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Frasi di Dante Alighieri dalla Divina Commedia e dal Convivio

Raccolta di aforismi, frasi e citazioni di Dante Alighieri (Firenze 1265 - Ravenna 1321), poeta e scrittore italiano, soprannominato il "Sommo Poeta" e considerato il padre della lingua italiana. La fama di Dante è dovuta soprattutto alla composizione della Divina Commedia, considerata la più grande opera mai scritta in lingua italiana e uno dei maggiori capolavori della letteratura mondiale.
Le seguenti citazioni di Dante Alighieri sono tratte dalla Divina Commedia (1304-1321), da Vita Nova (ca. 1294) e dal Convivio (ca. 1306). In appendice sono riportate anche alcune frasi attribuite a Dante e il link a una raccolta di opinioni e giudizi critici su Dante e la sua opera.
Ritratto di Dante Alighieri con alloro in testa
Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria. (Dante Alighieri)

Divina Commedia - Inferno
1304-1321 - Selezione Aforismario

Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, / ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura / esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinova la paura!

Per me si va ne la città dolente, | per me si va ne l'etterno dolore, | per me si va tra la perduta gente. | Giustizia mosse il mio alto fattore; | fecemi la divina podestate, | la somma sapïenza e 'l primo amore. | Dinanzi a me non fuor cose create | se non etterne, e io etterno duro. | Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.

Temer si dee di sole quelle cose / c'hanno potenza di fare altrui male; /de l'altre no, ché non son paurose.

Ahi quanto cauti li uomini esser dienno | presso a color che non veggion pur l'ovra, | ma per entro i pensier miran col senno!

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, | prese costui de la bella persona | che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. | Amor, ch'a nullo amato amar perdona, | mi prese del costui piacer sì forte, | che, come vedi, ancor non m'abbandona. | Amor condusse noi ad una morte. | Caina attende chi a vita ci spense.

Donna è gentil nel ciel che si compiange | di questo 'mpedimento ov' io ti mando, | sì che duro giudicio là sù frange.

D'ogne malizia, ch'odio in cielo acquista, | ingiuria è 'l fine, ed ogne fin cotale | o con forza o con frode altrui contrista. | Ma perché frode è de l'uom proprio male, | più spiace a Dio; e però stan di sotto | li frodolenti, e più dolor li assale.

Ahi quanto cauti li uomini esser dienno/ presso a color che non veggion pur l'ovra,/ ma per entro i pensier miran col senno!

O somma sapïenza, quanta è l'arte | che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo, | e quanto giusto tua virtù comparte!

La frode, ond'ogne coscïenza è morsa, | può l'omo usare in colui che 'n lui fida | e in quel che fidanza non imborsa. | Questo modo di retro par ch'incida | pur lo vinco d'amor che fa natura; | onde nel cerchio secondo s'annida | ipocresia, lusinghe e chi affattura, | falsità, ladroneccio e simonia, | ruffian, baratti e simile lordura.

Maggior difetto men vergogna lava.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.

Nessun maggior dolore / che ricordarsi del tempo felice ne la miseria.

Quando leggemmo il disiato riso / esser baciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi baciò tutto tremante. / Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: / quel giorno più non vi leggemmo avante.

Che giova ne le fata dar di cozzo?

O sol che sani ogne vista turbata, | tu mi contenti sì quando tu solvi, | che, non men che saver, dubbiar m'aggrata.

Cred'io ch'ei credette ch'io credesse.

Or vo’ che sappi, innanzi che più andi, / ch’ei non peccaro; e s’elli hanno mercedi, / non basta, perché non ebber battesmo, / ch’è porta de la fede che tu credi; / e s’e’ furon dinanzi al cristianesmo, / non adorar debitamente a Dio: / e di questi cotai son io medesmo. / Per tai difetti, non per altro rio, / semo perduti, e sol di tanto offesi / che sanza speme vivemo in disio.

Ne la chiesa coi santi, e in taverna coi ghiottoni.

Assolver non si può chi non si pente, / né pentere e volere insieme puossi / per la contradizion che nol consente.

Maggior difetto men vergogna lava.

Seggendo in piuma, / in fama non si vien, né sotto coltre; / sanza la qual chi sua vita consuma, / cotal vestigio in terra di sé lascia, / qual fummo in aere e in acqua la schiuma.

L'anime triste di coloro / che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.

L'anima tua è da viltade offesa.

Giusti son due, e non vi sono intesi; | superbia, invidia e avarizia sono | le tre faville c'hanno i cuori accesi.

Fama di loro il mondo esser non lassa; / misericordia e giustizia li sdegna: / non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

Coscïenza m’assicura, / la buona compagnia che l’uom francheggia / sotto l’asbergo del sentirsi pura.

La gente nuova e i sùbiti guadagni / orgoglio e dismisura han generata, / Fiorenza.

Oh creature sciocche, | quanta ignoranza è quella che v'offende!

Per l’argine sinistro volta dienno; / ma prima avea ciascun la lingua stretta / coi denti, verso lor duca, per cenno; / ed elli avea del cul fatto trombetta.

Quanti si tengon or lassù gran regi, / che qui staranno come porci in brago, / di sé lasciando orribili dispregi!

E come ’l volger del ciel de la luna / cuopre e discuopre i liti sanza posa, / così fa di Fiorenza la Fortuna.

Salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.

Divina Commedia - Purgatorio
1304-1321 - Selezione Aforismario

O non sapete voi che noi siam vermi / nati a formar l'angelica farfalla / che vola alla giustizia senza schermi?

O dignitosa coscïenza e netta,/ come t'è picciol fallo amaro morso!

Libertà va cercando, ch’è sì cara,/ come sa chi per lei vita rifiuta.

Perder tempo a chi più sa più spiace.

Sempre l'omo in cui pensier rampolla/ sovra pensier, da sé dilunga il segno,/ perché la foga l'un de l'altro insolla.

Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello!

Vassene ’l tempo e l’uom non se n’avvede.

Lascia dir le genti: / sta come torre ferma, che non crolla / già mai la cima per soffiar di venti.

Non è il mondan romore altro ch’un fiato / di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi, / e muta nome perché muta lato.

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?

Or superbite, e via col viso altero,/ figliuoli d'Eva, e non chinate il volto/ sì che veggiate il vostro mal sentero!

Ogni erba si conosce per lo seme.

Rade volte risurge per li rami/ l’umana probitate; e questo vole/ quei che la dà, perché da lui si chiami.

Era già l'ora che volge il disio / ai navicanti e 'ntenerisce il core / lo dí c'han detto ai dolci amici addio; /  e che lo novo peregrin d'amore / punge, se ode squilla di lontano / che paia il giorno pianger che si more.

Io ritornai da la santissima onda rifatto sì come piante novelle rinovellate di novella fronda, puro e disposto a salire a le stelle.

Divina Commedia - Paradiso
1304-1321 - Selezione Aforismario

La gloria di colui che tutto move per l'universo penetra, e risplende in una parte più e meno altrove.

Le cose tutte quante / hanno ordine tra loro, e questo è forma / che l’universo a Dio fa simigliante.

Poca favilla gran fiamma seconda.

Molte fïate già pianser li figli/ per la colpa del padre, e non si creda/ che Dio trasmuti l’arme per suoi gigli!

Volontà, se non vuol, non s'ammorza,/ ma fa come natura face in foco,/ se mille volte vïolenza il torza.

Siate, Cristiani, a muovervi più gravi:/ non siate come penna ad ogne vento,/ e non crediate ch'ogne acqua vi lavi./ Avete il novo e 'l vecchio Testamento,/ e 'l pastor de la Chiesa che vi guida;/ questo vi basti a vostro salvamento./ Se mala cupidigia altro vi grida,/ uomini siate, e non pecore matte,/ sì che 'l Giudeo di voi tra voi non rida!

Sempre la confusion de le persone/ principio fu del mal de la cittade.

Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altrui, e come è duro calle/ lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.

L'aiuola che ci fa tanto feroci.

Opera naturale è ch'uom favella;/ ma così o così, natura lascia/ poi fare a voi secondo che v'abbella.

A l'alta fantasia qui mancò possa; ma già volgeva il mio disio e 'l velle, sì come rota ch'igualmente è mossa, l'amor che move il sole e l'altre stelle.
Uomo cammina in un bosco
Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita. (Dante Alighieri)

Vita Nova
ca. 1294

Ingégnati, se puoi, d'esser palese.

Lo viso mostra lo color del core.

Tanto gentile e tanto onesta pare | la donna mia quand'ella altrui saluta, | ch'ogne lingua deven tremando muta, | e li occhi no l'ardiscon di guardare.

Convivio
ca. 1306 - Selezione Aforismario

Ciascuno uomo a ciascuno uomo naturalmente è amico, e ciascuno amico si duole del difetto di colui ch'elli ama,

Del non potere e del non sapere ben sé menare le più volte non è l'uomo vituperato, ma del non volere è sempre, perché nel volere e nel non volere nostro si giudica la malizia e la bonade.

Dispregiar se medesimo è per sè biasimevole, però che a l'amico dee l'uomo lo suo difetto contare strettamente, e nullo è più amico che l'uomo a sè; onde ne la camera de' suoi pensieri se medesimo riprender dee e piangere li suoi difetti, e non palese.

Filosofia non è altro che amistanza a sapienza, o vero a sapere.

Intra tutte le bestialitadi quella è stoltissima, vilissima e dannosissima, chi crede dopo questa vita non essere altra vita; però che, se noi rivolgiamo tutte le scritture, sì de' filosofi come de li altri savi scrittori, tutti concordano in questo, che in noi sia parte alcuna perpetuale.

La dottrina veracissima di Cristo, la quale è via, verità e luce: via, perché per essa sanza impedimento andiamo a la felicitade di quella immortalitade; verità, perché non soffera alcuno errore; luce, perché allumina noi ne la tenebra de la ignoranza mondana.

La fama buona principalmente è generata da la buona operazione ne la mente de l'amico, e da quella è prima partorita; ché la mente del nemico, avvegna che riceva lo seme, non concepe.

La maggiore parte de li uomini vivono secondo senso e non secondo ragione, a guisa di pargoli; e questi cotali non conoscono le cose se non semplicemente di fuori.

La moralitade è bellezza de la filosofia.

Lo consentire è uno confessare, villania fa chi loda o chi biasima dinanzi al viso alcuno, perché né consentire né negare puote lo così estimato sanza cadere in colpa di lodarsi o di biasimare.

Lodare sé è da fuggire sì come male per accidente, in quanto lodare non si può, che quella loda non sia maggiormente vituperio.

Misericordia è madre di beneficio.

Non dee l'uomo, per maggiore amico, dimenticare li servigi ricevuti dal minore.

Non subitamente nasce amore e fassi grande e viene perfetto, ma vuole tempo alcuno e nutrimento di pensieri, massimamente là dove sono pensieri contrari che lo 'mpediscano.

Nullo sensibile in tutto lo mondo è più degno di farsi essemplo di Dio che 'l sole.

Oh beati quelli pochi che seggiono a quella mensa dove lo pane de li angeli si manuca! e miseri quelli che con le pecore hanno comune cibo!

Questi ["gli uomini mutevoli e facili a giudicare"] sono da chiamare pecore, e non uomini; ché se una pecora si gittasse da una ripa di mille passi, tutte l'altre andrebbero dietro; e se una pecora per alcuna cagione al passare d'una strada salta, tutte l'altre saltano, eziandio nulla veggendo da saltare.

Sempre liberalmente coloro che sanno porgono de la loro buona ricchezza a li veri poveri

Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di propria natura impinta è inclinabile a la sua propria perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti.

Amor che ne la mente mi ragiona | de la mia donna disiosamente, | move cose di lei meco sovente, | che lo 'ntelletto sovr'esse disvia.

È gentilezza dovunqu'è vertute, | ma non vertute ov'ella; | sì com'è 'l cielo dovunqu'è la stella, | ma ciò non e converso. | E noi in donna e in età novella | vedem questa salute, | in quanto vergognose son tenute, | ch'è da vertù diverso.

Non vede il sol, che tutto 'l mondo gira, | cosa tanto gentil, quanto in quell'ora | che luce ne la parte ove dimora | la donna di cui dire Amor mi face.

Frasi attribuite
Selezione Aforismario

Dio è Uno; l'Universo è un pensiero di Dio; l'Universo è dunque Uno esso pure. Tutte le cose vengono da Dio. Tutte partecipano, più o meno, della natura divina, a seconda del fine pel quale sono create. L'uomo è nobilissimo fra tutte le cose: Dio ha versato in lui più della sua natura che non sull'altre. Ogni cosa che viene da Dio tende al perfezionamento del quale è capace. La capacità di perfezionamento nell'uomo è indefinita. L'Umanità è Una. Dio non ha fatto cosa inutile; e poiché esiste una Umanità, deve esistere uno scopo unico per tutti gli uomini, un lavoro da compirsi per opera d'essi tutti. Il genere umano dovrebbe dunque lavorare unito sì che tutte le forze intellettuali diffuse in esso ottengano il più alto sviluppo possibile nella sfera del pensiero e dell'azione. Esiste dunque una Religione universale della natura umana.
[Questo brano è una libera esposizione mazziniana del pensiero dantesco].

Non ti curar di loro, ma guarda e passa.
[La citazione corretta è: "Non ragioniam di lor, ma guarda e passa"].

Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini.
[Questa frase, molto diffusa su internet in lingua italiana, è attribuita nientemeno che a Dante Alighieri. Vedi la sezione Citazioni Errate per approfondire].

Note