Frasi e aforismi di Piergiorgio Bellocchio
Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Piergiorgio Bellocchio (Piacenza 1931-2022), critico letterario e scrittore italiano.
Nel 1962, Bellocchio ha fondato la rivista «Quaderni piacentini» che ha diretto fino alla chiusura, nel 1984. Tre suoi racconti sono stati pubblicati nel volume I piacevoli servi (Mondadori 1966). Ha collaborato con l'editore Garzanti scrivendo voci per l'Enciclopedia della letteratura (1972) e per l'Enciclopedia Europea (1976) e prefazioni a Stendhal, Dickens e Casanova. Dal 1977 al 1980 ha diretto a Milano la piccola casa editrice Gulliver. Dal 1985 pubblica, con Alfonso Berardinelli, la rivista «Diario». Le seguenti riflessioni di Piergiorgio Bellocchio sono tratte dal libro: Dalla parte del torto, pubblicato da Einaudi nel 1989.
− Ho sempre finito per ottenere quello che volevo. E lei? − Anch'io, in un certo senso. Non ho mai voluto niente. (Piergiorgio Bellocchio) |
Dalla parte del torto
© Einaudi 1989 - Selezione Aforismario
"...ci mettiamo dalla parte del torto, in mancanza di un altro posto in cui metterci". (Brecht, Diario di lavoro, 13.8.42).
«Credi in Dio?» «No, al 90% ». Anche nelle cose del cosiddetto spirito si dovrebbe adottare il criterio quantitativo-statistico. Credi nell'esistenza della realtà esterna? Sì al 60%, al 40% sono invece idealista. Marxista? Part-time. Apocalittico o integrato? Fifty-fifty.
La formula del «tanto peggio, tanto meglio» non mi ha mai sedotto, ma un suo uso tattico, limitato, e senza spargimento di sangue, mi sembra in certi casi molto opportuno. Gli errori del nemico vanno incoraggiati. Non resistete al male.
− Chi è quell'imbecille?
− Sono io.
Taci, il nemico non ti scolta.
Capisco l'auto giocattolo, la barchetta, l'aeroplano giocattolo. Mi sbalordisce invece che ci sia gente che si diverte con auto, barche, aerei veri...
"Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno giustiziati".
In autostrada. Sorpasso un camion carico di onesti, ignari maiali (verosimilmente portati al macello). Subito dopo, un'auto con famigliola in vacanza. Davanti i genitori, muti, l'occhio fisso all'asfalto. Dietro, tra fagotti e valigie, due ragazzini assorbiti da bibite e fumetti. Unica voce, la radio. Sul tetto, con altri bagagli, una motocicletta. Dove andiamo? Chi sono i bruti? Chi consuma più di quel che produce? Chi merita di vivere?
"Non ho parole..." "Non dica nulla".
Gli è rimasta stampata sulla faccia, indelebile, quella smorfia servile degli anni di apprendistato, quando, per salire di posizione, hanno dovuto mangiare, sorridendo, un bel po' di merda. Ora comandano e fanno mangiar merda agli altri. Ma è molto raro che agiscano per rivalsa. Ne hanno mangiata tanta che non distinguono più i sapori. La merda gli piace.
"Non ho parole..." "Ben detto!"
− Ho sempre finito per ottenere quello che volevo. E lei?
− Anch'io, in un certo senso. Non ho mai voluto niente.
Slogan pubblicitario: "Chi non ride è fuori moda".
− I am o.k.! − I am k.o.
È vero che da quando esistono i giornali, i fatti sono stati sostituiti dalle notizie. Ma la notizia ha sempre almeno cercato di fingere un rapporto col fatto. Il lettore dovrebbe credere di capire qualcosa, farsi un'idea, vera o falsa che sia. Ora, dopo i fatti, è diventata superflua anche la notizia. Quel che accade è l'articolo.
Limitare il disonore. Un obiettivo che vent'anni fa avrei trovato ripugnante e assurdo, in quanto onore e disonore non sono graduabili. E in effetti si tratta di un proposito ben misero, una guitteria morale, una trovata da servo di commedia. Ma quand'ero giovane non potevo ipotizzare un fallimento di queste proporzioni.
Nessuno vuole ucciderti. La razione quotidiana di offese che patisci proviene da istituzioni e persone animate dalle migliori intenzioni, e il trattamento a te riservato è più o meno lo stesso che tocca alla stragrande maggioranza della razza occidentale, che pare trovarsene bene. Per cui corri sempre il rischio di apparire (anche a te stesso) paranoico, snob, o semplicemente ridicolo.
«Sono forse il custode di mio fratello?» Si, sei il custode di tuo fratello.
A tavola il bambino ha pronunciato la parola «cacca». Irritazione dei genitori: «Quando si mangia non si deve parlare di cose disgustose», E riprendono il pasto seguendo il telegiornale, vale a dire: massacri in Salvador, esecuzioni nelle nostre carceri, delitti della mafia e della camorra, fame nel mondo, Libano, sequestri, e per finire un servizio sui cuccioli di foca uccisi a bastonate dai cacciatori di pellicce sulla banchisa del Labrador. Ma anche senza questi eccessi, senza la morte e il sangue in primo piano, già solo le parole e i volti dei personaggi pubblici e degli annunciatori non dovrebbero risultare più «disgustosi», più nocivi all'appetito e alla digestione della parola pronunciata dal bambino? Oppure i genitori sono stati disturbati perché in quella parola hanno sentito un riferimento, tanto involontario quanto pertinente, alla qualità dei cibi che formano il loro pasto c più in generale alla qualità della loro esistenza? Lo sappiamo che ciò che mangiamo e facciamo, diciamo e pensiamo − insomma, ciò che siamo − è «cacca». Però non è cortese ricordarcelo.
Libro di Piergiorgio Bellocchio
Editore Einaudi, Torino, 1989
Tra satira e critica militante oscillano questi scritti di Piergiorgio Bellocchio, che sposano un genere poco frequentato in Italia, anzi, si direbbe, eccetto qualche raro esempio, emarginato dai canoni letterari. L'osservazione del presente si traduce, nella pagina, in uno stile ironico e risentito, a volte epigrammatico a volte narrativo. Sia l'aforisma sia il racconto breve assumono valore di «exemplum», prendendo spunto ora da minimi segnali del quotidiano, ora da conclamati «fenomeni» culturali. In questa prospettiva si rivela la capacità dell'autore a cogliere il sintomo nella manifestazione minima o familiare, come nell'espressione televisiva e plateale, per disegnare un quadro della nostra civiltà, secondo un'angolazione radicalmente polemica. Contro i conformismi e le mitologie dell'oggi, l'occasionalità di questi testi, svincolati da finalità giornalistiche o accademiche, dà alla raccolta il sapore immediato del quaderno di appunti, del libero diario in pubblico.
Note
Leggi anche le citazioni degli autori italiani: Alberto Arbasino - Roberto Calasso - Eugenio Scalfari
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