Frasi e citazioni di Henry Kissinger

Selezione di frasi celebri e citazioni significative di Henry Kissinger (Fürth, 1923 - Kent, 2023), politico statunitense di origine tedesca. Membro del Partito Repubblicano, fu consigliere per la sicurezza nazionale e Segretario di Stato degli Stati Uniti durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford tra il 1969 e il 1977. Nel 1973 fu insignito del premio Nobel per la pace. 
Quanto fosse grande l'influenza di Kissinger nella politica internazionale degli anni '70 del XX secolo, si può evincere da questa osservazione di Oriana Fallaci: 
"Quest'uomo troppo famoso, troppo importante, troppo fortunato, che chiamavano Superman, Supersyar, Superkraut, e imbastiva alleanze paradossali, raggiungeva accordi impossibili, teneva il mondo col fiato sospeso come se il mondo fosse la sua scolaresca di Harvard. Questo personaggio incredibile, inspiegabile, in fondo assurdo, che s'incontrava con Mao Tse-tung quando voleva, entrava nel Cremlino quando ne aveva voglia, svegliava il presidente degli Stati Uniti e poi entrava in camera quando lo riteneva opportuno. Questo cinquantenne con gli occhiali a stanghetta, dinanzi al quale James Bond diventava un'invenzione priva di pepe. Lui non sparava, non faceva a pugni, non saltava da automobili in corsa come James Bond, però consigliava le guerre, finiva le guerre, pretendeva di cambiare il nostro destino e magari lo cambiava. Ma insomma chi era questo Henry Kissinger?". [Intervista con la storia, 1974].
Le seguenti citazioni di Henry Kissinger sono tratte da interviste, discorsi e dai libri: Gli anni alla Casa Bianca (White House Years, 1980), L'arte della diplomazia (Diplomacy, 1994) e Ordine mondiale (World Order, 2014).

Foto di Henry Kissinger
Se facciamo ciò che è necessario tutte le probabilità sono a nostro favore.
(Henry Kissinger)

Gli anni alla Casa Bianca
White House Years, 1980

L'America non ha amici o nemici permanenti, solo interessi.
[America has no permanent friends or enemies, only interests].

Una strategia politica deve basarsi come minimo su questi tre elementi: un'analisi rigorosa, che stabilisca l'ambito delle scelte possibili; una preparazione meticolosa; e infine la capacità di prendere subito l'iniziativa. Quando è in atto una crisi, la passività non fa che accrescere l'impotenza: alla fine ci si trova costretti ad agire proprio sui problemi e nelle condizioni di gran lunga meno favorevoli.

La storia non è una raccolta di ricette già collaudate. Essa insegna per analogie, non per massime.

Un popolo non deve mai perdere la fede in sé stesso: coloro che sguazzano felici nelle imperfezioni della loro società o le trasformano in una scusa per abbandonarsi a un'orgia nichilistica finiscono in genere col corrodere tutti i vincoli sociali e morali e a lunga scadenza, con il loro attacco spietato a tutte le credenze, non fanno altro che moltiplicare le sofferenze.

È difficile che la fiducia di altre Nazioni in un Paese sia superiore a quella che il Paese ha di sé. 

Un leader non è tenuto a correre dietro ai sondaggi d'opinione, ma a preoccuparsi delle conseguenze delle sue azioni. Gli chiederanno conto dei disastri anche se la decisione che li ha provocati aveva riscosso, quando è stata presa, il consenso generale.

Nello stato moderno gli apparati burocratici si sono talmente gonfiati, che si perde più tempo a gestirli che non a stabilirne gli scopi.

All'indomani di ogni crisi affiorano, qua e là nella stampa, oscure voci provenienti dai servizi informativi, od opinioni di qualche tecnico del settore, che ha la pretesa di avere, a suo tempo, predetto tutto, venendo però stupidamente ignorato dai politici.

Uno dei principi fondamentali della guerriglia è che per vincere basta non perdere; un esercito regolare, invece, per non perdere deve vincere.

Le colombe hanno dimostrato di essere un uccello estremamente pericoloso.

La pianificazione comunista incentiva i funzionari non a produrre di più, ma a sottovalutare ufficialmente il potenziale produttivo, in modo che poi non si possa rimproverare loro di non essere riusciti a raggiungere gli obiettivi prefissati.

L'arte della diplomazia
Diplomacy, 1994

Ciò che è veramente nuovo nell’ordine mondiale emergente è che per la prima volta gli Stati Uniti si trovano nella condizione di non potere ritirarsi dal mondo, ma neppure di dominarlo. 

Il sistema internazionale del ventunesimo secolo sarà caratterizzato da un’apparente contraddizione: da un lato frammentazione, dall’altro globalizzazione crescente. A livello di rapporti internazionali il nuovo ordine sarà più simile al sistema di stati del diciottesimo e diciannovesimo secolo che ai rigidi schematismi della guerra fredda.

Oggi i rapporti internazionali hanno già assunto – e per la prima volta – dimensioni autenticamente globali: le comunicazioni avvengono in tempo reale, l’economia mondiale funziona sincronicamente in tutti i continenti e si è già presentata una serie di problemi che possono trovare soluzione solo se si opera su scala mondiale, come la proliferazione nucleare, l’ambiente, l’esplosione demografica e l’interdipendenza economica.

La Russia sarà sempre essenziale nell’ordine mondiale e nell’inevitabile confusione conseguente a questi problemi costituirà sempre anche una potenziale minaccia.

Se il mondo vuole davvero la pace non ha che da applicare i princìpi americani.

I sistemi internazionali hanno vita precaria. Ogni «ordine mondiale» aspira all’eternità – come è insito nel termine stesso, ma in realtà ora gli elementi che lo compongono sono in flusso costante e la verità è che nel corso dei secoli la durata dei sistemi internazionali è continuamente diminuita.

Le certezze di minacce fisiche e dell’ideologia ostile, caratteristiche della guerra fredda, sono scomparse. Ciò che si richiede per governare il mondo emergente è più astratto: la visione di un futuro indimostrabile e i giudizi essenzialmente congetturali sul rapporto fra speranza e possibilità. I fini wilsoniani del passato dell’America – pace, stabilità, progresso e libertà per l’umanità – dovranno essere raggiunti in un percorso senza fine. «Viaggiatore», dice un proverbio spagnolo, «non ci sono strade. I sentieri si formano camminando.»

Ordine mondiale
World Order, 2014

Un quarto di secolo di crisi politiche ed economiche di cui le pratiche e gli ammonimenti occidentali sono stati considerati responsabili, o almeno corresponsabili – insieme all’implosione degli ordini regionali, ai bagni di sangue settari, al terrorismo, e a guerre finite senza vittorie –, ha messo in questione gli assunti ottimistici dell’epoca immediatamente successiva alla guerra fredda: ovvero che la diffusione della democrazia e dei liberi mercati avrebbe automaticamente creato un mondo giusto, pacifico e inclusivo.

Una volta che le armi sono diventate capaci di cancellare la civiltà e le interazioni tra sistemi di valori vengono rese istantanee e intrusive in modo senza precedenti, i calcoli tradizionali per il mantenimento dell’equilibrio di potere o di una comunanza di valori possono diventare obsoleti.

La potenza militare americana ha fornito uno schermo protettivo al resto del mondo, che i suoi beneficiari lo chiedessero o meno. Sotto l’ombrello di una garanzia militare americana essenzialmente unilaterale, gran parte del mondo sviluppato si è raccolto in un sistema di alleanze; i paesi in via di sviluppo sono stati protetti da una minaccia che a volte non riconoscevano, e tanto meno ammettevano. 

Un ordine mondiale veramente globale non è mai esistito.

Al giorno d’oggi, una ricostruzione del sistema internazionale è la sfida fondamentale per l’arte di governo.

Un ordine mondiale di Stati che affermino la dignità dell’individuo e forme di governo basate sulla partecipazione, e che cooperino a livello internazionale conformemente a regole concordate, può essere la nostra speranza e dovrebbe essere la nostra fonte di ispirazione.

Nelle sfide della nostra epoca, un ruolo risoluto e significativo dell’America sarà necessario sia dal punto di vista filosofico sia da quello geopolitico. Ma l’ordine mondiale non può essere conseguito da un paese che agisca da solo. Per raggiungere un autentico ordine mondiale, i suoi componenti, pur mantenendo i propri valori, devono acquisire una seconda cultura che è globale, strutturale e giuridica: un concetto di ordine che trascende le prospettive e gli ideali di qualsiasi regione o nazione. 

Frasi da discorsi e interviste
Selezione Aforismario

Se facciamo ciò che è necessario tutte le probabilità sono a nostro favore.
[If we do what is necessary, all the odds are in our favor].

L'importante è fare la cosa giusta. La credibilità verrà di conseguenza.

Non c'è realismo senza una punta di idealismo.

Ciò che mi interessa è quello che si può fare con il potere.

Il potere è l'afrodisiaco supremo.
[Power is the ultimate aphrodisiac].

Il compito di un leader è di portare la propria gente da dove si trova a dove non è mai stata.

Il problema è che il 90% dei politici rovina il buon nome di tutto l'altro 10%.

Le guerre non si fanno per il bene dell'umanità, ma per interessi nazionali.

Un bluff preso sul serio è più utile di una minaccia seria interpretata come un bluff.

Non capita spesso che le nazioni imparino dal passato, ancor più raramente che ne traggano le giuste conclusioni.

La cosa bella dell'essere famosi è che, quando annoi le persone, queste pensano che sia colpa loro.

Essere nemici dell'America può essere pericoloso, ma esserne amici è fatale.

Se non sai dove stai andando, ogni strada non ti porterà da nessuna parte.

L'assenza di alternative schiarisce meravigliosamente la mente.
[The absence of alternatives clears the mind marvelously].

Diplomazia: l'arte di limitare il potere.

La moderazione è una virtù solo per quelle persone che sanno di avere un'alternativa.

Ci sono solo due motivi per sedersi nella fila posteriore di un aereo: o hai la diarrea o sei ansioso di incontrare persone che ce l'hanno.

Chi controlla l'approvvigionamento alimentare controlla le persone; chi controlla l'energia può controllare interi continenti; chi controlla il denaro può controllare il mondo.

I militari sono solo stupidi animali da usare come pedine in politica estera.

Non è una questione di ciò che è vero che conta, ma una questione di ciò che viene percepito come vero.

Ogni successo è semplicemente l'acquisto di un biglietto d'ingresso per un problema più difficile.

Nessuna politica estera, per quanto ingegnosa, ha possibilità di successo se nasce nella mente di pochi e non viene portata nel cuore di nessuno.

È una delle ironie della storia che il comunismo, propagandato come una società senza classi, tendesse a generare una classe privilegiata di proporzioni feudali.

In mezzo alle crisi la via più audace è spesso la più sicura.

La sicurezza senza valori è come una nave senza timone, ma i valori senza sicurezza sono come un timone senza nave.

L'emergere di un'Europa unita è uno degli eventi più rivoluzionari del nostro tempo.

L'intelligenza non è poi così importante nell'esercizio del potere, e, di fatto, è spesso inutile.

Dobbiamo imparare a distinguere la moralità dal moralismo.

La pace, in definitiva, non dipende dalle disposizioni politiche, ma dalla coscienza dell'umanità.

La tentazione americana è credere che la politica estera sia una branca della psichiatria.

La storia è la memoria degli Stati.
[History is the memory of States].

L'illegale lo facciamo subito. L'incostituzionale richiede un po' più di tempo.
[The illegal we do immediately. The unconstitutional takes a little longer]. [1]

Non è possibile una crisi di governo la prossima settimana: la mia agenda è già piena.
[There cannot be a crisis next week. My schedule is already full]. [1]

Gli uomini di Stato veramente grandi, come Winston Churchill e Charles De Gaulle, non avevano un quoziente d'intelligenza superiore a quello dei loro contemporanei, ma avevano un senso almeno istintivo del ritmo della storia. Che il processo politico attuale generi qualcosa di simile resta un interrogativo.

Il Vietnam è ancora dentro di noi. Ha creato dei dubbi sulla capacità di giudizio degli americani, sulla credibilità americana, sulla potenza americana, non soltanto in patria ma in tutto il mondo. Ha avvelenato il nostro dibattito politico interno. Abbiamo quindi pagato un prezzo esorbitante per decisioni che vennero prese in buona fede e per buoni fini.

I sovietici devono mettersi in testa di decidere se vogliono una sincera coesistenza o se vogliono continuare a condurre una politica la cui obiettiva conseguenza è il tentativo di minacciare l'equilibrio del mondo non comunista. Se prendono una decisione positiva, dovremo andar loro incontro a metà strada. Ma dobbiamo far capire chiaramente che devono decidere seriamente che non ci bastano un tono più amichevole e una moglie elegante. Questo è il problema di base.

Le maggiori speranze di allentare la tensione nei rapporti Est-Ovest non stanno nell'imperscrutabile atteggiamento di Gorbaciov, ma nella crisi della struttura governativa ed economica dell'Urss.

Per quanto importante, la riduzione degli armamenti non può surrogare la politica estera.

È chiaro che i Cinesi, avendo fatto a meno di noi per cinquemila anni, pensano di poter continuare a farne a meno.

Note
  1. Frase attribuita
  2. Leggi anche le citazioni di: Francis FukuyamaJohn Fitzgerald Kennedy - Donald Trump

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