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Frasi e citazioni di Serge Latouche

Selezione di frasi e citazioni di Serge Latouche (Vannes, 1940), economista e filosofo francese, professore emerito di Scienze economiche all’Università di Paris-Sud, ispiratore teorico del Movimento per la decrescita e sostenitore della convivialità e del localismo.
Foto di Serge Latouche
Sarebbe indispensabile introdurre in questo universo un po’ più di altruismo,
un po’ più di cooperazione, e modificare totalmente il nostro rapporto con la natura.
Bisognerebbe comportarsi da buoni giardinieri e non da predatori. (Serge Latouche)

La scommessa della decrescita
Le pari de la décroissance, 2006

Pubblicità – un mezzo studiato per rendervi scontenti di ciò che avete e farvi desiderare ciò che non avete.

Breve trattato sulla decrescita serena
Petit traité de la décroissance sereine, 2007 - Selezione Aforismario

Dove andiamo? Dritti contro un muro. Siamo a bordo di un bolide senza pilota, senza marcia indietro e senza freni, che sta andando a fracassarsi contro i limiti del pianeta.

La parola d'ordine della decrescita ha soprattutto lo scopo di sottolineare con forza la necessità dell'abbandono dell'obiettivo della crescita illimitata, obiettivo il cui motore è essenzialmente la ricerca del profitto da parte dei detentori del capitale, con conseguenze disastrose per l'ambiente e dunque per l'umanità. 

A rigore, sul piano teorico si dovrebbe parlare di acrescita, come si parla di ateismo, più che di decrescita. In effetti si tratta proprio di abbandonare una fede o una religione, quella dell'economia, del progresso e dello sviluppo, di rigettare il culto irrazionale e quasi idolatra della crescita fine a se stessa.

La nostra società ha legato il suo destino a un'organizzazione fondata sull'accumulazione illimitata. Questo sistema è condannato alla crescita. Non appena la crescita rallenta o si ferma è la crisi, il panico.

La nostra sovracrescita economica si scontra con i limiti della finitezza della biosfera. La capacità rigeneratrice della terra non riesce più a seguire la domanda: l'uomo trasforma le risorse in rifiuti più rapidamente di quanto la natura sia in grado di trasformare questi rifiuti in nuove risorse. 

Siamo diventati dei "tossicodipendenti" della crescita. 

La pubblicità ci fa desiderare quello che non abbiamo e disprezzare quello che già abbiamo. Crea incessantemente l'insoddisfazione e la tensione del desiderio frustrato. 

Oggi la crescita è un affare redditizio solo a patto di farne sopportare il peso e il prezzo alla natura, alle generazioni future, alla salute dei consumatori, alle condizioni di lavoro degli operai e, soprattutto, ai paesi del Sud.

Per permettere alla società dei consumi di continuare il suo carosello diabolico sono necessari tre ingredienti: la pubblicità, che crea il desiderio di consumare, il credito, che ne fornisce i mezzi, e l'obsolescenza accelerata e programmata dei prodotti, che ne rinnova la necessità. 

Si può credere veramente che una crescita infinita in un pianeta finito sia possibile?

È necessario passare dalla fede nel dominio sulla natura alla ricerca di un inserimento armonioso nel mondo naturale. Sostituire l'atteggiamento del predatore con quello del giardiniere.

Non sarà possibile costruire una società serena della decrescita senza ritrovare le dimensioni della vita che sono state rimosse: il tempo per fare il proprio dovere di cittadino, il piacere della produzione libera, artistica o artigianale, la sensazione del tempo ritrovato per il gioco, la contemplazione, la meditazione, la conversazione, o semplicemente la gioia di vivere.

La ricetta della decrescita consiste nel fare di più e meglio con meno. 

Esiste una "cosmocrazia" mondiale che, senza una decisione esplicita, svuota la politica della sua sostanza e impone le sue volontà attraverso "la dittatura dei mercati finanziari". Che lo vogliano o no, tutti i governi sono dei "funzionari" del capitale.

Gli stati non sono più padroni delle loro decisioni fondamentali, politiche, economiche e militari, a causa delle multinazionali, che non dipendono da nessuno stato. Le multinazionali operano senza assumersi nessuna responsabilità e non sono controllate da nessun parlamento o istanza rappresentativa dell'interesse generale.

Senza recuperare l'"incanto della vita", la decrescita sarebbe votata al fallimento. È necessario ridare un senso al tempo liberato. 

Come si esce dalla società dei consumi
Sortir de la société de consommation, 2010 - Selezione Aforismario

Per misteriosa che sia, la vita è un dono meraviglioso. È vero, l’uomo ha la facoltà di trasformarla in un dono avvelenato e, dall’avvento del capitalismo, non ha fatto altro che esercitare una tale facoltà.

La società dei consumi di massa globalizzata è arrivata in fondo al vicolo cieco. È una società che ha la sua base – anzi la sua essenza – nella crescita senza limiti, mentre i dati fisici, geologici e biologici le impediscono di proseguire su quella strada, data la finitezza del pianeta. È giunto il momento del crollo. 

La decrescita è uno slogan provocatorio che vuole indicare la necessità di una rottura con la società della crescita, cioè con una società fagocitata da un’economia che ha come unico obiettivo la crescita per la crescita.

La via della decrescita è quella della resistenza al rullo compressore dell’occidentalizzazione del mondo, del dissenso nei confronti del totalitarismo rampante della società dei consumi globalizzata.

L'abbondanza combinata con il «ciascuno per sé» produce miseria, mentre la condivisione, anche nella frugalità, produce la soddisfazione di tutti, cioè la gioia di vivere.

Con la crisi economica, la crescita verde è diventata, a destra come a sinistra, la panacea, il cuore di un New Deal ecologico, che permette un greenwashing e il rilancio di un capitalismo rifondato, etico e responsabile, drogato con gli ormoni dell’ecobusiness.

La decrescita è un’arte di vivere. Un’arte di vivere bene, in accordo con il mondo.

La via della decrescita è anche quella dell’emancipazione e della conquista dell’autonomia. È la ricerca della libertà vera e non della sua caricatura, quella dell’edonismo sfrenato e senza regole proposta dalla pubblicità e dal marketing e promossa dal nuovo spirito del capitalismo, falsamente gioioso e di fatto mortifero. 

Per un'abbondanza frugale
Vers une société d'abondance frugale, 2011

Il sovraconsumo materiale lascia una parte sempre più consistente della popolazione nella penuria e non assicura neppure un vero benessere agli altri. La ridefinizione della felicità come «abbondanza frugale in una società solidale»: questa è la rottura proposta dal progetto della decrescita.

Come reincantare il mondo
Comment réenchanter le monde, 2019

Indubbiamente, tutte le società umane hanno votato un culto alla crescita, ma solo l’Occidente moderno ne ha fatto la sua religione.

La fede nell’economia non è più una scelta della coscienza, ma una droga alla quale siamo assuefatti e non siamo capaci di rinunciare volontariamente.

Una volta che il progressismo e l’economicismo sono stati incorporati nel nostro consumo quotidiano, li respiriamo con l’aria inquinata del tempo, li beviamo con l’acqua contaminata dai pesticidi, li mastichiamo con il cibo spazzatura, li indossiamo con i vestiti prodotti nei lager del sudest asiatico, li portiamo a spasso nelle nostre belle auto da cambiamento climatico.

Il tempo della decrescita
Le temps de la décroissance, 2010 (con Didier Harpagès)

Il tempo della decrescita è dunque arrivato! La società della frugalità per scelta, che deve emergere dal suo solco, avrà come presupposto quello di lavorare meno per vivere meglio, di consumare meno ma meglio, di produrre meno rifiuti, di riciclare di più. Insomma, ritrovare il senso della misura e un'impronta ecologica sostenibile.

L'abbondanza frugale come arte di vivere
L’abondance frugale comme art de vivre, 2020 - Selezione Aforismario

In sostanza, per i moderni la felicità è indissociabile dal denaro. Dato che la moneta è, come dicono gli economisti, «libertà coniata», è anche il mezzo per realizzare tutti gli obiettivi possibili in un mondo totalmente commerciale. 

Anche se si concede che il denaro non sempre fa la felicità, tutti sono d’accordo sul fatto che la mancanza di denaro rende infelici. 

La solitudine consumistica della cosiddetta società dell’abbondanza conduce con facilità alla tristezza, se non alla disperazione.

Ormai è diffusa la provocatoria formula giornalistica riproposta talora negli ultimi anni a proposito della maggior parte dei paesi in crescita in un contesto neoliberale: «l’economia è in salute, ma i cittadini stanno male».

Una società fondata sull’avidità e la competizione produce inevitabilmente una massa enorme di «perdenti» assoluti (i lasciati indietro) e relativi (i rassegnati), e dunque di frustrati, accanto a un piccolo gruppo di predatori sempre più ansiosi di consolidare o di rafforzare la loro posizione.

Una società decente o conviviale non deve produrre esclusi.

La costruzione di una società alternativa presuppone di uscire dal circolo infernale della creazione illimitata di bisogni e di prodotti e della frustrazione crescente che produce, e, contemporaneamente, di moderare l’egoismo e l’individualismo trasformati peraltro in massificazione omologante.

La pretesa società dell’abbondanza è soprattutto una società della penuria e della rarità delle cose essenziali: aria pura, acqua naturale potabile, cibo sano, spazi verdi, alloggi decenti e, naturalmente, tempo della convivialità.

La via della decrescita, se non è una garanzia di accesso alla felicità terrestre, è comunque una risposta alla decadenza generale prodotta dalla società della crescita.

Per concepire una società della decrescita bisogna dunque, letteralmente, uscire dall’economia. Il che significa mettere in discussione il dominio dell’economia sull’insieme della vita, nella teoria e nella pratica, ma soprattutto nelle nostre teste. 

Quali sono i valori della società della crescita? Basta premere un bottone del telecomando di un televisore e lo si vede immediatamente: guadagnare soldi, il più possibile, con tutti i mezzi, esaltando la concorrenza, la competitività, la volontà di riuscire a tutti i costi, eventualmente schiacciando gli altri. E anche, ovviamente, distruggendo la natura senza pietà e senza limiti.

Sarebbe indispensabile introdurre in questo universo un po’ più di altruismo, un po’ più di cooperazione, e modificare totalmente il nostro rapporto con la natura. Bisognerebbe comportarsi da buoni giardinieri e non da predatori.

Dobbiamo renderci conto che la ricchezza non sono solo i soldi; la vera ricchezza può essere anche avere degli amici, fare cose interessanti, arricchirsi intellettualmente, realizzare le proprie potenzialità ecc.

La logica economica moderna ha trasformato la sobrietà tradizionale in valore negativo, mentre i poveri sono diventati miserabili.

Ridurre potrebbe riassumere da solo, volendo semplificare, il progetto della decrescita: ridurre la nostra impronta ecologica, ridurre il nostro consumo, ridurre gli sprechi ecc. 

Ristabilire un rapporto «sano» con il tempo significa semplicemente imparare di nuovo ad abitare il mondo. E dunque liberarsi della dipendenza dal lavoro per ritrovare la lentezza, riscoprire i sapori della vita legati ai territori, alla prossimità e al prossimo.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Marc AugéIvan Illich - Maurizio Pallante