un Paese ridicolo e sinistro: i suoi potenti sono delle maschere comiche, vagamente imbrattate di sangue: «contaminazioni» tra Molière e il Grand Guignol. Ma i cittadini italiani non sono da meno. Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di «raptus»: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti.

La scuola d'obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori.

Le nevrosi che causano le «regressioni» più terribili e incurabili sono dovute proprio a questo sentimento primo, di non essere accolti nel mondo con amore.

Tutti gli italiani si possono dare dei «fascisti» a vicenda, perché in tutti gli italiani c'è qualche tratto fascista [...]; tutti gli italiani, per ragioni più ovvie, si possono dare a vicenda dei «cattolici» o dei «clericali». Tutti gli italiani, infine si possono dare a vicenda dei «qualunquisti».

Il caos
1979 (postumo) - Selezione Aforismario

Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene.

La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline. 

È esperienza di ogni giorno: si richiede la santità agli altri, per tenere tranquilla la coscienza, nel momento in cui ci si accorge che non sono santi. Ma nel momento in cui ci si accorge che lo sono, li si consacra. La consacrazione li discrimina, li cataloga: li rende innocui, e anche un po' ridicoli e ufficiali.

Degli italiani piccolo-borghesi si sentono tranquilli davanti a ogni forma di scandalo, se questo scandalo ha dietro una qualsiasi forma di opinione pubblica o di potere; perché essi riconoscono subito, in tale scandalo, una possibilità di istituzionalizzazione, e, con questa possibilità, essi fraternizzano.

La serietà è la qualità di coloro che non ne hanno altre: è uno dei canoni di condotta, anzi, il primo canone, della piccola borghesia.

Seri bisogna esserlo, non dirlo, e magari neanche sembrarlo! Seri si è o non si è: quando la serietà viene enunciata diventa ricatto e terrorismo!

Tutto si integra nell'eterno ritorno: ciò lo sanno gli umoristi, i santi e gli innocenti.

Saggi sulla politica e sulla società
a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, 1999 (postumo)

L'Italia sta marcendo in un benessere che è egoismo, stupidità, incultura, pettegolezzo, moralismo, coazione, conformismo: prestarsi in qualche modo a contribuire a questa marcescenza è, ora, il fascismo.

Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società.

Note
Leggi anche le citazioni degli scrittori italiani: Italo Calvino - Alberto Moravia - Leonardo Sciascia

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