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Aforismi, frasi e citazioni di Oswald Spengler

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Oswald Spengler (Blankenburg am Harz 1880 - Monaco di Baviera 1936), filosofo, storico e scrittore tedesco. Rispondendo alle critiche ricevute per il suo celebre Il tramonto dell'Occidente, Oswald Spengler ha scritto:
"Questo libro contiene solo un aspetto di ciò che ho dinanzi, solo una nuova visuale della storia, una filosofia del destino, la prima del suo genere. Esso ha una base intuitiva in ogni sua parte ed è stato scritto in uno stile che cerca di rendere gli oggetti e le relazioni in modo plastico invece di sostituirvi file di concetti astratti; e si rivolge unicamente al lettore capace di rivivere anche lui assonanze e immagini. Venire a tanto non è stato facile, specie quando la riverenza di fronte al mistero, la riverenza goethiana, impedisce di scambiare analisi concettuali per visioni nel profondo. Ma ecco che ora si grida al pessimismo, accusa con la quale coloro che restano eternamente attaccati allo ieri stigmatizzano ogni pensiero destinato solo agli esploratori del domani. Però non è per costoro che io ho scritto, per costoro, che scambiano il raziocinare sofistico intorno alla natura dell’azione per l’azione stessa. Chi si mette a definire ignora il destino. Per me comprendere il mondo significa essere all'altezza del mondo. Essenziale, importante, è la durezza della vita, non il «concetto» di essa, come invece insegna la filosofia da struzzo dell’idealismo. Chi non si lascia illudere dai concetti non sentirà ciò come pessimismo, mentre gli altri non importano".

Le seguenti riflessioni di Oswald Spengler sono tratte dalla sua opera più importante: Il tramonto dell'Occidente (Der Untergang des, 1918), da L'uomo e la tecnica (Der Mensch und die Technik, 1931) e dagli appunti autobiografici stesi e riuniti con il titolo A me stesso tra il 1911 e il 1919.
Niente fini, niente grandezza. (Oswald Spengler)
Il tramonto dell'Occidente
Lineamenti di una morfologia della Storia mondiale
Der Untergang des Abendlandes. Umrisse einer Morphologie der Weltgeschichte, 1918
Selezione Aforismario

Il «tramonto del mondo antico», lo abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio, il «tramonto dell'Occidente».

Ogni civiltà sta in un rapporto profondamente simbolico e quasi mistico con l'esteso, con lo spazio in cui e attraverso cui essa intende realizzarsi. Una volta che lo scopo è raggiunto e che l'idea è esteriormente realizzata nella pienezza di tutte le sue interne possibilità, la civiltà d'un tratto s'irrigidisce, muore, il suo sangue scorre via, le sue forze sono spezzate, essa diviene civilizzazione.

Alla fine è sempre un plotone di soldati a salvare la civiltà.

Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall'informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. 

Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfonde con l'elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l'affermazione dell'idea contro le potenze del caos all'esterno, così come contro l'inconscio all'interno, ove tali potenze si ritirano irate.

Le civiltà sono degli organismi. La storia mondiale è la loro biografia complessiva. La storia grandiosa della civiltà cinese o di quella classica è, morfologicamente, in esatta corrispondenza con la piccola storia dell’individuo umano, di un animale, di una pianta, di un fiore.

Questo è il senso di ogni tramonto nella storia, il senso del compimento interno ed esterno, dell'esaurimento che attende ogni civiltà vivente.

Gli storici moderni si vantano di essere oggettivi, col che essi danno solo a conoscere quanto poco siano consapevoli dei propri pregiudizi.

«L’umanità» non ha alcuno scopo, alcuna idea, alcun piano, così come non lo ha la specie delle farfalle o quella delle orchidee.

«Umanità» è o un concetto zoologico o un vuoto nome. Si bandisca questo fantasma dal dominio dei problemi storici della forma e allora si vedrà apparire una sorprendente dovizia di vere forme.

La massa è la fine, è il nulla radicale.

La politica è la forma nella quale una nazione realizza sé stessa fra una moltitudine di altre nazioni. Qui la grande arte consiste nel saper conservare la propria nazione in forma all'interno in vista degli avvenimenti che si dovranno affrontare all'esterno.

Nei confronti della storia dell’umanità superiore, per quel che concerne il corso del futuro domina un ottimismo sfrenato, incurante di ogni dato dell’esperienza sia storica che organica, per cui ognuno ritiene di poter individuare nella contingenza dell’oggi gli «inizi» di una qualche «ulteriore evoluzione» lineare e meravigliosa, non perché essa sia provata scientificamente, ma solo perché corrisponde a quel che si desidera.

La storia c’insegna che venendo meno la fede si giunge alla scienza e che il dubbio nella scienza subentrante dopo un certo periodo di ottimismo critico riconduce alla fede. Quanto più il sapere teorico si libera dall'accettazione credente, tanto più si avvia verso l’autodissoluzione. Ciò che allora resta è unicamente l’esperienza tecnica.

Si è sentito il demonio nella macchina, e non a torto. La macchina significa agli occhi d'un credente, il Dio detronizzato.

La natura va trattata scientificamente, la storia poeticamente.

Che oggidì il dotto, lo scienziato, non si estranei più dal mondo, che la scienza ormai si metta spesso al servigio della tecnica e del guadagno mostrando per tutto ciò la massima comprensione − questo è
segno che il tipo puro è già in declino e che il periodo d’oro dell’ottimismo intellettuale, di cui egli era l’espressione vivente, appartiene già al passato.

Una realtà è natura se in essa il divenire è subordinato al divenuto, è storia se in essa il divenuto è subordinato al divenire.

L'uomo e la tecnica
Contributo a una filosofia della vita
Der Mensch und die Technik. Beitrag zu einer Philosophie des Lebens, München, 1931

L'ottimismo è viltà.

Noi uomini del XX secolo tramontiamo e nel contempo stiamo a guardare.

A me stesso
Eis heauton, 1911/19 (postumo, 1993) - Selezione Aforismario

Di fronte a persone inferiori, con cui ci si mette a discutere per la più nera disperazione, è indifferente che si parli pro o contro qualcosa. A livello così basso la "verità" non ha corso.

Non è la "fortuna" che mi è mancata. Sarei grato per qualsiasi grande sfortuna mi avesse colpito, purché fosse stata vita.

Niente fini, niente grandezza.

Quanto rapidamente in una società di citrulli si diventa citrulli.

Tua moglie ti inganna? È una domanda che non mi pongo. Perché no? − Non bisogna offrire a una donna la possibilità di mentire senza essere mascherata. Altrimenti la partita è persa.

È disperante frequentare persone per cui si prova disprezzo: essere obbligati, per pura cortesia, ad ammirare cose la cui insignificanza fa compassione.

Come è fortunato chi può ridere in compagnia senza perciò rendersi volgare, oppure confessare a qualcuno una cosa senza per questo gettarla ai porci.

La vanità è sempre un segno di bontà d'animo. Si vuole, in questo modo, il proprio bene solo nella misura in cui si vuole il bene degli altri.

I matrimoni d'amore sono l'ideale dei filistei: per questo godono di una così alta considerazione fra gli artisti.

Anche ciò deriva dalla mancanza di compagnia intellettuale. Di fronte a persone inferiori, con cui ci si mette a discutere per la più nera disperazione, è indifferente che si parli pro o contro qualcosa. A livello così basso la "verità" non ha corso.

Libro di Oswald Spengler consigliato
Il tramonto dell'Occidente
Editore: Longanesi

In questo libro vien tentata per la prima volta una prognosi della storia. Ci si è proposti di predire il destino di una civiltà e, propriamente, dell’unica civiltà che oggi stia realizzandosi sul nostro pianeta, la civiltà euro-occidentale e americana, nei suoi stadi futuri. Il tramonto dell’Occidente, fenomeno circoscritto spazialmente e temporalmente come lo fu il tramonto dell’antichità classica, cui esso fa riscontro, è un tema filosofico che, se inteso in tutta la sua serietà, implica ogni maggiore problema dell’essere. Se si vuol sapere in che forma il destino della civiltà occidentale si compirà nel futuro, bisogna prima sapere che cosa sia una civiltà, in che rapporto essa sta con la storia visibile, con la vita, con l’anima, con la natura, con lo spirito, in quali forme essa si manifesta e in che misura queste forme (che sono popoli, lingue ed epoche, battaglie e idee, Stati e dèi, arti e opere d’arte, scienze, diritti, forme economiche e visioni del mondo, grandi personalità e grandi avvenimenti) abbiano valore di simboli e come tali vadano interpretate.