Frasi e citazioni di Georges Minois
Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Georges Minois (1946), storico francese. Le seguenti riflessioni di Georges Minois sono tratte da: Storia del riso e della derisione (Histoire du rire et de la dérision, 2002) e Storia del mal di vivere (Histoire du mal de vivre. De la mélancolie à la dépression, 2003).
La grandezza dell'uomo non consiste nell'essere felice, ma nell'essere consapevole, lucido. (Georges Minois) |
Storia del riso e della derisione
Histoire du rire et de la dérision, 2002 - Selezione Aforismario
Attentamente studiato per secoli da tutte le discipline, il riso conserva intatto il suo mistero. Di volta in volta aggressivo, canzonatorio, sarcastico, amicale, sardonico, angelico, ironico o umoristico, burlesco o grottesco, il riso è multiforme, ambivalente, ambiguo: può esprimere sia gioia pura che trionfo cattivo, orgoglio ma anche simpatia. Tutto ciò costituisce la sua ricchezza e il suo fascino, ma anche, talvolta, il suo carattere inquietante.
Il riso c una faccenda troppo seria per essere affidata ai comici. Ecco perché da Aristotele in poi orde di filosofi, storici, psicologi, sociologi e medici, che non sono gente che scherza, hanno affrontato questo tema.
Il riso è onnipresente nella pubblicità, nei giornali, nelle trasmissioni televisive, tuttavia lo si incontra raramente per le strade. Si decantano i suoi meriti, le sue virtù terapeutiche, la sua forza corrosiva di fronte agli integralismi e ai fanatismi e, nonostante ciò, facciamo fatica a comprenderlo del tutto.
Situandosi all'incrocio fra la psiche e il corpo, tra l'aspetto individuale e quello sociale, tra il divino e il diabolico, il riso fluttua nell'equivocità, nell'indeterminatezza. Esso pertanto presenta tutte le caratteristiche necessarie per sedurre lo spirito moderno.
Se il riso viene a volte definito diabolico è perché è sembrato un vero e proprio insulto alla creazione divina, una sorta di vendetta del diavolo, una manifestazione di disprezzo, di orgoglio, di aggressività che si compiace del male.
Il riso è forse l'unico mezzo per aiutarci a sopportare l'esistenza quando nessuna spiegazione appare convincente. L'umorismo è il valore supremo che permette di accettare senza comprendere, di prendere atto senza adombrarsi, di accettare tutto senza prendere nulla sul serio.
Attentamente studiato per secoli da tutte le discipline, il riso conserva intatto il suo mistero. Di volta in volta aggressivo, canzonatorio, sarcastico, amicale, sardonico, angelico, ironico o umoristico, burlesco o grottesco, il riso è multiforme, ambivalente, ambiguo: può esprimere sia gioia pura che trionfo cattivo, orgoglio ma anche simpatia. Tutto ciò costituisce la sua ricchezza e il suo fascino, ma anche, talvolta, il suo carattere inquietante.
Il riso c una faccenda troppo seria per essere affidata ai comici. Ecco perché da Aristotele in poi orde di filosofi, storici, psicologi, sociologi e medici, che non sono gente che scherza, hanno affrontato questo tema.
Il riso è onnipresente nella pubblicità, nei giornali, nelle trasmissioni televisive, tuttavia lo si incontra raramente per le strade. Si decantano i suoi meriti, le sue virtù terapeutiche, la sua forza corrosiva di fronte agli integralismi e ai fanatismi e, nonostante ciò, facciamo fatica a comprenderlo del tutto.
Situandosi all'incrocio fra la psiche e il corpo, tra l'aspetto individuale e quello sociale, tra il divino e il diabolico, il riso fluttua nell'equivocità, nell'indeterminatezza. Esso pertanto presenta tutte le caratteristiche necessarie per sedurre lo spirito moderno.
Se il riso viene a volte definito diabolico è perché è sembrato un vero e proprio insulto alla creazione divina, una sorta di vendetta del diavolo, una manifestazione di disprezzo, di orgoglio, di aggressività che si compiace del male.
Il riso è forse l'unico mezzo per aiutarci a sopportare l'esistenza quando nessuna spiegazione appare convincente. L'umorismo è il valore supremo che permette di accettare senza comprendere, di prendere atto senza adombrarsi, di accettare tutto senza prendere nulla sul serio.
Storia del mal di vivere
Dalla malinconia alla depressione
Histoire du mal de vivre. De la mélancolie à la dépression, 2003 - Selezione Aforismario
Dalla malinconia alla depressione
Histoire du mal de vivre. De la mélancolie à la dépression, 2003 - Selezione Aforismario
Il male di vivere è forse la sola ragione per vivere, in quanto segno del progresso del pensiero e della coscienza. La grandezza dell'uomo, in fondo, sta anche nelle sue ferite.
Soffrire, invecchiare, morire, per cosa poi? Le prime manifestazioni del mal di vivere derivano dall'esperienza delle difficoltà dell’esistenza
Le menti più fini sono le più soggette al male di vivere.
Ecco più o meno a che punto siamo. Una sorta di bivio, di incrocio dei cammini fra l'idiozia e la depressione, fra un avvenire di imbecilli felici o di intellettuali depressi.
La grandezza dell'uomo non consiste nell'essere felice, ma nell'essere consapevole, lucido.
La vita è noiosa, ma paradossalmente si ha paura di perderla.
Il progresso umano ha liberato il pensiero, ma allo stesso tempo ha incrementato l'angoscia di questo pensiero che si ritrova solo con se stesso, solo e libero. Da qui il malessere, mal di vivere che un tempo solo le menti eccezionali conoscevano, e che oggi coinvolge intere folle.
L’uomo che riflette non può che essere pessimista.
Oltre ai farmaci, efficaci sui neurotrasmettitori ma impotenti contro il pessimismo, l'arma più temibile contro il mal di vivere è l'infantilizzazione degli individui attraverso l'azione di multimedia sempre più potenti. Nel nome della gioia di vivere, assistiamo a una gigantesca regressione culturale e intellettuale.
Il rifiuto della morte non è forse un rifiuto della vita, una vita che ci è stata imposta e fatta passare come un privilegio e la cui sola certezza è che conduce alla morte?
Note