Cerca Autori o Argomenti in Aforismario

Frasi e citazioni di Norberto Bobbio

Selezione di frasi e citazioni di Norberto Bobbio (Torino, 1909-2004), filosofo, giurista, politologo e storico italiano, senatore a vita dal 1984 al 2004. Ha detto di sé Norberto Bobbio:
"Dalla osservazione della irriducibilità delle credenze ultime ho tratto la più grande lezione della mia vita. Ho imparato a rispettare le idee altrui, ad arrestarmi davanti al segreto di ogni coscienza, a capire prima di discutere, a discutere prima di condannare".
Foto di Norberto Bobbio
La nostra ragione non è un lume: è un lumicino. Ma non abbiamo altro per procedere
nelle tenebre da cui siamo venuti alle tenebre verso le quali andiamo. (Norberto Bobbio)

Politica e cultura
© Einaudi, 1955 - Selezione Aforismario

Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze.

Di certezze – rivestite della fastosità del mito o edificate con la pietra dura del dogma – sono piene, rigurgitanti, le cronache della pseudocultura degli improvvisatori, dei dilettanti, dei propagandisti interessati. 

Cultura significa misura, ponderatezza, circospezione: valutare tutti gli argomenti prima di pronunciarsi, controllare tutte le testimonianze prima di decidere, e non pronunciarsi e non decidere mai a guisa di oracolo dal quale dipenda, in modo irrevocabile, una scelta perentoria e definitiva.

Facciamo un esame di coscienza. Chi oserebbe affermare che l’uomo di cultura rispetti sempre – soprattutto in questi anni di passioni ribollenti e talora scatenate – la norma ideale della «ricerca scientifica»?

Troppo spesso l’uomo di cultura, per un suo malinteso dovere di partecipazione alla lotta a servizio dell’uno o dell’altro dei due contendenti, invece di porsi dinanzi all’alternativa per sottoporla alla critica della ragione, soffia anch’egli nel fuoco del contrasto e lo esaspera. 

Modello intellettuale dell’uomo di cultura non sarà piú il profeta che parla per oracoli, ma piuttosto lo scienziato che si piega sul mondo e lo osserva. 

Chi informa la propria attività di uomo di cultura allo spirito scientifico, non s’abbandona facilmente al gioco delle alternative radicali: al contrario, esamina, indaga, pondera, riflette, controlla, verifica. E trova alla fine che le antitesi non sono cosí nette come gli si vorrebbe far credere. La sua insegna non è la precipitazione di una soluzione, qualunque essa sia, ma la perplessità di fronte a qualsiasi soluzione.

La soluzione critica è per sua natura continuamente assoggettabile a nuovi controlli, e destinata ad essere riveduta. Ed è quindi una soluzione che per sua natura non esclude il colloquio, anzi lo esige; non interrompe la discussione, anzi la provoca e se ne alimenta.

All’uomo di cultura non spetta altro còmpito che quello di capire, di aiutare a capire.

Non vi è per l’intellettuale che una forma di tradimento o di diserzione: l’accettazione degli argomenti dei «politici» senza discuterli, la complicità con la propaganda, l’uso disonesto di un linguaggio volutamente ambiguo, l’abdicazione della propria intelligenza alla opinione settaria.

L’antitesi tende ad allargare sempre piú la frattura e può condurre alla distruzione reciproca. L’integrazione, invece, esige il colloquio. 

Quando il procedimento dogmatico è assunto dal potere politico come mezzo di governo, la resistenza contro il dogmatismo e la difesa dello spirito critico diventano per l'uomo di cultura un dovere, oltre che morale, politico, che rientra perfettamente nel concetto di una politica della cultura. 

L'atteggiamento pessimistico si addice di più che non quello ottimistico all'uomo di ragione. L'ottimismo comporta pur sempre una certa dose di infatuazione, e l'uomo di ragione non dovrebbe essere infatuato.

Non dico che gli ottimisti siano sempre fatui, ma i fatui sono sempre ottimisti.

Siano pure ottimisti coloro che credono sí essere la storia un dramma, ma la considerano come un dramma a lieto fine. Io so soltanto che la storia è un dramma, ma non so, perché non posso saperlo, perché nessuno me ne ha dato sinora irrefutabili prove, che sia un dramma a lieto fine.

Il pessimismo non raffrena l’operosità, anzi la rende piú tesa e diritta allo scopo. Tra l’ottimista che ha per massima: «Non muoverti, vedrai che tutto si accomoda», e il pessimista replicante: «Fa’ ad ogni modo quel che devi, anche se le cose andranno di male in peggio», preferisco il secondo.

Apprezzo e rispetto colui che agisce bene senza chiedere alcuna garanzia che il mondo migliori e senza attendere non dico premi ma neppure conferme. Solo il buon pessimista si trova in condizioni di agire con la mente sgombra, con la volontà ferma, con sentimento di umiltà e piena devozione al proprio còmpito.

Che cosa fanno oggi i filosofi?
Bompiani, 1982 (con AA. VV.)

I due mali contro cui la ragione filosofica ha sempre combattuto – e deve combattere ora più che mai – sono, da un lato, il non credere a nulla; dall'altro, la fede cieca.

Diffidate di un filosofo che sa di sapere.

La scienza è neutrale; lo scienziato può anche non esserlo.

Lo stato d'animo di chi non appartiene più alla sfera del religioso non è l'incredulità, ma l'indifferenza, il non saper che farsene di queste domande. Ma l'indifferenza è veramente la morte dell'uomo.

Il futuro della democrazia
Una difesa delle regole del gioco © Einaudi, 1984

Diritto e potere sono due facce della stessa medaglia: solo il potere può creare diritto e solo il diritto può limitare il potere.

La democrazia non gode nel mondo di ottima salute, e del resto non l’ha mai goduta anche in passato, ma non è sull'orlo della tomba.

Nulla rischia di uccidere la democrazia piú che l’eccesso di democrazia.

Per un regime democratico l’essere in trasformazione è il suo stato naturale: la democrazia è dinamica, il dispotismo è statico e sempre eguale a se stesso.

Se oggi c’è una minaccia alla pace del mondo questa viene ancora una volta dal fanatismo, ovvero dalla credenza cieca nella propria verità e nella forza capace d’imporla. 

Tecnocrazia e democrazia sono antitetiche: se il protagonista della società industriale è l’esperto non può essere il cittadino qualunque. La democrazia si regge sulla ipotesi che tutti possano decidere di tutto. La tecnocrazia, al contrario, pretende che chiamati a decidere siano i pochi che se ne intendono. 

L'età dei diritti
© Einaudi, 1990

Diritti dell'uomo, democrazia e pace sono tre momenti necessari dello stesso movimento storico: senza diritti dell'uomo riconosciuti o protetti non c'è democrazia; senza democrazia non ci sono le condizioni minime per la soluzione pacifica dei conflitti.
La mitezza è una disposizione d’animo che rifulge solo
alla presenza dell’altro: il mite è l’uomo di cui l’altro
ha bisogno per vincere il male dentro di sé. (Norberto Bobbio)
Elogio della mitezza
© Saggiatore, 1994 - Selezione Aforismario

Identifico il mite con il nonviolento, la mitezza con il rifiuto di esercitare la violenza contro chicchessia. Virtù non politica, dunque, la mitezza. O addirittura, nel mondo insanguinato dagli odii di grandi (e piccoli) potenti, l’antitesi della politica.

Il mite non ha grande opinione di sé, non già perché si disistima, ma perché è propenso a credere più alla miseria che alla grandezza dell’uomo, ed egli è un uomo come tutti gli altri.

Il mite non ostenta nulla, neanche la propria mitezza: l’ostentazione, ovvero il mostrare vistosamente, sfacciatamente, le proprie pretese virtù, è di per se stesso un vizio.

Il mite è un uomo tranquillo, ma non remissivo.

Il mite non chiede, non pretende alcuna reciprocità: la mitezza è una disposizione verso gli altri che non ha bisogno di essere corrisposta per rivelarsi in tutta la sua portata.

La tolleranza è un metodo che implica l’uso della persuasione verso coloro che la pensano diversamente da noi, anziché il metodo dell’imposizione. Da questo punto di vista, il laicismo è una delle componenti essenziali del mondo moderno.

Il nucleo dell’idea di tolleranza è il riconoscimento dell’egual diritto a convivere che viene riconosciuto a dottrine opposte, e quindi del diritto all'errore, per lo meno all'errore in buona fede.

L’esigenza della tolleranza nasce nel momento in cui si prende coscienza dell’irriducibilità delle opinioni e della necessità di trovare un modus vivendi fra esse.

I diritti personali precedono i diritti dei cittadini, anzi ne sono il presupposto.

Tra la ricerca dell’uomo di fede e quella dell’uomo di ragione c’è questa differenza: il primo cerca ciò che ha già trovato, il secondo non trova, talora, neppure quello che ha più intensamente cercato.

La nostra ragione non è un lume: è un lumicino. Ma non abbiamo altro per procedere nelle tenebre da cui siamo venuti alle tenebre verso le quali andiamo.

Al contrario del lumicino della ragione, la fede illumina, ma spesso, per troppo illuminare, accieca.

La politica non è tutto. L’idea che tutto sia politica è semplicemente mostruosa.

La forza del pregiudizio dipende generalmente dal fatto che il credere vera un’opinione falsa corrisponde ai miei desideri, sollecita le mie passioni, serve ai miei interessi.

I pregiudizi nascono nella testa degli uomini. Perciò bisogna combatterli nella testa degli uomini, cioè con lo sviluppo delle conoscenze, e quindi con l’educazione, attraverso la lotta incessante contro ogni forma di settarismo. 

Non c’è altra via per combattere il pregiudizio razziale che un’educazione orientata verso valori universali.

Per convincersi della sostanziale unità del genere umano non c’è bisogno di escogitare argomenti filosofici. Basta guardare il volto di un bambino in ogni parte del mondo.

Non c’è epoca che non abbia avuto i suoi moralisti, predicatori religiosi o laici, piangenti sulla corruzione dei costumi, sulla corsa sfrenata verso i piaceri, sulla ricerca dell’effimero procedente di pari passo con l’indifferenza di fronte all’eterno. Come si dice, «Tutto il mondo è paese», non esiterei a dire, analogamente, «Tutta la storia è presente».

Dubito che si possa parlare di un progresso morale dell’umanità. Ma dubito anche che si possa parlare plausibilmente di un regresso.

Non sono in grado di dare una risposta alla domanda angosciosa perché ci troviamo a vivere, senza averlo chiesto, in un universo in cui il pesce grosso per vivere ha bisogno di mangiare il pesce piccolo (è il classico esempio di Spinoza) e il pesce piccolo non sembra abbia altra ragione di esistere che quella di farsi mangiare. 

Sotto la libertà religiosa è compresa anche la libertà di non avere alcuna religione. 

Di fronte al problema del Male, il pensiero teologico ha un obbligo che il pensiero laico non ha: conciliare la presenza del Male con l’esistenza di Dio, e con l’immagine di Dio non solo come Potenza infinita, ma anche come Bontà infinita, di cui il Male è la negazione.

Destra e sinistra
Ragioni e significati di una distinzione politica © Donzelli, 1994 

Non c’è ideale che non sia acceso da una grande passione. La ragione, o meglio il ragionamento che adduce argomenti pro e contro per giustificare le scelte di ciascuno di fronte agli altri, e prima di tutto di fronte a se stessi, viene dopo. 

I grandi ideali resistono al tempo e al mutar delle circostanze e sono l’uno all’altro, ad onta dei buoni uffici della ragione conciliatrice, irriducibili.

Un estremista di sinistra e uno di destra hanno in comune l’antidemocrazia (un odio, se non un amore). Ora l’antidemocrazia li accomuna non per la parte che rappresentano nello schieramento politico ma solo in quanto in quello schieramento rappresentano le ali estreme. Gli estremi si toccano.

Una politica egualitaria è caratterizzata dalla tendenza a rimuovere gli ostacoli (per riprendere l’espressione del già citato articolo 3 della nostra Costituzione) che rendono gli uomini e le donne meno eguali.

De senectute
© Einaudi, 1996 - Selezione Aforismario

Il mondo dei vecchi, di tutti i vecchi, è, in modo piú o meno intenso, il mondo della memoria. Si dice: alla fine tu sei quello che hai pensato, amato, compiuto. Aggiungerei: tu sei quello che ricordi. 

I pensieri di una persona anziana tendono a irrigidirsi. A una certa età si stenta a cambiar opinione. Si diventa sempre piú ostinati nelle proprie convinzioni, piú indifferenti a quelle degli altri.

Lo scopo del dialogo non è dimostrare che sei piú bravo, ma o raggiungere un accordo o per lo meno chiarirsi reciprocamente le idee.

La capacità di dialogare e di scambiarsi argomenti, anziché accuse reciproche accompagnate da insolenze, sta alla base di una qualsiasi pacifica convivenza democratica.

Non basta parlarsi per intraprendere un dialogo. Non sempre coloro che parlano l’uno con l’altro parlano di fatto fra loro: ciascuno parla per se stesso o per la platea che l’ascolta. Due monologhi non fanno un dialogo. 

Ci si può servire della parola per nascondere le proprie intenzioni piú che per manifestarle, per ingannare l’avversario piuttosto che per convincerlo.

La vita non può essere pensata senza la morte. Gli uomini sono non a caso chiamati i «mortali»: anche i piú cinici, i piú spregiudicati e spensierati, i piú sprezzanti e indifferenti, prendono sul serio almeno in qualche momento della loro vita la morte, se non quella degli altri, la propria.

La morte presa sul serio è la fine della vita, la fine ultima, una fine oltre la quale non c’è un nuovo principio. Rispetta la vita chi rispetta la morte.

Autobiografia
© Laterza, 1997

Bisogna avere molta pazienza, non lasciarsi mai illudere dalle apparenze, fare, come si dice, un passo per volta, e di fronte ai bivi, quando non si è in grado di calcolare la ragione della scelta, ma si è costretti a rischiare, essere sempre pronti a tornare indietro.

Teoria generale della politica
© Einaudi, 1999

Vi sono varie forme del potere dell’uomo sull’uomo: il potere politico è soltanto una di queste.

Note
Leggi anche le citazioni dei filosofi e politologi italiani: Nicola AbbagnanoVittorio FoaGiovanni Sartori - Gustavo Zagrebelsky