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Frasi e citazioni di James Hillman

Selezione di frasi e citazioni di James Hillman (Atlantic City, 1926 - Thompson, 2011), psicoanalista, saggista e filosofo statunitense.
Foto di James Hillman
È questo che in tante vite è andato smarrito e va recuperato: il senso della propria vocazione,
ovvero che c'è una ragione per cui si è vivi. (James Hillman)

Il suicidio e l'anima
Suicide and the Soul, 1964

Non veniamo mai alle prese fino in fondo con là vita finché non siamo disposti a cimentarci con la morte. 

La vita e la morte vengono al mondo insieme; gli occhi e le orbite che li contengono nascono nel medesimo momento. Nell’istante della nascita sono già abbastanza vecchio per morire.

Mentre vivo, sto morendo. Nella morte si entra tutto il tempo, non soltanto nel momento della morte legalmente e medicalmente definita. 

Vita e morte sono contenute l’una nell’altra, si completano a vicenda, sono comprensibili soltanto dalla prospettiva l’una dell’altra. La vita assume il suo valore attraverso la morte e coltivare la morte è il tipo di vita raccomandato dai filosofi. Se soltanto chi è vivo può morire, soltanto chi muore è veramente vivo.

Come qualsiasi colpo della sorte l’amore, la tragedia, il trionfo, il suicidio è di competenza dello psichiatra soltanto quando è distorto, soltanto quando rientra in una sindrome psicotica. In se stesso, il suicidio non è né sindrome né sintomo. 

Non sperare nulla, non aspettarsi nulla, non pretendere nulla. Questa è disperazione analitica.

Saggio su Pan
An Essay on Pan, 1972

Se Pan è il Dio della natura ‘dentro di noi’, allora egli è il nostro istinto.

Essere senza paura, privi di angosce, invulnerabili al panico, significa perdita dell'istinto, perdita di connessione con Pan.

Il panico si presenta con due facce: vissuto esternamente in rapporto ad uno stimolo e chiamato paura; trattenuto dentro in assenza di stimoli accertati e chiamato angoscia. La paura ha un oggetto; l’angoscia ne è priva. 

Re-visione della psicologia
Re-visioning Psychology, 1975 - Selezione Aforismario

Come la scienza e la metafisica moderne hanno bandito la soggettività delle anime dal mondo esterno degli eventi materiali, così la psicologia ha negato l’autonomia e la diversità delle anime al mondo interno degli eventi psicologici.

La psicologia addirittura non usa la parola anima: una persona è detta un sé oppure un io. Tanto il mondo là fuori quanto quello dentro di noi hanno subìto il medesimo processo di depersonificazione. Siamo stati tutti privati di anima.

Ciò di cui abbiamo bisogno è una revisione radicale, un fondamentale spostamento di prospettiva che ci faccia uscire da questo pericoloso stato di assenza d’anima che chiamiamo coscienza moderna.

Ogni psicologia che sceglie come sua meta l'anima deve parlare in termini immaginativi.

Siamo tutti quanti peculiari, abbiamo tutti quanti dei sintomi, e tutti quanti, benché animati di speranza e di buone intenzioni, conosciamo l’insuccesso, senza riuscire a capire dove abbiamo sbagliato e perché.

Lo studio delle biografie e la cura delle anime significano soprattutto un incontro prolungato con ciò che distrugge e che viene distrutto, con ciò che viene infranto e fa soffrire – cioè, con la psicopatologia. 

Siamo stati così a lungo prigionieri di analogie mediche a religiose che la psicologia non è mai riuscita ad accostarsi a quelli che sono fenomeni essenzialmente psicologici da una prospettiva sua propria.

La patologizzazione, una volta scopertane la necessità psicologica, non sarebbe più giusta o sbagliata, ma solo necessaria.

Trattare la patologizzazione come qualcosa di secondario e di estraneo invece che di primario e inerente trascura il fatto reale che la patologizzazione non è un settore ma un fondamento, un filo che percorre tutto il nostro essere.

La psiche non esiste senza patologizzazione.

Abbiamo un debito immenso verso i nostri sintomi. L’anima può esistere senza i suoi terapeuti, ma non senza le sue afflizioni.

Quando ci viene detto che cosa è sano, ci viene anche detto che cosa è giusto pensare e sentire. Quando ci viene detto che cosa è mentalmente malato, ci viene anche detto quali idee, quale comportamento e quali fantasie sono sbagliate.

A volte agiamo per non vedere.

Oggi la psicoterapia si sforza di intendere i disturbi dell’anima come un aggrovigliarsi di comunicazioni, o come un nesso sociale sconvolto, oppure come una realizzazione spirituale frustrata, e abbandona il modello medico in favore di altri modelli: linguistico, sociologico e soprattutto religioso.

Anima
Anatomia di una nozione personificata - Anima: an Anatomy of a Personified Notion, 1985

La perdita di Anima è esperienza comune quando finisce una storia d’amore. Si ha allora una perdita di vitalità e di realtà, non solo riguardo all’altra persona, a quella storia, all’amore, ma anche riguardo a se stessi e al mondo intero.

Forme del potere
Kinds of Power, 1995

Oggi la nostra teologia è l'economia.
[Economics is our contemporary theology],

Ci piacerebbe credere che sia l'amore a determinare il nostro destino, o che i veri fattori formativi che dirigono la nostra vita siano i grandi sogni e le passioni dell'anima o i progressi delle scienze tecnologiche. Invece, nel vivere reale, solo le idee del business sono di fatto sempre presenti, dalla soglia di casa alla scrivania in ufficio, dall'alba al crepuscolo. E fra le idee del business, il potere la fa da padrone.

Il codice dell'anima
Carattere, vocazione, destino - The Soul's Code, 1996 - Selezione Aforismario

È possibile che la nostra vita non sia determinata tanto dalla nostra infanzia, quanto dal modo in cui abbiamo imparato a immaginarla. 

Ci sono più cose nella vita di ogni uomo di quante ne ammettano le nostre teorie su di essa.

È questo che in tante vite è andato smarrito e va recuperato: il senso della propria vocazione, ovvero che c'è una ragione per cui si è vivi.

Nonostante le offese precoci e tutti i «sassi e dardi della oltraggiosa sorte», noi rechiamo impressa fin dall'inizio l'immagine di un preciso carattere individuale dotato di taluni tratti indelebili.

Noi nasciamo con un carattere; che è dato; che è un dono, come nella fiaba, delle fate madrine al momento della nascita.

La vocazione si esprime nei capricci e nelle ostinazioni, nelle timidezze e nelle ritrosie che sembrano volgere il bambino contro il nostro mondo, mentre servono forse a proteggere il mondo che egli porta con sé e dal quale proviene.

Ciò che determina l'eminenza non è tanto una vocazione alla grandezza, quanto la chiamata del carattere, l'impossibilità di essere diverso da quello che sei nella ghianda, e allora le ubbidisci fedelmente, oppure sei incalzato senza scampo dal suo sogno.

Il carattere non è quello che faccio, ma il modo come lo faccio.

La vita non è soltanto un processo naturale; è anche, forse più ancora, un mistero

Il collegamento tra patologia ed eccezionalità discende in parte dalla tradizione romantica, che ama associare genio e follia, con ciò giustificando tutta una serie di idiozie: più matto appari, più è sicuro che sei un genio.

La rimozione dell’indesiderabile funziona solo fino a un certo punto e per un tempo determinato; dopodiché il rimosso ritorna, più forte di prima.

Stiamo attenti, perché un'educazione che privilegia i fatti invece del pensiero e «valori», nazionalistici o confessionali, «politicamente corretti» invece del giudizio critico può produrre una nazione di primi della classe che sono anche psicopatici.

Per cambiare il modo di vedere le cose, bisogna innamorarsi. Allora la stessa cosa sembra del tutto diversa. 

Tutti, presto o tardi, abbiamo avuto la sensazione che qualcosa ci chiamasse a percorrere una certa strada

La forza del carattere
La vita che dura - The Force of Character, 1999 - Selezione Aforismario

Quando ognuno è intercambiabile con chiunque altro, per segnalare l’individualità basta un diverso numero sulla carta di identità. Ma poiché l’unicità dipende dalle differenze qualitative che formano la coerente identità della nostra individualità, ecco che, per mantenerci diversi gli uni dagli altri e uguali a noi stessi, è necessaria l’idea di carattere.

L’intricato, lento, impercettibile processo che nell’essere umano è il fare anima (la conoscenza pratica della natura e della strada, dei sogni, dei saperi, delle maniere e dei gusti, e di cose successe ieri e tanto tanto tempo fa) ha bisogno dell’intelligenza dei vecchi, i quali dedicano la propria esistenza a fini che non sono il funzionamento pragmatico.

Proprio perché ai nonni rimane poco tempo da vivere, di solito essi apprezzano con gusto questo mondo e la sua bellezza. Ma, avendo un piede in un altro mondo, sanno vedere nel bambino l’angelo che chiama.

Un sesto senso guida gli altri cinque ed è immanente in essi.

A condannare la vecchiaia alla bruttezza non sono gli anni in sé, bensì l’abbandono dell’idea di carattere. Non riusciamo a immaginare la bellezza della vecchiaia, perché guardiamo soltanto con gli occhi della fisiologia.

Senza l’idea di carattere, i vecchi sono soltanto persone con qualcosa in meno e in peggio e la loro longevità è un fardello per la società. 

Il disprezzo per i valori generalmente associati alla vecchiaia (ingegnosità, abilità e competenza; conoscenza del folklore, delle canzoni, dei modi di dire e delle superstizioni locali; nonché la pura e semplice lentezza) diminuisce il valore della persona anziana.

Il progresso moderno sminuisce il valore dei vecchi nel momento stesso in cui aggiunge anni alla loro vita.

Non sarà che, non mettendo in luce possibili ruoli tradizionali per loro, siamo noi a rendere «decrepiti» i vecchi?

Il tempo non è soltanto distruttivo; esso tempra, oltre che indebolire. 

Che i vecchi portino il fardello della saggezza significa che conoscono come va il mondo perché sono vecchi, vecchi come il mondo. Vecchio e mondo hanno la stessa essenza.

Il lamento dei morti
Lament of the Dead, 2013 (con Sonu Shamdasani)

Forse dovremmo convincerci che siamo qui non per capire tutto, ma per apprezzare quello che c'è. 

Note
Leggi anche le citazioni degli psicologi statunitensi: Wayne Dyer - Albert Ellis - Irvin Yalom