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Frasi e citazioni di Maurizio Viroli

Selezione di frasi e citazioni di Maurizio Viroli (Forlì, 1952), saggista, politologo e filosofo italiano, professore emerito di Teoria politica alla Princeton University. I suoi campi di ricerca sono prevalentemente quelli della Filosofia politica e della Storia del Pensiero politico; mentre i suoi riferimenti politico-ideali sono il Repubblicanesimo e l'Azionismo.
Con un po' di astuzia, qualità che in Italia non è mai mancata,
puoi ricavare più agevolmente benefici dai regimi corrotti
che da una buona repubblica. (Maurizio Viroli)
La libertà dei servi
© Laterza, 2011 - Selezione Aforismario

Ritengo che l'Italia sia un paese libero, nel senso che c'è sì la libertà, ma quella dei servi, non quella dei cittadini. La libertà dei servi o dei sudditi consiste nel non essere ostacolati nel perseguimento dei nostri fini. La libertà del cittadino consiste invece nel non essere sottoposti al potere arbitrario o enorme di un uomo o di alcuni uomini. 

Se è lecito parlare di violazioni della libertà solo quando i fondamentali diritti civili e politici sono soffocati con la forza, noi italiani siamo, in generale, un popolo libero.

Il problema è che la libertà intesa come assenza di impedimenti non è - di per sé - la libertà dei cittadini, ma può essere la libertà dei servi e dei sudditi.

Secondo la concezione corrente, la nostra libertà può essere soffocata soltanto dalle azioni di altri uomini; secondo la concezione repubblicana, la libertà del cittadino muore per la semplice esistenza di un potere arbitrario o enorme. Anche se il potere arbitrario o enorme si è affermato con metodi legittimi e opera per il bene dei sudditi, la sua stessa esistenza rende i cittadini servi.

La libertà dei cittadini non è una libertà dalle leggi, ma una libertà grazie a o in virtù delle leggi.

Perché vi sia vera libertà è necessario che tutti siano sottoposti alle leggi, o, come recita il classico precetto, che le leggi siano più potenti degli uomini. Se invece in uno Stato c'è un uomo che è più forte delle leggi non esiste libertà dei cittadini.

Se vogliamo impedire che sulla città si affermi il dominio di un uomo, è necessario che i cittadini, o almeno i più saggi, si accorgano del pericolo prima che sia troppo tardi e sappiano individuare i modi migliori per difendere il bene comune.

Per un suddito o un servo essere liberi significa soltanto avere la libertà e godersela senza interferenze e ostacoli; per dei cittadini è il premio per aver agito secondo virtù.

Il denaro non è un fatto privato ma un vero e proprio potere politico. I soldi permettono di distribuire favori, ovvero dei benefici corrisposti non per ragioni o meriti particolari ma perché l'oligarca ritiene che la persona beneficiata lo ricompenserà con la sua "amicizia", lealtà e perfino devozione.

Con un po' di astuzia − qualità che in Italia non è mai mancata − puoi ricavare più agevolmente benefici dai regimi corrotti che da una buona repubblica.

Chi ottiene i favori e sa che li deve al potente e non ai propri meriti, perde immediatamente, ammesso che l'abbia mai avuta, la mentalità della persona libera e si fa sostenitore del potente sia per la speranza di nuovi favori sia per non perdere quelli acquisiti.

Chi vive sotto il potere arbitrario di un uomo non si sente sicuro, anche quando non è oppresso, perché sa che chi lo domina può togliergli la vita, o umiliarlo, o privarlo delle proprietà. Tiene gli occhi bassi, è incline alla menzogna e alla simulazione, e soprattutto è incapace di coraggio. Per contrasto, il segno distintivo della libertà politica è il sentimento della sicurezza intesa come assenza di timore.

Accanto alla paura, un altro segno caratteristico della dipendenza è il servilismo, ovvero l'inclinazione a compiacere un potente per ottenere o mantenere dei privilegi. 

Dove il popolo è sovrano incombe il demagogo, e dunque s'impongono freni che difendano il popolo contro la propria debolezza.

Un potere enorme è sempre in grado di conquistare il consenso popolare, e in democrazia chi ha il consenso popolare governa.

Gli italiani sono riusciti a rinascere dalla servitù alla libertà quando, almeno i migliori, hanno maturato il disprezzo per la vita da cortigiani.

La sola alternativa alla libertà dei servi è la libertà dei cittadini e soltanto un leader politico che capisca in che cosa consiste questa libertà e l'ami con tutto se stesso o se stessa potrà costruire in Italia le condizioni politiche e di costume che renderanno difficile la rinascita di un sistema di corte.

Poiché il sistema di corte ha plasmato il costume diffondendo quasi ovunque la mentalità servile, il rimedio dovrà essere di necessità coerente alla natura del male, vale a dire riscoprire, o imparare, il mestiere di cittadini.

Ciò che distingue davvero la persona libera dal servo e dal cortigiano è il sentimento del dovere. Una persona che ha il senso del dovere non può mai farsi servo o cortigiano per la semplice ragione che gli onori e i benefici che otterrebbe sarebbero sempre inferiori al danno di perdere se stesso.

I cittadini liberi sono l'opposto dei cortigiani e dei servi perché non sono né indifferenti, né cinici, ma vivono con serietà il proprio tempo e non si rifugiano nella risata di fronte alla miseria della condizione umana. Sorridono delle debolezze umane, ma ammirano e perseguono grandi ideali.

Anche di fronte a un potere oppressivo, chi è moralmente libero rimane tale, e dal senso del dovere trae la forza morale di resistere. 

La persona che vive la libertà morale non si lascia vincere dalle seduzioni della corte perché non è disposto a pensare, parlare, vivere come il signore comanda, ma vuole avere i suoi pensieri, le sue parole la sua vita.

Due poteri fra loro diversissimi, quello totalitario e quello della corte, hanno quale comune nemico le persone moralmente libere: il primo le costringe con la forza al silenzio; il secondo permette loro di parlare, ma le sovrasta con il vociare dei servi.

L’Intransigente
© Laterza, 2012 - Selezione Aforismario

Non credo che l’intransigenza sia sempre una virtù e la transigenza sempre un vizio: la scelta fra una politica accomodante e una politica intransigente dipende soprattutto dalla natura e dalle forze del nemico che devi combattere.

Contro un nemico potente che vuole distruggerti, e soprattutto distruggere la libertà, è da dissennati cercare accordi, perché nessuna concessione basterà a placarlo e a fermarlo

L’intransigenza non riguarda i fini da perseguire, ma la scelta dei mezzi. Può essere malvagio un fine perseguito con intransigenza quanto un fine cercato con spirito accomodante e flessibile.

La coscienza morale parla per sua natura con voce sommessa e quando indica i doveri avverte che l’impresa è bella ma difficile, mettendo in guardia contro gli errori; l’ideologia è invece rassicurante, dice all’individuo ‘hai ragione, sei nel vero, procedi senza paura’, spingendo così a sbagliare per eccesso di sicurezza intellettuale.

Se dovessi riassumere in poche parole il tratto distintivo della storia politica italiana, direi che siamo il paese della libertà fragile.

La radice del male è nella nostra abitudine, ormai secolare, a trovare con poca fatica accomodamenti con la nostra coscienza e con Dio, quando non tentiamo di ingannare senza vergogna e l’una e l’altro.

Crediamo di rifulgere per le nostre qualità intellettuali e invece siamo un paese moralmente e intellettualmente grigio.

Porre i princìpi al secondo posto, e la vita al primo, passa in Italia come massima di raffinato realismo politico; in realtà è il modo di pensare dei servi. Questa nostra inveterata abitudine a scambiare la mentalità servile per realismo è una delle cause principali della nostra inettitudine a difendere la libertà politica e a lasciarci dominare.

Poche altre volte nella nostra storia abbiamo avuto bisogno, come abbiamo oggi, di uomini e donne che combattano per la libertà con fermezza e saggezza. Il grigio si rischiara e acquista splendore soltanto se riceve luce dai maestri di intransigenza morale e politica. Senza di loro, non si esce dalla palude dei servi e degli accomodanti.

La redenzione dell’Italia
Saggio sul «Principe» di Machiavelli © Laterza, 2013

[Machiavelli] in tutti i suoi scritti ha esortato ed educato a perseguire ideali di chiaro valore etico: la fondazione di buoni ordini politici che possano assicurare il bene comune e il governo della legge; la libertà e la dignità della patria; la lotta contro la corruzione politica, il riconoscimento della virtù quale unico titolo per accedere ai più alti onori; l’odio verso ogni forma di tirannide. Altro che autonomia dall’etica! La politica trae da questa i fini e i mezzi. Questi ultimi valgono infatti – con buona pace del trito e banale detto che per Machiavelli “il fine giustifica i mezzi” – in quanto servono un fine moralmente degno, non qualsiasi fine politico, da quello di un redentore a quello di un tiranno.

Se il politico che persegue tale fine moralmente degno è costretto ad essere “non buono” o ad “entrare nel male”, la sua azione può essere scusata – mai giustificata – soltanto perché il fine è eticamente nobile e i mezzi necessari.

L’opera dei politici è sempre stata, e non può non essere, giudicata in base a criteri etici.

Scegliere il principe
I consigli di Machiavelli al cittadino elettore © Laterza, 2014 - Selezione Aforismario

Uno dei mezzi che abbiamo a disposizione per controllare i governanti, e per far capire ai potenti che abbiamo a cuore il bene comune, è il voto. Quando gli uomini potenti vedono che i cittadini non votano e non hanno a cuore il bene comune, si persuadono di poter facilmente imporre la loro volontà con la forza o con l’inganno, o con l’una e l’altro.

Oltre al voto, i cittadini possono e devono usare anche le pubbliche manifestazioni, soprattutto quando i governanti vogliono imporre leggi che offendono i fondamentali diritti di libertà.

Se il popolo ha la forza di scendere in piazza e alzare la voce, i potenti riescono con difficoltà a imporre la loro volontà e si arriva con tutta probabilità ad un ragionevole compromesso e ad una legge che tiene conto degli interessi dei diversi gruppi sociali. 

Se nessuno può imporre la propria volontà la città rimane, grazie ai conflitti, libera.

Le leggi si approvano nei parlamenti, non nelle piazze. Se nei parlamenti siedono politici corrotti o incapaci, avremo cattive leggi.

Teniamoci cara la repubblica democratica e non cadiamo nell’errore di disprezzarla, per poi rimpiangerla, se la perdiamo. Andare a votare è il modo più efficace per far capire che la consideriamo un bene prezioso.

I servi e i cortigiani che si sono messi al servizio di un uomo per ottenere ricchezze, onori e privilegi meritano il massimo disprezzo. Un parlamento pieno d’individui siffatti approverà cattive leggi che soddisfano i loro interessi e gli interessi del loro signore.

I servi non possono rappresentare cittadini liberi e neppure proteggere la libertà repubblicana. Riconoscerli non è difficile: parlano in modo da compiacere il loro padrone e non perdono occasione per esprimere il loro disprezzo per i cittadini che amano il bene comune e il governo della legge.

Un errore grave da evitare è votare, o sostenere, uomini molto ricchi e molto potenti. Questo tipo di persone tendono a cercare il proprio interesse, sono insaziabili, desiderano il privilegio, non sopportano l’eguaglianza civile, vogliono vivere come principi e per farlo incoraggiano la corruzione.

È da ingenui credere che dovremmo votare per uomini o donne ricchi e potenti perché sono meno inclini alla corruzione dato che non hanno bisogno di denaro e di potere, avendone già in abbondanza. Coloro che hanno molto vogliono sempre di più e non sono soddisfatti se non accumulando.

I politici che amano apparire generosi con le pubbliche risorse, ci ammonisce il nostro Consigliere, non hanno affatto a cuore il bene del popolo, ma il proprio potere.

Chi rimane alla finestra, chi si barcamena fra due contendenti, chi non dice mai parole nette, come è il caso della maggior parte dei politici italiani, non solo non avrà mai fama di politico eccellente, ma merita di essere ignorato e invitato ad occuparsi d’altro.

Buon criterio di eccellenza è saper premiare la virtù. I politici mediocri, al contrario, non sopportano di aver vicino persone di forte tempra morale e di solide competenze. Temono che le qualità di queste persone oscurino il loro prestigio o addirittura facciano risaltare ancora di più la loro pochezza.

Nazionalisti e patrioti
© Laterza, 2019 - Selezione Aforismario

Il nazionalismo è rinato e diventa ogni giorno più forte. Come ha già fatto in passato, può distruggere i regimi liberali e democratici e aprire la strada al totalitarismo.

Il linguaggio del nazionalismo nasce per combattere in primo luogo il cosmopolitismo, che esalta l’ideale del cittadino del mondo e ripudia come irrazionale ogni forma di lealtà nazionale e di patriottismo.

Il nazionalismo si diffonde e mette radici perché risponde al bisogno – che le classi più povere e meno colte hanno sempre avvertito e avvertono più delle élites – di parlare la propria lingua, di avere un’identità culturale, di appartenere ad una comunità, di condividere una storia, di essere capiti e rispettati, di sentirsi migliori di altri popoli, di essere cittadini di una nazione potente.

Perché il nazionalismo è pericoloso e va combattuto con assoluta intransigenza? Perché non nasce come un linguaggio che esalta la libertà, ma come un linguaggio che esalta l’omogeneità culturale o etnica: non insegna il rispetto per la persona umana, ma giustifica il disprezzo per chi non appartiene alla nostra nazione. 

Mai mettere limiti alla malvagità e alla crudeltà degli esseri umani intossicati dalle ideologie dell’odio e della paura.

Se continuerà a vincere, il nazionalismo ci porterà ad una democrazia intollerante e barbara. 

Prima la dignità delle persone, questo deve essere il principio della nostra Repubblica: tutte le persone, gli italiani e i non italiani che vivono con noi. La dignità della persona si difende proteggendo con severa intransigenza la sicurezza e la libertà di tutti.

La nostra Costituzione, vale la pena ricordarlo agli smemorati e a chi non l’ha mai capito, afferma che «L’Italia è una repubblica democratica», non che «L’Italia è la repubblica degli italiani».

La retorica nazionalistica è sempre stata ed è tuttora particolarmente efficace sui poveri, sui disoccupati, sugli intellettuali frustrati e sulla classe media in declino. Le persone socialmente umiliate e scontente trovano nell’appartenenza alla nazione un nuovo senso di dignità e di orgoglio: «Sono povero, ma almeno sono americano (o tedesco, o italiano)».

La storia insegna che contro il nazionalismo serve poco alzare la bandiera del cosmopolitismo, un ideale nobile che convince la ragione ma non tocca le passioni ed è sempre stato, e sarà sempre, principio di ristrette élites intellettuali.

Tranne poche lodevoli eccezioni, gli intellettuali di sinistra non si sono impegnati per costruire un linguaggio del patriottismo capace di sconfiggere il nazionalismo. Bisogna porre urgentemente rimedio a questa debolezza intellettuale e politica. 

Abbiamo bisogno di un patriottismo che tenga unite patria e umanità; nazione, libertà politica e giustizia sociale.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Norberto BobbioGiovanni Sartori