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Frasi e citazioni di Benedetto Croce

Selezione di frasi e citazioni di Benedetto Croce (Pescasseroli, 1866 - Napoli 1952), filosofo, storico, politico, critico letterario e scrittore italiano, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente del neoidealismo.
Foto di Benedetto Croce
Il ritmo della vita è amore e dolore, così indissolubili che ogni nuovo germe di amore
che noi seminiamo è un nuovo frutto di dolore che, presto o tardi, raccoglieremo.
(Benedetto Croce)

La Critica
Rivista di Letteratura, Storia e Filosofia, 1903

Molta parte dell'anima nostra è dialetto, come tanta altra parte è fatta di greco, latino, tedesco, francese, o di antico linguaggio italiano.

Se si potesse far uso in questioni strettamente letterarie del brutto vocabolo di plagiario, tutti gli scrittori, gli artisti, i pensatori sarebbero plagiari; perché tutti si riattaccano all'arte e al pensiero precedente, svolgendolo e variandolo.

Breviario di estetica
1912

Alla domanda: − Che cos'è l'arte? − Si potrebbe rispondere celiando (ma non sarebbe una celia sciocca): che l'arte è ciò che tutti sanno che cosa sia.

L'arte è visione o intuizione. L'artista produce un'immagine o fantasma; e colui che gusta l'arte volge l'occhio al punto che l'artista gli ha additato, guarda per lo spiraglio che colui gli ha aperto e riproduce in sé quell'immagine.

Un'aspirazione chiusa nel giro di una rappresentazione, ecco l'arte.

L'errore parla con doppia voce, una delle quali afferma il falso, ma l'altra lo smentisce.

L'errore non è mai puro, ché, se fosse tale, sarebbe verità.

Cultura e vita morale
1914

Una bella parola, la tolleranza! Nella vita nessuno è tollerante, perché ognuno ha qualche cosa da difendere; e, se non innalziamo più dei roghi, è perché i nostri costumi non lo consentono più.

La letteratura della nuova Italia
Laterza, 1914-1940

Il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l'umanità.

Il carattere di totalità della espressione artistica
1917

L'attività estetica, nel suo aspetto di controllo e freno di se medesimo, si suol chiamare il gusto.

Teoria e storia della storiografia
Laterza, 1917

La storia non è mai giustiziera, ma sempre giustificatrice; e giustiziera non potrebbe farsi se non facendosi ingiusta, ossia confondendo il pensiero con la vita, e assumendo come giudizio del pensiero le attrazioni e le repulsioni del sentimento.

È evidente che solo un interesse della vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato; il quale, dunque, in quanto si unifica con un interesse della vita presente, non risponde a un interesse passato, ma presente.

Qual è il carattere di un popolo? La sua storia: tutta la sua storia e nient'altro che la sua storia. La coincidenza è, in questo caso, perfetta, o, piuttosto, non si tratta di coincidenza ma d'identità.

Frammenti di etica
1922

L'uomo dimentica. Si dice che ciò sia opera del tempo; ma troppe cose buone, e troppe ardue opere, si sogliono attribuire al tempo, cioè a un essere che non esiste. No: quella dimenticanza non è opera del tempo; è opera nostra, che vogliamo dimenticare e dimentichiamo.

Etica e politica
Laterza, 1931 - Selezione Aforismario

Il filosofo, nel negare la religione, la nega in quanto forma mitologica, ma non già in quanto fede e religiosità. Anche la più critica delle filosofie deve di volta in volta convertirsi in fede, cioè in complesso di verità tenute per ferme e inconcusse, le quali valgano da premessa e fondamento all’operare.

La fede o religiosità, che nasce sul tronco della filosofia, dà all’uomo la coscienza della sua unità col Tutto, che è la piena e vera realtà.

Aborro il cattivo filosofo, presuntuoso o dilettante: presuntuoso nel trattare in modo facile le cose difficili, dilettante nelle cose sacre. Ma amo assai il non-filosofo, l’incommosso, l’indifferente alle dispute e distinzioni e dialettiche filosofiche, che possiede la verità in pochi e semplici principi, in limpide sentenze, guide sicure al suo giudicare e al suo operare: l’uomo del buon senso e della saggezza.

Il ritmo della vita è amore e dolore, così indissolubili che ogni nuovo germe di amore che noi seminiamo è un nuovo frutto di dolore che, presto o tardi, raccoglieremo.

Più ragionevole sembrerebbe il proposito di chi non si mette in opposizione con la vita, ma non le aderisce tanto da dover poi soffrire dei capricci della sorte: atteggiamento calmo, che un tempo si chiamava da «saggio» o da «filosofo».

La soluzione vera, la soluzione nobile, la soluzione umana del problema che sorge dal nesso di amore e dolore, di vita e morte, dev’essere invece l’accettazione senza riserve dell’amore e del dolore, dell’amore come strumento di lavoro, del dolore come travaglio che ci fa passare dal vecchio al nuovo lavoro.

Il fine che i «saggi» o «filosofi» si studiano di raggiungere col fiaccare l’energia dell’amore si deve raggiungere, invece, non con questo infiacchimento e cautela sentimentale (che è poi, in pratica, impossibile), ma con l’amare con tanta elevatezza di spirito da ritrovare in questa stessa elevatezza la forza di resistere al dolore, quando viene a colpirci, e la possibilità di superarlo in un nuovo amore.

Ah, le grandi cose al mondo non sono state compiute dai «saggi» e dai «filosofi», da coloro che riescono abilmente a solcare il mare della vita senza troppe tempeste, ma dagli animi appassionati ed energici, che sfidano le tempeste!

I sensi non sono costanti, la fantasia non è fedele; le anime, quali che siano le apparenze, nell’amore non si accomunano, anzi ciascuna tira a sé, onde quel certo che di egoistico e di ostile che spunta improvviso tra le maggiori ebbrezze del reciproco abbandono.

Ciascuno di noi, in quanto essere naturale, non è nemmeno d’accordo con sé stesso: immaginarsi se possa accordarsi e fondersi con un’altra creatura!

Nel campo morale, l'azione del condannare e l'azione del perdonare non sono due, ma una. Ogni condanna è un perdono, cioè un invito e un aiuto alla redenzione, e ogni perdono, per ciò stesso, è una condanna.

I serbarancori dicono ora che essi perdonano, ma non possono dimenticare; e il fatto è che non perdonano, e non hanno mai perdonato, con piena adesione dell’animo.

La menzogna ha contro di sé l’aborrimento particolare dei moralisti; e veramente essa offende più che altre forme di male, come offende la viltà più che la violenza, l’egoismo calcolatore più di quello passionale e furente: come indizio di povertà, non solo etica ma volitiva.

Con una sola parola, con una paroletta di «verità», si può talvolta ammazzare un uomo!

Verità storica e immagini vitali sono, insomma, per adoperare un paragone trito, droghe che si possono somministrare per fini salutari o per avvelenare noi stessi e il nostro prossimo; ed è colpevole così colui che non somministra il farmaco quando è richiesto, come quegli che lo porge quando opera come veleno.

Il proprio dell’uomo non è l’incoerenza ma la coerenza, non la contradizione ma l'unificazione, non il    rimorso e il dolore, ma la gioia e la pace in cui questi a volta a volta si risolvono.

Non vi ha male senza coscienza del male, ossia senza lo sforzo, debole che sia, di superarlo: sforzo di superamento, che è poi la definizione stessa del bene. 

Il metodo di confutare una filosofia con la satira e con la caricatura è proprio di coloro (e si chiamino pure Voltaire) che non sanno scoprire nell’errore il suo motivo di verità.

Eticamente parlando, nessun’opera buona si compie a beneficio dell’individuo in quanto individuo, ma solo e sempre a beneficio dell’ordine universale, al quale benefattore e beneficato sono parimente sottomessi; e i doveri del beneficato, correlativamente ai doveri del benefattore, sono verso quell’ordine e non verso costui.

A tutti gli altri uomini dobbiamo giustizia, ma all'amico par che si debba non solo giustizia, quella che gli spetta come ad ogni altro uomo, ma qualcosa di più, per l'appunto l'amicizia.

Nell'amicizia, come nell’amore, si trova un rifugio: con l'amico ci si sfoga, ci si confida, si piange e si ride insieme. Solo tra amici si ride davvero, di riso sano.

Ogni fede è nata da un ragionamento, e sia anche da un ragionamento che concludeva ad accettare un’autorità o una rivelazione. E quando una fede è scossa, non c’è altro modo di restaurarla saldamente, e sostituirla con una nuova, che il pensare.

Volete, uomini dubitanti, la fede? Non temete il pensiero e la sua critica, anche la più radicale: indagate e meditate, siate di buona fede, e otterrete la fede buona.

L’uomo politico non soffre troppo dei mali che si vede innanzi e attorno, e che deve affrontare e raffrenare e sviare e piegare, appunto perché egli agisce e nell’azione risolve la sua angoscia.

Coloro che assai soffrono del « mondo che va male », delle irregolarità e illogicità e ingiustizie che si scoprono in ogni parte, non sono gli uomini politici ma gli altri, i contemplatori poetici o riflettenti, e gli uomini della giustizia e del dovere e del sacrifizio, ossia le anime buone e operose al bene.

Con la maschera dell’utile pubblico, perfino con quella dell’aiuto che si deve ai miseri, agli umili, agli sventurati, si fondano uffici, vi si prepongono impiegati, si spendono le forze dell’erario; e in realtà queste cose non hanno altra origine e non servono ad altro fine che al vantaggio e alla baldoria di alcuni poco degni individui.

È strano (cioè, non è strano, quando si tengano presenti le spiegazioni psicologiche offerte di sopra) che, laddove nessuno, quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi a una operazione chirurgica, chiede un onest’uomo, e neppure un onest’uomo filosofo o scienziato, ma tutti chiedono e cercano e si procurano medici e chirurgi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di’ abilità operatoria, nelle cose della politica si chiedano, invece, non uomini politici, ma onest’uomini, forniti tutt’al più di attitudini d’altra natura.

L’onestà politica non è altro che la capacità politica: come l’onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze.

Altro riposo non è concesso all’uomo se non nella lotta e per la lotta, nessun’altra pace se non nella guerra e per la guerra.

Per intendere le proposizioni filosofiche bisogna riportarle sempre alla loro origine storica e interpretarle secondo i fatti che le suscitarono e domandarsi contro chi o che cosa furono foggiate; o, come anche è stato detto, che il significato di una proposizione filosofica si desume dalla sua punta polemica espressa o sottintesa.

Maggiore solitudine tocca a chi più innanzi procede e più alto ascende (cioè che problemi simili, analoghi o prossimi a quelli formati da lui si formano solamente più tardi, e perciò solamente più tardi sorgono verso di lui relazioni di consenso).

La giustizia vera è fatta di compassione.

La sovranità in una relazione non è di nessuno dei componenti singolarmente preso, ma della relazione stessa, cioè dell'incontro.

Si suole affermare che la religione dà quella consolazione e quella serenità, che nessuna filosofia può dare. Ma, come considerazione di fatto, non oserei dire che la cosa sia vera.

La diversità o la varia eccellenza del lavoro differenzia gli uomini: l’amore e il dolore li accomuna, e tutti piangono a un modo. 

Distrigarsi dalla baruffa della vita, purificarsi dei tossici dei quali ci ha imbevuti, detergersi delle sue macchie, uscir fuori dal tumulto e guardare indietro solo per contemplare e ricordare...

Storia d'Europa nel secolo decimonono
Laterza, 1931

La libertà al singolare esiste soltanto nelle libertà al plurale.

La poesia
Introduzione alla critica e storia della poesia e della letteratura, Laterza, 1936

Un velo di mestizia par che avvolga la Bellezza, e non è velo, ma il volto stesso della Bellezza.

La storia come pensiero e come azione
Laterza, 1938

Il bisogno pratico, che è nel fondo di ogni giudizio storico, conferisce a ogni storia il carattere di "storia contemporanea", perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni.

La poesia solo in piccola parte si trova negli innumeri libri detti di poesia.

La storia nostra è storia della nostra anima; e storia dell'anima umana è la storia del mondo.

La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna, ma soltanto distruggerla.

Il carattere della filosofia moderna
Laterza, 1941

Ogni vera storia è sempre autobiografica.

Perché non possiamo non dirci "cristiani"
1942

Il cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l'umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo.

La rivoluzione cristiana operò nel centro dell'anima, nella coscienza morale, e, conferendo risalto all'intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fin allora era mancata all'umanità.

Dio stesso non fu più concepito come indifferenziata unità astratta, e in quanto tale immobile e inerte, ma uno e distinto insieme, perché vivente e fonte di ogni vita, uno e trino.

Lo spirito è sempre la pienezza di sé stesso, e la storia sua sono le sue creazioni, continue e infinite, con le quali celebra l'eterno sé stesso.

La coscienza morale, all'apparire del cristianesimo, si avvivò, esultò e si travagliò in modi nuovi, tutt'insieme fervida e fiduciosa, col senso del peccato che sempre insidia e col possesso della forza che sempre gli si oppone e sempre lo vince, umile ed alta.

Serbare e riaccendere e alimentare il sentimento cristiano è il nostro sempre ricorrente bisogno, oggi più che non mai pungente e tormentoso, tra dolore e speranza. 

Il Dio cristiano è ancora il nostro, e le nostre affinate filosofie lo chiamano lo Spirito, che sempre ci supera e sempre è noi stessi.

Intorno al mio lavoro filosofico
1945

Le verità definite dai filosofi non si abbattono a vicenda, ma si sommano e si integrano le une con le altre, e dominano il pensiero e la vita.

Nuove pagine sparse
Ricciardi, 1948

C'è la formula della saggezza e della sapienza? C'è, ed è questa: riconoscere che senza il male la vita e il mondo non sarebbero, e tutt'insieme combattere sempre, praticamente e irremissibilmente, il male e cercare e attuare sempre indefessamente il bene. 

Non è possibile disputare su ciò che è stato dichiarato di per sé inesistente, e cioè sul pensiero e sulla verità.

Soliloquio
1951

Malinconica e triste che possa sembrare la morte, sono troppo filosofo per non vedere chiaramente che il terribile sarebbe che l'uomo non potesse morire mai, chiuso nel carcere che è la vita, a ripetere sempre lo stesso ritmo vitale che egli come individuo possiede solo nei confronti della sua individualità a cui è assegnato un compito che si esaurisce.

La vita intera è preparazione alla morte, e non c'è da fare altro sino alla fine che continuarla, attendendo con zelo e devozione a tutti i doveri che ci spettano.

La morte sopravverrà a metterci a riposo, a toglierci dalle mani il compito a cui attendevamo; ma essa non può far altro che così interromperci, come noi non possiamo fare altro che lasciarci interrompere, perché in ozio stupido essa non ci può trovare.

Questa preparazione alla morte è intesa da taluni come un necessario raccoglimento della nostra anima in Dio; ma anche qui occorre osservare che con Dio siamo e dobbiamo essere a contatto tutta la vita e niente di straordinario ora accade che ci imponga una pratica inconsueta. 

Discorsi di varia filosofia
Laterza, 1959

La realtà e la vita non sarebbero se non fossero diversità e perpetuo contrasto e perpetua composizione di forze, se non fossero guerra e pace, guerra che conduce alla pace e pace che riconduce alla guerra. 

Un'età storica non si qualifica e giudica accumulando aneddoti, ma unicamente cercando e considerando se ebbe un ideale morale che irraggiasse e governasse gli animi di coloro che nelle società umane sono capaci d'ideali

Lettere
XX secolo

Il filosofo, oggi, deve non già fare il puro filosofo, ma esercitare un qualche mestiere, e in primo luogo, il mestiere dell'uomo.

Il mio liberalismo è cosa che porto nel sangue, come figlio morale degli uomini che fecero il Risorgimento italiano.

Io, modestamente, so di vivere in un continuo colloquio con Dio, così serio e intenso che molti cattolici e molti preti non hanno mai sentito nella loro anima.

Discorsi e scritti vari
Selezione Aforismario

Accanto o di fronte agli uomini che stimano Parigi valer bene una messa, sono altri pei quali l'ascoltare o no una messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi perché è affare di coscienza. Guai alla società, alla storia umana, se uomini che così diversamente sentono, le fossero mancati o le mancassero.

Il mondo (non si dice qui niente di nuovo, ma pur si dice cosa che sembra piaccia, a volte, di dimenticare) è diversità ed è contrasto ed è guerra, e suo fine non è il benessere dei singoli, ma il crescere del mondo sopra sé stesso, la creazione di sempre più alte e più complesse forme, il poema divino della vita.

L'amor della patria deve tornare in onore appunto contro il cinico e stolido nazionalismo, perché esso non è affine al nazionalismo, ma è il suo contrario. 

Il dovere è sempre nella razionalità e non nella irrazionalità, nel cuore che arde della fiamma dell'ideale umano, della civiltà, della libertà, dell'opera indefessa.

L'apatia totale è morte, e morte altresì della fantasia e del pensiero, della poesia e della filosofia, le quali non in altro hanno la loro materia che nelle passioni della vita, sole che muovano a fantasticare, a definire le idee, a determinare le verità della storia, e finanche, seppure in modo meno immediato, a costruire i concetti delle scienze e gli schemi delle matematiche.

La critica è un fucile molto bello: deve sparare raramente!

Quando uno scrittore che ha serietà di pensiero, un poeta che ha serietà di sentimento, vi dichiara, come spesso accade di udir dichiarare: «Io sono affatto apolitico», bisogna rispondergli: «Voi non vi conoscete bene». E quando la medesima dichiarazione ve la fa un poeta privo di sentimento e perciò di genuina fantasia, un filosofo e uno storico privi d'intimo pathos e perciò di penetrazione nella realtà umana, uno sterile combinatore di forme e di formole, bisogna rispondergli per contrario: «Voi vi conoscete molto bene!».

Non si dice cosa peregrina se si dice che gli uomini che pensano e che operano profondamente sono pochi e che perciò le sorti della società umana sono legate a quelle di un'aristocrazia.

L'aristocrazia ha il dovere di educare le masse. Educarle, ma anche metterle in condizioni di libertà affinché si educhino da sé. 

Gli uomini sotto tutela, gli schiavi, avviliti, diventano, quando l'occasione si presenti, crudeli e bestiali.

Il filosofo, lo storico, il poeta non chiede e non riceve, perché non gli si può dare, nessuna «cosa» in «cambio»; e lancia il suo strale d'oro contro il sole, e guarda e gode e più non vuole, o vuole soltanto che altri godano con lui e a gara lancino altri simili strali lucenti.

Non possiamo distaccarci dal bene e dal male della nostra Patria, né dalle sue vittorie né dalle sue sconfitte.

Razionali dobbiamo mantenerci e vivere perché cristiani, e profondamente cristiani perché razionali.

Non è vero, ma ci credo. [1]

Scocciatore è uno che ti toglie il piacere della solitudine e non ti dà quello della compagnia. [attribuito]

Su questo terreno, traballante a ogni passo, dobbiamo fare il meglio che possiamo per vivere degnamente, da uomini, pensando, operando, coltivando gli affetti gentili; e tenerci sempre pronti alle rinunzie senza per esse disanimarci.

Note
  1. Formula apotropaica di Benedetto Croce nei confronti di jettatura e altri fenomeni paranormali.
  2. Leggi anche le citazioni dei filosofi italiani: Giovanni GentileAntonio Gramsci - Adriano Tilgher