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Frasi e citazioni di Johan Huizinga

Selezione di frasi e citazioni di Johan Huizinga (Groninga, 1872 - Arnhem, 1945), storico e linguista olandese, considerato uno degli storici più importanti del XX secolo.
Le aspirazioni che lo studioso dei fatti storici troverà come
ultime forze motrici della storia saranno contenute per la massima
parte nella stoltezza e nella malvagità del genere umano.
(Johan Huizinga)
L’autunno del Medioevo
Herfsttij der Middeleeuwen, 1919 - Selezione Aforismario

Nella storia come nella natura la morte e la vita procedono sempre di pari passo. Vecchie forme di civiltà si spengono nello stesso tempo e nello stesso luogo nel quale il nuovo trova linfa vitale per svilupparsi.

Di solito sono le origini del nuovo quello che il nostro spirito cerca nel passato.

Consideriamo ogni epoca soprattutto per la promessa del futuro che reca in sé.

Quando il mondo era più giovane di cinque secoli tutti i casi della vita avevano forme esteriori molto più violente. Tra dolore e gioia, tra calamità e felicità la differenza pareva più grande di quanto lo sia per noi; tutto ciò che si provava aveva ancora quel grado di immediatezza e di assolutezza che la gioia o il dolore hanno ancora oggi nello spirito infantile.

Il contrasto tra estate e inverno era più netto allora che nella nostra vita, così come quello tra la luce e il buio, tra il silenzio e il rumore. La città moderna non conosce quasi più il buio assoluto e il silenzio assoluto, l’effetto di un singolo lumicino o di una singola voce lontana.

Attraverso il continuo contrasto e le molteplici forme con cui tutto si imponeva allo spirito, la vita quotidiana emanava un’eccitazione, una carica passionale che si manifestavano nei mutevoli stati d’animo tra i quali oscillava la vita cristiana medioevale: rozza esuberanza, violenta crudeltà e sincera tenerezza.

Ogni epoca anela a un mondo migliore. Quanto più profonde sono la disperazione e la rassegnazione causate da un presente torbido, tanto più ardente diviene quel desiderio.

Ogni epoca lascia nella tradizione più tracce della sua sofferenza che della sua felicità, e sono le calamità che diventano storia. 

Nel XV secolo non era di moda né di buon gusto lodare apertamente la vita e il mondo. Chi prendeva in considerazione con serietà il corso quotidiano degli eventi e poi esprimeva il suo giudizio sulla vita, soleva menzionare unicamente il dolore e la disperazione. Vedeva avvicinarsi la fine dei tempi e tutte le cose terrene andare in rovina.

Nessun’epoca ha inculcato l’idea della morte con tanta enfasi quanto il XV secolo. Senza sosta risuona, lungo tutta l’esistenza, il grido del memento mori.

La vita della Cristianità medioevale è pervasa e satura di rappresentazioni religiose in tutti i suoi aspetti. Non c’è cosa né azione che non sia continuamente messa in relazione con Cristo e con la fede. Tutto è orientato verso una concezione religiosa onnicomprensiva, ed è pervaso da un’impressionante manifestazione di intima fede. 

La crisi della civiltà
Nelle ombre del domani - In de schaduwen van morgen, 1935

Viviamo in un mondo ossessionato. E ne siamo coscienti. Nessuno proverebbe stupore se un bel giorno questa nostra insania desse luogo a una crisi di virulenta follia che, una volta estinta, lascerebbe l’Europa nel torpore e nello smarrimento; i motori continuerebbero a girare e le bandiere a sventolare, ma lo spirito sarebbe soffocato.

L'uomo vive letteralmente nel suo mondo di prodigi come un fanciullo, è anzi un fanciullo di fiaba. Può viaggiare in velivolo, parlare con un altro emisfero, procurarsi delle leccornie mettendo pochi soldi in un automatico, portarsi a casa un pezzo di mondo con la radio. Preme un bottone e la vita gli affluisce incontro. Può una tale vita renderlo emancipato? Al contrario la vita per lui è diventata un giocattolo. C'è da stupire che vi si comporti come un bambino? 

I concetti che oggi unificano le varie tendenze culturali si ritrovano solo nell'ordine di idee come «benessere, potenza, sicurezza» (comprendente pure «pace e ordine»): tutti ideali assai più fatti per dividere che per unire, e tutti procedenti solo dall'istinto naturale, non nobilitato dallo spirito. Già l’abitante delle caverne conosceva questi ideali.

Vi è solo un avanzare, anche se talora ci coglie la vertigine davanti a profondità e lontananze sconosciute; anche quando l’immediato avvenire ci si spalanca davanti come un abisso circonfuso di nebbia.

Progresso è cosa delicatissima e concetto ambiguo. Può essere che un po’ più avanti lungo la strada, sia rovinato un ponte o si sia scavato un abisso.

Che cosa rimarrà mai a fungere da fattore universale direttivo, quando esso non sia più una fede trascendentale, fissa a una salvazione ultraterrena e ultramortale, né un pensiero ricercatore della verità, né una morale umana universale che, riconosciuta come sistema chiuso, comprenda in sé i valori di giustizia e misericordia?

La pubblicità, in tutte le sue forme, specula su un raziocinio indebolito e, grazie alla sua enorme diffusione e importunità, coopera all'indebolimento.

Homo Ludens
1939 - Selezione Aforismario

L'«homo ludens», l'uomo che gioca, indica una funzione essenziale come quella del fare, e merita un posto accanto all'«homo faber».

La civiltà umana sorge e si sviluppa nel gioco, come gioco.

All'antico "tutto è vanità" pare voglia sostituirsi allora, con senso forse più convincente e positivo, un: "tutto è gioco".

Cultura vera non può esistere senza una certa qualità ludica

Perché strilla di gioia il bambino? Perché il giocatore si perde nella sua passione, perché una gara eccita sino al delirio una folla di spettatori? L'intensità del gioco non è spiegata da nessuna analisi biologica. Eppure in quell'intensità, in quella facoltà di far delirare, sta la sua essenza, la sua qualità.

Il gioco è uno dei più fondamentali elementi spirituali della vita.

La Natura, pare che ci dica la logica, avrebbe potuto dare alla sua prole tutte quelle funzioni utili di scarico di energia, di rilassamento, di preparazione, e di compenso, anche nella forma di esercizi e reazioni puramente meccanici. Invece no, ci dette il Gioco, con la sua tensione, con la sua gioia, col suo "scherzo".

Il gioco è innegabile. Si possono negare quasi tutte le astrazioni: la giustizia, la bellezza, la verità, la bontà, lo spirito, Dio. Si può negare la serietà. Ma non il gioco.

Per giocare veramente l'uomo, quando gioca, deve ritornare bambino.

L'atteggiamento del giocatore per professione non è più un vero e proprio atteggiamento ludico, la spontaneità e l'idea di passatempo non valgono più per lui.

Lo sviluppo dello sport dall'ultimo quarto dell'Ottocento in qua, promuove il fatto che il gioco viene preso sempre più sul serio.

Ogni gioco è anzitutto e soprattutto un atto libero. Il gioco comandato non è più gioco.

Per l'uomo adulto e responsabile il gioco è una funzione che egli potrebbe anche tralasciare. Il gioco è superfluo. Il bisogno di esso è urgente solo in quanto il desiderio lo rende tale.

Il gioco si fa accompagnamento, complemento e parte della vita in generale. Adorna la vita e la completa, e come tale è indispensabile.

Il gioco umano in tutte le sue forme superiori, in cui significhi o celebri qualche cosa, occupa un posto nella sfera di festa e di culto, nella sfera sacra cioè.

L'antitesi gioco-serietà resta sempre un'antitesi instabile. L'inferiorità del gioco ha i suoi limiti nella superiorità della serietà. Il gioco si converte in serietà, la serietà in gioco. 

Il gioco sa innalzarsi a vette di bellezza e di santità che la serietà non raggiunge.

L'esistenza del gioco conferma senza tregua, e in senso superiore, il carattere sopralogico della nostra situazione nel cosmo. Gli animali sanno giocare, dunque sono già qualche cosa di più che meccanismi. Noi giochiamo e sappiamo di giocare, dunque siamo qualche cosa di più che esseri puramente raziocinanti, perché il gioco è irrazionale.

Quando il pensiero umano considera tutti i tesori dell'ingegno e assaggia tutte le delizie delle sue possibilità spirituali, esso troverà sempre nel fondo di ogni serio giudizio ancora un resto di problematicità.

Lo scempio del mondo
Geschonden Wereld, 1943

La parola civiltà e i suoi sinonimi sono talmente sulle labbra di tutti da farci credere che comprendiamo pienamente il significato di queste parole. Non è così invece; anzi, al contrario, non appena ci si accinge a circoscrivere chiaramente questo significato, s'incontra una quantità di concetti imprecisi e di opinioni diverse, sicché si finisce per arrivare alla convinzione che il concetto di civiltà non è esattamente definibile e rimarrà sempre approssimativo.

Le aspirazioni che lo studioso dei fatti storici troverà come ultime forze motrici della storia saranno contenute per la massima parte nella stoltezza e nella malvagità del genere umano, anche se i libri di storia vanno discorrendo di genialità, di sfrenata energia dinamica o demoniaca e di simili comuni interpretazioni della grandezza storica.

Note
Vedi anche frasi e citazioni di: Ludwig von MisesOswald Spengler