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Frasi e citazioni di Silvio Ceccato

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Silvio Ceccato (Montecchio Maggiore, 1914 - Milano, 1997), filosofo, cibernetico, saggista e linguista italiano. "Sono uno studioso di uomini, della storia della loro mente e del loro animo, in particolare studioso di me stesso". 
La maggior forza dell'uomo a tutte le età è che egli si dia
un futuro. È felice chi riesce a prospettarselo e se lo conquista
passo passo, e per questo futuro se ne fa i meriti.
(Silvio Ceccato)
La mente vista da un cibernetico
© ERI, 1972

In linea di principio, tutti i progetti si possono realizzare, a meno che non siano progetti contraddittori, come quello di tracciare il famoso cerchio quadrato.

Dobbiamo far nostro ciò che apprendiamo nello stesso modo in cui abbiamo fatto nostro l’andare in bicicletta. Forse che abbiamo «imparato a memoria» ad andare in bicicletta?

L’uomo è soggetto di tre tipi di attività: quelle che esegue, sa di eseguire e sa come esegue; quelle che esegue, sa di eseguire, ma non sa come esegue; ed infine di molte che esegue ma ignora persino di eseguire. Nello scambio fra esseri umani, si dà il caso che né l’una né l’altra parte sappia che cosa sta facendo. 

Ingegneria della felicità
Per vincere i grandi e piccoli nemici che s'annidano nella mente
© Rizzoli, 1985 - Selezione Aforismario

Ho l'impressione che una buona parte delle nostre infelicità dipenda da un cattivo uso della mente, da una scarsa conoscenza dei suoi meccanismi; e ciò porta a pensieri sbagliati.

Si possono accrescere i momenti di felicità e di infelicità, anche se l'oscillare fra i due sembra inevitabile, e del resto se così non fosse non ci accorgeremmo di esser né felici né infelici.

Le voci si alzano e, invece di ascoltare l'altro, si ascolta la propria voce che trascina e soffoca ed assorbe, senza lasciare tempo e spazio per l'altro. Si uccidono così due fra le più ricche sorgenti di felicità, quali l'amore e l'amicizia.

La maggior forza dell'uomo a tutte le età è che egli si dia un futuro. È felice chi riesce a prospettarselo e se lo conquista passo passo, e per questo futuro se ne fa i meriti.

Di tutto potremmo privare un giovane, ma non di un futuro del quale egli senta di disporre. Altrimenti solo i forti sopravviveranno, mentre il debole vagherà senza bussola, intento al contingente, isolato dalla storia sua e dell'umanità.

Sono venute meno le promesse di futuro, e l'uomo si è sentito orfano. La prima è stata quella celeste. Cade la fiducia in un mondo trascendente che confeziona i valori per noi.

L'uomo si trova orfano di impero sia religioso che civile (e si rifugia in un individualismo rinascimentale che però appartiene solo ai forti).

Il giovane diffida del futuro anche perché nella pluralità delle voci dell'etica non saprebbe quale scegliere e perché nell'esplosione dell'automazione non riesce a concepirsi se non nell'alternativa del tempo occupato lavorativamente e del tempo vuoto lavorativamente.

L'amico è colui sul quale posso contare come su me stesso, al quale posso parlare come a me stesso. Lui, però è un amico o un nemico, peggio, un finto amico?

La diffidenza costituisce forse il maggior attentato alla socialità e così alla gioia di un convivere, convergere. Ma vi ci si rifugia spesso per sfuggire alla tristezza di una confidenza che si riveli malriposta, tradita.

Un'arma contro la diffidenza si trova nell'accrescere la confidenza in se stessi, nel godere di ciò che si fa, indipendentemente dallo scambio nel quale verrà a porsi il risultato dell'operare. In altre parole, fa le tue cose per te.

Se il gioco è avvertito con letizia, non per questo al lavoro spetta la tristezza ed allo studio la noiosità. E se uno non porta in ciò che fa un tanto di diletto, anzi si lascia convincere del contrario, male gli è stato fatto e male egli si fa.

Qualunque cosa tu faccia, mescola un tanto di lavoro, un tanto di gioco ed un tanto di studio. 

Mi sono fatto una convinzione. Che per una vecchiaia ricca occorra una infanzia ricca. 

Chi nella vita non è mai riuscito a separare la cosa valutata dall'unico valore attribuitole, difficilmente riuscirà ad accettare una differente posizione, l'opinione altrui. Questa si presenterà allora come uno sbaglio dell'altro. In campo morale come una sua colpa, in quello estetico come cattivo gusto. Errore da correggere, colpa da condannare, persona da non avvicinare.

Il compito di essere più felici si può svolgere. Studia.

Finché c'è pensiero c'è speranza.

In ogni uomo se ne incastonano almeno quattro: come crede di essere visto; come vorrebbe essere visto; come è visto; e come crede di essere.

Tutto ciò che tende a sanare il divario sussistente fra potere e volere, e quindi fra sapere e volere, sia il benvenuto.

È stato detto: "Il riso fa buon sangue". Certo, perché libera un'energia che è stata condensata e perché con l'arresto della memoria propulsiva stacca un pensiero successivo da quello, da tutti quelli precedenti, carichi spesso delle nostre preoccupazioni fino all'ossessione.

Una ricetta sicura di infelicità? Il sommarsi di due «rimedi». 

Le cose non sono di per sé interessanti, ma lo diventano solamente se ce ne interessiamo.

Mille tipi di bello
© Stampa alternativa, 1994 - Selezione Aforismario

La scuola è un aiuto, talvolta necessario, per arrivare al possesso di certe esperienze e conoscenze, utili nello scambio con gli altri, di ciò che noi sappiamo e possiamo e gli altri non sanno o non possono.

L'obiettivo dovrebbe essere quello di creare nel ragazzo una sicurezza nella propria mente, nelle proprie capacità, per cui possa uscirne un essere che ama il suo pensiero e il suo ragionamento, "in un certo senso l'autodidatta.

Abbiamo ereditato da 2500 anni una filosofia basata su un'idea di mente che riflette le cose già fatte. Ora dobbiamo opporvi una mente che non rispecchia proprio niente, ma che costruisce e si costruisce.

Penso che i princìpi della didattica siano sempre quelli: la partecipazione attiva dello studente, cioè la scuola è sua e non dell'insegnante; si porti nella vita ciò che si impara a scuola e ciò che si impara nella vita si porti a scuola, cioè la nostra prima educazione lo sia per tutta la vita, sia scuola permanente.

Diventiamo pure specialisti nelle centinaia di discipline, di cui abbiamo bisogno, ma senza perdere l'unità della mente, del pensiero.

Io non vorrei vedere niente soltanto in termini di dovere, né a scuola, né fuori. Preferisco la chiave edonica, cioè della piacevolezza. Sono convinto che quanto l'uomo fa possa sempre esser visto con gioia, festa, piacere.

Se c'è una cosa che il bambino ama è il sentirsi riconosciuto un creativo responsabile.

Occorre far incontrare bambini e ragazzi con l'eccezione, ché a fargli incontrare la normalità ci pensa la vita.

Secondo me nessuna gioia è più grande del sentire la propria mente che si espande. Forse il bambino non dice "Insegnami a pensare", ma sotto sotto chiede all'adulto di dargli una forza, una indipendenza.

Non si può continuare a vivere come se la macchina non ci sia. E devo prevedere un futuro in cui sarà essa a fare molte delle cose che noi chiediamo oggi agli uomini. Non più il servo ma il servomeccanismo; non più il domestico, ma l'elettrodomestico.

Qualche volta si diventa scrittori perché si è incontrato un buon insegnante di italiano, e così per la filosofia, la matematica, la fisica. Penso che il buon maestro possa fare anche il buon allievo.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Dario Bernazza - Roberto Vacca