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Frasi e citazioni di Massimo Ammaniti

Selezione di frasi e citazioni di Massimo Ammaniti (Roma, 1941), neuropsichiatra infantile e psicoanalista italiano, professore onorario dell'Università La Sapienza di Roma. I suoi interessi di studio e di ricerca riguardano in prevalenza i temi della genitorialità e della maternità, dello sviluppo infantile e dell’adolescenza.
Foto di Massimo Ammaniti
Sempre più spesso ci troviamo di fronte a degli «adultescenti»,
ossia adulti che non vogliono crescere. (Massimo Ammaniti)

Noi
Perché due sono meglio di uno © il Mulino, 2015

Negli ultimi decenni il pendolo, che in campo umano ha sempre oscillato fra gli interessi e i desideri personali e l'attenzione e la condivisione con gli altri, si è spostato fortemente verso l'individualismo e l'egocentrismo.

Sottolineare il noi non vuol dire sottovalutare la dimensione individuale, quanto piuttosto riconoscere i danni dell'individualismo sfrenato che conduce alla rapacità e alla sopraffazione.

Nella storia umana la cooperazione e la condivisione ha assunto fin dall'inizio un ruolo decisivo favorendo un indubbio vantaggio per la sopravvivenza.

Altruismo ed egoismo, come l'Ego e il noi, si sono intrecciati fin dall'inizio dell'evoluzione umana e a seconda degli obiettivi e dei contesti può essere rilevante l'uno o l'altro. 

Se i bambini imparano presto a interagire ed a collaborare con gli altri, al tempo stesso nel gruppo c'è sempre il rischio di sentirsi esclusi: un'esperienza dolorosa perché mina la fiducia personale e l'autostima.

I bambini crescono in famiglie in cui per lo più ci sono uno o due figli e manca quella palestra di scambi che esisteva in passato quando i figli erano molto più numerosi e si imparava ad interagire con gli altri, riconoscendo il proprio ruolo e i propri confini personali.

La scuola rappresenta un'occasione importante per ogni bambino di entrare in un contesto in cui decentrarsi, riconoscendo punti di vista diversi e intenzioni diverse e giungere a mediazioni con gli altri.

A scuola non si entra solo come alunni che devono apprendere il programma scolastico, ma si entra come persone che devono saper collaborare con gli altri.

La collaborazione con gli altri si intreccia con la capacità di comprendere gli altri, il loro punto di vista e le loro intenzioni.

Gli adolescenti oggi non si ribellano e non contestano, ricercano solo un posto dove sentirsi tranquilli e riconosciuti. 

Le valutazioni da parte dei coetanei sono particolarmente rilevanti per un adolescente perché riguardano il riconoscimento di come è accettato nel gruppo e come è in grado di comportarsi con gli altri.

L'immagine di un Io iscritto in rigidi confini può divenire una trappola seducente ed allo stesso tempo fuorviante, perché ci fa dimenticare quanto gli altri siano parte integrante del proprio Io.

La curiosità non invecchia
Elogio della quarta età © Mondadori, 2017

Anche in età avanzata si può continuare a essere curiosi, a non avere paura del nuovo e a guardare le generazioni più giovani con vivo interesse e in modo benevolo.

L’ultima stagione dell’esistenza non è più breve come una volta e, nonostante l’età avanzata, si può essere ancora attivi, desiderosi di viaggiare, di guardarsi intorno e divertirsi.

L’evoluzione delle società umane è stata favorita dalla presenza di persone anziane che, oltre a trasmettere alle nuove generazioni conoscenze e competenze, hanno rappresentato il trait d’union con le tradizioni e la cultura del passato.

Le nuove generazioni si sono sempre appoggiate sulle spalle di quelle precedenti, il che vuol dire che il termine «rottamazione» può valere per le automobili, ma non per le persone.

In una società che fa coincidere la conclusione dell’attività lavorativa con il pensionamento, le persone che non possono più continuare a esercitare, sia pure in altre forme, la loro professione (per esempio, chi ha svolto un’attività prevalentemente manuale) rischiano di vivere come sospese in un limbo, in cui le giornate si susseguono l’una dopo l’altra senza un vero scopo.

Oggi le persone fra i 65 e i 79 anni sono in gran parte autosufficienti e costituiscono una grande risorsa per l’intera comunità.

Il processo di invecchiamento non è soltanto sinonimo di declino fisico e cognitivo. Una recente ricerca ha mostrato che nella terza e nella quarta età si verifica un miglioramento dell’equilibrio psichico rispetto ad altre fasi della vita dell’individuo, dovuto a una maggiore capacità di regolazione emotiva e a una minore esposizione ai fattori stressanti.

Si dice comunemente che, con la vecchiaia, i difetti caratteriali si accentuano, ma forse, più che accentuarsi, si disvelano, e questo per fortuna vale non solo per i difetti ma anche per le qualità.

Se da un lato i nonni costituiscono una grande risorsa per le famiglie, dall’altro la percezione che si ha di loro è quanto mai problematica: in una società in cui vige il mito della giovinezza, spesso sono considerati un peso o, addirittura, la loro presenza viene ignorata dai giovani.

Potrebbe essere questo il segreto della creatività nella vecchiaia: quando l’orizzonte sembra chiudersi, si riapre – magari in modo del tutto imprevisto – un nuovo scenario. E, d’altra parte, la vita stessa è contrassegnata dal continuo alternarsi di cose che finiscono e di cose che iniziano.

L’emozione che proviamo più spesso non è l’amore o la gioia, ma l’ansia, quella strana e spiacevole agitazione che avvertiamo quando stiamo per affrontare un esame o qualcosa di impegnativo, oppure quando ci aspettiamo che, da un momento all’altro, possa capitare un evento per noi negativo.

La vita di una persona – credente o non credente – non finisce con la morte, perché il suo ricordo rimane nel cuore dei familiari, degli amici e di quanti l’hanno apprezzata, e la vita che continua serberà per sempre traccia della persona scomparsa.

Adolescenti senza tempo
© Raffaello Cortina Editore, 2018

Se la società non si mostra accogliente nei confronti dei giovani, ciò crea un inevitabile rallentamento del loro percorso verso l’autonomia, inceppando i meccanismi di ricambio generazionale.

Negli ultimi anni, la rivoluzione digitale ha cambiato drasticamente la nostra vita e, in particolare, quella dei giovani: una rivoluzione ancora più profonda dell’introduzione della stampa e tale da condizionare il modo in cui si apprende, si gioca e si interagisce.

L’adolescenza dei figli è un evento improvviso e inquietante, al quale i genitori arrivano invariabilmente impreparati. Non c’è manuale che tenga: è un passaggio difficile da gestire, per i genitori e per i figli.

L’adolescenza irrompe, ed è come se introducesse d’un tratto proprio quella distanza tra genitori e figli che ci si era illusi di non aver creato con i comportamenti degli anni passati insieme.

Piano piano, giorno per giorno, li riconosciamo sempre meno. I nostri figli, quando entrano nell’adolescenza, non sembrano più gli stessi.

L’adolescenza non è il semplice passaggio dall’incantevole mondo del bambino alla rassicurante indipendenza dell’adulto, come si vorrebbe che fosse, e proprio mentre la si vive si scopre quanto possa essere inquietante.

Il mestiere più difficile del mondo
Come si «diventa» genitori (con Paolo Conti) © Solferino, 2019

L’esperienza di diventare genitori è molto più complessa di qualsiasi mestiere e prende origine addirittura dalle proprie matrici infantili per poi realizzarsi quando si raggiunge l’età adulta. Non implica una tecnica educativa, è piuttosto un’esperienza profondamente trasformativa che mette in contatto i genitori con le origini della vita affettiva.

Quando si ha un bambino non si può ipotecare il suo futuro, come scriveva lo stesso Freud, e forse proprio per questo è difficile fare il genitore, perché non si riesce a determinare il futuro dei figli.

I genitori, inconsapevolmente, vorrebbero figli uguali a loro stessi, una specie di prolungamento narcisistico, ma alla fine sono costretti a riconoscerne l’individualità.

Non ci si può sostituire ai figli, né pretendere di costruirli come vorremmo, e non possiamo neppure spianare loro la strada perché evitino di commettere i nostri errori. Occorre accettare anche i propri limiti di genitori e non sempre è facile.

Il figlio è senz’altro un esame di maturità per la vita di una coppia, ma questo traguardo può essere facilmente eluso trovando ogni sorta di giustificazioni, da quelle economiche a quelle lavorative e abitative.

Un figlio è un investimento sul futuro che richiede un’alternanza delle stagioni e delle generazioni, mentre i giovani di oggi vivono spesso in una dimensione senza tempo, ripiegati su se stessi e intrappolati dai propri comportamenti quotidiani.

A volte sono stati usati appellativi svalutanti, come «bamboccioni», ma forse bisognerebbe chiedersi che cosa hanno fatto le vecchie generazioni per favorire la crescita dei propri figli, ancora irretiti da un’adolescenza interminabile perché non sono stati confrontati con responsabilità e impegni più adulti.

Il figlio, quando viene al mondo, aiuta i due genitori a crescere e a scoprire risorse personali inaspettate.

Il distacco dalla famiglia diventa difficile, le prospettive di lavoro sono quanto mai precarie e insoddisfacenti, e lo stesso vale per l’autonomia economica, tutte condizioni che non facilitano l’idea di avere un figlio.

Sempre più spesso ci troviamo di fronte a degli «adultescenti», ossia adulti che non vogliono crescere.

Diventare genitori implica un passaggio decisivo. Ci si assume la responsabilità di curare, proteggere e allevare un essere immaturo totalmente dipendente dai genitori, perlomeno nei primi anni di vita. Questo cambia il baricentro della propria vita, che si sposta verso un altro essere, da cui non ci si staccherà più.

Una relazione sentimentale può anche finire, mentre è quasi impossibile rinunciare a una relazione con un figlio. Anche quando se ne prendono le distanze, infatti, continua a essere molto presente nella vita mentale dei genitori.

Note
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