Frasi e citazioni di Sabino Cassese

Selezione di frasi e citazioni di Sabino Cassese (Atripalda, 1935), giurista e saggista italiano; professore alla School of Government della Luiss e alla Católica Global School of Law di Lisbona. È stato professore nelle università di Urbino, di Napoli, di Roma e nella Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha inoltre insegnato alla Law School della New York University e al Master of Public Affairs dell’Institut d’études politiques di Parigi. È stato ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice della Corte costituzionale.
Foto di Sabino Cassese
Della competenza non c’è bisogno, se basta affermare «il popolo mi ha votato».
 (Sabino Cassese)

Il diritto globale
Giustizia e democrazia oltre lo Stato © Einaudi, 2009

Non c’è, in senso stretto, un ordine giuridico globale, bensí tanti ordinamenti settoriali, relativi alle singole materie. Tra questi si stabiliscono legami di vario genere.

Gli ordini giuridici globali non sono posti in una scala gerarchica rispetto a quelli nazionali. Essi non costituiscono un livello piú alto, separato da quelli sotto-ordinati. Elementi strettamente globali, transnazionali, nazionali e persino sub-nazionali entrano a far parte di quelli che chiamiamo ordini giuridici globali.

Il sistema giuridico globale non è uniforme, in quanto deve bilanciare diversità nazionali (iura particularia) con un corpo di regole o standard generali (ius commune).

I poteri pubblici negli ordinamenti moderni hanno tre componenti essenziali: democrazia, giustizia (Stato di diritto) e autorità (potere esecutivo). Queste sono le «materie prime della fabbrica dello Stato».

Governare gli italiani
Storia dello Stato © Il Mulino, 2014

Lo Stato – come altre organizzazioni politiche – è, per sua natura, organismo non immortale, ma con una vita lunga, che va al di là dei cicli della vita umana (nascita-sviluppo-morte), dell’economia (sviluppo-espansione-crisi), delle vicende belliche. Vi domina la continuità.

I rapporti tra Stato e popolo sono stati sempre molto difficili nel corso della storia italiana. Le tensioni prodotte non hanno dato mai, peraltro, luogo a vere e proprie rivoluzioni.

Tratto costante della storia del potere pubblico in Italia è il distacco tra società e Stato, paese reale e paese legale, cittadini e autorità.

Mancata integrazione nazionale, forte diversità di tradizioni civiche, inefficacia statale su una buona parte del territorio fanno sì che l’Italia presenti alcuni connotati negativi delle State-less societies.

«Se vuoi la pace, prepara la guerra», dicevano gli antichi latini. Portata la frase ai giorni nostri, con i necessari cambiamenti, si potrebbe dire: «Se vuoi la pace, migliora la tua risposta alla globalizzazione».

La democrazia e i suoi limiti
© Mondadori, 2017

La democrazia è oggi diffusamente considerata un insieme di strumenti aventi una forza espansiva illimitata, che può arrivare dovunque, e dovunque reca benefici. Essa consiste invece di meccanismi e procedure di grande successo, storicamente determinati, applicabili soltanto ad alcune parti dei poteri pubblici, dotati di una forza notevole, ma anche largamente insufficienti ad assicurare quel «rispecchiamento» dei governanti nei governati al quale ambisce.

Il Buon governo
L’età dei doveri © Mondadori, 2020 - Selezione Aforismario

Sono le istituzioni a dettare le regole del gioco: disegnano l’organizzazione, distribuiscono compiti e responsabilità, dettano i tempi. Dalle istituzioni dipende il benessere di una società. Bisogna, quindi, partire dalle istituzioni e non dall’economia. Non è la struttura economica che conforma la sovrastruttura, come dice l’impostazione marxista. Struttura e sovrastruttura sono ambedue condizionate dalla qualità delle istituzioni.

Il benessere di una nazione dipende dal buongoverno e il buongoverno dipende dalle istituzioni.

Lo iato tra annunci e realizzazioni, l’estraneazione dei cittadini, la marginalità della politica, la diminuzione del consenso per le istituzioni sembrano produrre una crisi strutturale di fiducia, minacciare le basi della democrazia (non rafforzata dalle democrazie locali o dal troppo modesto ricorso ad autorità parzialmente epistocratiche, come le autorità indipendenti) e nutrire la richiesta della concentrazione del potere (l’«uomo forte»).

Della competenza non c’è bisogno, se basta affermare «il popolo mi ha votato». 

Appare peraltro paradossale che venga tanto spesso invocato il popolo, senza però che ci si preoccupi del people’s empowerment, alla base del quale ci sono innanzitutto istruzione e conoscenza, gli unici strumenti in grado di liberare dalla prigione dell’ignoranza e di assicurare una cittadinanza consapevole.

I mezzi di comunicazione di massa inseguono l’opinione pubblica, piuttosto che cercare di istruirla, quando non sono esclusivamente un mezzo di intrattenimento.

Apparati amministrativi fondati sul principio del merito, che valutano la competenza e promuovono i migliori, sono dotati di buoni tecnici, possono camminare da soli, anche se gli indirizzi governativi sono contraddittori. Non così quelli italiani, tradizionalmente deboli perché reclutati sulla base di criteri assistenziali, clientelari o casuali e vulnerati dall’introduzione di un particolare spoils system.

I partiti hanno il respiro corto. I loro leader sono uomini di propaganda, non di politica. Sono più preoccupati dai problemi interni al corpo politico che dai problemi della società. 

Quelli che continuiamo a chiamare partiti (ma loro stessi rifiutano questo nome) sono lontani dal lento fluire della vita quotidiana del Paese, registrano l’episodico, oppure creano essi stessi miti, che poi coltivano. Il breve periodo prevale sul lungo periodo. Le cose urgenti prendono la mano a quelle importanti, invertono fini e mezzi.

Nella vita del singolo, l’altro e la società sono regolarmente presenti. Anche nella Costituzione individuo e società non sono separati.

Una volta il futuro era migliore
Lezioni per invertire la rotta © Solferino, 2021 - Selezione Aforismario

La nostra vita è stata cambiata dalle rivoluzioni tecnologiche. Queste sono state caratterizzate da velocità (in un arco oscillante tra mezzo secolo e venti anni) e diffusione (non hanno riguardato poche persone, ma l’intera società).

Il progresso tecnologico è così rapido da divorare sé stesso.

Il mutamento delle tecnologie comporta anche modificazioni profonde di ordine sociale (ad esempio, scompaiono alcune professioni e mestieri), di ordine politico (ad esempio, si alimenta il mito della democrazia diretta) e di ordine giuridico (ad esempio, occorre rispettare la vita privata).

Le economie sono comunicanti, anzi collegate, gli Stati hanno dei competitori nelle Big Tech, e a loro volta creano reti di poteri sovranazionali o globali. Di questo sviluppo ulteriore dei poteri statali siamo tutti beneficiari.

La storia del mondo sembra essere entrata, almeno in parte, in una fase caratterizzata dal ripudio della guerra e dal sostegno attivo di una vita pacifica, un obiettivo diventato componente essenziale della politica di molte nazioni e di tutte le organizzazioni sovranazionali.

L’affermazione di regimi democratici e liberali è divenuta fenomeno mondiale, con una progressione costante, sia pure con qualche ritorno indietro e molte eccezioni. Questa diffusione di un comune sentire sulla bontà del riconoscimento delle libertà e sull’efficacia della democrazia consente ai regimi ispirati ai due princìpi di divenire più stabili.

La vita politica è in crisi: al vuoto dei partiti politici si sostituiscono dirigenti nazionali, leaders; il potere viene «verticalizzato»; informazione e formazione sono rimesse al self-help, tramite il web. C’è un diffuso disincanto per la democrazia.

Se la manipolazione dell’opinione pubblica è più sviluppata, arretra l’offerta politica, che si risolve in «slogan», invece che in programmi.

Il popolo è più società che comunità. La rete unisce più individui che associazioni. Nasce un neoindividualismo.

Dall’istruzione dipende non solo l’avvenire di ciascuno, ma anche il progresso civile.

Il governo dei giudici
© Laterza, 2022

La situazione della giustizia oggi in Italia è peculiare. Da un lato, si assiste ad una dilatazione del ruolo dei giudici, dall’altro ad una crescente inefficacia del sistema giudiziario.

In Italia, come in altri Paesi, il potere giudiziario ha acquisito, nel corso della storia repubblicana, un ruolo importante nel sistema politico-costituzionale, a danno degli altri due poteri dello Stato. 

Il governo dei giudici in Italia ha assunto caratteristiche diverse rispetto ad altri Paesi perché è più pervasivo. La magistratura è più presente nello spazio pubblico e meno capace di dare giustizia, ma si sente investita della delega sociale al controllo della virtù.

La massa di leggi vigenti attira sempre nuove leggi.

Inflazione e contraddittorietà delle leggi, da un lato, e ritardi e multipolarità dei giudizi, dall’altro, concorrono ad aumentare l’incertezza del diritto.

Amministrare la Nazione
La crisi della burocrazia e i suoi rimedi © Mondadori, 2023 - Selezione Aforismario

L’amministrazione è al centro di una duplice tensione. È indispensabile, perché non c’è politica pubblica che non faccia capo a essa, e tuttavia è ritenuta il regno del bizantinismo, delle complicazioni, della corruzione, e criticata perché non funzionale al processo economico.

L’Italia è un Paese prismatico, pieno di contraddizioni.

Lo Stato è rimasto distante dalla società. Ha obbligato, non ha influenzato, indotto, stimolato, educato. Il suo diritto è stato costruito su un modello di individuo anomico e asociale, e la sua legittimazione sulla forza e sulla minaccia della forza.

Per assicurare la buona amministrazione, occorrono riforme. E queste richiedono, innanzitutto, artefici. Raramente l’amministrazione riforma se stessa, e si attendono quindi governi riformatori, che a loro volta si rivolgono all’esterno.

Riforme amministrative sono necessarie perché è in corso una rivoluzione non solo tecnologica e scientifica, ma anche sociale.

Pochi malati hanno avuto dattorno tanti medici quanto la pubblica amministrazione italiana.

La riforma amministrativa, quando non ha solo un significato retorico o meramente educativo (insegnare alle amministrazioni che il cambiamento è necessario), si misura anche sulle strategie di riforma, sui mezzi e sui risultati, non solo sugli obiettivi.

Le riforme amministrative sono processi dagli esiti lunghi e incerti, non lineari (dalla decisione alla realizzazione), affidati necessariamente a molti governi e quindi soggetti a impulsi discontinui, che investono le stesse strutture chiamate a realizzarle, e incontrano sulla loro strada difficoltà interne ed esterne, perché toccano interessi anche interni al corpo che dovrebbe cambiare.

Se l’amministrazione italiana si modernizzasse, la nazione potrebbe sopravvivere all’incompetenza programmatica di una parte del corpo politico («uno vale uno»), all’assenza di conoscenza tanto diffusa tra gli addetti alla politica (quelli che parlano dello Stato non sanno, quelli che sanno non parlano), al prevalere del breve termine in politica.

Note
Leggi anche le citazioni dei giuristi italiani: Stefano RodotàGustavo Zagrebelsky

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