Frasi e citazioni di Stefano Mancuso
Selezione di frasi e citazioni di Stefano Mancuso (Catanzaro, 1965), botanico e saggista italiano, docente di arboricoltura generale ed etologia vegetale all’Università di Firenze. È membro fondatore della Société internationale pour le signalement et le comportement des plantes e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale. Ha scritto Stefano Mancuso sulla generale ignoranza che abbiamo sulla vita delle piante:
"Ciò che conosciamo delle piante è molto poco e, spesso, questo poco è sbagliato. Siamo convinti che le piante non siano in grado di percepire l’ambiente che le circonda mentre la realtà è che, al contrario, sono più sensibili degli animali. Siamo sicuri che si tratti di un mondo silenzioso, privo della capacità di comunicare e, invece, le piante sono grandi comunicatrici. Siamo certi che non intrattengano nessun tipo di relazione sociale e, viceversa, sono organismi prettamente sociali. Siamo, soprattutto, certissimi che le piante siano immobili. Su questo siamo irremovibili. Le piante non si muovono, dopotutto basta guardarle. La grande differenza fra gli organismi animali (ossia animati, dotati di movimento) e i vegetali non sta proprio in questo? Ebbene, anche in questo caso sbagliamo: le piante non sono affatto immobili. Si muovono molto, ma con tempi più lunghi. Quello che le piante non possono fare non è muoversi, ma spostarsi, almeno nel corso della loro vita". [L'incredibile viaggio delle piante, Laterza, 2018].
Le seguenti riflessioni di Stefano Mancuso sono tratte dai libri: Verde brillante (2013), Plant revolution (2017), L'incredibile viaggio delle piante (2018), La nazione delle piante (2019).
Le piante incarnano un modello molto più resistente e moderno di quello animale; sono la rappresentazione vivente di come solidità e flessibilità possano coniugarsi. (Stefano Mancuso) |
Verde brillante
Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale
(con Alessandra Viola) © Giunti, 2013 - Selezione Aforismario
Cosa sono davvero le piante e come sono fatte? L’uomo vive insieme a loro dalla sua comparsa sulla Terra, eppure non può affatto dire di conoscerle. Non è solo un problema scientifico o culturale: la ragione profonda di questo difficile rapporto risiede nel diverso modo in cui uomini e vegetali si sono evoluti.
L’uomo vive insieme alle piante da circa duecentomila anni, cioè dalla sua comparsa sulla Terra. Duecentomila anni. Sembrerebbe un tempo sufficiente per conoscere qualcuno. Eppure a noi non è bastato: non solo sappiamo ancora pochissimo del mondo vegetale, ma continuiamo ad avere per le piante la stessa considerazione che probabilmente ne avevano i primi Homo sapiens.
Come se esistesse un tacito accordo, le religioni, la letteratura, la filosofia e anche la scienza moderna hanno lavorato insieme per divulgare nella cultura occidentale l’idea che le piante siano esseri dotati di un livello di vita (di «intelligenza», per ora, neanche a parlarne), più basso delle altre specie viventi.
Com’è possibile che esseri viventi stupidi, senza attitudini sociali e incapaci di entrare in relazione con l’ambiente, siano sopravvissuti e si siano evoluti sul Pianeta? Se davvero le piante funzionassero così male, la selezione naturale avrebbe dovuto spazzarle via molto tempo fa!
Le piante sono le mediatrici fra il Sole e il mondo animale. Esse – o piuttosto i loro organuli cellulari più tipici, i cloroplasti – rappresentano il legame che unisce le attività di tutto il mondo organico (cioè di tutto quello che chiamiamo vita) con il centro energetico del nostro Sistema. Le piante hanno dunque una funzione universale per la vita sul Pianeta. Gli animali no.
Essendo ferme e quindi soggette alla predazione degli animali, le piante hanno sviluppato una sorta di «resistenza passiva» agli attacchi esterni. Il loro corpo è costruito in base a una struttura modulare, in cui ogni parte è importante ma nessuna davvero indispensabile.
Il primo vantaggio nell’avere un organismo modulare – solo per fare un esempio – è che… essere mangiate non è per le piante un gran problema! Quale animale può dire lo stesso?
Una pianta non è un individuo! Il modo più corretto di pensare a un albero, a un cactus o a un cespuglio, effettivamente, non è quello di paragonarlo a un uomo o a un qualsiasi altro animale, ma di immaginarlo come una colonia. Un albero, quindi, è molto più simile a una colonia di api o di formiche che a un animale singolo!
Ogni pianta registra ininterrottamente un gran numero di parametri ambientali (luce, umidità, gradienti chimici, presenza di altre piante o animali, campi elettromagnetici, gravità ecc.) e in base a questi dati è chiamata a prendere decisioni che riguardano la ricerca degli alimenti, la competizione, la difesa, i rapporti con le altre piante e gli animali: un’attività difficile da immaginare senza far ricorso al concetto d’intelligenza!
Siamo a tal punto dipendenti dalle piante che facciamo di tutto per dimenticarlo. Forse non ci piace ricordare che la nostra stessa sopravvivenza è legata al mondo vegetale, perché questo ci fa sentire deboli. Altro che dominatori del mondo!
Se domani le piante dovessero scomparire dalla Terra, la vita dell’uomo durerebbe poche settimane, forse qualche mese, non di più.
Il nostro si può certamente definire un pianeta verde: la Terra è un ecosistema sul quale regnano indiscutibilmente le piante.
Sul pianeta Terra esiste solo uno 0,3 per cento di vita animale a fronte di un 99,7 per cento di vita vegetale? Ebbene le piante sono gli esseri dominanti, mentre la presenza animale è registrabile soltanto in tracce. La spiegazione non può che essere una: le piante sono organismi molto più raffinati, adattabili e intelligenti di quanto siamo soliti pensare.
Uomini che amano le piante
© Giunti, 2014
Osservare con rispetto, oserei dire con amore, indagare e capire, è ciò che ogni buon naturalista dovrebbe imparare a fare, con tenacia e determinazione.
Plant revolution
Le piante hanno già inventato il nostro futuro © Giunti, 2017
Provate a pensare quanto sia complicato restare in vita in un ambiente ostile senza potersi spostare. Immaginate di essere una pianta, circondata da insetti, animali erbivori e predatori di ogni specie, e di non poter scappare. L’unica maniera per sopravvivere è essere indistruttibili; essere costruiti in modo interamente diverso da un animale. Essere una pianta, appunto.
Le piante incarnano un modello molto più resistente e moderno di quello animale; sono la rappresentazione vivente di come solidità e flessibilità possano coniugarsi.
Quando si tratta di robustezza e innovazione, nulla può stare al pari delle piante. Grazie all’evoluzione – che le ha portate a sviluppare soluzioni molto diverse da quelle trovate dagli animali – esse sono, da questo punto di vista, organismi molto più moderni. Faremmo bene a tenerne conto, nel progettare il nostro futuro.
L'incredibile viaggio delle piante
© Laterza, 2018 - Selezione Aforismario
Le piante sono incredibilmente diverse dagli animali. Il loro corpo, la loro architettura, le loro strategie sono spesso diametralmente opposti a quelli animali. Gli animali hanno un centro di comando, le piante sono multicentriche. Gli animali hanno organi singoli o doppi, le piante hanno organi diffusi. Gli animali sono individui (nel senso di indivisibili), le piante non lo sono affatto, essendo più simili a colonie.
Non potremo mai capire le piante se le guardiamo come se fossero degli animali menomati. Sono una forma di vita diversa, né più semplice né meno sviluppata di quella animale.
Non esiste ambiente terrestre in cui i vegetali (intesi ora nel senso più ampio di organismi capaci di operare la fotosintesi) non siano in grado di attecchire, portando la vita. Dai ghiacci delle regioni polari ai più infuocati deserti, dagli oceani alle vette più alte, i vegetali hanno conquistato tutto, e continuano a farlo ogniqualvolta ce ne sia l’occasione.
Perché insistiamo a definire invasive tutte quelle piante che con grande successo riescono ad occupare territori nuovi? A ben vedere, le piante invasive di oggi sono la flora nativa del futuro, così come le specie invasive del passato sono oggi parte fondamentale dei nostri ecosistemi.
Le specie che oggi consideriamo invasive sono le native di domani. Avere sempre presente questa regola impedirebbe tante delle stupidaggini intese a limitarne l’espansione.
Ogni essere vivente solitario è in qualche maniera una contraddizione. Perché ci sia vita è necessario che ci sia una comunità con gli altri viventi, e ovviamente con gli altri individui della propria specie.
Tutto è collegato in natura. Questa semplice legge che gli uomini non sembrano comprendere ha un corollario: l’estinzione di una specie, oltre ad essere un dramma in sé, ha conseguenze imprevedibili sul sistema di cui quella specie fa parte.
Molti sono i chiamati ma pochi gli eletti. Il versetto evangelico di Marco descrive alla perfezione il destino dei semi delle piante. Enormi quantità di diaspore1 vengono prodotte annualmente, ma soltanto un’insignificante percentuale sopravvive.
La nazione delle piante
© Laterza, 2019 - Selezione Aforismario
Un pianeta verde per la vegetazione, bianco per le nuvole e blu per l’acqua. Questi tre colori che sono la firma del nostro pianeta, per un motivo o per un altro, non esisterebbero senza le piante. Sono loro a rendere la Terra ciò che conosciamo. Senza piante, il nostro pianeta assomiglierebbe molto alle immagini che abbiamo di Marte o di Venere: una sterile palla di roccia.
Percependo le piante come molto più prossime al mondo inorganico che alla pienezza della vita, commettiamo un fondamentale errore di prospettiva, che potrebbe costarci caro.
La Nazione delle Piante, con il suo tricolore verde, bianco e blu (sono i colori del nostro pianeta e dipendono dalla presenza delle piante), rappresenta la più popolosa, importante e diffusa nazione della Terra.
Senza le piante, gli animali non esisterebbero; la vita stessa sul pianeta, forse, non esisterebbe e, qualora esistesse, sarebbe qualcosa di terribilmente diverso.
Esistiamo grazie alle piante e potremo continuare ad esistere soltanto in loro compagnia.
Anche se si comporta come se lo fosse, l’uomo non è affatto il padrone della Terra, ma soltanto uno dei suoi condomini più spiacevoli e molesti.
Ultimi arrivati sul pianeta, ci comportiamo come dei bambini che combinano disastri, inconsapevoli del valore e del significato delle cose con cui giocano.
Non sono le dimensioni, ma è la vita a rendere speciale il nostro pianeta.
L’intero pianeta dovrebbe essere considerato un bene comune, intangibile, curato e custodito come si conviene all’unica casa possibile per la vita.
La Terra è cosa nostra. Ne abbiamo diviso la superficie in Stati e ne abbiamo assegnato la sovranità ai diversi gruppi umani, che a loro volta l’hanno affidata a un limitatissimo numero di persone. Sono queste, pertanto, che detengono la reale sovranità della Terra. Poche persone sono responsabili della sovranità dell’unico pianeta dell’universo sul quale la vita esiste.
Possiamo essere ambientalisti, fricchettoni, verdi, mistici, materialisti, religiosi, atei, anarchici o realisti, ma su una cosa siamo tutti d’accordo: siamo migliori di scimmie, mucche, albicocchi, felci, batteri e muffe.
Le piante non hanno la possibilità di adoperare la principale soluzione che gli animali utilizzano per risolvere qualunque difficoltà: il movimento. Ma se non si può scappare, come è possibile resistere ai predatori? Il trucco sta nel non avere alcun organo fondamentale singolo o doppio, distribuendo al contempo sull’intero corpo tutte quelle funzioni che gli animali concentrano in organi specializzati.
La Terra, la casa della vita, l’unico posto dell’universo che conosciamo in grado di ospitarla, è considerata dall’uomo né più né meno che una semplice risorsa; da mangiare, da consumare.
L’uomo è il più compiuto dei predatori. Così come il leone osserva sonnacchioso e soddisfatto il pezzo di savana che rappresenta il suo territorio, con la tranquilla consapevolezza che nessun altro animale può contendergliene la sovranità, così la specie umana considera l’intero pianeta come qualcosa di sua esclusiva pertinenza.
Certo, si sente parlare di riscaldamento globale, cambiamenti climatici, inquinamento urbano, diminuzione della biodiversità ecc., ma non credo che la gravità della situazione sia chiara ai più. Perlomeno me lo auguro: il contrario significherebbe che l’umanità ha perso il senso del proprio futuro.
Essere consapevoli del disastro che i nostri consumi stanno creando dovrebbe renderci tutti più attenti ai nostri comportamenti individuali, ma anche arrabbiati verso un modello di sviluppo che, per premiare pochissimi, distrugge la nostra casa comune.
Che le piante siano dotate di capacità di senso, addirittura superiori a quelle degli animali, è cosa ormai completamente assodata. Le piante sono in grado di percepire un numero di parametri quali luce, temperatura, gravità, gradienti chimici, campi elettrici, tocco, suono ecc. che le rende esseri estremamente sensibili all’ambiente che le circonda.
La pianta del mondo
© Laterza 2020
Quando si riesce a guardare il mondo senza vederlo semplicemente come il campo da gioco dell’uomo, non ci si può non accorgere della ubiquità delle piante. Sono dappertutto e le loro avventure si intrecciano inevitabilmente alle nostre.
Note
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