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Frasi e citazioni di Niccolò Machiavelli

Selezione di aforismi, frasi e citazioni di Niccolò Machiavelli (Firenze, 1469-1527), scrittore, filosofo, storico, drammaturgo, politico e diplomatico italiano, segretario della seconda cancelleria della Repubblica Fiorentina dal 1498 al 1512. Machiavelli è considerato il fondatore della scienza politica moderna, i cui principi base sono riportati nella sua opera più nota: Il Principe
Ritratto di Niccolò Machiavelli
Gli uomini grandi chiamano vergogna il perdere, non con inganno acquistare.
(Niccolò Machiavelli)

Il principe
De Principatibus, 1513 (prima edizione postuma, 1532) - Selezione Aforismario

È meglio essere amato che temuto, o e converso? Rispondesi che si vorrebbe essere l'uno e l'altro; ma perché elli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell'uno de' dua.

Debbe non di manco el principe farsi temere in modo, che, se non acquista lo amore, che fugga l’odio; perché può molto bene stare insieme esser temuto e non odiato.

Il popolo desidera non esser comandato né oppresso dai grandi, e i grandi desiderano comandare ed opprimere il popolo; e da questi due appetiti diversi surge nelle città uno dei tre effetti, o principato o libertà o licenza.

La natura de' populi è varia; ed è facile a persuadere loro una cosa, ma è difficile fermarli in quella persuasione.

Delli uomini si può dire questo generalmente: che sieno ingrati, volubili, simulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno; e mentre fai loro bene, sono tutti tua, ófferonti el sangue, la roba, la vita, e’ figliuoli, [...] quando el bisogno è discosto; ma, quando ti si appressa, e’ si rivoltano.

Gli uomini offendono o per paura, o per odio.

Li uomini hanno meno respetto ad offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere; perché l’amore è tenuto da uno vinculo di obbligo, il quale, per essere li uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto; ma il timore è tenuto da una paura di pena che non abbandona mai. 

Gli uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere, perché si vendicano delle leggieri offese; delle gravi non possono: sicché l'offesa che si fa all'uomo, deve essere in modo, che ella non tema la vendetta.

Chi diviene padrone di una città consueta a vivere libera, e non la disfaccia, aspetti di essere disfatto da quella.

La poca prudenza degli uomini comincia una cosa che, per sapere allora di buono, non si accorge del veleno che vi è sotto.

Governare è far credere.

Quanto sia laudabile in uno principe mantenere la fede e vivere con integrità e non astuzia, ciascuno lo intende: nondimanco si vede per esperienza ne' nostri tempi quelli prìncipi avere fatto gran cose che della fede hanno tenuto poco conto, e che hanno con l'astuzia saputo aggirare e cervelli delli uomini; e alla fine hanno superato quelli che si sono fondati sulla lealtà.

Ciascuno principe debbe desiderare di esser tenuto pietoso e non crudele: non di manco debbe avvertire di non usare male questa pietà. 

A uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e l'uomo.

Sendo adunque uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la volpe e il leone, perché il leone non si difende dai lacci, la volpe non si difende dai lupi. Bisogna adunque essere volpe a conoscere e lacci e leone a sbigottire e lupi. 

Gli uomini in universale giudicano più agli occhi che alle mani, perché tocca a vedere a ciascuno, a sentire a' pochi.

Ognuno vede quel che tu pari; pochi sentono quel che tu sei.

Non ci è cosa che consumi sè stessa quanto la liberalità, la quale mentre che tu usi, perdi la facultà di usarla, e diventi o povero o vile, o, per fuggire la povertà, rapace e odioso.

È comune difetto degli uomini non far conto nella bonaccia della tempesta.

La poca prudenza degli uomini comincia una cosa che, per sapere allora di buono, non si accorge del veleno che vi è sotto.

La fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla.

O per fortuna o per virtù.

La fortuna [...] dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle; e quivi volta li sua impeti dove la sa che non sono fatti gli argini e li ripari a tenerla.

Le ingiurie si debbono fare tutte insieme, acciocchè assaporandosi meno, offendino meno; li beneficii si debbono fare a poco a poco, acciocchè si assaporino meglio.

Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, iudico poter essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam ne lasci governare l'altra metà, o presso, a noi.

Tutti li Profeti armati vinsono, e li disarmati rovinarono.

Fare come gli arcieri prudenti, a' quali parendo el loco dove disegnano ferire troppo lontano e conoscendo fino a quanto va la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta che il loco destinato, non per aggiugnere con la loro freccia a tanta altezza, ma per poter con l'aiuto di sì alta mira pervenire al disegno loro.

Gli uomini dimenticano piuttosto la morte del padre, che la perdita del patrimonio. 

Sono tanto semplici gli uomini e tanto obbediscono alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare

Del modo di trattare i popoli della Valdichiana ribellati
1503

Il mondo fu sempre ad un modo abitato da uomini che hanno avuto sempre le medesime passioni, e sempre fu chi serve e chi comanda, e chi serve mal volentieri, e chi serve volentieri, e chi si ribella ed è ripreso.

La istoria è la maestra delle azioni nostre. 

Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio
1519 (prima edizione postuma, 1531)

La natura ha creati gli uomini in modo che possono desiderare ogni cosa, e non possono conseguire ogni cosa: talché, essendo sempre maggiore il desiderio che la potenza dello acquistare, ne risulta la mala contentezza di quello che si possiede, e la poca sodisfazione d'esso.

Nessuna cosa essere più vana e più incostante che la moltitudine.

Qualunque volta è tolto agli uomini il combattere per necessità, combattono per ambizione.

Una moltitudine senza capo è inutile.

La vita di Castruccio Castracani da Lucca
1520

La via dello andare allo inferno era facile, poiché si andava allo ingiù e a chiusi occhi.

Vedendo che uno aveva scritto sopra alla casa sua in lettere latine che Dio la guardasse dai cattivi, disse: E' bisogna che non vi entri egli.

Dell'arte della guerra
1521

Colui che sarà nella guerra più vigilante a osservare i disegni del nemico e più durerà fatica ad esercitare il suo esercito, in minori pericoli incorrerà e più potrà sperare della vittoria. 

Consigliati, delle cose che tu dèi fare, con molti; quello che dipoi vuoi fare conferisci con pochi.

Difficilmente è vinto colui che sa conoscere le forze sue e quelle del nemico.

Gli uomini, il ferro, i danari e il pane sono il nervo della guerra; ma di questi quattro sono più necessarj i primi due, perché gli uomini e il ferro truovano i danari e il pane, ma il pane e i danari non truovano gli uomini e il ferro.

I buoni capitani non vengono mai a giornata se la necessità non gli strigne o la occasione non gli chiama.

La natura genera pochi uomini gagliardi; la industria e l'esercizio ne fa assai.

Meglio è vincere il nemico con la fame che col ferro, nella vittoria del quale può molto più la fortuna che la virtù.

Muta partito, quando ti accorgi che il nemico l'abbia previsto.

Niuno partito è migliore che quello che sta nascoso al nemico infino che tu lo abbia eseguito.

Niuno senza invenzione fu mai grande uomo nel mestiere suo.

Può la disciplina nella guerra più che il furore.

Quello che giova al nemico nuoce a te, e quel che giova a te nuoce al nemico.

Sapere nella guerra conoscere l'occasione e pigliarla, giova più che niuna altra cosa. 

Mandragola
1524

E' non è mai alcuna cosa sì desperata, che non vi sia qualche via da poterne sperare; e benché la fussi debole e vana, e la voglia e il desiderio, che l'uomo ha di condurre la cosa, non la fa parere così.

Chi dice che gli è dura cosa l'aspettare, dice el vero.

Dicono il vero quelli che dicono che le cattive compagnie conducono gli uomini alle forche.

Le donne si sogliono con le buone parole condurre dove altri vuole.

Le più caritative persone che sieno sono le donne, e le più fastidiose. Chi le scaccia, fugge e fastidi e l’utile; chi le intrattiene, ha l’utile ed i fastidi insieme. Ed è il vero che non è il miele senza le mosche.

Tutte le donne hanno poco cervello; e come ne è una che sappi dire dua parole, e' se ne predica, perché in terra di ciechi chi v'ha un occhio è signore.

Clizia
1525

Quanto è più propinquo l'uomo a uno suo desiderio più lo desidera, e non lo avendo, maggiore dolore sente.

Se nel mondo tornassino i medesimi uomini, come tornano i medesimi casi, non passerebbono mai cento anni, che noi non ci trovassimo un'altra volta insieme a fare le medesime cose che ora.

Istorie fiorentine
1525 (prima edizione postuma, 1532)

Coloro che vincono, in qualunque modo vincano, mai non ne riporteranno vergogna.

Comincionsi le guerre quando altri vuole, ma non quando altri vuole si finiscono.

Gli uomini grandi chiamano vergogna il perdere, non con inganno acquistare.

Imprese che con pericolo si cominciano, si finiscono con premio, e di uno pericolo mai si uscì senza pericolo

La natura degli uomini superbi e vili è, nelle prosperità esser insolenti e nelle avversità abietti e umili.

Non fu mai savio partito fare disperare gli uomini, perché chi non spera il bene non teme il male.

Quasi sempre gli uomini, quanto più autorità hanno, peggio la usano e più insolenti diventano.

Si ottiene molte volte più presto e con minori pericoli e spesa le cose a fuggirle, che con ogni forza e ostinazione perseguitandole.

I capitoli
XVI sec.

Dove men si sa, più si sospetta.

Discorsi
1531 (postumo)

Qualunque volta è tolto agli uomini il combattere per necessità, combattono per ambizione; la quale è tanto potente nei petti umani, che mai, a qualunque grado si salgano, gli abbandona.

Lettere
XVI secolo

Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.

Nacqui povero, ed imparai prima a stentare che a godere.

Io credo che questo sarebbe il vero modo ad andare in Paradiso: imparare la via dello Inferno per fuggirla.

Io credo, non collo specchio vostro, dove non si vede se non prudenza, ma per quello dei più, che si abbia nelle cose a giudicare il fine come le son fatte, e non il mezzo come le si fanno.

Li capi senza coda si spengono presto et fanno poco effetto. 

Voi sapete quante occasioni si sono perdute, non perdete questa né confidate più nello starvi, rimettendovi alla fortuna e al tempo, perché col tempo non vengono sempre quelle medesime cose, né la fortuna è sempre quella medesima.

Frasi attribuite
Vedi "Citazioni Errate" su Aforismario

Il fine giustifica i mezzi.

Dove c'è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà.

È egli meglio fare e pentere che starsi e pentersi.
[È meglio fare e pentirsi, che non fare e pentirsi].

Tutti ti valutano per quello che appari. Pochi comprendono quel che tu sei.

Note
Leggi anche le citazioni degli autori italiani: Tommaso CampanellaFrancesco GuicciardiniLeonardo da Vinci