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Frasi e citazioni di Maurizio Pallante

Selezione di frasi e citazioni di Maurizio Pallante (Roma, 1947), saggista italiano, fondatore nel 2007 del Movimento per la Decrescita Felice
"La decrescita è la strada obbligata da percorrere in questa fase storica per rientrare nei limiti della sostenibilità ambientale. La meta da raggiungere percorrendo questa strada è una società sostenibile, equa e solidale, fondata su un paradigma culturale non antropocentrico, ma biocentrico".
Foto di Maurizio Pallante
Chi mantiene viva la sua spiritualità non può condividere i valori di un sistema economico
e produttivo fondato su un antropocentrismo devastante nei confronti degli ambienti,
violento nei confronti di tutti gli altri viventi, ingiusto nei confronti dei popoli poveri
e delle generazioni future. (Maurizio Pallante)

La decrescita felice
La qualità della vita non dipende dal PIL © Editori Riuniti, 2007 - Selezione Aforismario

La produzione non può crescere all'infinito perché le risorse del pianeta non lo sono e non è infinita la sua capacità di metabolizzare le sostanze di scarto emesse dai processi produttivi, dai prodotti nel corso della loro vita e dai rifiuti in cui prima o poi si trasformano.

Per essere poveri non è necessario esserlo. Basta crederlo. E per crederlo basta fare un confronto con le persone che conosci. Se puoi comprare molto meno di loro, ti senti povero.

La tecnologia avanza a passi da gigante. Quello che ieri era nuovo oggi è già vecchio. Quello che oggi è nuovo, sarà vecchio domani. 

Se si dipende totalmente dalle merci non si può far altro che adeguarsi al modo di vivere imposto dalla crescita. 

Occorre ribadire in tutte le sedi i rapporti di causa-effetto tra la crescita del prodotto interno lordo e l'esaurimento delle risorse non rinnovabili, l'incremento esponenziale delle varie forme di inquinamento, la progressiva devastazione degli ambienti naturali e storicamente antropizzati, la disoccupazione, le guerre, il degrado sociale.

Fare scelte esistenziali nell'ottica della decrescita significa ridurre la quantità delle merci nella propria vita.

[Chi] fa crescere il prodotto interno lordo acquistando illusioni scambiate per realtà, vive in uno stato di ottusità mentale, di cui i pubblicitari sono ben consci: basta ascoltare i loro messaggi per capire che escludono a priori le poche persone dotate di autonomia di pensiero.

Il rifiuto di acquistare merci che non servono, o danneggiano il mondo e se stessi, non è una rinuncia fatta per nobili motivi, ma una scelta fatta per egoismo. Per stare meglio. 

Per aver bisogno di comprare tutto ciò che serve a soddisfare i propri bisogni vitali bisogna essere incapaci di tutto. Solo chi non sa fare niente di ciò che gli serve può diventare un consumista senza alternative. 

Maggiore è la quantità di beni che si sanno autoprodurre, minore è la quantità di merci che occorre comprare, meno denaro occorre per vivere. 

Nessuno può illudersi di autoprodurre tutto ciò che gli serve per vivere. L'autoproduzione di beni e servizi può essere però potenziata da scambi non mercantili fondati sul dono e sulla reciprocità, che oltre a essere fattori di decrescita economica contribuiscono anche a rafforzare i legami sociali.

Maggiori sono le innovazioni, più rapida è la loro successione, maggiore è la crescita della produzione e del consumo di merci. In un sistema economico che misura la crescita del benessere con la crescita del prodotto interno lordo, l'innovazione diventa un valore in sé. 

Il culto della crescita economica, dell'innovazione e del progresso accomuna tutti i partiti di destra e di sinistra, la Grande Diade in cui ciascuno di essi trova la propria nicchia ecologica.

La crescita e il progresso esercitano un vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti di chi non li accetta supinamente. O con noi o contro di noi.

Chi denuncia i gravissimi problemi posti dalla crescita e ritiene che ci si debba avviare al più presto sulla strada della decrescita, rifiuta il determinismo di una direzione obbligata e rivendica libertà di scelta. 

Destra e sinistra addio
Per una nuova declinazione dell'uguaglianza © Lindau, 2016

Chiunque può vedere ogni giorno che chi non rispetta i viventi non umani e i luoghi in cui vive, non rispetta nemmeno gli esseri umani. E che chi non rispetta gli esseri umani non rispetta nemmeno gli altri viventi e i luoghi in cui vive. 

Una maggiore equità tra gli esseri umani si può realizzare solo rispettando la trama delle relazioni tra tutte le specie viventi e i luoghi in cui si svolge la loro vita. 

Occorre capire che una maggiore equità tra gli esseri umani si può ottenere solo se si persegue una maggiore equità nelle relazioni tra la specie umana e le altre specie viventi.

Solo abbandonando la finalizzazione dell’economia alla crescita della produzione di merci è possibile ridurre le iniquità tra gli esseri umani e la violenza nei confronti di tutti i viventi, esseri umani compresi.

Il denaro può essere considerato il fondamento del sistema dei valori soltanto da persone che hanno smarrito la dimensione spirituale e non riescono a vedere nella vita altra prospettiva oltre la soddisfazione delle esigenze materiali.

Chi mantiene viva la sua spiritualità non può condividere i valori di un sistema economico e produttivo fondato su un antropocentrismo devastante nei confronti degli ambienti, violento nei confronti di tutti gli altri viventi, ingiusto nei confronti dei popoli poveri e delle generazioni future. 

La rivalutazione della spiritualità è indispensabile per contrastare la forza e smascherare l’astuzia con cui nel modo di produzione industriale il denaro è riuscito ad acquisire nell’immaginario collettivo un’importanza superiore non solo ai valori su cui si fonda il diritto, ma alla stessa utilità che se ne può ricavare.

Sostenibilità equità solidarietà
Un manifesto politico e culturale © Lindau, 2018

Non si può lasciare un mondo sano e bello alle generazioni future se non si smette di sostenere a debito la domanda per continuare a far crescere la produzione di merci.

Ci sono motivazioni più che sufficienti per credere che la disaffezione dalla politica abbia qualche fondamento. 

Ha senso lavorare e produrre sempre di più devastando paesaggi, ammassando quantità crescenti di sostanze di scarto tossiche, avvelenando l’aria e il ciclo dell’acqua, utilizzando tecnologie sempre più potenti che contribuiscono anche ad aumentare la disoccupazione?

Occorre superare l’antropocentrismo, la riduzione degli esseri umani alla dimensione economica, il loro appiattimento sul consumismo, l’identificazione del concetto di nuovo col concetto di migliore. Occorre ridurre la mercificazione e recuperare la solidarietà.

Il diritto di non emigrare
© Lindau, 2020

Le forze politiche che non vogliono accogliere i migranti impegnano tutte le loro energie per impedirne l’ingresso – chiudono i porti, innalzano muri e installano recinzioni difficilmente valicabili sui confini –, ma non fanno nulla per rimuovere le cause che li inducono a emigrare. Anzi, le accentuano con le loro scelte di politica economica e industriale.

[Le forze politiche], avendo come unico parametro di riferimento culturale e politico l’aumento dell’occupazione, dei redditi monetari e dei consumi, sostengono anche aziende con processi produttivi devastanti per la salute umana e per gli ambienti.

L’appiattimento sulla dimensione materialistica, l’avidità, l’insensibilità nei confronti dei danni inferti alla natura e l’insensibilità nei confronti delle sofferenze dei più poveri sono tutti aspetti che nel loro insieme definiscono un sistema di valori fondato sull’iniquità e sulla sopraffazione dei forti sui deboli.

Se continuerà a crescere il numero degli esseri umani che non riescono più a vivere nel loro Paese, sarà sempre più difficile accoglierli tutti e sarà sempre più difficile respingerli tutti. Né i sentimenti umanitari, né la durezza di cuore sono risolutivi.

Le sofferenze causate dalle migrazioni si riducono solo se si riducono i flussi migratori. E i flussi migratori si possono ridurre solo se si riducono l’iniquità sociale e l’insostenibilità ambientale che inducono, o costringono, percentuali crescenti di popoli poveri a emigrare dai loro Paesi, in cui non riescono più a ricavare il necessario per vivere.

Le moderne società industriali non possono essere il modello di riferimento per i popoli poveri, perché, pur rappresentando il massimo livello evolutivo raggiunto dalla storia, hanno iniziato una rapida parabola involutiva, in cui stanno trascinando tutta la specie umana. 

Solo un profondo cambiamento delle finalità che il modo di produzione industriale ha assegnato all’economia (la crescita della produzione di merci), degli stili di vita funzionali a quelle finalità (il consumismo), del sistema dei valori (il materialismo, l’esaltazione della competizione, l’avidità), possono arrestare l’involuzione catastrofica che si prospetta.

L'imbroglio dello sviluppo sostenibile
© Lindau, 2022 - Selezione Aforismario

Lo sviluppo economico porta inevitabilmente a superare i limiti della sostenibilità ambientale. L’economia mondiale li ha già superati di molto e da molto. Affinché torni a essere sostenibile dalla biosfera occorre ridurre il consumo delle risorse, le emissioni di sostanze di scarto, la produzione e l’uso di sostanze di sintesi chimica fino a eliminarle. Ogni ulteriore sviluppo non è compatibile con la sostenibilità.

Per rientrare nei limiti della sostenibilità ambientale occorre decrescere.

Se la specie umana non ricondurrà i suoi consumi di risorse e le emissioni di anidride carbonica nei limiti della sostenibilità ambientale, non ridurrà progressivamente la produzione di sostanze di sintesi chimica non biodegradabili e le forme di inquinamento che riducono la biodiversità, si modificheranno irreversibilmente gli equilibri geobiochimici che le hanno consentito di svilupparsi e correrà il rischio di estinguersi.

La decrescita auspica la riduzione dei consumi nelle società opulente, dove sono diventati il fine della vita e l’indicatore della realizzazione umana.

La decrescita non è più l’alternativa utopica alla crescita, ma l’unica alternativa possibile alla recessione.

Nelle società moderne i rapporti interpersonali sono quasi esclusivamente mediati dal denaro, per cui contengono il germe della conflittualità e inducono alla competizione, o all’indifferenza, nei confronti degli altri.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Serge Latouche - Francesco Narmenni - Carlo Petrini